donni romani
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domenica 6 maggio 2012
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una favola amara sull'amore e sulla vita
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Dopo l'intenso j'accuse di Persepolis torna la regista iraniana Marjane Satrapi e non manca di colorire a tratti anche questo suo nuovo lavoro con l'animazione, un'animazione dolce e ironica, malinconica e vitale. Come malinconico e vitale è l'intero plot che ci fa conoscere la vita di Nasser Ali grande violinista che un giorno, dopo che la moglie mai amata gli ha frantumato il violino, decide di lasciarsi morire giacendo a letto, fra fantasie e ricordi, fra nostalgie e speranze perdute. Un amore giovanile mai dimenticato, un'ispirazione lunga una vita che si spezza proprio come le corde dell'amato violino, una ragione per vivere che svanisce di fronte all'impossibilità di evocare ancora quell'amore che lo ha tenuto aggrappato al soffio della vita in tutti gli anni passati a suonare in giro per il mondo.
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Dopo l'intenso j'accuse di Persepolis torna la regista iraniana Marjane Satrapi e non manca di colorire a tratti anche questo suo nuovo lavoro con l'animazione, un'animazione dolce e ironica, malinconica e vitale. Come malinconico e vitale è l'intero plot che ci fa conoscere la vita di Nasser Ali grande violinista che un giorno, dopo che la moglie mai amata gli ha frantumato il violino, decide di lasciarsi morire giacendo a letto, fra fantasie e ricordi, fra nostalgie e speranze perdute. Un amore giovanile mai dimenticato, un'ispirazione lunga una vita che si spezza proprio come le corde dell'amato violino, una ragione per vivere che svanisce di fronte all'impossibilità di evocare ancora quell'amore che lo ha tenuto aggrappato al soffio della vita in tutti gli anni passati a suonare in giro per il mondo. C'è un struggente sentimento di solitudine e di sperdimento che pervade lo sguardo di Nasser, c'è la consapevolezza che solo l'amore può essere fonte di ispirazione, non solo artistica ma anche umana, e c'è la resa di fronte ad un destino che ci ha negato la possibilità di essere felici, una resa non rabbiosa però, quasi che l'accettazione di un fato avverso sia parte stessa di quel fato. Gli intermezzi in animazione sono ricami delicati e onirici in un film amaro e dolcissimo allo stesso tempo, capace di farci emozionare con tocchi lievi ed evocazioni lontane. Le figure femminili sono potenti e presenti - la madre di Nasser, rigida e pragmatica fino alla fine quando chiede al figlio di smettere di pregare per lei così che possa finalmente morire in pace (Isabella Rossellini), la moglie mai amata che invece lo ama teneramente da sempre (Maria de Medeiros), l'amore giovanile perduto e però più presente della realtà - e fanno da collante alla vita raminga e triste di Nasser, i figli pur nel loro entusiasmo infantile non riescono a strapparlo alla sua ferma volontà di morire, perchè senza valori in cui credere non si può vivere e l'unico valore in cui Nasser abbia mai creduto, l'amore che l'ha reso capace di comporre musica e per metafora creare vita, è ormai perduto per sempre. Due scene su tutte: l'incontro dopo trent'anni con l'amore della sua vita, che verrà replicata ben due volte nel film , la seconda con ben diverso significato, intensa, dolente, straziante e al contrario una grottesca presa in giro della realtà americana con un siparietto stile sit com per farci sapere quale sarà il destino di uno dei due figli di Nasser. Capace di far ridere e di emozionare la Satrapi ancora una volta dimostra come sia facile per lei raggiungere il cuore degli spettatori e parlare un linguaggio universale, quello dell'amore, sia pur calato in un contesto sociale e politico mai taciuto o rimosso.
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giuliabo
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martedì 1 maggio 2012
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una favola piacevole, ma niente di più
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Il film è piacevole, a tratti fiabesco, soprattutto nella rappresentazione di alcuni personaggi. Mi aspettavo un maggiore realismo almeno nella descrizione della Tehran dell'epoca. Purtroppo l'ho trovato lontano dalle emozioni che ha saputo trasmettere Persepolis.
