elgatoloco
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venerdì 22 aprile 2022
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decusanente noteovle
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"The reluctant Fundamendalist"/MIra Nair, dal romanzo di Mohsin Hamid, sceneggiatura di Ann Boghani, dello stesso Hamid, di William Wesler, 2012, noto in Pakistan come Changez). UN giovane analista finanziario , laureato a Princeton, lavora negli States ma quando l'11 settembre 2001 si arriva al famoso attentato delle Twin Towers viene fatto oggetto di pregiudizi ma anche insulti di ogni genere e quindi decide di tornare in patria, duvenendo progessore nella locale universit{, assumnedo via via posizioni politiche pi} "radicali"anche se non estremistiche, ossia non inclini alla violenza terroristica. Anche il suo rapporto con una ragazza americana si era incrinato, nel frattempo.
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"The reluctant Fundamendalist"/MIra Nair, dal romanzo di Mohsin Hamid, sceneggiatura di Ann Boghani, dello stesso Hamid, di William Wesler, 2012, noto in Pakistan come Changez). UN giovane analista finanziario , laureato a Princeton, lavora negli States ma quando l'11 settembre 2001 si arriva al famoso attentato delle Twin Towers viene fatto oggetto di pregiudizi ma anche insulti di ogni genere e quindi decide di tornare in patria, duvenendo progessore nella locale universit{, assumnedo via via posizioni politiche pi} "radicali"anche se non estremistiche, ossia non inclini alla violenza terroristica. Anche il suo rapporto con una ragazza americana si era incrinato, nel frattempo. Se e'difficile stabilire la fedelta'; assoluta, relativa o altro, al romanzo di Hamid, indubbiamente si puo'affermare che si tratta di un'opera rilevante, di notevole fattura e complessita'mai bnaale o forzata. Notoriamente l'invasione dell'Afghnistan da parte degli States, come"ritorsione"verso l'attentato dell'11/9/2001, daoorima definito da Bush junior quale"esportazione della democrazia"8sic!)e tutto quanto e'seguito agli avvenimenti connessi, p rimasto nella memoria dei poooli di fede islamica(dove le divisioni interne alla stessa sono state relative, in uqesto campo)e dunque a fortiori in Pakistan, creato nel Seocndo Dopoguerra quale"Stato degli islamici"in contrapposizione all'Hindostan, stato degli induisti(la"colpa"e'del Pandit Nehru...), stato confinante con l'Afghanistan, segnano una decisa presa d'atto da parte di una persona complessivamwntente"apolitica", anzi dal punto di vista economico quasi un"tagliatore di teste", un" licenziatore facile", della maturazione di una coscienza politica che gradualmente si crea, "fatalmente", , contro l'arroganza sconfinata dell'imperialismo USA. Decisamente da apprezzare come opera di discussione, di feconda polemica, "The reluctante Fundamentalist", che si avvale dell'interpretazione di Riz Ahmed, di Kate Hudson, di Kiefer Sutherland, di Liev Schreiber, é'un film che, da"thriller politico"(dove pero'la definizione rischia di essere pesantemente riduttiva), é'un film valido tout court, che riesce a porsi come opera importante in un periodo notevole della storia contemporeanea, tra Al Queida e l'ISlamic State. El Gato
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enzo70
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sabato 12 dicembre 2015
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un film degno del libro di hamid mohsin
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Tratto da un libro di Hamid Mohsin, il fondamentalista riluttante è un’intensa e profonda analisi degli effetti collaterali del terrorismo. Changez Khan è un giovane talento pakistano che studia e si afferma negli Stati Uniti inseguendo il sogno americano. Ma l’attentato alle torri gemelle cambia inesorabilmente la sua vita; gli Stati Uniti mostrano improvvisamente le proprie paure e rancori. E la storia di Changez si dipana lentamente durante un’intervista con un giornalista americano in Pakistan; anche se in realtà il giornalista lavora per la Cia e lo scopo reale dell’incontro è consentire la liberazione di un ostaggio americano.
