ornella guidi
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sabato 19 dicembre 2015
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film a cinque stelle
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Questo film mi ha divertito moltissimo, ma per apprezzarlo in profondità è necessario conoscere e seguire la cosiddetta arte povera. E' vero che il regista spazia ad alti livelli inserendo Fontana, Manzoni ...però il nucleo del film è da ricercarsi in una satira feroce e dissacrante di questo tipo di Arte, con delle scene assolutamente esilaranti, quando loro stessi si confondono tra l'originale e la copia...E viene evidenziata una ignoranza continuamente riciclata, e ribattuta tra le varie figure che stanno ai margini di tale mercato, compresi molti collezionisti, che qui vengono presi garbatamente in giro.
Ora siccome io amo molto l'Informale ma poco l'arte povera, mi ci sono divertita assai, pensando alle installazioni di sale.
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Questo film mi ha divertito moltissimo, ma per apprezzarlo in profondità è necessario conoscere e seguire la cosiddetta arte povera. E' vero che il regista spazia ad alti livelli inserendo Fontana, Manzoni ...però il nucleo del film è da ricercarsi in una satira feroce e dissacrante di questo tipo di Arte, con delle scene assolutamente esilaranti, quando loro stessi si confondono tra l'originale e la copia...E viene evidenziata una ignoranza continuamente riciclata, e ribattuta tra le varie figure che stanno ai margini di tale mercato, compresi molti collezionisti, che qui vengono presi garbatamente in giro.
Ora siccome io amo molto l'Informale ma poco l'arte povera, mi ci sono divertita assai, pensando alle installazioni di sale...agli specchi bordati di plastica.. agli altarini con il mozzicone di candela...le scarpe...le assi di legno inchiodate.. che secondo il nostro pur notevole Carlo Vanoni, rappresentano un percorso logico di notevole spessore...ma il film non la pensa così.
Tutto il resto dunque diventa di contorno, compreso il preparatorio licenziamento dei tre, tutto si fa pretesto per la stilettata satirica. Fare un'analisi tecnica della pellicola ha poco senso perché tutto è funzionale, dalle inquadrature alla sceneggiatura, al tiro con l'arco, dove il bersaglio è una bolla d'Arte, gonfiata a più livelli, da soggetti in buona fede, che ci credono, e molto più spesso invece da chi agisce per soldi.
Comunque nel film la satira involontariamente va oltre, per cui dalla consapevolezza della replicabilità veloce e gratuita di certe "opere d'arte", nasce almeno in uno dei protagonisti, una sensibilità un amore sincero verso i quadri, a testimoniare che qualsiasi manifestazione artistica, anche la più semplice sa far vibrare le corde emozionali.
In questo senso va interpretato il vero happy end; senza tener conto dei peraltro eccellenti protagonisti ormai milionari con la loro sciroppata alla cannella, sulla falsariga della celeberrima coca-cola!
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dario
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domenica 11 agosto 2013
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favolistico
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Il film è molto simpatico, fila, registicamente, alla perfezione. La storia è debole e francamnte grossolana, ma è attraversata da un buonumore che contagia. Eccessiva la critica all'arte moderna, ma non cattiva, semmai sarcastica, sempre bonariamente. Buona la recitazione e semplice, ma efficace la sceneggiatura. Incredibilmente, una commedia italiana senza volgarità. Godibile davvero.
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ultimoboyscout
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venerdì 8 febbraio 2013
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il prezzo dell'arte.
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Giovanni Albanese associa due mondi lontanissimi e lo fa in chiave comica. E' la storia di quattro disoccupati del Salento e dell'universo dell'arte contemporanea: possibile conciliarli? Il surreale incontro avviene quando tre di loro vengono licenziati dal pastificio in cui lavorano e il loro datore di lavoro decide di trasformarlo in un magazzino per opere d'arte. Perchè allora non copiare gli originali e vendere le copie fasulle per buone fregandosene dell'ex padrone e degli acquirenti? Si tratta di una commedia dell'arte, anche di arrangiarsi, in cui Salemme, Battiston, Shapi e una deliziosa Donatella Finocchiaro si improvvisano falsari, trafficanti e truffatori in grande stile.
