yrock
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sabato 28 dicembre 2013
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un film drammaticamente realistico
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Il film in questione, tratta la relazione tra i due protagonisti senza filtri (se non per la cesura), che finalmente mostra una coppia gay, che non faccia sembrare gli omosessuali asessuati o viceversa dei pervertiti. é la storia d'amore che potrebbe capitare (ed è capitata) a molte persone: una relazione segreta e due vite condizionate fino all'estremo dal mondo dello spettacolo. Il lusso fa arrivare le persone a fare cose terribili; la scena del cambiamento di volto di Matt Demon è resa in modo soft ma, in realtà, è raccapricciante.Un altro punto importante viene fissato, l'impossibilità legale e sociale, dell'equiparazione tra coppie eterosessuali ed omosessuali; un ragazzo che vive come il marito di un altro uomo che non avrebbe avuto diritto a nulla,se il suo partner non fosse stato ricco.
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Il film in questione, tratta la relazione tra i due protagonisti senza filtri (se non per la cesura), che finalmente mostra una coppia gay, che non faccia sembrare gli omosessuali asessuati o viceversa dei pervertiti. é la storia d'amore che potrebbe capitare (ed è capitata) a molte persone: una relazione segreta e due vite condizionate fino all'estremo dal mondo dello spettacolo. Il lusso fa arrivare le persone a fare cose terribili; la scena del cambiamento di volto di Matt Demon è resa in modo soft ma, in realtà, è raccapricciante.Un altro punto importante viene fissato, l'impossibilità legale e sociale, dell'equiparazione tra coppie eterosessuali ed omosessuali; un ragazzo che vive come il marito di un altro uomo che non avrebbe avuto diritto a nulla,se il suo partner non fosse stato ricco. La gelosia, le liti, l'amore e l'affetto manifestati in questo film sono quelli di una coppia qualunque rendendo così giustizia, almeno morale, alla discriminazione che vi era al livello legale. Douglas è eccezionale, così lento,mieloso e falso, mentre Damon nelle scene drammatiche cattura la nostra attenzione nelle altre, è bravo a rendere il personaggio assegnatogli: un bel giocattolo che quando è passato di moda non piace più (ma rimane sempre nel cuore). I personaggi di contorno sono del tutto marginali.
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athaualpa
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mercoledì 25 dicembre 2013
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banalità perfette
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Che si può dire di un film che non ha nulla da dire di interessante ma che è recitato strepitosamente? E' come una bella casa scomoda! Douglas surcalssa il padre e si rivela uno dei più grandi attori contemporanei: riesce ad interpretare Liberace con un sapiente equilibrio di cinismo, superficialità e checcagine senza mai cadere nel ridicolo o nel grottesco. Un'interpretazione che ha i colori della carta patinata ma senza mai diventare una cartolina. Matt Demon a sua volta è strepitoso: passivo ed ingenuo, scaltro ma stupido, gay dalle tendenze confuse ma solo fino ad un certo punto...prove attoriali che all'inizio ci sorprendono, ci esaltano e poi.
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Che si può dire di un film che non ha nulla da dire di interessante ma che è recitato strepitosamente? E' come una bella casa scomoda! Douglas surcalssa il padre e si rivela uno dei più grandi attori contemporanei: riesce ad interpretare Liberace con un sapiente equilibrio di cinismo, superficialità e checcagine senza mai cadere nel ridicolo o nel grottesco. Un'interpretazione che ha i colori della carta patinata ma senza mai diventare una cartolina. Matt Demon a sua volta è strepitoso: passivo ed ingenuo, scaltro ma stupido, gay dalle tendenze confuse ma solo fino ad un certo punto...prove attoriali che all'inizio ci sorprendono, ci esaltano e poi...ci stancano...perché il film non ha veramente niente di interessante da dire....i dialoghi non hanno nulla di interessante...la regia è perfetta ma inutile...la storia si dipana secondo una dinamica banale ed ovvia....a che serve recitare strepitosamente bene una brutta commedia?
