andrea giostra
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venerdì 19 settembre 2014
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vendetta o perdono?
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1942. Il Giappone invade la colonia inglese Singapore. L’Inghilterra dichiara la resa e lascia che l’esercito giapponese faccia prigionieri migliaia di giovani soldati della regina, che verranno presto ridotti in schiavitù perché costruiscano un’imponente linea ferroviaria che dovrà collegare Bangkok con Rangoon, chiamata in seguito “La ferrovia della morte” per le migliaia di persone che vi persero la vita.
1980. Dopo quasi quarant’anni le ferite del reduce di guerra Eric sono ancora vivide e dolorose, tanto da non lasciargli scampo neanche durante il sonno notturno che si ripete ossessivamente inquieto e angosciante. Sarà la bellissima moglie Patti, sposata da poco, ad aiutare Eric nei suoi propositi di vendetta, che spera si rivelino liberatori dall’angoscia e catartici del dolore profondo del marito.
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1942. Il Giappone invade la colonia inglese Singapore. L’Inghilterra dichiara la resa e lascia che l’esercito giapponese faccia prigionieri migliaia di giovani soldati della regina, che verranno presto ridotti in schiavitù perché costruiscano un’imponente linea ferroviaria che dovrà collegare Bangkok con Rangoon, chiamata in seguito “La ferrovia della morte” per le migliaia di persone che vi persero la vita.
1980. Dopo quasi quarant’anni le ferite del reduce di guerra Eric sono ancora vivide e dolorose, tanto da non lasciargli scampo neanche durante il sonno notturno che si ripete ossessivamente inquieto e angosciante. Sarà la bellissima moglie Patti, sposata da poco, ad aiutare Eric nei suoi propositi di vendetta, che spera si rivelino liberatori dall’angoscia e catartici del dolore profondo del marito. Patti, saputo che l’aguzzino del marito, Nagase, è ancora vivo e lavora come guida turistica proprio nel luogo della prigionia di guerra dove si sono consumate le torture e le violenze disumane sui giovani soldati britannici, non esita a fare in modo che il marito attui il suo inconfessabile piano di vendetta.
Il film è tratto dall’omonimo best seller scritto dal reduce di guerra Eric Lomax che racconta la sua prigionia e le terribili torture fisiche e psicologiche subite dall’esercito giapponese.
I dubbi che il film e la narrazione suggeriscono allo spettatore riguardano il presunto effetto catartico della vendetta. Ma sarà veramente così? Davvero la vendetta consumata è in grado di cancellare in un sol colpo tutte le ferite subite? Qual è lo spazio che può ritagliarsi il perdono in tanta sofferenza?
Ottima la narrazione, le musiche, la fotografia e la recitazione dei bravissimi protagonisti che si susseguono nelle bellissime scene del film. Ottimo il film. Da non perdere.
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marinabelinda
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venerdì 12 settembre 2014
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il treno del perdono
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La traduzione del titolo svia dalla essenza del film. Succede spesso: sto pensando a 'Di nuovo in gioco' ('Trouble with the Curve'), a 'Poeti dall'inferno' ('Total Eclipse') e, se vogliamo, anche a 'Il silenzio degli innocenti', il cui originale 'The Silence of the Lambs' era molto più evocativo.
Volutamente cito per ultimo 'Furyo' ('Merry Christmas Mr.Lawrence') perché, oltre a condividere con 'Le due vie del destino' una banale traduzione del titolo, ha la medesima ambientazione storica e ci pone di fronte alle stesse problematiche.
Qualcuno avrà pensato ad una storia d'amore durante la seconda guerra mondiale, simile a 'Pearl Harbor', invece la storia d'amore è la (pur importante) chiave per avviare il motore del film.
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La traduzione del titolo svia dalla essenza del film. Succede spesso: sto pensando a 'Di nuovo in gioco' ('Trouble with the Curve'), a 'Poeti dall'inferno' ('Total Eclipse') e, se vogliamo, anche a 'Il silenzio degli innocenti', il cui originale 'The Silence of the Lambs' era molto più evocativo.
