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bigio
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sabato 25 gennaio 2014
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come riuscire a sorridere quando sei triste
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E' stato detto sul cinema...che sarebbe stata un'invenzione senza successo e invece...come avremmo potuto godere delle sensazioni meravigliose che oggi ci regala. Perdonate la divagazione ma è quello che ho pensato uscendo dal cinema dopo aver visto questo bel film, pieno di stati d'animo: dalla tristezza al sorriso e viceversa in brevi spazi di tempo, riflessioni su un tema serio come la religiosità, affrontati da punti di vista diversi. Protagonisti, non solo uno: Philomena ma due personaggi Judi Dench e Steve Coogan - Mamma in cerca di un figlio la prima, giornalista il secondo, entrambi con una forte personalità e modi diversi di affrontare ingiustizie subìte o dolore. Come nella frase di lancio da me scelta per questo film, lo spettatore passa dalla tristezza al sorriso - non facile impresa per chi fa cinema- non voglio esagerare ma sensazioni simili le ho provate con alcuni film di Chaplin, uno + degli altri "Luci della Città.
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E' stato detto sul cinema...che sarebbe stata un'invenzione senza successo e invece...come avremmo potuto godere delle sensazioni meravigliose che oggi ci regala. Perdonate la divagazione ma è quello che ho pensato uscendo dal cinema dopo aver visto questo bel film, pieno di stati d'animo: dalla tristezza al sorriso e viceversa in brevi spazi di tempo, riflessioni su un tema serio come la religiosità, affrontati da punti di vista diversi. Protagonisti, non solo uno: Philomena ma due personaggi Judi Dench e Steve Coogan - Mamma in cerca di un figlio la prima, giornalista il secondo, entrambi con una forte personalità e modi diversi di affrontare ingiustizie subìte o dolore. Come nella frase di lancio da me scelta per questo film, lo spettatore passa dalla tristezza al sorriso - non facile impresa per chi fa cinema- non voglio esagerare ma sensazioni simili le ho provate con alcuni film di Chaplin, uno + degli altri "Luci della Città. Tutti eccellenti, anche se al posto del personaggio di Coogan, molto bravo, avrei visto ...lascio a voi la scelta.
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serenere
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mercoledì 16 aprile 2014
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judi
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Philomena, fantastico film britannico del 2014 con protagonista judi Dench e Steve Coigan con la regia di Stephen Frears tratto da una storia vera. Philomena Lee,una donna in crrca di suo figlio da 50 anni che con l'aiuto di un giornalista ripercorre i momenti di suo figlio avendo scoperto che esso era morto qualche anno prima. Un film a dir poco eccezionale che lega il dramma alla commedia. Eccezionale l'interpretazione di Judi Dench, forse la migliore della sua fantastica carriera.
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luca1968
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martedì 22 aprile 2014
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toccante
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SIcuramente Philomena è un film molto toccante: triste ma al tempo stesso leggero, che contrappone la bontà e la fede sana della protagonista alla cattiveria e alla fede malata di una parte del clero (non voglio sparare a zero sulla chiesa in generale, perchè da qualche parte del mondo qualcosa di buono fa... forse...). Anzi, sentendo alla fine le giustificazioni di suor Hildegard (mi pare si chiamasse così), sembrava quasi che le parole fossero ispirate dal demonio... Quanto a Judi Dench, non posso aggiungere nulla di nuovo agli elogi che meritano tutte le sue interpretazioni. Non mi ha invece convinto per niente Steve Coogan, molto popolare in Inghilterra ma totalmente sconosciuto da noi: a me personalmente è sembrato il vero punto debole del film, sembrava totalmente a disagio nei panni del giornalista cinico ed arrivista che scopre di avere un cuore.
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SIcuramente Philomena è un film molto toccante: triste ma al tempo stesso leggero, che contrappone la bontà e la fede sana della protagonista alla cattiveria e alla fede malata di una parte del clero (non voglio sparare a zero sulla chiesa in generale, perchè da qualche parte del mondo qualcosa di buono fa... forse...). Anzi, sentendo alla fine le giustificazioni di suor Hildegard (mi pare si chiamasse così), sembrava quasi che le parole fossero ispirate dal demonio... Quanto a Judi Dench, non posso aggiungere nulla di nuovo agli elogi che meritano tutte le sue interpretazioni. Non mi ha invece convinto per niente Steve Coogan, molto popolare in Inghilterra ma totalmente sconosciuto da noi: a me personalmente è sembrato il vero punto debole del film, sembrava totalmente a disagio nei panni del giornalista cinico ed arrivista che scopre di avere un cuore.