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loryrossi
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venerdì 20 dicembre 2013
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m. douglas strepitoso - bel film hollywoodiano
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Gran bel film hollywoodiano. Era tanto che non ne vedevo realizzati con ricca accuratezza.
Era anche tanto tempo che non vedevo un Michael Douglas così bravo. In questo film è strepitoso che ha fatto suo il ruolo di Liberace.
Mi è piaciuto molto anche il buon Matt Damon.
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pipasp
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mercoledì 18 dicembre 2013
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douglas in grande spolvero ma gli "americani"...
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ottima interpretazione di Michael Douglas-visto in versione originale- (attore e soprattutto produttore che personalmente amo molto), poi purtroppo il film decade nel classico problema che affligge molti "americani" non c'è in assoluto alcuna introspezione personale e focus profondo sui personaggi, superficialità e assenza totale di sviluppo, Soderbergh "grande" regista sopravvalutato.
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luca scial�
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mercoledì 18 dicembre 2013
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salvato da un grande michael douglas
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Valentino Liberace è un talentuoso, appariscente e famoso pianista. Uno showman eclettico, di grande impatto tanto in teatro quanto in tv. Ha un segreto che non può rivelare allo star system, altrimenti gli farebbe perdere l'ammirazione di molte fan: è gay. Dopo uno spettacolo gli presentano il giovane Scott Thorson, timido, bisessuale alle prime armi, di cui Liberace si infatua, al punto da prenderselo in casa come amante-collaboratore. Tra i due nasce un'intensa storia d'amore, addirittura Valentino gli chiede di rifarsi il lifting per somigliargli. Scott è un oggetto nelle sue mani. Ma come accade a tutti i vip, il loro privato è continuamente minato dalla vita pubblica dell'artista.
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Valentino Liberace è un talentuoso, appariscente e famoso pianista. Uno showman eclettico, di grande impatto tanto in teatro quanto in tv. Ha un segreto che non può rivelare allo star system, altrimenti gli farebbe perdere l'ammirazione di molte fan: è gay. Dopo uno spettacolo gli presentano il giovane Scott Thorson, timido, bisessuale alle prime armi, di cui Liberace si infatua, al punto da prenderselo in casa come amante-collaboratore. Tra i due nasce un'intensa storia d'amore, addirittura Valentino gli chiede di rifarsi il lifting per somigliargli. Scott è un oggetto nelle sue mani. Ma come accade a tutti i vip, il loro privato è continuamente minato dalla vita pubblica dell'artista...
Soderbergh si è dimostrato, lungo la sua proficua carriera, un regista eclettico. Capace di saltare da un genere all'altro con buoni risultati. Qui si cimenta per la prima volta in un film biografico, presentandoci la vita "esagerata" di Wladziu Valentino Liberace. Il film si concentra soprattutto sul suo rapporto col giovane Scott Thorson. Ma lo fa in modo morboso, appesantito. L'aspetto più interessante della pellicola diventa la grande interpretazione di Michael Douglas, lasciatosi alle spalle un tumore alla gola, nei panni di Liberace. Si addentra egregiamente nei panni di un omosessuale, scambiandosi effusioni riuscite e convincenti con Matt Damon, anch'egli nei panni di un gay però meno palesato: Scott.
Ben costruito il finale, che bene da' l'idea di quanto un uomo dello spettacolo, attorniato da fama e successo, si ritrovi quasi sempre da solo. Ingoiato dal suo stesso egocentrismo.
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jaylee
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domenica 15 dicembre 2013
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una vita esagerata (il film meno)
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Walter “Lee” Liberace è stato un pianista e performer enormemente famoso negli USA per un periodo che va dagli anni 30 agli anni 80; talento incredibile, e uno stile di vita palesemente (ma non dichiarato) gay in un Paese dove l’outing è tuttora la tomba professionale per molti artisti. Muore di AIDS nel 1987, una delle prime star USA colpite dal siero HIV, cosa che fu peraltro negata fin dopo la sua morte dai suoi legali per molto tempo.