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Tratto da un libro di Hamid Mohsin, il fondamentalista riluttante è un’intensa e profonda analisi degli effetti collaterali del terrorismo. Changez Khan è un giovane talento pakistano che studia e si afferma negli Stati Uniti inseguendo il sogno americano. Ma l’attentato alle torri gemelle cambia inesorabilmente la sua vita; gli Stati Uniti mostrano improvvisamente le proprie paure e rancori. E la storia di Changez si dipana lentamente durante un’intervista con un giornalista americano in Pakistan; anche se in realtà il giornalista lavora per la Cia e lo scopo reale dell’incontro è consentire la liberazione di un ostaggio americano. A metà tra i canti religiosi di Islamabad ed i grattacieli di Manhattan, la storia del giovane analista finanziario, pronto a licenziare migliaia di persone per trovare l’efficienza economica alla ricerca dei fondamentali e che riscopre, proprio nella diffidenza verso di lui ed anche grazie all’incontro con un editore turco, i valori dell’Islam, va avanti appassionando lo spettatore. Ma Changez diventa fondamentalista ma non crede ai fondamentali, e proprio per questa ragione non accetta i principi del terrorismo islamico. Un film intelligente e da vedere. Un consiglio, però, leggete, a prescindere i libri di Hamid Mohsin, è uno dei migliori autori contemporanei.
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vincenzo iennaco
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lunedì 8 luglio 2013
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mira nair e la persona al di là dell'ideale
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Changez Khan è un giovane pakistano trasferitosi a New York, dove si è laureato ed ha intrapreso una promettente carriera come consulente finanziario, oltre a trovare un legame affettivo con una giovane fotografa. Il terreno è quindi ben fertile per inseguire il suo personale "sogno americano" restando pur sempre in contatto con la sua famiglia a Lahore. Ma gli avvenimenti dell'11 settembre 2001, oltre al crollo delle Torri Gemelle, incrinano gradualmente quel sogno di integrazione sociale con l'inevitabile ed inesorabile sentimento del sospetto e dello Straniero a prescindere. Ed al giovane Changez non rimane che tornare alle sue origini, entrando a insegnare in un centro studentesco di Lahore.
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Changez Khan è un giovane pakistano trasferitosi a New York, dove si è laureato ed ha intrapreso una promettente carriera come consulente finanziario, oltre a trovare un legame affettivo con una giovane fotografa. Il terreno è quindi ben fertile per inseguire il suo personale "sogno americano" restando pur sempre in contatto con la sua famiglia a Lahore. Ma gli avvenimenti dell'11 settembre 2001, oltre al crollo delle Torri Gemelle, incrinano gradualmente quel sogno di integrazione sociale con l'inevitabile ed inesorabile sentimento del sospetto e dello Straniero a prescindere. Ed al giovane Changez non rimane che tornare alle sue origini, entrando a insegnare in un centro studentesco di Lahore. E questo suo percorso ci viene rivelato a flashback, nel corso di un'intervista col giornalista americano Bobby Lincoln durante i disordini che stanno principiando tra gli studenti e la polizia.
Al di là degli schieramenti (culturali e geopolitici) contrastanti che ne possono scaturire, risulta emblematica ed evocativa la scelta dei due cognomi dei protagonisti: da una parte Khan che non può non alludere ad Aga Khan, titolo ereditario dell' imam appartenente all'antica setta sciita degli Hashashin (da cui deriva il nome assassino, guarda caso); dall'altra parte quell'altisonante Lincoln a simbolo epocale e distintivo dell'uguaglianza nella diversità. E non addentrandosi eccessivamente in tematiche preconcette, sembra che qui la prerogativa della regista sia la persona al di là dell'ideale.
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astromelia
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martedì 2 luglio 2013
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grande film da oscar
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l'atteggiamento mentale nell'approcciarsi a film con temi così importanti e di valenza profonda deve esulare da qualsiasi preconcetto personale,liberare i pregiudizi cercando di assimilare il contenuto dello stesso,con questo spirito si può vedere questo capolavoro,sia da un punto di vista della sceneggiatura che dal tema trattato ovvero da due opposti modi di affrontare la contemporaneità dei fatti narrati,seguendo il contesto e la recitazione splendida di attori quasi sconosciuti si evidenzia la profondità e l'analisi intrinseca di due opposti modi di vivere che non potranno mai trovare un punto d'accordo,ogni individuo ha radici profonde a seconda del luogo dove nasce e non importa se egli tenti di cambiare atteggiamenti e modus vivendi cambiando luoghi e abitudini,del resto ognuno è e rappresenta la propria storia familiare,credo che questo film abbia dato una mano ad identificare le ragioni e i sentimenti di due opposti mondi,senza parteggiare per l'uno o per l'altro ma con contemplazione narrativa fine a se stessa,se gli attori fossero stati "famosi" più del cast forse il film e avrebbe tratto giovamento ulteriore ma il risultato secondo me resta di un'opera ben fatta e per questo bisogna attribuirne il merito.