Volutamente cito per ultimo 'Furyo' ('Merry Christmas Mr.Lawrence') perché, oltre a condividere con 'Le due vie del destino' una banale traduzione del titolo, ha la medesima ambientazione storica e ci pone di fronte alle stesse problematiche.
Qualcuno avrà pensato ad una storia d'amore durante la seconda guerra mondiale, simile a 'Pearl Harbor', invece la storia d'amore è la (pur importante) chiave per avviare il motore del film.
Il continuo passaggio tra il passato e il presente rende più lieve l'intreccio narrativo, anche se l'inferno delle scene di tortura -veramente insopportabili, forse più ancora emotivamente, che non visivamente- permane nel gelo e nella compostezza del protagonista. Gelo e compostezza che, grazie all'amore per una donna determinata, incontrata per caso su un treno, trovano giustificazione e superamento.
Un lungo viaggio attraverso una ferrovia fisica e morale.
Una ferrovia progettata, costruita, subita (Birmania-Thailandia) ma utilizzata davvero per passare oltre. Ecco perché 'The Railway Man' avrebbe meglio espresso il senso della storia, della passione (nel duplice senso del termine) del protagonista, che proprio su un treno trova l'amore che lo porta alla pace.
Pazienza.
Le parti ambientate negli anni 80 sembrano girate al rallentatore, con colori polverosi e luci metalliche, in perfetto contrasto con il colore e la luce delle scene di prigionia dove non si risparmiano sudore, sangue e lacrime.
La scelta stilistica è già di per sé fascinosa, accompagnata da una bellissima colonna sonora.
Ma la trama, magari ovvia ma non banale, consente di percepire ancora di più i contrasti che muovono i personaggi. Il contrasto tra la viltà del militare giapponese -che dovrebbe fare dell'onore il proprio scopo nella vita- che per salvarsi da una sicura condanna come criminale di guerra mente per il proprio ruolo nel campo di prigionia e la lotta di Lomax, non solo per la sopravvivenza, ma per la vittoria (la radio come fonte per seguire l'esito della guerra), è l'aspetto che più avvince. E in questo lunghissimo percorso, il mutare dell'animo dei personaggi è scioccante.
Il militare spietato (ma vigliacco) incalzato da Lomax, dice apertamente di aver fatto 57 pellegrinaggi per la riconciliazione. Come non credere che avendo scelto di accompagnare i turisti nel campo di tortura non volesse effettivamente ricordare a se stesso le atrocità di cui si era reso complice, se non diretto artefice?
E la misericordia di Lomax, se pur ovvia, risulta addirittura grandiosa. Sicuramente tutti ci saremo domandati come avremmo agito nelle stesse circostanze. Avremmo perdonato?
La guerra non finisce con la resa, chi l'ha vissuto non si libera di quello che ha visto, subito o inflitto, ma, proprio come viene chiaramente detto nel finale (con immagini finali bellissime e davvero commoventi) non possiamo rimanere indifferenti al fatto che 'prima o poi l'odio deve finire' e che, anche se non si dimentica, prima o poi, per andare avanti, è necessario perdonare.
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[+] brava! magnifica rensione di un film interessante
(di antonio montefalcone)
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vanessa zarastro
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sabato 13 settembre 2014
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la storia di lemax
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Il regista australiano Jonathan Teplitzkyper il suo terzo lungometraggio si ispira alla storia vera descritta nell’autobiografia da Eric Lomax, un soldato inglese che durante la guerra è stato prigioniero dei Giapponesi e coinvolto, con maltrattamenti, alla costruzione della ferrovia tra Bankok e Rangoon.