Steven Soderbergh alla regia, Dietro I Candelabri racconta della relazione di Liberace (M. Douglas) con Scott Thorson (M. Damon) di 40 anni più giovane di lui, assunto per fargli da segretario, guardia del corpo, confidente, ed ovviamente amante.
Se “eccessivo” era l’obiettivo che si era posto Soderbergh, allora c’è da dire che la sua opera lo ha senz’altro raggiunto.
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Walter “Lee” Liberace è stato un pianista e performer enormemente famoso negli USA per un periodo che va dagli anni 30 agli anni 80; talento incredibile, e uno stile di vita palesemente (ma non dichiarato) gay in un Paese dove l’outing è tuttora la tomba professionale per molti artisti. Muore di AIDS nel 1987, una delle prime star USA colpite dal siero HIV, cosa che fu peraltro negata fin dopo la sua morte dai suoi legali per molto tempo.
Steven Soderbergh alla regia, Dietro I Candelabri racconta della relazione di Liberace (M. Douglas) con Scott Thorson (M. Damon) di 40 anni più giovane di lui, assunto per fargli da segretario, guardia del corpo, confidente, ed ovviamente amante.
Se “eccessivo” era l’obiettivo che si era posto Soderbergh, allora c’è da dire che la sua opera lo ha senz’altro raggiunto. I costumi, le ambientazioni, la reggia di oro, marmi, e pietre preziose, le rolls royce, i barboncini, il lusso sfrenato, Las Vegas… Se Willy Wonka si fosse occupato di gioielli, invece che di cioccolato, probabilmente sarebbe vissuto a Villa Liberace.
Così come eccessive sono le interpretazioni del film, su tutti ovviamente Michael Douglas, al quale si deve riconoscere un gran coraggio nell’affrontare, probabilmente a fine carriera, un ruolo non tanto omosessuale quanto “camp”, dopo esser stato negli anni 80 e 90 un sex symbol nei vari Basic Instict, Attrazione Fatale, Rivelazioni… L’impegno non solo è notevole, ma addirittura (rieccoci) eccessivo, visto che appare ancora più gay che nelle apparizioni dello showman, ancora visibili in rete; e ci regala un personaggio piuttosto odioso e petulante: un Elton John perennemente in crisi pre-mestruale. Idem per quanto riguarda Matt Damon, forse però meno bi-dimensionale dell’amante maturo, stallone cotonato, ignorante, palestrato, bigotto (!) e alla fine usato dall’altro. Un bel tocco del regista è far vedere la stessa scena due volte: la prima volta è il “vecchio” amante Billy che mangia al tavolo senza degnare di uno sguardo il nuovo Scott, la seconda volta è lo stesso Scott che riserva lo stesso trattamento al suo futuro successore Cary. La vita di Liberace come uno spettacolo che, meraviglioso e lucente da vicino, semplicemente è una scontata replica vista da abbastanza lontano… prevedibile (ogni) finale, col giovane amante scaricato che porta il vecchio artista in tribunale per spillargli soldi un’ultima volta.
Giudizio finale? Poco convincente, soprattutto la prima ora che sembra veramente una parodia o una farsa. Tra tanti personaggi posticci, spicca Rob Lowe, che ci regala un chirurgo plastico (ovviamente gay) patetico come pochi… e alcune chicche mostruose, come Liberace che non potrà chiudere completamente gli occhi dopo i suoi terrificanti trattamenti in sala operatoria.
Migliore la seconda parte, soprattutto il funerale finale, un trionfo del kitsch (ma riuscito, a differenza della maggior parte del film)ma non abbastanza per salvare il film. Curioso che , per un film dalle modalità così eccessive, il tutto sembra fin troppo insapido alla fine. Facciamo una metafora in linea col film? Se fosse un vino, Dietro i Candelabri sarebbe uno di quei rossi dal bouquet ricchissimo, ma che una volta aperto si rivela senza carattere.
