carloalberto
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mercoledì 19 gennaio 2022
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surreale, poetico e tuttavia discontinuo
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Un fumetto firmato dalla Satrapi di Persepolis trasposto dalla stessa e da Paronnaud in forma di commedia drammatica contenuta in una fiaba per adulti che diventa melodramma ed a tratti si tinge di poesia sulle note di Olivier Bernet nella colorata fotografia di Beaucarne.
Il film è sull’amore trasfigurato-sublimato in arte cui è impossibile rinunciare, perché è preferibile l’annientamento fisico a quello spirituale, la morte alla vita senza arte. Un corpo senza anima è un violino rotto che non può più suonare.
Mathieu Amalricè il violinista innamorato, Golshifteh Farahani la musa ispiratrice, il sogno irrealizzato, Isabella Rossellini, la madre, incarna il principio di realtà, Maria de Medeiros, la moglie,è il simbolo della banalità del quotidiano, della vita calcolante e vuota dei tempi moderni, non a caso professoressa di matematica.
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Un fumetto firmato dalla Satrapi di Persepolis trasposto dalla stessa e da Paronnaud in forma di commedia drammatica contenuta in una fiaba per adulti che diventa melodramma ed a tratti si tinge di poesia sulle note di Olivier Bernet nella colorata fotografia di Beaucarne.
Il film è sull’amore trasfigurato-sublimato in arte cui è impossibile rinunciare, perché è preferibile l’annientamento fisico a quello spirituale, la morte alla vita senza arte. Un corpo senza anima è un violino rotto che non può più suonare.
Mathieu Amalricè il violinista innamorato, Golshifteh Farahani la musa ispiratrice, il sogno irrealizzato, Isabella Rossellini, la madre, incarna il principio di realtà, Maria de Medeiros, la moglie,è il simbolo della banalità del quotidiano, della vita calcolante e vuota dei tempi moderni, non a caso professoressa di matematica.
Il film non regge per tutta la sua durata il tono alto dell’elegia, cade in improvvise ovvietà prosaiche, non trattiene a sé l’attenzione perdendosi nel superfluo in una sovrabbondanza di frasi ad effetto che spengono l’empatia suscitando la noia. Straordinari, invece, sono i flashforwards dedicati ai figli, immaginati imprigionati in destini senza speranza, vittime del proprio carattere, l’una troppo sensibile, Chiara Mastroianni, si autodistruggerà come il padre, l’altro, ottuso e volgarotto, volerà oltreoceano dove metterà su la tipica famiglia da telefilm americano con i figli obesi e la moglie oca.
Discontinuo nei contenuti, omogeneo nello stile, alterna immagini suggestive a sequenze senza pathos, a divertenti gag, come quella del bambino iperattivo che canta per tutto il viaggio sul pullman, seguono surreali trovate, come l’apparizione dell’angelo della morte che racconta al protagonista la parabola tratta dalla 53ª sukkah del Talmud Babilonese che ispirò anche la Samarcanda di Vecchioni. Ma è il tono melanconico a prevalere, nell’espressione triste, buffa, spaesata, avvilita, rassegnata dei grandi occhi di Amalric, nell’accompagnamento sonoro delle musiche romantiche di Bernet, nel finale nostalgicamente volto alle cose perdute che mai torneranno, ai sogni che svaniscono col tempo, come la vita.
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great steven
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domenica 1 novembre 2015
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un violinista deluso dalla vita sceglie di morire.
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POLLO ALLE PRUGNE (FR/GERM/BELG, 2011) diretto da MARJANE SATRAPI & VINCENT PARONNAUD. Interpretato da MATHIEU AMALRIC, EDOUARD BAER, MARIA DE MEDEIROS, GOLSHIFTEH FARAHANI, ERIC CAVARACA, ISABELLA ROSSELLINI, CHIARA MASTROIANNI, RONA HARTNER, JAMEL DEBBOUZE
Come fonte d’ispirazione c’è l’omonimo fumetto disegnato da M. Satrapi, che poi ne ha tratto il film in questione dirigendolo assieme a V. Paronnaud, e l’origine fumettistica dell’opera è ben visibile anche osservando con attenzione i sontuosi titoli di testa e i numerosi intermezzi divertenti disegnati con tonalità artigianali, che alternano la storia con gli attori veri introducendo spezzoni di saporita comicità.
