gregorios
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domenica 18 aprile 2010
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film iinutile e brutto
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Rispetto a "Gli abbracci spezzati" persino un film come "Persona" di Bergman risulta leggero!!! che noia ragazzi!! ho visto il film in tre tappe perchè era troppo dura poter resistere. Prima di vedere il film in dvd ( non avevo fatto in tempo a vederlo al cinema avevo sentito in giro commenti come "bellissimo!" "straordinario", ma dove? che delusione!!!!!! uno dei film più brutti che mi sia capitato di vedere! brutto, brutto, brutto!!!salvabile solo la scena finale e l'interpretazione dell'attrice che interpreta Jutit. Stop
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ivanod
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giovedì 18 marzo 2010
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quando vita e cinema si confondono
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Il grande Pedro ritorna a graffiarci il cuore con una storia di vita e di cinema che per gente come noi sono la stessa cosa. Stavolta il melò colorato,cinefilo (ma c'è anche magritte!)nutre gli occhi per i sogni della notte con immagini e dettagli (la lacrima sul pomodoro, i riflessi sull'cchio(bunuel), ecc. che rimarranno,ma è la parola che prevarica, come se pedro avesse timore di non essere capito. Sta li la "non" riuscita del film nel rendere esplicito il segreto dell'arte, che tanto più è magico tanto più è nascosto.Non serve capire Pedro per amarlo. Grande Penelope, l'unica Diva vera.
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stevesteve
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martedì 2 marzo 2010
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tra i film più brutti
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non capisco perchè, quando si tratta di un maestro riconosciuto del cinema, che ha firmato veri capolavori, i critici-critici siano tanto restii a dirla fino in fondo.
L'ho visto solo ieri(mar 2010), ho letto adesso le recensioni e non mi capacito.
Per me è un film che definisco proprio brutto, senza riserve.
La drammaticità forzata di certe scene (la confessione del tradimento - "ho aiutato io a finire il tuo film!" è oltre i limiti del ridicolo), la trovatina del cambio di nome, il figlio spia che filma l'incidente: ma andiamo! etc etc etc. Penelope Cruz è sempre bravissima, e tiene in piedi da sola l'accrocco. La frase finale ("un film va finito anche da cieco")è proprio il sugello: "vi ho fregati un'altra volta, gnoccoloni miei, tanto mi venite a vedere comunque, e siccome io sono Almodovar, qualcosa di buono troverete lo stesso da dirlo".
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non capisco perchè, quando si tratta di un maestro riconosciuto del cinema, che ha firmato veri capolavori, i critici-critici siano tanto restii a dirla fino in fondo.
L'ho visto solo ieri(mar 2010), ho letto adesso le recensioni e non mi capacito.
Per me è un film che definisco proprio brutto, senza riserve.
La drammaticità forzata di certe scene (la confessione del tradimento - "ho aiutato io a finire il tuo film!" è oltre i limiti del ridicolo), la trovatina del cambio di nome, il figlio spia che filma l'incidente: ma andiamo! etc etc etc. Penelope Cruz è sempre bravissima, e tiene in piedi da sola l'accrocco. La frase finale ("un film va finito anche da cieco")è proprio il sugello: "vi ho fregati un'altra volta, gnoccoloni miei, tanto mi venite a vedere comunque, e siccome io sono Almodovar, qualcosa di buono troverete lo stesso da dirlo". Pollice verso.
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abigail93
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giovedì 28 gennaio 2010
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merita
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Sono andata a vederlo qualche settimana fa al cineforum della mia città. Davvero un bel film, pieno omaggio al cinema, che con la sua bellezza e forza è capace di commuovere, ammaliare e infine anche riconciliare, come si vede bene nell'ultima scena, gli spettatori, che riescono finalmente a superare gli antichi rancori, dopo una fosca e intricata storia di odio e di passione. Non mancano certo i momenti magici (la scena delle due mani che tastano lo schermo come per ricreare una sensazione tattile di ciò che era stato) le citazioni almodovariane (Il gaspacio!!!!), la profonda caratterizzazione dei personaggi...bellissima storia, malinconica, romantica,appassionante.