Dopo Magic Mike (e solo parzialmente riscattato da Danni Collaterali), Soderbergh appare in picchiata, lontanissimo da Traffic, Bubble, e persino Ocean’s Eleven. “Too much of a Good Thing … is Just Wonderful”. Non sempre, Lee. (www.versionekowalski.it)
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(di francesco2)
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vanessa zarastro
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sabato 14 dicembre 2013
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imperial kitch
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Una storia vera, anche commovente. Gli attori sono bravi (Douglas-Damon) anche se il doppiaggio non è dei migliori e forse trasforma ciò che è ambiguo in palese. Stupisce, in particolare, vedere Michael Douglas “omosessuale”, un attore che ha costruito il suo successo interpretando prevalentemente ruoli di tombeur-de-femmes basti ricordare Dan di “Attrazione Fatale” con Glenn Close e Nick di “Basic Instinct” con Sharone Stone. Probabilmente invecchiando Douglas ha anche imparato a recitare.Tutto sommato un film noioso, troppo parlato, tutto girato in interni imperial kitch un po’ claustrofobici; avrebbe giovato al film inframezzarli con qualche numero di spettacolo, in fondo Liberace era un bravo pianista.
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Una storia vera, anche commovente. Gli attori sono bravi (Douglas-Damon) anche se il doppiaggio non è dei migliori e forse trasforma ciò che è ambiguo in palese. Stupisce, in particolare, vedere Michael Douglas “omosessuale”, un attore che ha costruito il suo successo interpretando prevalentemente ruoli di tombeur-de-femmes basti ricordare Dan di “Attrazione Fatale” con Glenn Close e Nick di “Basic Instinct” con Sharone Stone. Probabilmente invecchiando Douglas ha anche imparato a recitare.Tutto sommato un film noioso, troppo parlato, tutto girato in interni imperial kitch un po’ claustrofobici; avrebbe giovato al film inframezzarli con qualche numero di spettacolo, in fondo Liberace era un bravo pianista.
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pepito1948
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giovedì 12 dicembre 2013
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liberace, talento ed eccentricità
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I preziosi candelabri che LIberace tiene sul pianoforte nei suoi concerti sono il confine invisibile della sua doppia vita, pubblica e privata. Al di là c’è una massa idolatrante di spettatori, che vedono nel suo look eccentrico e stravagante una trasgressione “ammessa” e divertente, con sfoggio di costosissime pellicce del peso di diecine di chili e con atteggiamenti anticonvenzionali, dove la parola, spesso banale e vacua, è solo un orpello accessorio o tutt’al più un filo sonoro che lo lega empaticamente alle folle estasiate dalla sua rutilante presenza scenica, di intrattenitore e di pianista dotato di un talento fuori del comune.
Dietro ai candelabri e nascosto nel personaggio che si offre alle folle strabiliate dalle sue trovate spettacolari, pulsa il cuore di una persona chiusa in una reggia da reame delle fiabe più note, dove lusso sfrenato, specchi, vetri e luci creano l’effetto di una condizione di “sospensione” dalla vita ordinaria, apparentemente priva delle sue angustie quotidiane.
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I preziosi candelabri che LIberace tiene sul pianoforte nei suoi concerti sono il confine invisibile della sua doppia vita, pubblica e privata. Al di là c’è una massa idolatrante di spettatori, che vedono nel suo look eccentrico e stravagante una trasgressione “ammessa” e divertente, con sfoggio di costosissime pellicce del peso di diecine di chili e con atteggiamenti anticonvenzionali, dove la parola, spesso banale e vacua, è solo un orpello accessorio o tutt’al più un filo sonoro che lo lega empaticamente alle folle estasiate dalla sua rutilante presenza scenica, di intrattenitore e di pianista dotato di un talento fuori del comune.