Se un film ha due protagonisti che si dividono tutte le scene (con l'esclusione dei soli flachbacks) e uno dei due è fuori parte, ne risente tutto l'impianto. Così quello che avrebbe potuto essere un piccolo capolavoro, è rimasto per "solo" un buon film, che merita sicuramente quattro stelle, ma che ti lascia un pizzico di amaro in bocca per il salto di qualità che due interpretazioni memorabili (e non solo quella della gran dama del cinema inglese) avrebbero potuto dare.
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purplerain
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giovedì 12 giugno 2014
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sguardi più che parole.
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Quando uno sguardo e il silenzio valgono più di mille parole. “Philomena” è la storia VERA di una donna che, rimasta incinta giovanissima e ripudiata dal padre, finisce in un convento dove darà alla luce suo figlio, che potrà vedere solo per un’ora al giorno, e dove subirà la cosa peggiore per una madre: vedersi sottrarre il proprio figlio.
Storia vera, dicevamo. Ce ne sono tante di storie simili, eppure il racconto di Philomena ci coinvolge molto non perché sia più triste di altri, ma poiché il regista scegli con sapienza e cura in primis il cast, dopo di che la sceneggiatura e la colonna sonora che ne fanno da sfondo. Ambientato in Irlanda e in America, il regista ci porta a vivere il viaggio a 360 gradi della protagonista attraverso i suoi momenti di tristezza, di speranza e anche non lesinando momenti divertenti.
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Quando uno sguardo e il silenzio valgono più di mille parole. “Philomena” è la storia VERA di una donna che, rimasta incinta giovanissima e ripudiata dal padre, finisce in un convento dove darà alla luce suo figlio, che potrà vedere solo per un’ora al giorno, e dove subirà la cosa peggiore per una madre: vedersi sottrarre il proprio figlio.
Storia vera, dicevamo. Ce ne sono tante di storie simili, eppure il racconto di Philomena ci coinvolge molto non perché sia più triste di altri, ma poiché il regista scegli con sapienza e cura in primis il cast, dopo di che la sceneggiatura e la colonna sonora che ne fanno da sfondo. Ambientato in Irlanda e in America, il regista ci porta a vivere il viaggio a 360 gradi della protagonista attraverso i suoi momenti di tristezza, di speranza e anche non lesinando momenti divertenti. Stando bene attento a non schierarsi, il regista mette in contrapposizione le due personalità portanti del film: Philomena, appunto, donna che nonostante tutto mantiene alta la sua devozione a Dio e alla Chiesa, e il suo accompagnatore, il giornalista e scrittore Martin Sixsmith, tutt’altro che devoto alla causa ecclesiastica e che davvero non capisce come possa la sua accompagnatrice essere così devota a Dio. A differenza di un altro film che lo aveva preceduto, Magdalene, qui il regista tralascia quasi del tutto ciò che avviene nel convento, mentre segue passo passo il viaggio dei protagonisti dando forse non troppo risalto ai bei paesaggi, forse per mancanza di tempo, ma curando in maniera eccellente e accurata gli sguardi della protagonista, che ci portano più delle parole a vivere il suo dramma, la sua speranza. Proprio nel momento in cui Philomena guarda i filmati il regista si sofferma sulla reazione di lei ed è in quel momento che si assiste alla grande interpretazione di una Judi Dench che smette i panni del capo degli 007 per dimostrare di essere a suo agio in un ruolo tutt’altro che semplice. Il regista riesce così ad evitare che la storia sia solo lacrime e speranza, o che sia una lotta alla Chiesa, ma riesce a renderla interessante e avvincente.
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alexander 1986
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mercoledì 9 luglio 2014
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la principessa myskin dall'irlanda
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Nell'Irlanda di alcuni decenni fa, a una ragazza incinta in seguito a un rapporto occasionale capitava di essere ripudiata dalla famiglia, di essere rinchiusa in un monastero, di partorire con dolore e di essere privata del figlio (mandato in adozione chissà dove) senza sperare di rivederlo. Così è successo a Philomena (Judi Dench), giunta a una veneranda età con un solo desiderio: sapere se, come lei ha fatto con lui, anche il figlio perduto abbia pensato a lei e desiderato trovarla. Un giornalista improbabile, Martin Sixsmith (Steve Coogan), potrebbe aiutarla a chiudere il cerchio della sua vita.