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POLLO ALLE PRUGNE (FR/GERM/BELG, 2011) diretto da MARJANE SATRAPI & VINCENT PARONNAUD. Interpretato da MATHIEU AMALRIC, EDOUARD BAER, MARIA DE MEDEIROS, GOLSHIFTEH FARAHANI, ERIC CAVARACA, ISABELLA ROSSELLINI, CHIARA MASTROIANNI, RONA HARTNER, JAMEL DEBBOUZE
Come fonte d’ispirazione c’è l’omonimo fumetto disegnato da M. Satrapi, che poi ne ha tratto il film in questione dirigendolo assieme a V. Paronnaud, e l’origine fumettistica dell’opera è ben visibile anche osservando con attenzione i sontuosi titoli di testa e i numerosi intermezzi divertenti disegnati con tonalità artigianali, che alternano la storia con gli attori veri introducendo spezzoni di saporita comicità. Nasser Alì è un umile e poco carismatico violinista che vive esclusivamente per la sua musica. Ha un fratello di nome Abdi che, contrariamente a lui, è sempre stato benvisto e ammirato e che ora milita nel partito comunista iraniano. Sposato con una donna che non ama ma dalla quale è invece amato, Nasser Alì ha anche due figli piccoli, ma non possiede nessuna dote del bravo genitore. Quando la moglie, ormai stufa di dover lavorare come una pazza per mantenere la famiglia e stanca della negligenza del marito messa in atto al solo scopo di continuare a suonare, gli rompe il violino, l’uomo decide che non ha più un obiettivo per vivere e, rinchiusosi nella sua camera senza mangiare né bere, si prepara a morire. La storia è interamente raccontata dal punto di vista di Azrael, l’angelo della morte della religione sciita. Il "pollo alle prugne" del titolo altro non è che il piatto preferito del protagonista, nonché il suo unico motivo per fornire un apprezzamento alla consorte detestata. Malgrado il film incespichi più di una volta in lentezze riflessive e meditabonde o cerchi ad ogni costo di strappare una risata con intervalli spassosi ma caratterizzati da una semplicità fin troppo pesante, il suo andamento risulta comunque regolare e non annoia lo spettatore, il quale ha dunque la possibilità di seguire l’evoluzione della vicenda e mettersi nei panni di un personaggio principale che ha tutte le carte in regola per giocare il ruolo dell’antieroe, ma al tempo stesso rappresenta anche un ottimo esempio di uomo comune che vuole porre l’arte come finalità precipua di un’esistenza che, per il resto, non gli ha donato altro che delusioni, non solamente amorose. La trovata della bella ragazza figlia dell’orologiaio, fulcro delle passioni intime di Nasser Alì e suo assoluto oggetto del desiderio, si inserisce piuttosto bene nel contesto dei risentimenti che il protagonista nutre per le occasioni sprecate, e ha l’innegabile merito di rinunciare alla smanceria pur conservando l’obiettivo di raffigurare un affetto perduto, o meglio, mai vissuto appieno. M. Amalric si dà da fare nel tratteggiare un ruolo contraddistinto da profonda introversione, spietata introspezione e umana meschinità, instillando nel suo carattere le espressioni stralunate e la voglia irrefrenabile di perdere che son tipiche di un artista forse non così mediocre e fallito come gli altri lo dipingono. Personaggi scritti alquanto male e interpretati non molto meglio sono quelli delle uniche attrici italiane presenti nel cast, ossia C. Mastroianni (che interpreta la figlia cresciuta, che annega i propri dispiaceri da adulta nell’alcool, nel gioco d’azzardo e nel fumo) e I. Rossellini (la madre del protagonista che gestisce un vivaio di piante e vorrebbe vedere il figlio sposato e definitivamente sistemato). Si percepisce, purtroppo, un brusco calo di tensione, e anche una sorpresa non tanto positiva, quando l’angelo della morte, l’ironico e sarcastico Azrael, compare personalmente di fronte a Nasser Alì, nel suo sesto giorno di digiuno totale e di preparazione al trapasso. La regia, nonostante sia condivisa da due persone, riesce a tirare fuori il meglio da una sceneggiatura non originale che, malgrado alcuni intoppi e frivolezze squisitamente coreografiche, si fa valere per l’analisi quasi psicoanalitica che esamina non soltanto un contesto famigliare devastato ma tutto un ambiente sociale, inserito nella cornice dell’Iran del 1958.
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tamburel
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martedì 13 maggio 2014
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da vedere
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Un film sorprendente e delizioso..
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eugenio
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sabato 6 luglio 2013
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la rassegnazione di un uomo dinanzi alla morte
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Il titolo non inganni lo spettatore: “Pollo alle prugne” non costituisce un manuale di cucina né un ricettario di specialità esotiche ma la nuova pellicola della fumettista/sceneggiatrice/regista Marjane Satrapi. Già nel precedente lungometraggio (Persepolis), l’eclettica iraniana aveva dato eccellente prova di coniugare il linguaggio parlato proprio del cinema con quello scenico di un layout da tavola in un risultato che, oltre all’evidente grado di originalità, aveva mostrato sapienza nei toni narrativi, spesso metafora della delicata condizione socio-politica iraniana nei primi anni sessanta.