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(di linus2k)
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annu83
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domenica 22 aprile 2012
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il pollo della felicità
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Nella Tehran degli anni 60, come potrebbe il virtuoso del violino Nasser Alì vivere senza l'amore della sua vita?
E come potrebbe vivere accanto alla persona che lo ha privato di tale importante amore?
E cosa c'entra un pollo alle prugne in tutto questo?
Nasser è un virtuoso del violino che, dopo aver visto distruggere il proprio strumento dalla moglie, si mette alla disperata ricerca di uno strumento sostitutivo, ma non trovandolo decide di percorrere l'unica strada che rimane per porre fine alla propria sofferenza: lasciarsi morire. E dopo aver vagliato diverse ipotesi, decide di lasciarsi morire di inedia, rimanendo sdraiato sul suo letto, semplicemente nutrendosi di sigarette.
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Nella Tehran degli anni 60, come potrebbe il virtuoso del violino Nasser Alì vivere senza l'amore della sua vita?
E come potrebbe vivere accanto alla persona che lo ha privato di tale importante amore?
E cosa c'entra un pollo alle prugne in tutto questo?
Nasser è un virtuoso del violino che, dopo aver visto distruggere il proprio strumento dalla moglie, si mette alla disperata ricerca di uno strumento sostitutivo, ma non trovandolo decide di percorrere l'unica strada che rimane per porre fine alla propria sofferenza: lasciarsi morire. E dopo aver vagliato diverse ipotesi, decide di lasciarsi morire di inedia, rimanendo sdraiato sul suo letto, semplicemente nutrendosi di sigarette.
Paronnaud e Satrapi ridisegnano una movie-novel basata sulla graphic-novel omonima. E lo fanno con disinvoltura e delicatezza, con ironia e quel tocco di black humor che è inaspettatamente in grado di dare consistenza a una storia breve e semplice. Lo fanno inoltre rappresentando un'ambientazione da sogno, fiabesca e fantastica, che forse ha ben poco di reale ma che è in grado di coccolare lo spettatore e di metterlo mette a proprio agio.
La bellezza del film risiede, oltre che nella delicatezza della storia , anche nell’utilizzo sfacciato e reiterato di flashback alternati a flashforward che inizialmente fanno un po' girare la testa allo spettatore, ma che appena si entra nell'ottica giusta, danno un gustoso sapore di conoscenza e cognizione, sebbene cancellino completamente anche la minima presenza di una fabula all'interno del girato. Nell'utilizzo di una voce narrante oltremodo seriosa da risultare distaccatamente ironica. Nella stesura di una sceneggiatura che rendono Cyrus (il figlio di Nasser) assoluto protagonista di lampi di genio, come nella scena del bus, oppure in quella della richiesta di oppio. In ambito ironico è mentalmente fantastico il dialogo tra Nasser e la moglie appena lei rientra in casa: "Nasser Alì, cosa fai ancora a letto?" "Ho deciso di lasciarmi morire!" "E dove hai lasciato Cyrus?" "Dalla vicina!" "Di nuovo? E' troppo se ti chiedo di occuparti di tuo figlio?".
E poi nuovamente fantastico l'alternarsi di scene animate (che richiamano alla mente il validissimo Persepolis) a scene reali, che si intrecciano e si completano in maniera unica, come i pezzi di un puzzle perfetto.
Unica pecca di questo film, forse, è che arriva alla fine un po' in riserva, trascinandosi un po' stancamente rispetto a come era partito. La trovata dell'angelo della morte, che per fattezze e per dialoghi richiama alla mente la nostra Samarcanda (geniale la sequenza animata), cerca di dare una scossa che non basta. In compenso una piccola ripresa , sebbene un po' troppo melodrammatica, la riceviamo nel finale, durante la narrazione di un ennesimo grande amore che non può essere consumato. Ma che, in compenso, può essere goduto dallo spettatore grazie a una seducente musica d'atmosfera davvero di un altro livello.
Ah, ci chiedevamo cosa c'entrasse il pollo alle prugne... beh, diciamo che è una sorta di "ricerca della felicità"… Ma il film o spiega meglio….