Il merito principale di quest'ultima pellicola di Frears consiste nell'aver dato pubblicità internazionale - insieme all'omonimo libro proprio di Sixsmith - a una storia incresciosa che sta riemergendo proprio in questi giorni con il ritrovamento di una fossa comune con 800 corpi di bambini presso l'orfanotrofio di Tuam.
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Nell'Irlanda di alcuni decenni fa, a una ragazza incinta in seguito a un rapporto occasionale capitava di essere ripudiata dalla famiglia, di essere rinchiusa in un monastero, di partorire con dolore e di essere privata del figlio (mandato in adozione chissà dove) senza sperare di rivederlo. Così è successo a Philomena (Judi Dench), giunta a una veneranda età con un solo desiderio: sapere se, come lei ha fatto con lui, anche il figlio perduto abbia pensato a lei e desiderato trovarla. Un giornalista improbabile, Martin Sixsmith (Steve Coogan), potrebbe aiutarla a chiudere il cerchio della sua vita.
Il merito principale di quest'ultima pellicola di Frears consiste nell'aver dato pubblicità internazionale - insieme all'omonimo libro proprio di Sixsmith - a una storia incresciosa che sta riemergendo proprio in questi giorni con il ritrovamento di una fossa comune con 800 corpi di bambini presso l'orfanotrofio di Tuam. Ma questo, come si suol dire, è storia. Il film in sé e per sé gira intorno alla retorica antica della grandezza nell'umiltà: come il Myskin di Dostoevskij, la sempliciotta Philomena sparge lezioni di umanità e di fede a tutti, laici e religiosi, con una facilità disarmante; forse anche perché, come ne 'L'idiota', anche qui coloro che dovrebbero essere gli 'intelligenti' in realtà sono cretini. Così, tra molte gag e qualche momento di riflessione non troppo profonda, il film scorre secondo binari prevedibili; lo stesso finale, che qualcuno forse troverà deludente o buonista, è in realtà l'unico sbocco possibile per questa storia da libro Cuore.
Dench interpreta il suo ruolo con la sua consueta sensibilità, Coogan funge da spalla forse esagerando con smorfie e faccette.
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sissio78
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martedì 30 dicembre 2014
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purtroppo andava veramente così
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Bellissimo film basato su una storia tristemente vera. Se non si sapesse la durata del film a metà si avrebbe l'impressione che esso abbia esaurito quello che aveva da dire, ma andando avanti si scopre che sono ancora tante le cose ancora da scoprire e sono ancora piú sconvolgenti e niente affatto scontate fino al finale inaspettato. Una brutta pagina di storia della chiesa irlandese che si può scegliere una volta visto il film di condannare insieme alla religione cristiana in generale come fa il giornalista o distinguere la propria fede religiosa dalle persone che la amministrano e la interpretano male. Judy Dench da Oscar che purtroppo non ha vinto!
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luca scial�
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martedì 24 dicembre 2013
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semplice e toccante
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Philomena è una sessantenne irlandese molto cattolica. Vedova, con una figlia, infermiera in pensione, vive una vita tranquilla, immersa nelle verdi lande dell’isola di smeraldo, con le sue certezze inossidabili. Ma ha un segreto sepolto da cinquant’anni, che riaffiora alla mente ogni anno ad ogni compleanno di quel frutto bollato come peccato dai suoi genitori e dalle suore che la presero in affidamento. Un figlio che non ha mai conosciuto.
Venuta a sapere di quel segreto, la figlia Margareth decide di darle una mano, chiedendo aiuto a un giornalista silurato dalla Bbc dal Governo Blair: Martin Sixsmith. Dopo essersi rifiutato inizialmente, bollando la storia come la classica storiella per giornali mediocri, decide di buttarsi nella vicenda per scrivere una sensazionale storia e rilanciarsi.
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Philomena è una sessantenne irlandese molto cattolica. Vedova, con una figlia, infermiera in pensione, vive una vita tranquilla, immersa nelle verdi lande dell’isola di smeraldo, con le sue certezze inossidabili. Ma ha un segreto sepolto da cinquant’anni, che riaffiora alla mente ogni anno ad ogni compleanno di quel frutto bollato come peccato dai suoi genitori e dalle suore che la presero in affidamento. Un figlio che non ha mai conosciuto.