Dietro ai candelabri e nascosto nel personaggio che si offre alle folle strabiliate dalle sue trovate spettacolari, pulsa il cuore di una persona chiusa in una reggia da reame delle fiabe più note, dove lusso sfrenato, specchi, vetri e luci creano l’effetto di una condizione di “sospensione” dalla vita ordinaria, apparentemente priva delle sue angustie quotidiane. Spersa e sparsa in tale contesto vive la sua corte, ciascuno con il ruolo affidatogli dal re: manager ricchissimo da 10% sui favolosi compensi del capo, cameriere fedele e guardingo, inservienti vari, chirurgo-plastico custode dell’immagine fisica del suo datore di lavoro, l’amante appena scaricato e il nuovo amante da conquistare, e via elencando, in un fluire incessante e frenetico di una vita collettiva che non ammette pause. La bacchetta di Liberace, all’apice del successo e con segni ormai evidenti di rugosità, dirige ogni attività che si svolge nel castello, e sovraindente ai complicati rapporti umani che si intrecciano tra i sudditi e che, oltre ad armonie, creano discrasie, sfoghi emotivi, sottili malcontenti da competizione. Ma tutto è ordinato come un orologio. Regola generale: schiavardare –ma solo tra le pareti del castello- la libera natura di ciascuno, ed in particolare di lui, gay non dichiarato e deciso a mantenere il segreto per non deludere un pubblico tradizionale e bigotto.
Liberace è soddisfatto ma è umanamente solo, il sesso non colma la sua fame di amore e di vicinanza psicologica, finchè non entra nella sua vita il giovane Scott, e tutto il Liberace orpelloso ed imperioso si mette a nudo liberando il fluire di sentimenti finora compressi, che si sciolgono in un rapporto passionale e sfrenato. All’ amante, al confidente, all’amico, Lee arriva ad offrire, oltre a lavoro, ricchezza ed agi smodati, una prova d’amore estrema, come la proposta di adottarlo come figlio. Ma i costi di tutto questo, blindatura in casa, possesso estenuante, sottomissione ad un intervento chirurgo-estetico per avvicinare i connotati a quelli del suo pigmalione, creano un crescente stridore fino alla crisi, in cui Scott, sull’orlo della follia, viene sostituito ed estromesso grazie ad un accordo economico. Lee ricomincerà la girandola dei suoi amanti, ma Scott sarà l’unica presenza confortante quando l’AIDS, dopo averlo divorato, verrà a prenderselo.
Sodergberg, per realizzare a suo modo il biopic di un personaggio di grande e duraturo successo senza negarne l’omosessualità, ha mostrato coraggio e pazienza: ci sono voluti 13 anni –comprese le pause per la malattia di Douglas e gli impegni di Demon- per avviare il primo ciak, faticando non poco per cercare un distributore. Solo l’emittente televisiva via cavo HBO si è prestata a diffondere il film nei puritani USA, film che invece è stato proiettato nei cinema di gran parte del mondo, ottenendo dovunque premi e riconoscimenti.
Liberace fu un fenomeno tipicamente americano; in Italia transitò in qualche trasmissione televisiva, apparendo come un giullare uso a pronunciare frasi al limite del volgare come: “Vi piace questo orologio d’oro? In fondo me lo avete regalato Voi “(ricordo personale e diretto di chi scrive). Fu uno show-man sempre sopra le righe, il primo che osò guardare durante le sue esibizioni dritto nella telecamera; il suo successo sarebbe stato impensabile fuori dei confini americani, ma quello stile eccentrico e fuori del comune ha fatto scuola; a lui sono tributari performers come Presley, Madonna, Elton John, Zero ed altri.