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l'atteggiamento mentale nell'approcciarsi a film con temi così importanti e di valenza profonda deve esulare da qualsiasi preconcetto personale,liberare i pregiudizi cercando di assimilare il contenuto dello stesso,con questo spirito si può vedere questo capolavoro,sia da un punto di vista della sceneggiatura che dal tema trattato ovvero da due opposti modi di affrontare la contemporaneità dei fatti narrati,seguendo il contesto e la recitazione splendida di attori quasi sconosciuti si evidenzia la profondità e l'analisi intrinseca di due opposti modi di vivere che non potranno mai trovare un punto d'accordo,ogni individuo ha radici profonde a seconda del luogo dove nasce e non importa se egli tenti di cambiare atteggiamenti e modus vivendi cambiando luoghi e abitudini,del resto ognuno è e rappresenta la propria storia familiare,credo che questo film abbia dato una mano ad identificare le ragioni e i sentimenti di due opposti mondi,senza parteggiare per l'uno o per l'altro ma con contemplazione narrativa fine a se stessa,se gli attori fossero stati "famosi" più del cast forse il film e avrebbe tratto giovamento ulteriore ma il risultato secondo me resta di un'opera ben fatta e per questo bisogna attribuirne il merito.
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angelo umana
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domenica 30 giugno 2013
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i fondamentali di due società
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Changez è la personificazione del sogno americano. Pachistano 27enne, da 8 anni negli Stati Uniti, deciso ad ottenere il lavoro di analista finanziario. Dice al professionista affermato che lo esamina: “Che lei mi assuma o meno io di sicuro vincerò!”. E’ proprio per questa affermazione e per la sua “fame di essere il migliore” riconosciutagli dal reclutatore, insieme ad una dimostrazione di rara intelligenza nella prova d’esame, che consegue l’impiego. In breve diventa un alto carico dell’azienda – consigliere delegato, socio – conosce la figlia del titolare di quella società, con cui instaura subito un rapporto particolare eppure … dal suo sguardo sembra indovinarsi una determinazione ad andare oltre.
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Changez è la personificazione del sogno americano. Pachistano 27enne, da 8 anni negli Stati Uniti, deciso ad ottenere il lavoro di analista finanziario. Dice al professionista affermato che lo esamina: “Che lei mi assuma o meno io di sicuro vincerò!”. E’ proprio per questa affermazione e per la sua “fame di essere il migliore” riconosciutagli dal reclutatore, insieme ad una dimostrazione di rara intelligenza nella prova d’esame, che consegue l’impiego. In breve diventa un alto carico dell’azienda – consigliere delegato, socio – conosce la figlia del titolare di quella società, con cui instaura subito un rapporto particolare eppure … dal suo sguardo sembra indovinarsi una determinazione ad andare oltre. Ai colleghi che si interrogano reciprocamente su dove si “vedono” collocati tra 25 anni, risponde che sarà a capo di un paese musulmano che dispone di armi nucleari. La cosa appare come una provocazione ma fa presagire un destino che sta oltre quel lavoro di “ottimizzatore” di risorse aziendali e umane, di cinico professionista che – glielo dice suo padre quando apprende di quella professione – “con un tratto di penna toglie il pane a chi lavora”.
Si trova a Manila, dove la sua squadra sta esaminando un’industria da rilanciare, l’11 settembre 2001, quando vede in tv l’attacco e la caduta delle torri gemelle. Al giornalista collaboratore segreto delle forze americane che lo intervista nel covo di giovani votati all'avversione alla società americana, a Lahore, dove Changez è tornato per insegnare all’università, confida che dall’impresa dell’11 settembre rimase soggiogato per l’audacia degli attentatori, per l’”arroganza messa in ginocchio”. Lui che era entrato nella parte privilegiata della società americana “da cui i miei genitori erano estromessi”, quella facente parte dell’aristocrazia del denaro, ha preso le distanze da quella società vulnerabile, è rimasto deluso e impaurito dalla reazione americana di vedere un terrorista in ognuno che avesse anche solo l'aspetto medioorientale (qualcosa di simile era contenuto nel film con l’autistico indiano Khan: “Il mio nome è Khan e non sono un terrorista)”. Nel 2010 fa parte dei fondamentalisti in Pakistan, ne è un predicatore ascoltato ma resta un non violento.