Torturato dai poliziotti della polizia segreta Kempeitai, Eric – Jeremy Irvine è lui da giovane - non riesce a condurre una vita normale perseguitato da ricordi e incubi di tutto ciò che ha sofferto in quei giorni. Da adulto Eric - un fantastico Colin Firth - si innamora e si sposa con Patti – una non eccezionale Nicole Kidman – ma non riesce né a farla felice né a vivere una vita serena.
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Il regista australiano Jonathan Teplitzkyper il suo terzo lungometraggio si ispira alla storia vera descritta nell’autobiografia da Eric Lomax, un soldato inglese che durante la guerra è stato prigioniero dei Giapponesi e coinvolto, con maltrattamenti, alla costruzione della ferrovia tra Bankok e Rangoon.
Torturato dai poliziotti della polizia segreta Kempeitai, Eric – Jeremy Irvine è lui da giovane - non riesce a condurre una vita normale perseguitato da ricordi e incubi di tutto ciò che ha sofferto in quei giorni. Da adulto Eric - un fantastico Colin Firth - si innamora e si sposa con Patti – una non eccezionale Nicole Kidman – ma non riesce né a farla felice né a vivere una vita serena. Il film è ambientato in una piccola località nel nord dell’Inghilterra negli anni ’80 ma è continuamente inframezzato dalla storia di guerra nella Birmania del 1942.
Scoperto che il suo maggiore aguzzino è ancora vivo torna lì sui luoghi degli orrori dove fa la guida turistica nel Museo della Guerra. Qui la storia narra che dal desiderio di vendetta si passa piano a piano al perdono mediante un percorso di rivisitazione degli agghiaccianti maltrattamenti. Rivivere e ripercorrere la sofferenza, invece di cercare di rimuoverla e di evitarla, avrà un potere liberatorio e quasi “catartico”. Il torturato e il torturatore arriveranno a comunicare, spiegarsi e alla fine impegnarsi nella riconciliazione.
Il film si lascia vedere grazie soprattutto alla bravura dei protagonisti maschili di Lomax ragazzo e Lomax adulto. Sicuramente avrebbe giovato alla scorrevolezza e verosimiglianza del film una minore indulgenza sulle scene violente (ci si chiede come sia potuto sopravvivere a tali maltrattamenti…) e qualche accelerazione. L’Inghilterra rappresentata sinteticamente, sbirciata dai finestrini dei treni o ritrovata nei luoghi maschili d’incontro è bella e di estremo fascino. L’ottimo accompagnamento sonoro segue le varie vicende procurando in alcuni momenti un clima di suspense.
Anche se in questa circostanza l’iniziativa è stata individuale si inserisce in alcune importanti iniziative. Esistono, infatti, associazioni di gruppi che si incontrano con l’obiettivo di superare l’odio e il dolore a chi ha vissuto eventi così terribili: facendo incontrare le vittime con i loro persecutori si cerca proprio il dialogo attraverso la verbalizzazione delle sofferenze. Un noto gruppo è il “One by One”, un’organizzazione fondata da coloro che sono stati profondamente colpiti dall’Olocausto. I membri multi-generazionali si incontrano: i sopravvissuti alla Shoah o i loro discendenti con i loro aguzzini e torturatori, o i loro discendenti, spettatori di uno dei più tragici capitoli della storia umana. Ho conosciuto qualche anno fa una donna, sopravvissuta da bambina al campo di concentramento di Terezien e al campo di sterminio di Auchwitz, che dopo aver vinto una naturale e comprensibilissima avversione, ha aderito con grande partecipazione a questo progetto di riconciliazione.
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filippo catani
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domenica 14 settembre 2014
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orrore e perdono
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1942. Dopo la resa inglese di Singapore e il suo passaggio al Giappone, i militari inglesi di stanza vengono fatti prigionieri e spediti a lavorare in quella che verrà denominata la Ferrovia della morte che doveva collegare Thailandia e Birmania. Nel 1980 un reduce decide di mettersi sulle tracce del suo aguzzino.