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Giovanni Albanese associa due mondi lontanissimi e lo fa in chiave comica. E' la storia di quattro disoccupati del Salento e dell'universo dell'arte contemporanea: possibile conciliarli? Il surreale incontro avviene quando tre di loro vengono licenziati dal pastificio in cui lavorano e il loro datore di lavoro decide di trasformarlo in un magazzino per opere d'arte. Perchè allora non copiare gli originali e vendere le copie fasulle per buone fregandosene dell'ex padrone e degli acquirenti? Si tratta di una commedia dell'arte, anche di arrangiarsi, in cui Salemme, Battiston, Shapi e una deliziosa Donatella Finocchiaro si improvvisano falsari, trafficanti e truffatori in grande stile. Con la crisi che è nell'aria, il lavoro bisogna inventarselo e il risultato è questa divertente pellicola sull'Italia di oggi schiacciata dalla disoccupazione, che unisce la commedia all'italiana più classica con quella a sfondo sociale, per ridere come è giusto che sia ma anche per riflettere sullo stato (non solo dell'arte) del nostro paese. Perchè anche dell'arte più concettuale si può ridere. E soprattutto, grazie al cinema, la si può rendere meno complessa e fruibile al grande pubblico grazie al linguaggio popolare tipico del cinema. L'accostare due mondi così evidentemente lontani toglie ogni forma di intellettualismo (la classica puzzetta sotto il naso!) ma riesce in ogni caso a dare risposte e a raggiungere il centro della questione. Lo fa con garbo e con intelligenza, senza approfondire la questione della disoccupazione ma tarttandola col dovuto rispetto, sorridendone e mai ridendone. Commedia sociale che avvicina "La banda degli onesti" con Battiston e Salemme assolutamente sopra le righe, uno spalla perfetta dell'altro, abilissimi nell'integrarsi, nel bilanciarsi, nel completarsi. Nel finale perde colpi, non arriva mai il cambio di passo ne il colpo di scena ne la variante che ricolta la pellicola. Ma forse è giusto così, la sorte dei più disgraziati è sempre li a guardare, ma stavolta non ha visto.
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hanks87
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lunedì 14 novembre 2011
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salemme e l'arte
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Vincenzo Salemme ci ha abituati negli anni a delle commedie assolutamente esilaranti ma anche profondamente dense di significato. In questo film, interpretato solamente e non diretto da lui, coniuga la sua leggerezza al sarcasmo richiesto dalla sua "parte". Una film molto "sui generis" fatto non da battute volgari ma dalla cosa più semplice che ricerchiamo in una commedia (ma difficile da ritrovare oggigiorno): l'ironia.
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kyotrix
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domenica 30 ottobre 2011
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passabile
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Calcolando che e' una commedia italiana, non e' malaccio, ma c'e' di meglio.
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astromelia
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giovedì 6 ottobre 2011
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senza arte ne parte....appunto
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ho trovato battiston che apprezzo fuori luogo per quel che riguarda la parlata che esclude la provenienza del personaggio, anhe se il film scorre su un lento binario,può considerarsi dilettevole per passare un'ora e mezza,quello su cui premo è recitare in stretto dialetto del sud che non si comprende appieno,si potrebbe dare un'inflessione più italianizzata mantenendo l'origine così si capirebbe di più...
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dounia
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mercoledì 20 luglio 2011
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ironia nella vita
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Il film fa vedere la storia che succede nel Premiato pastificio Tammaro di Salento. La fabbrica chiude e gli operai che lavoravano dentro restano disoccupati. La consulente finanziaria di Tammaro eredita in quei giorni una collezione d'arte che viene sistemata, in modo provvisorio, nel vecchio pastificio. Tre operai: Enzo, Carmine e Bandula hanno il compito di custodire le opere d'arti in quello stabilimento, trasformato in magazzino. Ai tre ex-operai, che lavorano in nero, viene l'idea di rifarle e di sostituirle a quelle autentiche. Pensano poi di vendere quest'ultime e, aiutati da amici, le ricostruiscono e arrivano all'asta di una galleria romana.
La commedia è semplice, si svolge in modo simpatico e non stanca l'aspettatore che si ritrova a ridere davanti allo schermo, sia per le battute che per i fatti che avvengono.