Fu in una missione “finanziaria” in Turchia come analista che conobbe un editore, uomo di lettere che conosceva il padre di Changez, poeta. La società editrice era improduttiva, da liquidare. Costui gli parlò dei “giannizzeri”, ragazzi che venivano rapiti nell’impero ottomano per farne dei terroristi, votati alla causa musulmana soprattutto. “Quando vedrai da che parte stare il tuo mondo avrà il suo colore”, gli dice. Fu allora che Changez cominciò a pensare di cambiare fede, da quella della finanza “efficiente” ma di una società in declino a quella della sua gente. Si tratta dunque sempre dei “fondamentali” su cui si basano le due società, quella americana e quella musulmana: finanziari in un caso e religiosi nell’altro. Ogni parte è convinta a modo suo di questi fondamentali. Un altro ricordo porta a “United 93”, memorabili le preghiere convinte con cui gli attentatori si preparano la mattina della strage dell’11/9/2001, simili in qualche modo ai modi occidentali di iniziare la giornata, ognuno col suo credo.
Un grande pregio del film è quello della regista indiana Mila Nair o dell’autore del libro da cui il film è tratto, con molta intelligenza raccontano le due visioni delle cose, senza propendere per una parte o l’altra.
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[+] il "giannizzero" de la donna che canta
(di angelo umana)
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pensierocivile
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domenica 30 giugno 2013
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alla ricerca di mira nair
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Effettivamente si sentiva proprio la mancanza di una voce come quella del film, in grado di far riflettere sugli elementi “fondamentali” che costituiscono e “uniscono” l'Oriente e l'Occidente. Una voce davvero originale che invoca quasi il perdono per due pedine innocenti, vittime di circostanze e poteri nei confronti dei quali possono solo fingere disinteresse. In realtà il messaggio sempliciotto non è il solo problema del film: Kate Hudson non è credibile a partire dai capelli, poi nell'interpretazione e infine in un personaggio isterico, confuso, troppo centrale rispetto alla resa finale; Mira Nair che giri commedie, film drammatici o filmati domestici, non lascia scampo e “firma”, altro che invisibilità dell'autore, qui si è alla scomparsa del regista, dell'occhio attraverso il quale lo spettatore mira il racconto, dell'arte del racconto per immagini.
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Effettivamente si sentiva proprio la mancanza di una voce come quella del film, in grado di far riflettere sugli elementi “fondamentali” che costituiscono e “uniscono” l'Oriente e l'Occidente. Una voce davvero originale che invoca quasi il perdono per due pedine innocenti, vittime di circostanze e poteri nei confronti dei quali possono solo fingere disinteresse. In realtà il messaggio sempliciotto non è il solo problema del film: Kate Hudson non è credibile a partire dai capelli, poi nell'interpretazione e infine in un personaggio isterico, confuso, troppo centrale rispetto alla resa finale; Mira Nair che giri commedie, film drammatici o filmati domestici, non lascia scampo e “firma”, altro che invisibilità dell'autore, qui si è alla scomparsa del regista, dell'occhio attraverso il quale lo spettatore mira il racconto, dell'arte del racconto per immagini. Si poteva fare certamente meglio, centrando la storia sul processo interiore che “fa vedere oltre” Changez, che si spoglia del presente orribile per abbracciare “una“ verità. Si poteva guardare meglio alla sua famiglia, ai rapporti col padre, alle diverse convinzioni invece di procedere in lezioni di retorica sul desiderio di ricchezza e potere “fondativo” americano. Resta una gran bella interpretazione di Kiefer Sutherland.
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lucblaks
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sabato 22 giugno 2013
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"mai fidarsi delle apparenze"
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Non so ancora come ho fatto a sorprendermi del perchè questo film è stato fortemente criticato,soprattuto in America. Tutte recensioni di critici che hanno corrotto se stessi ancor prima di entrare in sala,che giustificavano il tutto attaccando la modalità registica della Nair. A dir poco ridicolo. La verità è che questo film mostra una realtà,amara,soprattuto per gli Stati Uniti, raccontata dal punto di vista di un Pakistano che prima dell'undici settembre viveva il suo "sogno Americano" e che da quella tragica data in poi ha lasciato che altre persone vittime dal pregiudizio lo agnentassero. Tratto dall'omonimo romanzo,il film non delude e si mostra capace di approfondire le righe del libro grazie soprattutto alla grande sensibilità della regista: MIra Nair.