Il film, pur prendendo le mosse da una storia vera legata alla II Guerra Mondiale, è una denuncia forte contro gli orrori perpetrati da tutte le guerre con le sue esecuzioni, torture e brutalità. Ovviamente se si trattasse solo di questo non ci sarebbe nulla di nuovo sotto il sole. E invece all'interno di questo scenario si inserisce una dolce storia d'amore tra un reduce ancora tormentato dai ricordi del passato e una donna conosciuta su un treno che diventerà poi sua moglie e che gli starà accanto in questo difficile percorso che porterà l'uomo ad incontrare il suo carceriere.
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1942. Dopo la resa inglese di Singapore e il suo passaggio al Giappone, i militari inglesi di stanza vengono fatti prigionieri e spediti a lavorare in quella che verrà denominata la Ferrovia della morte che doveva collegare Thailandia e Birmania. Nel 1980 un reduce decide di mettersi sulle tracce del suo aguzzino.
Il film, pur prendendo le mosse da una storia vera legata alla II Guerra Mondiale, è una denuncia forte contro gli orrori perpetrati da tutte le guerre con le sue esecuzioni, torture e brutalità. Ovviamente se si trattasse solo di questo non ci sarebbe nulla di nuovo sotto il sole. E invece all'interno di questo scenario si inserisce una dolce storia d'amore tra un reduce ancora tormentato dai ricordi del passato e una donna conosciuta su un treno che diventerà poi sua moglie e che gli starà accanto in questo difficile percorso che porterà l'uomo ad incontrare il suo carceriere. Questa storia è anche volta a sottolineare la carica e la potenza del perdono che però può arrivare solo dopo un reale accertamento della verità e delle responsabilità e una conseguente presa d'atto da parte dei protagonisti. Firth, come del resto gli capita spesso, offre una prova davvero intensa e commovente così come si distingue anche la Kidman che con poche parole e molti sguardi riesce a penetrare lo schermo. Una menzione anche al bravissimo Sanada che apprezzammo moltissimo già ai tempi de l'Ultimo Samurai. Ecco volendo un po' trovare un difetto nel film forse l'eccessiva lentezza di alcune parti e un finale che se da una parte è bello e commovente dall'altra non è esattamente imprevedibile. Resta comunque una valida pellicola.
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tiziana58
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domenica 14 settembre 2014
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enemy my friend
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Il film mi è piaciuto moltissimo. Non sono d'accordo con chi parla di "violenza gratuita". Questa è la narrazione di una storia VERA, e gli orrori descritti sono quelli realmente verificatisi durante la guerra. Film simili dovrebbero essere realizzati più spesso, e dovrebbero costituire un monito affinchè simili nefandezze non si ripetano MAI PIU'.
Anche il finale, con il perdono e il superamento degli odi e dei rancori passati, deve farci riflettere. Un esempio edificante, nel senso più autentico del termine. Edificante e molto commovente.
Attori ben calati nella parte (bravissimo Colin Firth!), musiche coinvolgenti e belle scenografie.
Da vedere.
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luigi chierico
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martedì 16 giugno 2015
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una magnifica pagina dell’ultima guerra
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Un vero capolavoro per coloro che sanno apprezzarne i contenuti,che non scelgono di andare a vedere un film per svagarsi,ma per crescere e dare un valore alla vita. Regia da lode.Un film completo sotto tutti i punti di vista, certo lo spettatore comune si sofferma ad apprezzarne la vicenda,la musica,la fotografia e l’interpretazione. Un inizio delicatissimo, un incontro casuale tra Eric Lomax e Patti,ovvero Patricia Wallace,rispettivamente interpretati da due beniamini del pubblico: Colin Firth e Nicole Kidman. Il treno, che ha segnato l’esistenza di Eric sino a portarlo alla totale solitudine e silenzio,è invece il veicolo dell’amore. Un incontro casuale diventa lirico,è amore allo stato puro;”dovrebbe avare medaglie e gloria, l’ho visto illuminarsi quando è arrivata lei” dice Finlay,ovvero lo”zio”,a Patti.