Venuta a sapere di quel segreto, la figlia Margareth decide di darle una mano, chiedendo aiuto a un giornalista silurato dalla Bbc dal Governo Blair: Martin Sixsmith. Dopo essersi rifiutato inizialmente, bollando la storia come la classica storiella per giornali mediocri, decide di buttarsi nella vicenda per scrivere una sensazionale storia e rilanciarsi. Così i due partono per l’America, portando con sé le proprie rispettive differenze caratteriali, culturali, i diversi scopi del viaggio. Scopriranno così cosa è successo a quel figlio ignoto, ma al contempo, si miglioreranno a vicenda grazie all’interscambio dei loro mondi così diversi.
Dopo una serie di film poco esaltanti, Stephen Frears torna con un film di spessore. Una storia toccante, soprattutto perché vera, sulla scandalosa compravendita di bambini in Irlanda negli anni ’50 destinati soprattutto in America. Una vicenda per la quale ha tratto spunto da un libro pubblicato nel 2009 da Martin Sixsmith "The lost Child of Philomena Lee". Stilisticamente è girato in modo semplice, lineare, con risvolti scontati, gestualità e dialoghi dei protagonisti prevedibili. Pecche giustificate giacché il regista punta tutto sulla sua forza della vicenda, riuscendo a toccare le corde sensibili dello spettatore. D’altronde Frears nella sua carriera si è distinto proprio per la sua capacità di raccontare storie coinvolgenti. Più contestabile, forse, la scelta di raccontare subito l’antefatto che riguarda Philomena, vero motore di tutta la pellicola. Più opportuna, e in fondo necessaria, invece la scelta di svelare a poco a poco la vita di suo figlio.
Premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Venezia, la bravissima Judi Dench nei panni di Philomena già destinata all’Oscar.
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zoom e controzoom
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venerdì 27 dicembre 2013
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un po' di vendetta punitiva mai ?
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Poteva cadere nel patetico drammatico, poteva cadere nel buonismo, oppure nel “riscatto meritato che giustifica la vendetta”, ma Stephen Frears ha costruito il film ed i personaggi, cercando un equilibrio possibile che andasse in coppia senza eccessi con la storia vera.
Molto, se non tutto, è sulle spalle di Judi Dench, Philomena, che raggiunge una capacità espressiva notevole e sempre con molto equilibrio. Difficile ruolo il suo, ma nella ragnatela di rughe del suo volto, i suoi occhi sanno dare corpo a quei sentimenti impossibili da tradurre a parole per un dramma così profondo come quello accaduto alla reale Philomena.
Molto gradevole l’impatto iniziale che mette al corrente dell’origine del dramma, con un’immagine riflessa che quasi quasi da spettatore vi si scivola dentro, dentro a quel lontano passato, raccogliendo poi il dolore di Philomena nel viso rugoso dell’oggi, senza bruschi passaggi.
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Poteva cadere nel patetico drammatico, poteva cadere nel buonismo, oppure nel “riscatto meritato che giustifica la vendetta”, ma Stephen Frears ha costruito il film ed i personaggi, cercando un equilibrio possibile che andasse in coppia senza eccessi con la storia vera.
Molto, se non tutto, è sulle spalle di Judi Dench, Philomena, che raggiunge una capacità espressiva notevole e sempre con molto equilibrio. Difficile ruolo il suo, ma nella ragnatela di rughe del suo volto, i suoi occhi sanno dare corpo a quei sentimenti impossibili da tradurre a parole per un dramma così profondo come quello accaduto alla reale Philomena.
Molto gradevole l’impatto iniziale che mette al corrente dell’origine del dramma, con un’immagine riflessa che quasi quasi da spettatore vi si scivola dentro, dentro a quel lontano passato, raccogliendo poi il dolore di Philomena nel viso rugoso dell’oggi, senza bruschi passaggi. Una Philomena che ha celato per anni la sua verità, invecchiando silenziosamente, ma non può più farlo da quando sente una forte necessità di un contatto, di una notizia, di ritrovare quell’esistenza che le è stata strappata. L’impatto con questa sua necessità è immediato anche se non se ne percepisce il motivo certo.