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Non so ancora come ho fatto a sorprendermi del perchè questo film è stato fortemente criticato,soprattuto in America. Tutte recensioni di critici che hanno corrotto se stessi ancor prima di entrare in sala,che giustificavano il tutto attaccando la modalità registica della Nair. A dir poco ridicolo. La verità è che questo film mostra una realtà,amara,soprattuto per gli Stati Uniti, raccontata dal punto di vista di un Pakistano che prima dell'undici settembre viveva il suo "sogno Americano" e che da quella tragica data in poi ha lasciato che altre persone vittime dal pregiudizio lo agnentassero. Tratto dall'omonimo romanzo,il film non delude e si mostra capace di approfondire le righe del libro grazie soprattutto alla grande sensibilità della regista: MIra Nair. Cineasta indiana ( ma con molte produzioni internazionali alle spalle) premiata a Cannes per Saalam Bombay e a Venezia per Moonson Wedding, in questa nuova pellicola tocca l'apice della sua carriera mostrando abilità registiche per niente comuni e splendide inquadrature assolutamente non approssimative. Meravglioso il cast,soprattutto il giovane Riz Ahmed, intenso e plausibile, e anche i personaggi di contorno come Kate Hudson ( sorprendente) Kiefer Sutherland e Liev Schreiber. Sceneggiatura solida salvo qualche buco che rende comunque il film non troppo schematico cosa che conl'utilizzo della narrazione attraverso ricordi non è per niente scontata.
E' comprensabile che per le tematiche che affronta, e soprattutto per come le affronta,il fondamentalista riluttante debba essere un film soggetto a discussioni. Ma le discussioni non è detto che debbano essere per forza critiche. La verità è che è un film che promette e mantiene,un film quasi raro per la sua ambizione,ma soprattutto è un film coraggioso e personalmente di film coraggiosi oggi come oggi ne vedo pochi in giro. Non sarà certo un capolavoro ma non ho problemi a dire che ci si avvicina e c'è poco da essere ipocriti,Il fondamentalista riluttante regala al publico un sentimento di empatia tale nei confronti di un Pakistano "riluttante" nei confronti del patriottismo Americano, e solo per questo il film va anzi DEVE essere premiato
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[+] sìamo tutti un po' riluttanti...
(di sorella luna)
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domenico astuti
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mercoledì 19 giugno 2013
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troppe riflessioni per un film così diretto
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Abbiamo visto “ Il fondamentalista riluttante “ regia di Mira Nair.
Mira Nair è una regista indiana che dopo il suo primo film “ Salaam Bombay “, film evento del 1988, è andata a vivere a New York. Da allora ha realizzato una serie di filmoni in parte incompiuti, in parte fermi nel mezzo del guado per troppo voler raccontare. Da “ Mississipi Masala “ una storia d’amore e delle sue difficoltà tra un giovanotto afroamericano del Sud degli Usa e una ragazza indiana, nata a Kampala in Uganda e poi esule politica nel Mississippi; a “ Matrimonio indiano “, la storia di un matrimonio combinato tra due ricchissime famiglie indiane, quella della sposa rimasta in India e l'altra emigrata negli Usa. E nel 2006 ha girato “ Il destino nel nome “, in cui Ashima e Ashoke, due giovani del Bengala si sposano con un altro matrimonio combinato, si trasferiscono negli Stati Uniti, ma la vita fredda e grigia di New York li fa essere nostalgici dei colori e del modo di vivere caldo di Kolkata ( Calcutta ). Temi forti e con molte variabili politicamente corrette ( razzismo, intolleranza, immigrazione, conflitti interculturali, rapporti familiari e di coppia, trasformazioni culturali ) che però la Nair riveste di una fotografia glamour, con una regia ‘ perfetta ‘ ma terribilmente poco efficace, coni un calligrafismo che sfiora la vanità e così l’inessenzialità dei tanti problemi veri. A voler essere un po’ rozzi, si potrebbe scrivere che con questa forma i contenuti possono essere collocati nel “ Ma chi se ne frega… “. Prevale in fondo una ricerca formale patinata e priva di sentimenti che rendono i protagonisti dei suoi film neanche lontamamente empatici. Peccato perché il talento c’è ma diventa fine a se stesso, algido e lontano, sembra quasi che le si possa dire: per cortesia, lasciaci seguire i personaggi e fatti un po’ da parte con la regia.
