Il fondamentalista riluttante

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Un film di Mira Nair. Con Riz Ahmed, Kate Hudson, Liev Schreiber, Kiefer Sutherland, Om Puri.
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Titolo originale The Reluctant Fundamentalist. Thriller, durata 130 min. - USA, Gran Bretagna, Qatar 2012. - Eagle Pictures uscita giovedì 13 giugno 2013. MYMONETRO Il fondamentalista riluttante * * 1/2 - - valutazione media: 2,88 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La vendetta del banchiere integralista musulmano negli Usa dell'11 settembre

di Natalia Aspesi La Repubblica

C'è un'America che può essere generosa per chi ci vive, anche se straniero, carica di opportunità e di futuro; c' è un' America che può essere pericolosa fuori dai suoi confini, quando decide di occuparsi degli altri paesi e piegarli alla sua potenza e arroganza. Nel film di Mira Nair, che ha inaugurato fuori concorso la 69ª Mostra di Venezia, il giovane pachistano Changez vive queste due Americhe da, come dice il titolo, "fondamentalista riluttante". Studente modello della prestigiosa Princeton, arrivato da una buona e impoverita famiglia di Lahore, nel 2001, a 22 anni, diventa il più geniale analista finanziario di una società americana specializzata nel valutare in varie parti del mondo il valore delle aziende in vendita, nel renderle più produttive tagliando spese e soprattutto posti di lavoro (come funziona oggi anche da noi). L' incantevole ragazzo dai magnifici occhi neri (Riz Hamed, rapper anglo pachistano), scopre di amare l' America e il suo modo di vivere, si sente americano negli abiti perfetti che indossa, nei tanti soldi che guadagna, nel vino che pur musulmano, beve, nella protezione di un capo un po' gay (Kiefer Sutherland), nell' amore forse corrisposto di una bella ricca ragazza americana. Però, racconta Nair, a quel fondamentalismo spietato che è la base della grande finanza capitalista, per cui conta solo il profitto e non gli esseri umani, si piega con sempre maggior riluttanza. Dalla sua stanza d' albergo a Manila, dove l' ha portato il suo lavoro, assiste dalla televisione all' orrore dell' 11 settembre: «E allora sorrisi. Sì, per quanto possa apparire deprecabile, la mia prima reazione fu di notevole compiacimento». Così descrive quel momento nella vita di Changez lo scrittore anglo pachistano Mohsin Hamid, autore del romanzo che ha ispirato il film, di cui è cosceneggiatore. Forse il romanzo è più bello, più angosciante, è un faccia a faccia in un locale di Lahore tra il giovane professore pachistano barbuto che dieci anni prima era lo sbarbato analista dal brillante futuro americano, che non smette di parlare con minacciosa dolcezza, e un americano misterioso e forse pericoloso che non parla mai. In questo incontro c' è mistero, verità, paura, disprezzo, dolore, e un sentimento antiamericano accecante. Mira Nair, che non ha avuto per il suo film alcun finanziamento americano e non ha ancora un distributore americano, trasformando la storia in un thriller in cui come capita anche nei film americani, i cattivi sono gli agenti della Cia, ha molto attenuato, il dolore, lo sperdimento, il senso d' ingiustizia e oppressione e il bisogno di rivalsa e vendetta che anima il romanzo, di cui percepiamo un finale tragico. E ha trasformato il muto ascoltatore in un giornalista che quando aveva saputo che gli attentatori dell' 11 settembre erano anche gli assassini del suo amico afgano, Massoud, antitalebano, era diventato anche agente Cia (Liev Schreiber). La regista indiana, con padre nato a Lahore, vive tra gli Stati Uniti, l' India e la Nigeria e ricorda il suo 11 settembre. «Tutta la mia famiglia era a New York e devo dire che la mia angoscia era tutta per loro: non riuscivo a mettermi in contatto, solo una settimana dopo potei tornare e solo allora mi resi conto del disastro». Si sa che il Pakistan è stato un alleato infido degli Usa contro il terrorismo afgano, ma ha anche avuto migliaia di morti e tre milioni di profughi; mentre gli Usa hanno fatto poco per attenuare le tensioni tra Pakistan e India. Oggi, dice la regista, «questi due paesi, che possiedono entrambi l' atomica, stanno lavorando per stabilire una pace duratura, e sono sicura che anche gli americani non ne possono più delle loro invasioni, dei loro morti, hanno bisogno di vera pace». Questa speranza diventa nel film il lieto fine, una specie di sermone per la pace tra i popoli, alla sepoltura dell' unico studente, naturalmente non violento, ammazzato durante una rivolta a Lahore che pareva una carneficina tra studenti, talebani, poliziotti pachistani, agenti Cia, una folla impazzita. A predicare è naturalmente Changez, di cui ci era già stata (nel film) raccontata la seconda riluttanza, quella di seguire i fondamentalisti del Corano. Sino all' ultimo non si capisce da che parte sta: ma poi si rivela quella giusta, cioè per un sogno pachistano non in contrasto con quello americano. Risulta antipatica la ragazza americana di cui il bel giovane s' innamora: interpretata da una Kate Hudson diventata bruna e, molto cosciona, non emana più l' affranta poesia della giovane donna del romanzo, che dopo la morte di cancro del suo primo ragazzo non riesce più a vivere: ma, dice la regista, «io credo nella vitalità femminile, non amo le donne fragili, voglio rappresentarle forti e vincenti». Quindi Erica mette da parte la tragedia, diventa un' artista-fotografa e lascia perdere anche il suo pachistano, che nel frattempo, in America, è diventato uno straniero dall' aspetto sospetto e ha scoperto di non voler più servire l' imperialismo finanziario. Quindi torna tra la sua gente, dove almeno le canzoni e le poesie e i cibi e i colori della povertà sono nel film, bellissimi.
Da La Repubblica, 30 agosto 2012


di Natalia Aspesi, 30 agosto 2012

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