osteriacinematografo
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domenica 29 gennaio 2012
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il dolore di un popolo
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Brasile, Mato Grosso do Sul. I Guarani Kaiowa sono un popolo Indio spodestato delle proprie terre, dell’acqua, delle foreste, in luogo di coltivazioni transgeniche che affondano progressivamente le proprie radici in Amazzonia.
Gli Indios sono confinati, ridotti alla fame, utilizzati come lavoratori per spodestare il verde che rimane in cambio di un boccone, sfruttati come animali da giardino per “rappresentazioni teatrali” ad uso e consumo dell’uomo occidentale, ghettizzati in riserve che sono prigioni, recinzioni che ne sradicano le usanze e l’anima. La loro foresta cede terreno per gradi, nel silenzio globalizzante degli interessi economici che tutto comprano; la natura che rimane è priva della fauna che la popolava, i territori non possono più essere attraversati, esplorati, vissuti a causa di limiti e paletti piantati dai fazenderos.
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Brasile, Mato Grosso do Sul. I Guarani Kaiowa sono un popolo Indio spodestato delle proprie terre, dell’acqua, delle foreste, in luogo di coltivazioni transgeniche che affondano progressivamente le proprie radici in Amazzonia.
Gli Indios sono confinati, ridotti alla fame, utilizzati come lavoratori per spodestare il verde che rimane in cambio di un boccone, sfruttati come animali da giardino per “rappresentazioni teatrali” ad uso e consumo dell’uomo occidentale, ghettizzati in riserve che sono prigioni, recinzioni che ne sradicano le usanze e l’anima. La loro foresta cede terreno per gradi, nel silenzio globalizzante degli interessi economici che tutto comprano; la natura che rimane è priva della fauna che la popolava, i territori non possono più essere attraversati, esplorati, vissuti a causa di limiti e paletti piantati dai fazenderos.
Nello sfacelo generale, i giovani Guarani, soffocati dalle restrizioni e dalla mancanza di prospettive, si tolgono la vita impiccandosi ai fratelli alberi.
Un gruppo di Indios guidati da Nadìo, a quel punto, smette di collaborare con l’uomo bianco, e per protesta pianta un accampamento a ridosso di quella che era la loro terra, invade in modo pacifico ma risoluto i confini dei fazenderos per procurarsi acqua e cibo, per riscattare la propria casa di foglie e rami, per riavere indietro uno stile di vita dettato dagli antenati, per ristabilire il rapporto di armonia con la natura, che li osserva, devastata , oltre le distese transgeniche.
Seguiranno timidi e controversi tentativi di approccio fra bianchi e rossi, caratterizzati dalla costante sensazione di sospetto e sfiducia reciproci, se non nel caso dei due giovani che s’incontrano, spogliati degli abiti e dei pregiudizi, nel fiume, in un fresco e rapido scambio amoroso.
Ma poi le armi da fuoco dei fazenderos prenderanno campo, e veleni dal cielo, destinati alle coltivazioni, saranno dirottati sui Guarani inermi, e poi la tensione crescerà di volume, e la violenza bianca sfogherà sugli Indios, sul loro rappresentante Nadìo, che verrà ucciso come un animale selvatico.
Il film di Bechis è struggente, e gli attori, Indios veri, costretti in riserve reali, disorientano con la strabordante umanità dei loro occhi, con sguardi feriti ma fieri; i loro legami con la foresta, col fiume, con le creature selvagge sono ricchezze che non hanno valore e che finiremo col perdere assieme alle nostre stesse origini e alla strada che ci ha condotto fin qui.
Gli sguardi di quegli uomini mi hanno fatto abbassare il capo, mi hanno trasmesso il dolore della perdita e la vergogna per come la loro situazione venga ignorata con una sufficienza che toglie il respiro.
Facciamo male ai nostri fratelli, facciamo male alla nostra casa verde, facciamo male a noi stessi, in omaggio al consumismo, al progresso, al legame smarrito con la madre terra, fattori -questi- che produrranno ancora poche evoluzioni prima di tornare indietro con straripante effetto boomerang.
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paola di giuseppe
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domenica 24 gennaio 2010
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una terra negata
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Non si può definire un capolavoro, nonostante l'impegno e la forza del messaggio (Mato Grosso do Sul, coltivazioni transgeniche sulle terre degli indios spodestati e ghettizzati, ricchi turisti birdwatchers in cerca di visioni esotiche e fazenderos troppo affaccendati per dar retta ai Guarani Kaiowà, quelli che nemmeno i gesuiti riuscirono, nel ‘600, a convincere al loro dio).
Il tema è dunque forte, e la passione civile di Bechis ancora una volta esplode tutta, ma il rigore di Garage Olimpo e Hijos, così serrato e anti-retorico, sembra lontano.
Qui c'è qualche forzatura nella caratterizzazione dei personaggi (la ninfetta figlia di ricchi, viziata e viziosa stile America oggi, non convince, troppo scontata; il guardiano semi-deficiente e assurdamente timido e dunque messo lì a far la guardia non si sa perchè, figura magari reale, ma nell’economia del film sembra posticcia),una dilatazione in durata di alcune sequenze, che avrebbero guadagnato in intensità con qualche taglio; qualche stereotipo di troppo nello sguardo su una cultura non facile da trasferire con la necessaria distanza e oggettività sullo schermo.
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Non si può definire un capolavoro, nonostante l'impegno e la forza del messaggio (Mato Grosso do Sul, coltivazioni transgeniche sulle terre degli indios spodestati e ghettizzati, ricchi turisti birdwatchers in cerca di visioni esotiche e fazenderos troppo affaccendati per dar retta ai Guarani Kaiowà, quelli che nemmeno i gesuiti riuscirono, nel ‘600, a convincere al loro dio).