Soderberg è riuscito nell’intento di rendere credibile una relazione gay al massimo della naturalità in un sfondo artificiale e fuori dal mondo, astenendosi dall’esaltare più del necessario l’aspetto kitsch e le manifestazioni debordanti di un personaggio perfettamente consapevole di assomigliare alla caricatura di un normale uomo americano, che fu poi la sua carta vincente. Grandi i due protagonisti, con un Douglas al meglio delle sue possibilità in un ruolo ad alto rischio di cadute, e splendide le ricostruzioni scenografiche, con apoteosi finale (ispirata ad un vero numero di Liberace) che ricorda la scena clou del ballo corale con Giuda “risorto” di Jesus Christ Superstar.
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khaleb83
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mercoledì 11 dicembre 2013
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un'occasione completamente sprecata
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Ogni volta che leggo Soderbergh tremo, consapevole che per me non riuscirà mai ad andare oltre il manierismo da blockbuster elegante cui ci ha abituati: stavolta sbagliavo. Fa di peggio.
Di buono va detto che il film ha una fotografia molto interessante, e che la recitazione è un piccolo capolavoro: Douglas ce la mette tutta per non cadere nella macchietta nonostante una sceneggiatura che cerca di costringerlo a farlo ad ogni momento, Damon che solitamente detesto riesce a essere particolarmente delicato ed espressivo.
Fine.
Per il resto, un fiasco totale per quanto mi riguarda. Soprassedendo su espedienti malriusciti come gli addominali pessimamente disegnati sul ventre di Damon, o la necessità di mettere le date in sovrimpressione per l'incapacità di dare l'idea dello scorrere del tempo, il film ha due difetti macroscopici che lo relegano in quelli che mi hanno fatto pentire di averci speso i soldi del biglietto.
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Ogni volta che leggo Soderbergh tremo, consapevole che per me non riuscirà mai ad andare oltre il manierismo da blockbuster elegante cui ci ha abituati: stavolta sbagliavo. Fa di peggio.
Di buono va detto che il film ha una fotografia molto interessante, e che la recitazione è un piccolo capolavoro: Douglas ce la mette tutta per non cadere nella macchietta nonostante una sceneggiatura che cerca di costringerlo a farlo ad ogni momento, Damon che solitamente detesto riesce a essere particolarmente delicato ed espressivo.
Fine.
Per il resto, un fiasco totale per quanto mi riguarda. Soprassedendo su espedienti malriusciti come gli addominali pessimamente disegnati sul ventre di Damon, o la necessità di mettere le date in sovrimpressione per l'incapacità di dare l'idea dello scorrere del tempo, il film ha due difetti macroscopici che lo relegano in quelli che mi hanno fatto pentire di averci speso i soldi del biglietto.
Innanzitutto, è un film su un omosessuale. Non è un commento omofobo, ma intendo proprio per la tematica. Non è un film sull'omosessualità, né in alcun modo un film su come questa possa aver avuto influenza sulla vita e le abitudini dei personaggi; no, è un film che parla di una coppia di omosessuali, facendo che sia questa la caratterizzazione. Quando vedo un film con una relazione etero, non lo categorizzo come film eterosessuale; altrettanto dovrebbe avvenire per relazioni tra persone dello stesso sesso. Questo è squallido, né contribuisce a sdoganare un bel niente. E' un espedientuccio da piume di struzzo, né più né meno, per accaparrarsi pareri positivi semplicemente sull'onda della mancanza di inibizioni nei riguardi dell'omosessualità.
Secondo, enorme difetto del film: è noioso. Si perde in una miriade di piccole descrizioni ed avvenimenti che non solo non sono caratterizzanti, ma non fanno neanche "colore" (se non in senso letterale). Nel migliore dei casi, sono scene ridondanti, o dilatate all'eccesso andando a occupare un tempo in cui la reazione migliore che si puo' avere, è uno sbadiglio. Un film lungo la metà sarebbe stato sicuramente migliore, a mio parere la lunghezza mastodontica è pensata ad hoc per minare psicologicamente lo spettatore e costringerlo a trovare emozionante una conclusione manieristica semplicemente per sfinimento.