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olgadik
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venerdì 20 aprile 2012
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fiaba, fumetto, surrealismo, chi più ne ha
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Dal film d’animazione (Persepolis) a una tecnica mista in cui compare l’action-live ma anche qualche fondale e diverse scene tipo fumetto. Qua e là spuntano brani di genere onirico o fiabesco con invenzioni surrealiste alla francese e qualche lungaggine come lo spazio eccessivo dato all’angelo della morte, piumato, nero nel viso e bianco nel sorriso. Numerose le alternanze di tempi che vanno dal ricordo alla pre-visione del futuro, ma senza dubbio è l’immaginazione che la fa da padrona. Ci sono poi sequenze in cui i corpi degli attori in carne ed ossa si muovono proprio come cartoni animati e una cosa è certa: Marianne Satrapi e Vincente Paronnaud non mancano di talento, anche se la prova precedente risultava più organica e nuova.
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Dal film d’animazione (Persepolis) a una tecnica mista in cui compare l’action-live ma anche qualche fondale e diverse scene tipo fumetto. Qua e là spuntano brani di genere onirico o fiabesco con invenzioni surrealiste alla francese e qualche lungaggine come lo spazio eccessivo dato all’angelo della morte, piumato, nero nel viso e bianco nel sorriso. Numerose le alternanze di tempi che vanno dal ricordo alla pre-visione del futuro, ma senza dubbio è l’immaginazione che la fa da padrona. Ci sono poi sequenze in cui i corpi degli attori in carne ed ossa si muovono proprio come cartoni animati e una cosa è certa: Marianne Satrapi e Vincente Paronnaud non mancano di talento, anche se la prova precedente risultava più organica e nuova. Si colgono anche nel film delle tematiche sotterranee (ma non troppo): la malinconia dell’esule che nessuna immaginazione può cancellare, la consapevolezza di non poter in tempi brevi esercitare in patria la propria arte in libertà, la certezza nichilista che la vita è niente e che valori e gioie celano solo la ricerca della morte. La storia ricade anche nella categoria dell’amour-fou e in essa l’amore per l’arte e la bellezza si identificano con quello per una donna che non si è avuta e che rimane come altissimo rimpianto. A vivere tale sentimento rimasto segreto nella sua vita, è Nasser Alì, un virtuoso musicista di violino che né a scuola né in famiglia è mai stato il primo, finché non diventa famoso fuori della sua patria. Tale svolta nella carriera è però dovuta alla capacità di suonare finalmente col cuore dopo l’abbandono da parte della sua innamorata. Quando la moglie non amata, in una scena isterica, fa a pezzi lo strumento, Alì decide di finire la propria esistenza lasciandosi morire di consunzione in otto giorni, poiché la sua arte è ormai persa irrimediabilmente insieme a quella giovane andata sposa ad altri. Né alcun “pollo alle prugne” può ridargli il gusto e il piacere di vivere, poiché lui è avvolto in un paradiso privato fatto di ricordi e di passato, senza più presente. Sfilano nei siparietti con cui sono scanditi gli otto giorni di tempo per morire tutte le persone e i momenti chiave della vita di Alì insieme ad episodi significativi della sua infanzia. In quanto agli attori il cast del film si avvale di una nutrita presenza femminile portatrice perlopiù di valori sentimentali, mentre i maschi rappresentano l’eccesso di razionalità o l’armonia che può attingersi con quest’ultima se il cuore è libero di scegliere. Spiccano tra le interpreti Isabella Rossellini nel ruolo della madre del protagonista, guardiana della tradizione, e Golshifteh Farahani, una purissima bellezza orientale nel ruolo dell’amore assoluto. Bravissimo, giustamente stralunato e triste, con lampi di humour vitali e politicamente scorretti Mathieu Amalric, che è uomo di cinema a tutto tondo, regista oltre che attore nonché grande amico della Satrapi.
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osteriacinematografo
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mercoledì 18 aprile 2012
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la musica, l'amore, la morte
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La scena si svolge a Teheran, all’imbrunire degli anni cinquanta. Nasser Ali è un violinista di talento, che ha girato il mondo fino all’età di 40 anni, riscuotendo successo in ogni angolo del pianeta. Al presente, Nasser è un marito e un padre distratto, completamente assorto in un passato d’artista che ne assorbe ogni istante. La moglie, esasperata dalla situazione, in un accesso d’ira distrugge il prezioso strumento dell’uomo, donatogli decenni prima dal suo maestro. Nasser tenta inutilmente di reperire un violino che possa sostituirlo, ma invano. Sua moglie, con quel gesto definitivo, ha distrutto il sogno e la passione di Nasser, privandolo del motivo stessa della vita, tanto che l’uomo decide di lasciarsi morire in una lenta e penosa agonia.
