Il cinema francese è sempre un'incognita. Accanto a grandi maestri universalmente riconosciuti,
specialmente nel passato (Jean-Luc Godard, François Truffaut, Claude Chabrol, Eric Rohmer...), si sono più recentemente affiancati altri registi che potremmo definire più "popolari", i quali hanno forse leggermente abbassato il livello artistico ma decisamente aumentato gli introiti in tutto il mondo (Luc Besson, Patrice Leconte, Jean-Pierre Jeunet, Mathieu Kassovitz...).
Ma in molti di loro è spesso sempre presente un'accezione prettamente francese, una sorta di stile comune, che sinceramente risulta poco digeribile allo spettatore italiano.
I film introspettivi, infatti, portano sempre con se dialoghi faticosi e un po' logorroici, narrazioni poco avvincenti e un po' piatte, interpretazioni rigorose al limite del mono tono, fotografie e scenografie molto "naturali" che risultano spesso opprimenti per quanto sono squallide e depressive.
E' vero che il genere richiede quello, ma lo stesso genere girato in Italia, per esempio, quando ovviamente a girarlo sono i nostri migliori registi, acquista un respiro più poetico e "movimentato", pur affrontando storie di disperazione e di disagio sociale/psicologico.
Per i film di altro genere, che strizzano l'occhio ai blockbuster americani, resta comunque quel senso di incompiuto o di maldestro che non permette un sincero apprezzamento dell'opera.
In questo ambito i fratelli Dardenne sono gli eredi naturali dei registi del primo gruppo citato (in particolare Rohmer e Chabrol), ed evidenziano esattamente gli stessi loro pregi e difetti.
Rigore stilistico, narrativo e interpretativo, sono un pregio fino a quando non diventano manierismo e freddezza (o addirittura monotonia), perchè comunque lo scopo del cinema, dell'arte in generale, è emozionare e stimolare chi ne fruisce.
Il "ragazzo volutamente e freddamente abbandonato dal padre" (della madre non si sa nulla) può essere certamente un tema forte degno di essere rappresentato con toni dimessi e malinconici, ma un'intera comunità di contorno che non sorride mai (mai!) e un adolescente "difficile" che in pochi giorni diventa con disarmante naturalezza un "criminale" convinto (e solo perchè gli viene chiesto dall'ultimo venuto), sono due pilastri del film minati alla base, e, insieme a tutti gli altri aspetti stridenti, fanno crollare la base stessa del film, che dovrebbe essere la verosimiglianza di una comune ma intensa storia di disagio sociale.
Jean Pierre Junet (Delicatessen, Il favoloso Mondo di Amelie) è tutta un'altra storia, esattamente agli antipodi.
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mrc72
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domenica 5 giugno 2011
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preferisco loro
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Non è il miglior film dei fratelli Dardenne (che per la precisione sono Belgi, anche se in effetti il film è una coproduzione), ma a me è piaciuto. Non mi sembra di vedere un crollo della base del film, la quale non credo sia la verosimiglianza, anche perchè, come in tutti i loro precedenti film, non si tratta di un documentario, ma di una storia inventata, di un romanzo, ancorchè nato da riflessioni sulla realtà, con figure la cui personalità viene spesso tratteggiata in maniera decisa. Ci sono registi italiani di oggi che ammiro, ma nessuno riesce a comunicarmi le loro stesse emozioni.
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epidemic
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sabato 18 giugno 2011
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emozioni?
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di quali emozioni si parla?
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francsi
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lunedì 18 luglio 2011
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non è francese
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(di boyracer)
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luana
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venerdì 2 settembre 2011
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lascia fuori leconte
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Che è un fior d'autore. Poi mettere insieme Godard, Truffault e Rohmer con Chabrol ( altre epoche!!!) dimostra che per te il cinema francese non è una incognita ma qualcosa di sconosciuto. Nelle mele marce personalmente ci metto Ozon e Resnais. Qualcuno ti ha ricordato che di cinema bega si tratta e i Dardenne di orrori ne hanno fatti ( Rosette così esaltato è inguardabile)... ma ti vorrei ricordare che il cinema francese è ancora una marca nel mondo... il cinema italiano MAMMA MIA....
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(di francesco2)
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mrc72
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lunedì 3 ottobre 2011
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rosetta
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"Rosetta" è un film splendido, come "Il Figlio" e come "L'enfant".L'ho visto e rivisto più volte e per me è guardabile.Trovo che il personaggio della protagonista, così forte e aspro, sia tratteggiato con straordinaria bellezza.In ogni caso, lungi da me convincere chi la pensa diversamente.
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dofu76
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venerdì 18 novembre 2011
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peccato che sia belga...
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Una recensione a dir poco imbarazzante e confusa a livello geografico.I Dardenne possono anche non piacere, ma i francesi se li sognano due registi del loro calibro.Se la parte finale non ha emozionato il critico, sinceramente non so che altro aggiungere...
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(di francesco2)
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lamarck
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lunedì 14 maggio 2012
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il "solito" qualunquista.
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No comment. Semplificare e banalizzare in questo modo il cinema dei Dardenne è aberrante.
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lamarck
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lunedì 14 maggio 2012
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...
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E comunque si scrive Lecomte (tra l'atro raffinatissimo regista) e non Leconte. E si scrive Jeunet (che mi è piuttosto indifferente), non Junet.
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(di kimkiduk)
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kimkiduk
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giovedì 10 ottobre 2013
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belgi
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Sono Belgi. E dire che il cinema francese ecc. ecc. ......Mah guarda pure gli italiani chi si contenta gode.
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