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Sono andata a vederlo qualche settimana fa al cineforum della mia città. Davvero un bel film, pieno omaggio al cinema, che con la sua bellezza e forza è capace di commuovere, ammaliare e infine anche riconciliare, come si vede bene nell'ultima scena, gli spettatori, che riescono finalmente a superare gli antichi rancori, dopo una fosca e intricata storia di odio e di passione. Non mancano certo i momenti magici (la scena delle due mani che tastano lo schermo come per ricreare una sensazione tattile di ciò che era stato) le citazioni almodovariane (Il gaspacio!!!!), la profonda caratterizzazione dei personaggi...bellissima storia, malinconica, romantica,appassionante...
E poi, Penelope è sempre Penelope.
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rex tremendae
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mercoledì 13 gennaio 2010
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matura introspezione che solca le coscienze
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Da molti anni sono stato rapito dal "modus" di fare cinema di Pedro Almodovar...Ciò che mi affascina del Maestro nei suoi esordi é la capacità attraverso storie di ordinaria quotidianità, di persone comuni a utilizzare quel calibrato equilibrio di sagacia, ironia e sarcasmo, unito alla sua inconfondibile vena ironico-grottesco-sarcastica (in alcuni film tipo Kika siamo quasi al paradosso, ma il paradosso é tanto eccessivo da volgere al vero e concreto, come se quello fosse il vero e non il resto del mondo). Questo riuscire a capovolgere le situazioni "estreme" in qualcosa di "lieve" su cui ci si ride anche un po' addosso senza mancare di contenere in quelle azioni un senso di nostalgias è nota inconfondibile dei film almodovariani: un riverbero dell'anima per quel che si vorrebbe afferrare, ma non sempre possibile portarlo a compimento.
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Da molti anni sono stato rapito dal "modus" di fare cinema di Pedro Almodovar...Ciò che mi affascina del Maestro nei suoi esordi é la capacità attraverso storie di ordinaria quotidianità, di persone comuni a utilizzare quel calibrato equilibrio di sagacia, ironia e sarcasmo, unito alla sua inconfondibile vena ironico-grottesco-sarcastica (in alcuni film tipo Kika siamo quasi al paradosso, ma il paradosso é tanto eccessivo da volgere al vero e concreto, come se quello fosse il vero e non il resto del mondo). Questo riuscire a capovolgere le situazioni "estreme" in qualcosa di "lieve" su cui ci si ride anche un po' addosso senza mancare di contenere in quelle azioni un senso di nostalgias è nota inconfondibile dei film almodovariani: un riverbero dell'anima per quel che si vorrebbe afferrare, ma non sempre possibile portarlo a compimento. In quest'ultimo direi a mio modesto parere, che si è aggiunta una vena "epica" - da tragedia greca - dove una storia d'amori difficili sembra contrastarsi come fossero paladini messi in atto da fati inesorabili e inconciliabili....Il passato visto non come un recupero puro e semplice della memoria, ma come il meccanismo che innesca la svolta catartica fino all'immagine finale dell'autocitazione. In questo mi ha ricordato il Don Giovanni di Mozart dove nell'ultima scena l'autore cita alcuni sui brani quasi a dare un senso recuperato di "levitas" e di olimpico distacco dalle miserie umane e dalle conseguenti tragedie del fato...chi si aspetta "cliché" ne rimarrà profondamente deluso e sconcertato, ma d'altronde già in La mala educacion ci aveva parzialmente addomesticati a un nuovo porgere le problematiche anche scottanti del quotidiano con una certa durezza e inflessibilità. Come allora anche qui il gioco a specchi della narrazione nella narrazione, dell'immagine che richiama altre immagini: é un artificio di lontana memoria teatrale che riproposto con la tecnica cinematografica riesce pur nella frammentarietà degli eventi e nel susseguirsi delle vicende a ricucire a poco a poco un corpus unico e unitario: tutto sta nel comprendere le dinamiche che hanno spinto l'autore a servirsi di artifici, che non degenerano in "artificiosità" ostentata o al peggio faticosa e barocca....Il finale degno della sua propensione al sorriso che è in realtà la natura mai mutata nel tempo del Maestro, qui acquisisce un differente senso, non solo di alleggerire - come a voler forzatamente mettere un lieto fine a tutti costi -, ma a rimembrare a tutti noi che nelle disgrazie della vita abbiamo il dovere come uomini e donne di trovare e far emergere sempre il lato positivo in ogni caso. Questa é l'unica vera ragione e pulsione che porta la vita a continuare ad essere vissuta per quello che è, e cioè un continuo peregrinare di coscienze in cerca di una loro identità e collocazione nel tempo e nei ruoli. GRAZIE per l'attenzione e se per qualcuno può sembrare il contrario di quanto ho detto, beh, non se la prenda, il bello sta anche nel vedere in modi differenti le situazioni del quotidiano, non sempre così sorridente.