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La scena si svolge a Teheran, all’imbrunire degli anni cinquanta. Nasser Ali è un violinista di talento, che ha girato il mondo fino all’età di 40 anni, riscuotendo successo in ogni angolo del pianeta. Al presente, Nasser è un marito e un padre distratto, completamente assorto in un passato d’artista che ne assorbe ogni istante. La moglie, esasperata dalla situazione, in un accesso d’ira distrugge il prezioso strumento dell’uomo, donatogli decenni prima dal suo maestro. Nasser tenta inutilmente di reperire un violino che possa sostituirlo, ma invano. Sua moglie, con quel gesto definitivo, ha distrutto il sogno e la passione di Nasser, privandolo del motivo stessa della vita, tanto che l’uomo decide di lasciarsi morire in una lenta e penosa agonia.
Nella penombra solitaria di una stanza polverosa, Nasser ripercorre la sua vita: emerge così un passato tormentato da un amore negato ed eternamente rimpianto. Si delinea il dolore di un uomo che non dimenticherà mai Iran, la donna di cui rimarrà innamorato per sempre. Fra sogno e realtà si rivela poi il passato più recente di Nasser, il ritorno a Teheran, il matrimonio imposto da una madre ingombrante, l’indifferenza nei confronti di una moglie mai amata, il rapporto ondivago coi figli, nel fumo denso e ininterrotto che segna la continuità fra sua madre, lui stesso e la figlia (memorabile in tal senso la scena del funerale della madre).
E, come per incanto, da quello stesso fumo emerge il futuro dei figli, un futuro che pare ricordo, che si tramuta in memoria visionaria e premonitrice. Mentre l’avvenire iraniano della figlia si rivela tetro e affumicato, quello americano del figlio si delinea come una sorta di farsesco e critico Truman Show.
Nell’irreversibile inedia, l’angelo della morte si presenta al limitare della vita di Nasser, battendo insistentemente gli artigli sulla consapevolezza dell’uomo, quasi a segnare gli ultimi istanti di un conto alla rovescia che rappresenta la nera spirale dell’ineluttabile.
Dopo Persepolis, Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud si ispirano ancora una volta a una graphic novel della stessa Satrapi, realizzando in tal caso una versione cinematografica e non un semplice adattamento: ne risulta una formula ibrida (forse una fase di passaggio dell’artista iraniana) di estremo interesse, in cui si mescolano cinema e fumetto, realtà e immaginazione, sonno e veglia, passato e futuro. Il film è un racconto onirico di grande impatto visivo, che ricorda Tim Burton in alcuni passaggi, fra sfondi dipinti e humor nero, animazioni improvvise e personaggi stilizzati (Maria de Medeiros somiglia a “La Sposa Cadavere”), il fumo delle sigarette e dell’anima, in omaggio all’Iran e alle sue tradizioni e a un metodo narrativo non lineare, cupo e avvincente.
Tutto il cast si presta in modo calzante a quest’opera così diversa, e in particolare Mathieu Amalric è strepitoso nel ruolo di Nasser Ali: l’attore francese interpreta l’altalena emotiva del protagonista sfoggiando una rara collezione espressiva, che dimostra per l’ennesima volta la crescita del cinema transalpino e dei suoi interpreti.
Il violino e Iran rappresentano i motori della vita di Nasser, una vita preziosa come tutte le vite, cui Nasser decide di rinunciare. Quando è troppo tardi (è sempre troppo tardi), Nasser si pentirà di quella scelta tanto azzardata, ma nel delirio animato del commiato finale sarà un’antica leggenda orientale a mostrargli l’impossibilità di quell’ultima fuga d’amore e musica.
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francesca50
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martedì 17 aprile 2012
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un film veramente insolito!
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Non apprezzare questo film vuol dire capire poco di cinema e non dico altro!