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Un vero capolavoro per coloro che sanno apprezzarne i contenuti,che non scelgono di andare a vedere un film per svagarsi,ma per crescere e dare un valore alla vita. Regia da lode.Un film completo sotto tutti i punti di vista, certo lo spettatore comune si sofferma ad apprezzarne la vicenda,la musica,la fotografia e l’interpretazione. Un inizio delicatissimo, un incontro casuale tra Eric Lomax e Patti,ovvero Patricia Wallace,rispettivamente interpretati da due beniamini del pubblico: Colin Firth e Nicole Kidman. Il treno, che ha segnato l’esistenza di Eric sino a portarlo alla totale solitudine e silenzio,è invece il veicolo dell’amore. Un incontro casuale diventa lirico,è amore allo stato puro;”dovrebbe avare medaglie e gloria, l’ho visto illuminarsi quando è arrivata lei” dice Finlay,ovvero lo”zio”,a Patti. I primi trenta minuti sono dolcissimi sinché la quinta goccia non apre la porta dei ricordi, terribili,indimenticabili, agghiaccianti. La favola finisce e comincia l’inferno. Assistiamo a scene di violenza talmente forti che nessuno le racconterà mai perché incredibili. Atrocità che hanno segnato l’ufficiale inglese Eric, da giovane interpretato dall’ottimo,superlativo Jeremy Irvine. Il film si snoda tra presente e passato in maniera così ben coordinata, che non lo si penserebbe diverso. Alla bellissima colonna sonora che accompagna i tanti diversi momenti del film, si affiancano scene della massima suspense, l’animo ha un sussulto, il cuore in gola, una lacrima sul viso, non solo della bellissima Nicole Kidman, moglie fedele e coraggiosa. La partecipazione dei due protagonisti è ottima, anche se Colin Firth, ancora una volta, è grandissimo. Il richiamo alla Birmania,alle migliaia di morti disseminati lungo i binari ricorda “L’arpa Birmana”dove Mizushima darà sepoltura a tutte le migliaia di morti che troverà sulla sua strada e ”la terra non basta a ricoprire i morti”. I riferimenti alla scelleratezza delle guerre sta nelle parole:”Questa vittoria non sarà la fine della guerra,ma neanche l’inizio della fine”, “Hanno suonato le campane, è la prima volta dall’inizio della guerra”. Le guerre generano guerre, come l’odio chiama odio, ci sono faide che si si tramandano da oltre cento anni. Il film del dolore e del silenzio, ma “nel silenzio non si può trovare la risposta”,le torture diventano umiliazioni inaudite,vergognose ed “umilianti” che non si possono raccontare soprattutto alla persona che si ama. All’estremo della resistenza Eric invoca”Mamma perché non mi aiuti!” Gli anni non hanno cancellato i ricordi,il rancore e l’odio, ma messo di fronte all’opportunità di vendicarsi del carnefice e “criminale” ufficiale giapponese Nagase(prima Tanroh Ishida-poi Hiroyuki Sanada), Eric risponde allo “zio”:”Sei arrivato tardi,non siamo più soldati,ma impiegati di banca,ho moglie ed è tutto per me…;non siamo più in guerra”.”Noi facciamo il verso alla Vita,siamo un esercito di fantasmi”.Un gesto liberatorio mette in viaggio Eric. Occhio per occhio, come si conviene nella religione orientale, o il perdono come si chiede nel cristianesimo? Un atto criminale non è pur sempre un crimine sebbene compiuto in nome della giustizia? Il messaggio finale del film:”La vita merita il massimo rispetto”,la vedi traballare sul filo di un rasoio,rimani col fiato sospeso finché la pace e l’Amore non saranno ritrovati nel viale di un bosco che ha conosciuto la pazzia dell’uomo, e dietro le lenti vi è lo sguardo puro e casto dell’innocenza.chibar22 @libero.it
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chiaracappello
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lunedì 15 settembre 2014
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le due facce della guerra
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Un crimine o una tragedia? E' questa la domanda chemi sono posta, uscita dalla sala del cinema, dopo aver visto "Le due vie del destino". Un film profondo e pesante, che lascia in bocca allo spettatore un sapore agrodolce per la violenza con cui la storia di Lomax viene raccontata, e per il finale, assolutamente inaspettato e insperato, almeno da parte mia.