Una metafora che continua ad essere sfruttata anche in questo film che abbandonando almeno in parte i temi della critica sociale ( la feroce e grottesca rappresentazione della società tipo americana, obesa e ottusa qui compare solo in una breve ma mordace sequenza) si sofferma sul mondo intimista e psicologico di un anonimo personaggio di Teheran, Nasser (l’estraniato Mathieu Amalric), eccellente suonatore di violino, dotato di una passione naturale e istintiva verso la musica,un punto di riferimento cosi’ forte che lo spinge a trascurare gli affetti familiari.
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Il titolo non inganni lo spettatore: “Pollo alle prugne” non costituisce un manuale di cucina né un ricettario di specialità esotiche ma la nuova pellicola della fumettista/sceneggiatrice/regista Marjane Satrapi. Già nel precedente lungometraggio (Persepolis), l’eclettica iraniana aveva dato eccellente prova di coniugare il linguaggio parlato proprio del cinema con quello scenico di un layout da tavola in un risultato che, oltre all’evidente grado di originalità, aveva mostrato sapienza nei toni narrativi, spesso metafora della delicata condizione socio-politica iraniana nei primi anni sessanta.
Una metafora che continua ad essere sfruttata anche in questo film che abbandonando almeno in parte i temi della critica sociale ( la feroce e grottesca rappresentazione della società tipo americana, obesa e ottusa qui compare solo in una breve ma mordace sequenza) si sofferma sul mondo intimista e psicologico di un anonimo personaggio di Teheran, Nasser (l’estraniato Mathieu Amalric), eccellente suonatore di violino, dotato di una passione naturale e istintiva verso la musica,un punto di riferimento cosi’ forte che lo spinge a trascurare gli affetti familiari. Il cammino della sua crescita artistica viene spezzato dalla rottura del prediletto strumento musicale, infrantogli dalla moglie a seguito dell’ennesimo litigio. Da quel momento il senso di impotenza e frustrazione polverizzerà ogni traccia del naturale entusiasmo di Nasser, il quale si lascerà trascinare dall’accidia verso un’inesorabile dissoluzione psico-fisica e, infine, alle spire dell’angelo della morte.
Il distacco emotivo del protagonista dal mondo, specchio dell’intolleranza di un popolo alle rivoluzioni del paese, diviene occasione per Satrapi di riflettere sulla condizione di un giovane uomo sconfitto nei valori e frustrato negli affetti a causa di un sistema che non riconosce la forza dell’amore chiudendosi in concezioni arcaiche (vedi il matrimonio della donna amata Irana col generale). L’innamorato Nasser costretto a sposare senza passione un’ intelligente ma scialba zitella insegnante per il volere materno e incapace di trovare un senso senza quel violino le cui note erano l’anima del suo cuore, si lascia morire per esprimere il suo rifiuto dinanzi al sale e brivido di quella vita divenuta insignificante e senza senso.
La scelta di evitare toni da tragedia greca in questi contesti non era semplice data l’estrema delicatezza dei temi universali trattati come il suicidio e la morte; se poi si inserisce il grottesco, la possibilità di scadere nel ridicolo è elevata ma Pollo alle prugne riesce nell’intento di comunicare mediante un racconto analettico dai toni favolistici, la consapevolezza lucida e amara di un destino ancorato al dolore grazie anche all’abilità facciale di un allucinato Mathieu Alamaric.
La parte “fumettistica” qui ridotta a un paio di scene finali ha lo scopo di rilassare lo spettatore alle scene finali, il famoso ottavo giorno, intriso di sofferenza e amarezza dove il tono soffuso e caldo delle immagini si unisce alla musica drammatica di un viaggio di sola andata.
Un boccone di pollo alle prugne che incanta e fa piangere. Piangere per la scomparsa di ogni gusto e piacere, per la consapevolezza di non vivere liberi e incantare per la rappresentazione di una personalità, cosi’ determinata e pervicace nel continuo rimembrare una donna ingiustamente sottrattagli ma mai dimenticata,suo unico motore di espressione artistica sino al tragico evento.
Malinconico esempio di cinema eclettico e anticonvenzionale che sa suggestionare col rischio, purtroppo presente, di fare leva sull’empatia dello spettatore. Ma non è una pecca. Anzi.
Da vedere per capire cosa significa amare veramente qualcuno.