Anche per questo film “ Il fondamentalista riluttante “ le pecche della Nair si mostrano tutte. Una buona storia ma complicata in tutte le sue sfaccettature esistenziali, culturali e storiche ( tratta dal romanzo omonimo di Mohsin Hamid e divenuto un best seller internazionale ), diretta con sapienza, ma che risulta poco empatica, incongruente nello scontro tra due esseri doppi e in cui il dramma dell’11 Settembre e le sue conseguenze sembrano quasi da cartolina.
La storia inizia a Lahore nel Punjab pakistano, un giovane professore Changez Khan incontra in un ristorante del suk ( terribilmente ricostruito in studio ) il giornalista americano Bobby, autore di tre saggi liberal sulla fede islamica; ma solo apparentemente il secondo vuole intervistare il primo e il pachistano riluttante sa bene che non è altro che un gioco del gatto col topo, unico dubbio è chi è l’uno e chi è l’altro. Il realtà Changez ( un bravo Riz Ahmed, attore e rapper britannico di origini pakistane ), giovane professore universitario, forse sa dove si trova prigioniero un suo collega americano sequestrato dai fondamentalisti, mentre Bobby Lincon ( un roccioso e poco empatico Isaac Liev Schreiber ) è un giornalista che vive in Pakistan, parla l’urdu e collabora con la Cia. In questo ristorante, seduti ad un tavolo, nel gioco delle parti, Khan ‘ accetta ‘ di farsi intervistare dal giornalista e gli racconta la sua vita iniziata negli Stati Uniti a 18 anni e diventato ben presto un professionista rampante nel campo della finanza, pupillo del capo del più grosso studio newyorchese e, in questa upper class, Changez sembra riuscire ed affermarsi in tutto anche nell'amore con l’artista fotografica Erica ( una frastornata e convincente Kate Hudson ). Tutto procede alla grande per il fondamentalista riluttante ma come nelle vite di molti arriva l'11 settembre 2001 che cambia di colpo le prospettive e non solo sue. La sua vita comincia a cambiare, viene visto anche dagli amici come un islamico e non più come una persona. E quindi alla fine, tra dubbi e sofferenze, preferisce ritornare a casa.
Con questo racconto dettagliato, Changez cerca di convincere Bobby che le sue idee non vanno d’accordo con nessun fondamentalisimo né islamico né occidentale. E così facendo spera di convincerlo a fare da intermediario con la Cia e di non finire in carcere o di vedere la sua famiglia perseguitata. Ma ormai i nodi sono al pettine e non c’è più tempo per la comprensione e il rispetto reciproco…
Solo in parte la storia si sviluppa nel confronto-scontro tra Changez e Bobby, su come entrambi sono cambiati e insoddisfatti, quasi costretti ad accettare vite determinate dalla Storia ( anche se centrale il loro stare l’uno di fronte all’altro in un ristorante non sembra la parte più convincente della drammaturgia ), lo sviluppo importante è sui soliti ‘ temi ‘ della Nair: intolleranza, razzismo, la violenza del capitalismo sfrenato, le difficoltà interculturali, elaborazione del lutto e delle perdite, e in più le crepe che possono nascere anche dai sentimenti più belli e destinate a far crollare un'integrazione possibile. E in fondo anche una certa stupidità che prende coraggio dalle ingiustizie per creare altra ingiustizia e maggiore violenza.
Da segnalare tra gli attori un convincente Kiefer Sutherland in un ruolo assai diverso dai soliti e Om Puri ( il padre ).
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zummone
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mercoledì 19 giugno 2013
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delusione
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L'America, prima, durante e dopo l'11 settembre, vista con gli occhi di un pakistano. Nel film di Mira Nair (già Leone d'Oro a Venezia con "Monsoon Wedding"), la vicenda è raccontata su un doppio binario: il giovane Changez Khan (Riz Ahmed), professore universitario a Lahore, racconta al giornalista americano Bobby Lincoln (L.