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[+] matura introspezione che solca le coscienze
(di chiara renda)
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eceriz
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sabato 9 gennaio 2010
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capolavoro
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emozionante ed originale: bravo Pedro!
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jonak
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martedì 29 dicembre 2009
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il fascino discreto del deja vu .
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milionesimo film deja vu ,vero e proprio melò mieloso che rasenta la soap opera. Almodovar non riesce ad uscire dal suo "labirinto di passioni"....per le telenovelas,e per il cinema d'antan hollywoodiano , Sembra che l'oscar ed il successo internazionale abbia fatto molto male al regista murciano,Anche la sua grande interprete Carmen Maura lo ha abbandonato ,mentre Penelope Cruz oramai si è ben adattata nell'auto-citazione ripetitiva dei suoi personaggi.Ovviamente nel grigio dicembre del cine panettone un film di Almodovar è preferibile alle squallide interpretazioni di De sica e co.
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mattia longobucco
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lunedì 21 dicembre 2009
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tragiche emozioni trasmesse con classe e dignità
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L'ho visto ieri e devo ammettere che mi è piaciuto molto, ma posso capire perchè a molti spettatori non sia piaciuto: in effetti la trama era piuttosto confusionaria, c'erano numerosi flashback che lasciavano in sospeso molte questioni e continui passaggi di prospettiva. Ho apprezzato soprattutto l'introspezione psicologica dei personaggi e l'attenzione e il gusto per le inquadrature e per i colori caldi e accesi. Un film molto profondo e molto sentimentale, che mi ha molto appassionato! Rimane in ogni caso un ottimo film per riflettere sull'importanza dei sentimenti e sull'intensità e la profondità della vita umana! Penelope Cruz, oltre ad essere bellissima, mostra di essere molto brava nella trasmissione del pathos e delle emozioni che sente.
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L'ho visto ieri e devo ammettere che mi è piaciuto molto, ma posso capire perchè a molti spettatori non sia piaciuto: in effetti la trama era piuttosto confusionaria, c'erano numerosi flashback che lasciavano in sospeso molte questioni e continui passaggi di prospettiva. Ho apprezzato soprattutto l'introspezione psicologica dei personaggi e l'attenzione e il gusto per le inquadrature e per i colori caldi e accesi. Un film molto profondo e molto sentimentale, che mi ha molto appassionato! Rimane in ogni caso un ottimo film per riflettere sull'importanza dei sentimenti e sull'intensità e la profondità della vita umana! Penelope Cruz, oltre ad essere bellissima, mostra di essere molto brava nella trasmissione del pathos e delle emozioni che sente.
PS: Concordo con Marezia nell'affermare che la locandina è veramente bellissima e offre, con i suoi colori vivi e accesi, uno spunto per riflettere sulle tematiche che affronta il film...
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alessandro_
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domenica 13 dicembre 2009
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la vita è sogno, il cinema è vita
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Gli abbracci spezzati è un film intenso, palpitante di desiderio e passione per la vita. Il titolo fa riferimento alla scena del film in cui i due protagonisti uniti da un sentimento forte vengono separati violentemente uno dall'altra. Ma al posto del rimpianto e della tristezza il superstite, privato della vista, lui un regista che fa della visione la sua ragione di vita, trova la forza di superare il dolore e la perdita. Mateo Blanco, come Jack Nicholson in "Professione: reporter", decide che la sua vita è finita nel momento in cui viene diviso dalla sua Lena, e cambia persino il suo nome. Ma a differenza del film di Antonionisi dove la fuga in una vita e in un'identità diversa si risolve tragicamente e pessimisticamente, qui al protagonista è data una seconda opportunità.