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molenga
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martedì 17 aprile 2012
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il violinista di persepoli
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Buona seconda prova della satrapi, che con illustri partecipazioni ci narra la stopria di un violinista e del suo amore lungo tutta una vita; quando la moglie(mai amata) rompe il suo violino, quello che suona con le note dell'antico sentimento non compiutosi, l'uomo si reca nella città dei suoi studi, dove rivede anche quella donna il cui ricordo l'ha inseguito per il mondo...e lei, allo stesso modo innamorata ma rassegnatasi a vivere , finge di non riconoscerlo. è così che il nostro violinista decide di lasciarsi morire.
Il film mantiene alòcuni accenti dell'opera prima della regista, con forti influenze del cinema francese nell'uso dei colori e nella recitazione.
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Buona seconda prova della satrapi, che con illustri partecipazioni ci narra la stopria di un violinista e del suo amore lungo tutta una vita; quando la moglie(mai amata) rompe il suo violino, quello che suona con le note dell'antico sentimento non compiutosi, l'uomo si reca nella città dei suoi studi, dove rivede anche quella donna il cui ricordo l'ha inseguito per il mondo...e lei, allo stesso modo innamorata ma rassegnatasi a vivere , finge di non riconoscerlo. è così che il nostro violinista decide di lasciarsi morire.
Il film mantiene alòcuni accenti dell'opera prima della regista, con forti influenze del cinema francese nell'uso dei colori e nella recitazione. bella fotografia, film paicevole.
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doni64
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lunedì 16 aprile 2012
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film insensato
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Film francesse insensato,inutile che non lascia nulla solo il ricordo della sua inutilita'.Voto 5+
[+] film per intenditori
(di francesca50)
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free5471
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domenica 15 aprile 2012
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l'eterno conflitto fra sogno e realtà
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Fra i molti messaggi del film, uno in particolare mi ha colpito.
Nel confronto fra il violinista tecnicamente bravo, anzi perfetto, e il maestro, il violinista puro artista, emerge una verità lieve e assoluta, come le volute di fumo che si alzano verso il cielo.
Pittore, musicista, scultore, scrittore, poeta… qualunque artista, nel momento in cui crea “arte” è preda di una tensione emotive profonda, e potente, che finisce per governare la sua mano, creando un collegamento diretto fra essa e la sua anima, da cui la mente è sistematicamente esclusa…
Questa tensione può essere il risultato di un grande dolore o di una grande gioia, indifferentemente.
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Fra i molti messaggi del film, uno in particolare mi ha colpito.
Nel confronto fra il violinista tecnicamente bravo, anzi perfetto, e il maestro, il violinista puro artista, emerge una verità lieve e assoluta, come le volute di fumo che si alzano verso il cielo.
Pittore, musicista, scultore, scrittore, poeta… qualunque artista, nel momento in cui crea “arte” è preda di una tensione emotive profonda, e potente, che finisce per governare la sua mano, creando un collegamento diretto fra essa e la sua anima, da cui la mente è sistematicamente esclusa…
Questa tensione può essere il risultato di un grande dolore o di una grande gioia, indifferentemente. Ciò che le rende ugualmente in grado di tradurre in arte le azioni, è la loro forza emotiva.
Ma ciò che mi ha particolarmente colpito, è proprio capire che l’arte “è” la trascrizione di questa tensione, che si traduce in musica o in figure o in parole, ma il generatore è assolutamente lo stesso. Insomma esiste una sola arte, quello che cambia è la sua espressione, non la sua origine.
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nalipa
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venerdì 13 aprile 2012
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strano, ma bello!
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Dopo Persepolis, Satrapi e Paronaud hanno fatto questo film con attori non di cartone che però sembrano dei cartoon.
Siamo a Teheran nel 1958.
Ottimi Amaric e la Medeiros nella parte rispettivamente di un celebre violinista e la moglie, il primo tormentato dal ricordo dell'unico vero amore - l'altra tormentata perché ama non ricambiata il marito, in preda ala rabbia durante una lite arriva a distrugge il violino che é l'unico motivo di vita per l'uomo.
Da questo fatto il racconto degli ultimi giorni di vita di Nassser Ali Khan (il violinista) il quale decide di morire.
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