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ggent
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martedì 27 novembre 2012
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90 minuti spesi bene
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Vedo che le critiche di questo film sono molto diverse e contrastate. Pur non essendo un capolavoro assoluto ritengo che sia un ottimo film, con una storia originale e ben narrata, pieno di fantasia e a tratti di vera poesia. La presenza dei cartoni animati, pur non essendo una novità lo rende ancor più diverso e leggiadro. Rispetto agli stereotipi occidentali o americaneggianti rivela l'impronta di una cultura profondamente diversa dalla nostra. 90 minuti spesi bene.
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rampante
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sabato 10 novembre 2012
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una storia
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Nasser Alì, un famoso suonatore di violino, incontra all'angolo della strada Irane, il suo grande amore, ma lei finge di non riconoscerlo.
Da questo incontro scopriamo che, a causa di un litigio, sua moglie ha distrutto il suo violino e Nasser Alì non riesce a trovare un altro violino che suoni come il suo, nessun violino riesce più a procurargli la gioia di suonare. Perduto il suo strumento, incapace di essere altro che un musicista Nasser decide di lasciarsi morire, si metterà a letto e attenderà la morte.
Durante l'agonia Nasser ripercorrerà come in una favola la sua vita, il segreto cha ha ispirato la sua musica, ricorderà il suo grande amore di gioventù.
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Nasser Alì, un famoso suonatore di violino, incontra all'angolo della strada Irane, il suo grande amore, ma lei finge di non riconoscerlo.
Da questo incontro scopriamo che, a causa di un litigio, sua moglie ha distrutto il suo violino e Nasser Alì non riesce a trovare un altro violino che suoni come il suo, nessun violino riesce più a procurargli la gioia di suonare. Perduto il suo strumento, incapace di essere altro che un musicista Nasser decide di lasciarsi morire, si metterà a letto e attenderà la morte.
Durante l'agonia Nasser ripercorrerà come in una favola la sua vita, il segreto cha ha ispirato la sua musica, ricorderà il suo grande amore di gioventù.
Una bella storia, una storia poetica.
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roberto de lellis
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sabato 18 agosto 2012
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troppo zucchero m.me satrapi
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Le aspettative erano alte, lo ammetto. Persepolis, il precedente film della Satrapi, era un film ironico e divertente, politicamente corretto, ma capace di rendere bene l'idea del complicato rapporto Islam/Occidente con un linguaggio immediato e diretto come quello del fumetto. Pollo alle prugne, al contrario, dopo un'inizio promettente e alcune battute simpatiche, sprofonda nell'ovvio. Ci vuole una gran bella fantasia per intravedere le dotte metafore che molti critici nostrani sembrano aver scorto. Qualcuno ha citato anche Fellini, forse per l'immersione del protagonista nei grandi seni immaginari della Loren: e qui mi pare si esageri. Pur ammettendo la bontà della storia e apprezzando l'originale impianto favolistico scelto per raccontare la fine del protagonista in otto estenuanti giornate di divagazioni e ricordi, gli ultimi venti minuti della pellicola risultano insopportabili.
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Le aspettative erano alte, lo ammetto. Persepolis, il precedente film della Satrapi, era un film ironico e divertente, politicamente corretto, ma capace di rendere bene l'idea del complicato rapporto Islam/Occidente con un linguaggio immediato e diretto come quello del fumetto. Pollo alle prugne, al contrario, dopo un'inizio promettente e alcune battute simpatiche, sprofonda nell'ovvio. Ci vuole una gran bella fantasia per intravedere le dotte metafore che molti critici nostrani sembrano aver scorto. Qualcuno ha citato anche Fellini, forse per l'immersione del protagonista nei grandi seni immaginari della Loren: e qui mi pare si esageri. Pur ammettendo la bontà della storia e apprezzando l'originale impianto favolistico scelto per raccontare la fine del protagonista in otto estenuanti giornate di divagazioni e ricordi, gli ultimi venti minuti della pellicola risultano insopportabili. Un lungo e zuccheroso inno alla poesia e alla "forza" dell'amore che risulta stucchevole e sonnolento.
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g_andrini
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venerdì 18 maggio 2012
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buon film.
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Sinceramente mi è piaciuto. Leggero, tratta la vita e la morte con serenità, con la giusta delicatezza. A volte sembra una favola, altre è estremamente realistico. La trama può apparire banale, ma solo di primo acchito. Insomma, un buon modo di passare novanta minuti.
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gilo3
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giovedì 10 maggio 2012
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una schifezza...
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Trama ridicola, si celano parodie di personaggi e situazioni di altri film senza nesso logico, montaggio scontato, errori storici, incomprensibili (oltre che brutti) inserti di cartoni animati, recitazione statica...salvo solo la fotografia e (a volte) la musica.....un film da dimenticare........
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pressa catozzo
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martedì 8 maggio 2012
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favola
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Un caleidoscopio, più che vedere immagini scorrere sembrava di voltare pagine.
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