Inutile spendere parole sulla recitazione dei protagonisti, un immenso Colin Firth, a mio avviso il migliore della generazione attuale, il quale liberatosi dei panni di Re George, si immedesima in un personaggio che fa dei suoi silenzi una storia triste e d'esempio per tutti. La sua "spalla", anche se mi sento anche in colpa a definirla così, Nicole Kidman, ha un ruolo marginale nel film ma in quei pochi istanti riesce a far riflettere la storia del marito su di sè, rivelandosi la grande donna dietro ogni grande uomo, dimostra allo stesso tempo la forza e la voglia di non seppellire nell'oblio una guerra invece purtroppopoco ricordata, e l'orrore e l'incredulità che ogni persona prova a sentire ciò che Lomax e mille altri come lui hanno subito.
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Un crimine o una tragedia? E' questa la domanda chemi sono posta, uscita dalla sala del cinema, dopo aver visto "Le due vie del destino". Un film profondo e pesante, che lascia in bocca allo spettatore un sapore agrodolce per la violenza con cui la storia di Lomax viene raccontata, e per il finale, assolutamente inaspettato e insperato, almeno da parte mia.
Inutile spendere parole sulla recitazione dei protagonisti, un immenso Colin Firth, a mio avviso il migliore della generazione attuale, il quale liberatosi dei panni di Re George, si immedesima in un personaggio che fa dei suoi silenzi una storia triste e d'esempio per tutti. La sua "spalla", anche se mi sento anche in colpa a definirla così, Nicole Kidman, ha un ruolo marginale nel film ma in quei pochi istanti riesce a far riflettere la storia del marito su di sè, rivelandosi la grande donna dietro ogni grande uomo, dimostra allo stesso tempo la forza e la voglia di non seppellire nell'oblio una guerra invece purtroppopoco ricordata, e l'orrore e l'incredulità che ogni persona prova a sentire ciò che Lomax e mille altri come lui hanno subito.
Un film quindi emblematico, costruito sui ricordi, i silenzi e la vergogna. Ma il finale, che vale l'attesa di tutto il film, rivela il desiderio di ricordare la guerra perchè non si ripeta, la fine di un rancore che la faceva continuare nelle anime degli ex soldati e soprattutto ricorda che il perdono è l'arma più potente in tutte le difficoltà.
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nino pell.
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martedì 16 settembre 2014
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ennesima grande prova dell'attore colin firth
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Se ancora non tutti lo sanno, con questa pellicola Colin Firth si conferma uno dei più bravi attori del secolo. La sua interpretazione ed il suo spessore così carico di intensità, contribuiscono in maniera assolutamente consistente a ritenere "Le due vie del destino" come uno dei film di maggior fascino per quanto concerne questa nuova stagione cinematografica 2014/2015. Il tema, poi, del regista riguardante gli orrori della guerra, ci viene descritto in maniera tagliente, cruenta e senza respiro. Film di notevole impatto emotivo e con un finale così straordinariamente commovente ed umano. Grandissimo Colin Firth !!!
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leonilde58
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venerdì 19 settembre 2014
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film dall'esito incredibile, ma è una storia vera
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Film drammatico che narra avvenimenti alla maggioranza di noi sconosciuti, forse perché le due bombe nucleari hanno lavato l'anima dei giapponesi o, più probabilmente, perché nessun italiano ne è stato vittima. Il finale, con la morale che si porta dietro, è talmente inaspettato, che, se non fosse che è una storia vera, sarebbe assolutamente incredibile.