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Il film fa vedere la storia che succede nel Premiato pastificio Tammaro di Salento. La fabbrica chiude e gli operai che lavoravano dentro restano disoccupati. La consulente finanziaria di Tammaro eredita in quei giorni una collezione d'arte che viene sistemata, in modo provvisorio, nel vecchio pastificio. Tre operai: Enzo, Carmine e Bandula hanno il compito di custodire le opere d'arti in quello stabilimento, trasformato in magazzino. Ai tre ex-operai, che lavorano in nero, viene l'idea di rifarle e di sostituirle a quelle autentiche. Pensano poi di vendere quest'ultime e, aiutati da amici, le ricostruiscono e arrivano all'asta di una galleria romana.
La commedia è semplice, si svolge in modo simpatico e non stanca l'aspettatore che si ritrova a ridere davanti allo schermo, sia per le battute che per i fatti che avvengono. L'ironia del racconto non è banale, nella sua semplicità sa cogliere chi lo guarda e rendere anche viva la storia. Far ridere in maniera semplice non è facile. Tante scene o frasi che a volte sembrano ironiche non lo sono affatto! Diventa così positivo, nel film, il saperlo fare e l'interpretazione degli attori risulta divertente.
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francuccio
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giovedì 12 maggio 2011
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l'arte della sopravvivenza.....
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Sicuramente abbiamo visto dei film migliori con Salemme protagonista, ma credo che questo sia un bel film da vedere.
Una commedia che sta riflettendo la situazione attuale soprattutto al SUD...bravi tutti ed in particolare i è piaciuto Giuseppe Battiston......quando ha dovuto distrarre la guardia giurata con il suo sguardo ammaliante, scena che si conclude con lui che gli da il numero di telefono....del fratello però :D
Bella commedia da vedere anche per aiutare il film nostrano.....
[+] fra poco ci mangeremo uno con l'altro....
(di el corridor)
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flyanto
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mercoledì 11 maggio 2011
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mio commento personale
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Film sull'arte di arrangiarsi, una volta perso il posto di lavoro. Simpatico, estremamente leggero e nulla di più. Giuseppe Battiston è sempre il migliore come attore sebbene qui non abbia raggiunto il livello degli altri films.
[+] vero il giudizio che dai all'attore
(di dounia)
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renato volpone
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martedì 10 maggio 2011
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la dura realtà e l'effimero
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Una garbata commedia che mette a confronto con delicatezza la precarietà del lavoro e l'effimero della ricchezza, rappresentato in questo caso dall'arte contemporanea e dai collezionisti d'arte. Un pastificio licenzia i dipendenti sostituendoli con dei macchinari. l'imprenditore nel frattempo si lancia negli affari del traffico d'arte comprando opere contemporane di famosi artisti. I dipendenti licenziati vengono riassunti per pochi euro per fare i turni di guardia ai tesori artistici. Si susseguiranno una serie di simpatiche gag legate alla realizzazione di falsi d'autore dagli operai improvvisatisi artisti per riparare un danno. Albanese ci propone la contrapposizione di una ricchezza sfacciata e spendacciona rispetto a chi deve fare di tutto per arrivare alla fine del mese e occuparsi della madre malata.
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Una garbata commedia che mette a confronto con delicatezza la precarietà del lavoro e l'effimero della ricchezza, rappresentato in questo caso dall'arte contemporanea e dai collezionisti d'arte. Un pastificio licenzia i dipendenti sostituendoli con dei macchinari. l'imprenditore nel frattempo si lancia negli affari del traffico d'arte comprando opere contemporane di famosi artisti. I dipendenti licenziati vengono riassunti per pochi euro per fare i turni di guardia ai tesori artistici. Si susseguiranno una serie di simpatiche gag legate alla realizzazione di falsi d'autore dagli operai improvvisatisi artisti per riparare un danno. Albanese ci propone la contrapposizione di una ricchezza sfacciata e spendacciona rispetto a chi deve fare di tutto per arrivare alla fine del mese e occuparsi della madre malata....bellissima la mamma un po' svanita che tratta tutti come bambini delle medie. Una favola positiva ma che lascia un po' di amaro in bocca
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