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L'America, prima, durante e dopo l'11 settembre, vista con gli occhi di un pakistano. Nel film di Mira Nair (già Leone d'Oro a Venezia con "Monsoon Wedding"), la vicenda è raccontata su un doppio binario: il giovane Changez Khan (Riz Ahmed), professore universitario a Lahore, racconta al giornalista americano Bobby Lincoln (L. Schreiber) la sua carriera scolastica e poi manageriale negli Usa, dove dieci anni prima divenneanalista finanziario di una grossa compagnia; contemporaneamente al colloquio-intervista è in corso unarivolta studentesca, contro gli arresti di giovani militanti pakistani, che i servizi segreti americani compiono, nel tentativo di trovare un professore universitario statunitense, rapito poche ore prima.
In un rimando continuo, tra passato recente e presente, Changez rammenta la seduzione subita dall'occidente capitalista e cinico (il suo capo, Jim Cross, ne è l'emblema!), la sua relazione con l'americana Erica, la nostalgia per il suo Paese natio e infine il ritorno. Sullo sfondo il terrorismo, gli attacchi suicidi, il trauma ancora profondo delle Torri Gemelle.
Quanto è difficile fare un film che, nel bene e nel male, gira intorno all'11 settembre? Tanto, pare essere la risposta. E il film della Nair, pur nell'accettare la scommessa, non tiene: apprezzabili gli attori (compresi i comprimari K. Hudson, K. Sutherland e O. Puri), ma il difetto sta nella sceneggiatura. Le due vicende parallele, nelle loro convergenze e distanze, non riescono a trovare un collante convincente. Il film si sfilaccia in una durata eccessiva, senza un'amalgama forte.
Peccato, ci aspettavamo di più.
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flyanto
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lunedì 17 giugno 2013
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come possono cambiare la vita e le certezze di un
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Film in cui si narra di un giovane di origini pakistane che vive e lavora come analista contabile presso una grossa società newyorkese. Dopo l'attacco alle Torri Gemelle dell'11 Settembre 2001 la sua esistenza però cambia notevolmente in quanto per lui inizia una serie di persecuzioni in quanto sospettato, poichè appartenente al mondo islamico, di essere in qualche modo coinvolto nella terribile azione terroristica. Non riuscendo più a concepire ed a sopportare questa sua nuova condizione di vita che gli mina fortemente anche la propria relazione affettiva con una giovane fotografa americana, egli deciderà di abbandonare per sempre gli Stati Uniti d'America e ritornare nel suo natio Pakistan ed esercitare il ruolo di insegnate, con il ruolo di formare in maniera pacifica i giovani studenti appartenenti al suo popolo.
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Film in cui si narra di un giovane di origini pakistane che vive e lavora come analista contabile presso una grossa società newyorkese. Dopo l'attacco alle Torri Gemelle dell'11 Settembre 2001 la sua esistenza però cambia notevolmente in quanto per lui inizia una serie di persecuzioni in quanto sospettato, poichè appartenente al mondo islamico, di essere in qualche modo coinvolto nella terribile azione terroristica. Non riuscendo più a concepire ed a sopportare questa sua nuova condizione di vita che gli mina fortemente anche la propria relazione affettiva con una giovane fotografa americana, egli deciderà di abbandonare per sempre gli Stati Uniti d'America e ritornare nel suo natio Pakistan ed esercitare il ruolo di insegnate, con il ruolo di formare in maniera pacifica i giovani studenti appartenenti al suo popolo. Anche tutto ciò non senza qualche problema. Il film è strutturato come una lunga confessione fatta da parte del protagonista ad un giornalista statunitense inviato in Pakistan, dopo il rapimento di un esponente americano, al fine di indagare più approfonditamente sulle questioni islamiche e terroristiche. L'unica critica che si possa muovere a questa pellicola della regista indiana Mira Nair è forse la sua un pò eccessiva lungaggine, sebbene l'intera vicenda narrata sia raccontata e rappresentata in maniera fluida e lineare e pertanto tale da non annoiare comunque troppo lo spettatore. Interessante è proprio la tematica che la Nair propone della continua situazione di sospetto e di persecuzione a cui, più po meno giustificatamente, sono stati sottoposti dal Governo statunitense molti individui di origini islamiche. Di più non vi è da dire ed in ogni caso il film rimane una buona occasione per riflettere in generale sull'intera questione.
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