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Gli abbracci spezzati è un film intenso, palpitante di desiderio e passione per la vita. Il titolo fa riferimento alla scena del film in cui i due protagonisti uniti da un sentimento forte vengono separati violentemente uno dall'altra. Ma al posto del rimpianto e della tristezza il superstite, privato della vista, lui un regista che fa della visione la sua ragione di vita, trova la forza di superare il dolore e la perdita. Mateo Blanco, come Jack Nicholson in "Professione: reporter", decide che la sua vita è finita nel momento in cui viene diviso dalla sua Lena, e cambia persino il suo nome. Ma a differenza del film di Antonionisi dove la fuga in una vita e in un'identità diversa si risolve tragicamente e pessimisticamente, qui al protagonista è data una seconda opportunità. Quella di "rivedere" la sua amata e farla rivivere per sempre. Poco importa se lui non potrà vederla: le sue mani scorrono sul video sgranato delle riprese notturne e sentono il calore di quegli attimi pieni di amore. Le mani del regista riescono a vedere quello che gli occhi non vedono più, come avveniva per la macchina fotografica di "Blow up" che registrava qualcosa che gli occhi non avevano colto. La lezione di Almodovar va oltre il visibile e l'udibile, come nella scena della lettura delle labbra dei protagonisti, e ci dimostra che il cinema è molto di più di quello che vediamo seduti in una sala buia. Il cinema è la vita, non solo la sua rappresentazione.
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valeriamonti
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domenica 13 dicembre 2009
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la banalità del già detto
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Un film al quadrato, questo di Almodovar, un melodramma cioè che contiene dentro una commedia.
Alla fine lo spettatore non potrà fare a meno di fare il confronto e di scegliere ancora una volta l'Almodovar di "Donne sull'orlo di una crisi di nervi".
Già perchè l'ultima sequenza in cui il film girato dal protagonista 14 anni prima viene ripreso e montato, compensa la lunga e scontata storia che "gli abbracci spezzati" ci racconta.
Per quanto il regista spagnolo abbia avuto intenzione di omaggiare l'arte cinematografica con questo ultimo lavoro, infarcendolo di citazioni (ma soprattutto di auto-citazioni) la storia sembra già vista (anzi è come se fosse un puzzle di altre storie già viste) e per di piu' lo spettatore non fa nessuna fatica ad anticipare gli eventi; e quindi, quando accadono, risultano abbastanza scontati.
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Un film al quadrato, questo di Almodovar, un melodramma cioè che contiene dentro una commedia.
Alla fine lo spettatore non potrà fare a meno di fare il confronto e di scegliere ancora una volta l'Almodovar di "Donne sull'orlo di una crisi di nervi".
Già perchè l'ultima sequenza in cui il film girato dal protagonista 14 anni prima viene ripreso e montato, compensa la lunga e scontata storia che "gli abbracci spezzati" ci racconta.
Per quanto il regista spagnolo abbia avuto intenzione di omaggiare l'arte cinematografica con questo ultimo lavoro, infarcendolo di citazioni (ma soprattutto di auto-citazioni) la storia sembra già vista (anzi è come se fosse un puzzle di altre storie già viste) e per di piu' lo spettatore non fa nessuna fatica ad anticipare gli eventi; e quindi, quando accadono, risultano abbastanza scontati.
Insomma, è come se il regista avesse perso lo smalto che fino a “Volver” ha dimostrato di possedere proponendo un film ripetitivo e sempliciotto.
A partire dalla totale mancanza di carisma del protagonista, che rimane per tutta l'opera ancorato a una imperturbabilità estenuante, per continuare con quelli che dovevano essere i colpi di scena (la rivelazione della paternità, o la colpevolezza della produttrice eternamente innamorata) ma che sono così intuibili già nel corso della pellicola da renderli inefficaci.
lla rivelazione
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