Inizialmente c’è solo un desiderio di figlio, ma pian piano, mentre s’incontrano i personaggi coinvolti e si va a sbattere sugli avvenimenti, di delinea meglio cosa cerca la donna, la madre da quel figlio, cosa vuole sapere. La donna è ritratta in tutte le sue sfumature di persona semplice, culturalmente limitata, prigioniera di dogmi vili e superati dal tempo stesso in cui adesso vive, eppure lei a quei principi è legata quel tanto che basta per non avere desideri di vendetta.
La sceneggiatura tiene e il ritmo, tranne qualche piccolo cedimento, ed è sufficientemente sostenuto da trattenere l’attenzione. La fotografia è molto buona nella ricerca di luci che spesso delineino i personaggi mentre per le location, i paesaggi sono splendidi quadri autunnali, e gl’interni perlopiù meno saturi di atmosfera, incidono meno dei personaggi o dell’evento che vi si consuma: ottime scelte.
Steven, il giornalista scrittore, è leggermente sopra le righe, molto meno “duro” di come potrebbe essere stato il vero giornalista e il suo sfogo finale risulta un po’ scontato e leggero nonostante il volume alto della voce, gli manca il tono, la solenne pesantezza delle parole scagliate anziché pronunciate.
Il finale non è scontato, anche se ci si arriva per gradi, anzi, proprio per questo si comprende meglio il percorso interiore di Philomena, incomprensibile per il giornalista - che mantiene come tale il suo scopo di “usare” il dramma – ma che alla fine capirà e sarà disposto a capitolare. E’ un continuo ribaltamento di dichiarazioni d’intenti, un palleggio che si snoda fluido senza eccedere nello svolgersi delle situazioni anche se a chi guarda dalla poltrona, vorrebbe alla fine un po’ più di soddisfazione, una piccola piccola vendetta..una punizione che tolga l'amoro di bocca..
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stefanoadm
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giovedì 2 gennaio 2014
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lezione di umiltà
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Echeggiano da più parti i peana sulla grande performance di Judi Dench e Steve Coogan. In realtà la storia di Philomena (nella realtà, sulla pagina scritta e infine al cinema) impatta su chi la scopre con una forza controllata e implacabile, tale da rendere inutili prove attoriali particolarmente intense. Basta che sullo schermo ci siano le fisionomie dei due protagonisti, senza fronzoli interpretativi, a far scorrere una sceneggiatura che “parla da sola”.
Regista e attori si pongono di fronte alle vicende dolorose di Philomena con grande senso della misura, con sobrietà, con una tensione etica che andrebbe insegnata a sceneggiatori e giornalisti.
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Echeggiano da più parti i peana sulla grande performance di Judi Dench e Steve Coogan. In realtà la storia di Philomena (nella realtà, sulla pagina scritta e infine al cinema) impatta su chi la scopre con una forza controllata e implacabile, tale da rendere inutili prove attoriali particolarmente intense. Basta che sullo schermo ci siano le fisionomie dei due protagonisti, senza fronzoli interpretativi, a far scorrere una sceneggiatura che “parla da sola”.
Regista e attori si pongono di fronte alle vicende dolorose di Philomena con grande senso della misura, con sobrietà, con una tensione etica che andrebbe insegnata a sceneggiatori e giornalisti. Giornalisti, sì, perché è proprio un giornalista a dissipare la nebbia intorno a Philomena.
Ci sarebbe da ragionare a lungo sull’operatore dell’informazione che, istigato dall’editore, cerca di diventare protagonista occulto, punta a costruire la storia, a caricarla e insieme a mortificarla, a semplificarla fino a farne una questione di buoni e cattivi, velocemente consumabile da un pubblico superficiale e distratto. E invece il giornalista si trova emotivamente partecipe, perfino disposto a dimenticarla, la storia, se la sua pubblicazione cozzasse contro sentimenti e sensibilità della persona coinvolta.
Oltre che il racconto di fatti tristi e vergognosi, Philomena è anchequesto, una parabola sulla fiducia e sul rispetto, sull’opportunità, ogni tanto, di chiedere il permesso, di fare un mezzo passo indietro. Perché storie umanamente intense come quella di Philomena non hanno bisogno di irruenza narrativa, di artifici retorici, di attori dalla smorfia facile o di trovate strappalacrime. Hanno bisogno, innanzitutto, di quella rara, potente delicatezza che si traduce nella disponibilità all’ascolto. Parte tutto da lì.