Il tema è dunque forte, e la passione civile di Bechis ancora una volta esplode tutta, ma il rigore di Garage Olimpo e Hijos, così serrato e anti-retorico, sembra lontano.
Qui c'è qualche forzatura nella caratterizzazione dei personaggi (la ninfetta figlia di ricchi, viziata e viziosa stile America oggi, non convince, troppo scontata; il guardiano semi-deficiente e assurdamente timido e dunque messo lì a far la guardia non si sa perchè, figura magari reale, ma nell’economia del film sembra posticcia),una dilatazione in durata di alcune sequenze, che avrebbero guadagnato in intensità con qualche taglio; qualche stereotipo di troppo nello sguardo su una cultura non facile da trasferire con la necessaria distanza e oggettività sullo schermo.
Nonostante tutto,però,il film ha pregi indiscutibili e per alcuni versi una mano autoriale che va riconosciuta: pregevole è quel passare sapiente dall'ocra uniforme di una terra riarsa, a cui è stata prosciugata la linfa vitale, al nero notturno, totale, dove i sogni diventano incubi. Una fotografia capace di trasmettere significato.
Poi c'è la colonna sonora, originale, suggestiva, con sonorità settecentesche, europee, in contrasto pazzesco con quello che ti sta scorrendo davanti agli occhi.
Da vedere, senz'altro, sapendo che non c'è trama perchè non è un racconto e quindi un po' di lunghezza eccessiva, visto il taglio documentaristico, nelle due ore si sente.
Ma perchè non dare un'occhiata, anche se solo con un film, a quello che riusciamo ad essere e a fare contro uomini e cose?
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giusy polizzi
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sabato 6 settembre 2008
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film denuncia dell’attuale politica distruttiva
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Nel 2003 Marco Bechis autore del film, compie un viaggio in Brasile con un gruppo di birdwatchers (osservatore di uccelli) e venuto a conoscenza del fenomeno dei suicidi tra i giovani kaiowà del Mato grosso do Sul dedice - attraverso la pellicola – di portare a conoscenza le lotte di queste tribù per la riappropriazione delle loro terre, oggi adibite a coltivazione di soia transgenica. Storia molto vecchia ma sempre molto attuale , laddove il potere del bianco- nonché del più forte per via della violenza che utilizza sugli altri - ha il sopravvento su popolazioni non solo meno abbienti ma ,soprattutto , assenti nel pensiero di alcuna forma di violenza se non quella della difesa che viene messa in atto attraverso l’aiuto degli spiriti.
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Nel 2003 Marco Bechis autore del film, compie un viaggio in Brasile con un gruppo di birdwatchers (osservatore di uccelli) e venuto a conoscenza del fenomeno dei suicidi tra i giovani kaiowà del Mato grosso do Sul dedice - attraverso la pellicola – di portare a conoscenza le lotte di queste tribù per la riappropriazione delle loro terre, oggi adibite a coltivazione di soia transgenica. Storia molto vecchia ma sempre molto attuale , laddove il potere del bianco- nonché del più forte per via della violenza che utilizza sugli altri - ha il sopravvento su popolazioni non solo meno abbienti ma ,soprattutto , assenti nel pensiero di alcuna forma di violenza se non quella della difesa che viene messa in atto attraverso l’aiuto degli spiriti. Una tribù confinata nelle riserve e dedita ormai solo ad alcool e droghe, decide , quindi, di riappropriarsi della terra strappatagli moltissimi decenni prima e senza tuttavia riuscirci , cerca di riscattare, pena la morte, il suo diritto più antico. Film denuncia dell’attuale politica distruttiva che da secoli si protrae e che non tiene più conto né dell’esistenza di altri popoli né delle loro tradizioni e cultura, né del valore dell’ambiente. “ Non abbiamo più le foreste” è la frase che ricorre spesso e sulla quale tutti siamo chiamati non solo a riflettere ma soprattutto ad agire per la salvaguardia del pianeta, ormai in ginocchio , a favore degli interessi economici di chi del potere sull’altro ne ha costruito la propria forza. Film centrato soprattutto sulle tribù , sulle loro credenze e appartenenze , sulle loro difficoltà a sopravvivere, sulla difficoltà d’integrazione che spinge a frequenti suicidi, dove però l’uomo bianco rimane sullo sfondo per esibirsi solo nella sua efferata violenza. Comprensibile il diritto alla proprietà del bianco nato e cresciuto in quelle terre , ma come sempre, i sospesi della storia ritornano, anche a distanza di secoli chiedendo il conto. Comune e diffusa eziologia delle guerre tra i popoli dove il tempo non lenisce le ferite dell’anima e dove quest’ultima appare immortale nel reclamare il rapporto con le proprie origini. L’anima non conosce il tempo e il tempo si annulla. La terra ingoiata mostra, ancora una volta, come la nostra essenza che chiamiamo corpo, sia fatta di spirito , e lo spirito non teme la morte, se questa diviene giusto tributo alla difesa di sé. Una nota di speranza viene data dall’incipiente relazione tra la figlia del fazendeiros e l’apprendista sciamano della tribù, ma è una nota stroncata sul nascere che lascia l’amaro in bocca indicandoci che il tempo della pace , dell’amore e del rispetto dell’altro, è ancora molto molto lontano.
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(di gyammy)
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epidemic
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lunedì 3 ottobre 2011
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una micro-vicenda che focalizza a pieno il problem
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una vicenda raccontata che riesce a racchiudere i temi cardine del problema, Un buon lavoro che focalizza un conflitto mai veramente finito senza tra l'altro (come giustamente fa notare mymovies) esasperare i toni. A tratti intenso e drammatico riesce a non assumere mai i toni da commedia. 3 stelle meritate
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