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andreamymovies.it
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venerdì 12 giugno 2015
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un viaggio in treno tra passato e presente
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Nei primi 20 minuti, "Le due vie del destino" ha tutti i caratteri di un classico film sentimentale. Lui, Eric Lomax, un ex-militare reduce dalla seconda guerra mondiale, incontra per caso lei, Patti, su un treno, "topos" che poi si rivelerà centrale nel film, e la storia tra i due si concretizza, incoronata dal matrimonio. Tuttavia, ben presto i toni del film cambiano: Eric fa un incubo in cui rivive gli attimi tragici del suo passato da soldato e inizia a mettere in crisi il suo matrimonio con un atteggiamento malinconico e del tutto strano e con uno sguardo triste e assorto che Patti si sforza di comprendere, ma invano. La verità, Patti la scopre parlando con un ex- compagno di guerra di Eric: i due erano tra i soldati inglesi mandati a Singapore, ridotti brutalmente alla condizione di prigionieri di guerra per costruire una ferrovia.
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Nei primi 20 minuti, "Le due vie del destino" ha tutti i caratteri di un classico film sentimentale. Lui, Eric Lomax, un ex-militare reduce dalla seconda guerra mondiale, incontra per caso lei, Patti, su un treno, "topos" che poi si rivelerà centrale nel film, e la storia tra i due si concretizza, incoronata dal matrimonio. Tuttavia, ben presto i toni del film cambiano: Eric fa un incubo in cui rivive gli attimi tragici del suo passato da soldato e inizia a mettere in crisi il suo matrimonio con un atteggiamento malinconico e del tutto strano e con uno sguardo triste e assorto che Patti si sforza di comprendere, ma invano. La verità, Patti la scopre parlando con un ex- compagno di guerra di Eric: i due erano tra i soldati inglesi mandati a Singapore, ridotti brutalmente alla condizione di prigionieri di guerra per costruire una ferrovia. Se tutti i militari britannici subiscono violenze atroci, narrate più che con crudo realismo, con una forte emotività dalla cinepresa del regista J. Teplitzky, il giovane Eric viene preso di mira più degli altri, per il suo coraggio,dal terribile ufficiale Nagase che gli fa provare torture fisiche, e non solo, che ancora tormentano l'Eric adulto del presente e gli impediscono di vivere con serenità. Così, per tutta la durata del film, si alternano,con continuità e molta suspance, i racconti amari del passato di Eric, e il suo travagliato presente, che subisce un burrascoso cambio di direzione quando i due coniugi scoprono che Nagase è ancora vivo. E così ritorna il fantomatico treno: il treno sul quale Eric ha conosciuto l'amore, ma anche il treno che ha accompagnato il periodo più sofferente della sua vita, quello della guerra. Eric non esita a prenderlo per andare in Thailandia, dove Nagase lavora, e vendicarsi delle tante torture patite ma è proprio quando il protagonista arriva a destinazione che si rivela la chiave centrale del film: è giusto vendicarsi e uccidere per cancellare le impronte sanguinose del proprio passato? Questa domanda se la pone Eric in un primo momento quando risparmia il nemico e torna a casa, e successivamente quando lo perdona definitivamente, andando in Thailandia, questa volta con la moglie. E non a caso Eric sceglie questa compagnia: perchè solo chi apre il proprio cuore all'amore può aprirlo anche al perdono. In tal modo, il riquadro storico della seconda guerra mondiale, illustrato sicuramente senza la dovizia di particolari dei più classici film di guerra, e la storia d'amore tra i protagonisti, anch'essa poco approfondita, fanno solo da sfondo al commovente ed esemplare percorso interiore che accompagna il protagonista, il quale finalmente smette di guardare al passato con rabbia e desiderio di vendetta. La vita è come un treno che viaggia tra passato e presente, e solo sganciando i vagoni più sofferenti del passato, potremo proiettarci su quelli tersi del futuro.
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