Spiace per l'interpretazione di Douglas, ma non è un film da non rivedere: è proprio un film da non vedere.
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(di hollyver07)
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stefano pariani
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mercoledì 11 dicembre 2013
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dietro i candelabri la solitudine e l'amarezza
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Valentino Liberace (Michael Douglas) è un popolare pianista nell’America a cavallo tra gli anni ’50 e ’70, vive in una splendida villa con piscina arredata in stile “kitsch monumentale” (parole sue), veste con abiti eccentrici e vistose pellicce e indossa enormi anelli di dubbio gusto. Gay non dichiarato, dalla sua vita entrano ed escono uomini più giovani di lui, finchè un giorno incontra Scott Thorson (Matt Damon), un ingenuo ragazzo provinciale e belloccio. E’ il 1977 e Scott rappresenta per Liberace la bellezza e la giovinezza, che ormai in lui stanno sfiorendo; il pianista non tarda a far entrare nella sua vita il biondo adone, facendo di lui il suo amante, il suo aiutante di scena e il suo alter ego, intrecciando con lui una storia d’amore e di morbosa dipendenza durata alcuni anni.
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Valentino Liberace (Michael Douglas) è un popolare pianista nell’America a cavallo tra gli anni ’50 e ’70, vive in una splendida villa con piscina arredata in stile “kitsch monumentale” (parole sue), veste con abiti eccentrici e vistose pellicce e indossa enormi anelli di dubbio gusto. Gay non dichiarato, dalla sua vita entrano ed escono uomini più giovani di lui, finchè un giorno incontra Scott Thorson (Matt Damon), un ingenuo ragazzo provinciale e belloccio. E’ il 1977 e Scott rappresenta per Liberace la bellezza e la giovinezza, che ormai in lui stanno sfiorendo; il pianista non tarda a far entrare nella sua vita il biondo adone, facendo di lui il suo amante, il suo aiutante di scena e il suo alter ego, intrecciando con lui una storia d’amore e di morbosa dipendenza durata alcuni anni. Il film non è esattamente una biografia di Liberace, ma piuttosto una riflessione sul rapporto tra due uomini e sulle dinamiche di un amore nato sullo sfondo dello showbiz di fine anni ’70. Prima di Elton John, Madonna e Lady Gaga, Liberace aveva introdotto il culto della propria immagine e un nuovo modo di apparire sul palcoscenico. Amato e osannato dal pubblico, viveva e si comportava in modo esplicito, ma non fece mai outing sulla propria sessualità, nonostante la liberazione sessuale di quegli anni. Dietro i candelabri sfarzosi dei suoi pianoforti, dietro i vestiti esagerati e lo sfarzo da baraccone degli arredi si nascondeva la vita di uomo solo, che indossava parrucchini cotonati, che non esitava a fare ricorso alla chirurgia estetica per perpetrare una parvenza di giovinezza, che metteva sopra ogni cosa il mito della propria immagine. Dietro i candelabri si nascondeva anche la vita di un giovane fagocitato e poi respinto da un mondo che forse non capiva fino in fondo e non gli apparteneva nemmeno. L’amara parabola è inserita in un teatrino di finzione e falsità, fragile come la cartapesta, in cui si muovono personaggi bizzarri, che l’occhio di Soderbergh osserva con ironia per nasconderne l’orrore. Il regista conferma il suo eclettismo anche in questo film per la tv e abbandona per una volta lo stile “intellettuale” e minimal che gli è proprio per una narrazione più convenzionale, ma sorretta da un’abile sceneggiatura. Michael Douglas dà vita ad uno dei ruoli più riusciti della sua carriera: il suo Liberace pieno di moine, sguardi e sorrisi ammiccanti è già "cult". Gli sta dietro un Matt Damon non meno incisivo, che passa con disinvoltura da aitante provincialotto biondo a cotonato mantenuto strafatto.
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[+] concordo con te! dietro le luci, tanta amarezza...
(di antonio montefalcone)
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