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pepito1948
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venerdì 3 gennaio 2014
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dench, la gemma nell'anello d'oro
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Ci sono film in cui non si può, in sede di analisi, non cominciare dalla fine, cioè dal cast, e precisamente dalla protagonista. Che Judy Dench fosse un’attrice fenomenale era noto a tutti. Ma nella parte di Philomena, donna realmente vissuta, la cui unica aspirazione diventa quella di conoscere la verità sul figlio indebitamente sottrattole in una "cattività" imposta da operatrici religiose, supera se stessa e dimostra ancora una volta di rientrare tra le massime interpreti viventi del cinema mondiale.
Ancora bellissima nonostante l'età e le rughe, tratti somatici ammalianti come il taglio felino degli occhi e lo sguardo penetrante, la Dench è un'attrazione a sè nel contesto di un film non nuovo (in fondo è un viaggio di ricerca di qualcuno da parte di una persona che non ha perso la speranza e non vuole vendetta ma solo verità) ma equilibratissimo nel non cadere mai in eccessi.
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Ci sono film in cui non si può, in sede di analisi, non cominciare dalla fine, cioè dal cast, e precisamente dalla protagonista. Che Judy Dench fosse un’attrice fenomenale era noto a tutti. Ma nella parte di Philomena, donna realmente vissuta, la cui unica aspirazione diventa quella di conoscere la verità sul figlio indebitamente sottrattole in una "cattività" imposta da operatrici religiose, supera se stessa e dimostra ancora una volta di rientrare tra le massime interpreti viventi del cinema mondiale.
Ancora bellissima nonostante l'età e le rughe, tratti somatici ammalianti come il taglio felino degli occhi e lo sguardo penetrante, la Dench è un'attrazione a sè nel contesto di un film non nuovo (in fondo è un viaggio di ricerca di qualcuno da parte di una persona che non ha perso la speranza e non vuole vendetta ma solo verità) ma equilibratissimo nel non cadere mai in eccessi. Di recitazione per esempio: la Dench si muove al meglio della resa in termini di credibilità, tra dramma e humour, senza sbavature e senza minimamente gigioneggiare (come hanno fatto in ruoli complessi altri grandi, da Nicholson a Brando). Ma la misura è rispettata anche sul piano ideologico, laddove l'anticlericalismo di fondo è affidato solo alla forza delle immagini, alla spietata ipocrisia di alcuni ambienti di assistenza religiosa, alle parole reazionarie e scellerate di una delle principali responsabili della angherie subite dalla protagonista in gioventù, ribadite a distanza di decenni dal misfatto; non ci sono pistolotti da parte di nessuno, semmai al contrario disponibilità al perdono di Philomena, donna -nonostante tutto- di profonda e provata fede, che alla fine si accontenta di avere trovato ciò a cui realmente ambiva: non tanto l'incontro con il figlio, scomparso nei meandri della sua lontana esistenza, ma la prova documentata che questi prima di passare a miglior vita si era ricordato di lei con atti incontrovertibili. Il cerchio si chiude, il contatto emozionale tra i due, sia pure a distanza di spazio e di tempo, si realizza e Philomena ricomincia il suo percorso di donna forse appesantita da un difficile vissuto ma appagata e soddisfatta.
Onore anche a Steve Coogan, coprotagonista e cosceneggiatore, nel ruolo del giornalista estromesso dall'entuorage di Blair e disoccupato con la voglia di riscattarsi, inizialmente in posizione accessoria, ma che poi cresce e brilla di luce propria quando diventa indispensabile per il successo della missione di Philomena, diventata anche la sua missione.
Onore infine a S. Frears, regista attento a contenere le diversità dei due negli argini di una giusta dialettica, come fede ed anticlericalismo, passione giustizialista e idealismo perdonista, che costruisce il racconto seguendo passo passo la dinamica prima aspra poi convergente infine empatica dei due "ricercatori", mettendo nel massimo rilievo gli inderogabili valori umani come il rispetto della vita umana e la libertà di scelta in antitesi a quegli ambienti che, forti di un credo che dovrebbe fondarsi su quei principi fondamentali, in realtà ne fanno scempio. Un’antitesi sempre attuale.
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