marco romani
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venerdì 7 gennaio 2011
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mediocrità imbarazzante
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devo dirlo, ho visto questo Barbarossa con tutte le buone intenzioni, senza alcun pregiudizio l'ho visionato con l'aspettativa di gustrami un film ben realizzato, nonostante la brutta fama di essere infarcito di retorica leghista spicciola (ma in realtà è molto peggio di così). La pellicola inizia subito male proponendoci sequenze lente, confuse e pacchiane nel tentativo (mal riuscito) di rappresentare lo stato di "terrore" prodotto dai feudatari di Federico I a Milano, sequenze in cui si avvicendano personaggi stereotipati e inverosimili come il nobile "Siniscalco Barozzi", tra l'altro interpretato malissimo. Tutto ciò è mescolato a scene di esaltazione della superstizione popolare: una improbabile veggente che predice a Barbarossa il suo destino, una strega che strilla fastidiosamente il futuro direttamente nei timpani del povero spettatore per tutto il film, arrivando al vescovo di Milano che rinviene nientemeno che la Vera tomba dei Re Magi alla vigilia della battaglia (della serie, Dio è con noi!) suscitando tra le comparse espressini di devozione che vanno ben oltre il limite del ridicolo.
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devo dirlo, ho visto questo Barbarossa con tutte le buone intenzioni, senza alcun pregiudizio l'ho visionato con l'aspettativa di gustrami un film ben realizzato, nonostante la brutta fama di essere infarcito di retorica leghista spicciola (ma in realtà è molto peggio di così). La pellicola inizia subito male proponendoci sequenze lente, confuse e pacchiane nel tentativo (mal riuscito) di rappresentare lo stato di "terrore" prodotto dai feudatari di Federico I a Milano, sequenze in cui si avvicendano personaggi stereotipati e inverosimili come il nobile "Siniscalco Barozzi", tra l'altro interpretato malissimo. Tutto ciò è mescolato a scene di esaltazione della superstizione popolare: una improbabile veggente che predice a Barbarossa il suo destino, una strega che strilla fastidiosamente il futuro direttamente nei timpani del povero spettatore per tutto il film, arrivando al vescovo di Milano che rinviene nientemeno che la Vera tomba dei Re Magi alla vigilia della battaglia (della serie, Dio è con noi!) suscitando tra le comparse espressini di devozione che vanno ben oltre il limite del ridicolo. Su questo patetico solco il film si trascina noioso per più di un ora, fino ad arrivare alla calata di Federico I in Italia e alle scene di battaglia vera e propria, dove innumerevoli si contano le frasi retoriche e prive di spessore da ambo le parti. I costosi effetti speciali tanto sbandierati si risolvono in poche sequenze, realizzate pure maluccio e visibilmente ritoccate al computer (le esplosioni, le fiamme e i fumi non sono realistici). Gli effetti visivi sono, forse, a livello Telefilm, per non parlare della colonna sonora, una lagna initterrotta e scopiazzata penosamente da quella di kolossal come il Gladiatore. Da qui il film prosegue ancora con una sceneggiatura confusa dove abbondano le banalità più insulse, come l'infatuazione amorosa di Siniscalco Barozzi con una milanese che pur di non cedere alle pretese di questo nobile "traditore" della Lombardia arriverà a compiere i gesti più insani. Del resto il personaggio che dovrebbe essere il gran protagonista della vicenda, ossia Alberto da Giussano (quello, per capirci, raffigurato nello stemma elettorale della lega nord), risulta assai penalizzato dalla sceneggiatura che lo ritrae da prima come l'umile e scapestrato figlio di un fabbro, poi senza un preciso perché lo ritroviamo a fare un pistolotto ideologico ai governanti di Milano (che si fanno zittire come fossero bambini all'asilo), quindi generale di una invincibile brigata denominata "della morte" formata da contadini reclutati facendo leva su un sentimento nazionale lombardo del tutto anacronistico. Infine, ancora senza un perché, assistiamo alla degenerazione di Alberto da Giussano verso il delirio e la crescente sete di vendetta (che confonderà per "libertà") fino al gran finale in cui affronterà l'esercito imperiale tra pacchiane scene in rallenti, primi piani caotici, sguardi e movenze mal recitate, momenti splatter col sangue penosamente aggiunto al computer. Oltre alla disastrosa sceneggiatura e alla cattiva recitazione tutto il film risente di una regia e di una fotografia che non coinvolge e non convince, in stile Elisa di Rivombrosa per non dire di peggio.
La pellicola che aspirava alla fama di kolossal sull'impronta di Braveheart risulta invece un ridicolo scimmiottamento degli stessi. tutto ciò e ancora più avvilente se si pensa che il costo di questo film è stato elevatissimo, che sono stati spesi anche soldi pubblici per realizzarlo e che è stato promosso e presentato come un imperdibile capolavoro dalle personalità politiche di massimo rilievo quando ci sarebbero film nazionali molto più significativi (ma, ahiloro, non di interesse politico) che vengono snobbati. Per me è un vero schifo.
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rosmersholm
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martedì 25 febbraio 2020
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che tristezza...
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Rivisto anni dopo l'uscita, se possibile si accresce lo stupore per la mediocrità del film. Resta come una sorta di memento, di un'epoca in cui bastava essere nelle grazie di una ben riconoscibile politica, per farsi finanziare simili trombonate con i soldi della comunità. Il film è talmente mal fatto da non sapere nemmeno da dove cominciare a parlarne. E' tutto eccessivo, fuori misura: dove basta una candela, Martinelli mette dieci torce. I soldati sono sempre colpiti non da uno, ma da due, tre, quattro dardi. I dialoghi esplicitano, rimarcano, illustrano. Gli attori, spaesati, sempre sopra le righe. Il montaggio sottolinea ridicolmente con continui ralenti e ripetizioni, il vuoto della narrazione.
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Rivisto anni dopo l'uscita, se possibile si accresce lo stupore per la mediocrità del film. Resta come una sorta di memento, di un'epoca in cui bastava essere nelle grazie di una ben riconoscibile politica, per farsi finanziare simili trombonate con i soldi della comunità. Il film è talmente mal fatto da non sapere nemmeno da dove cominciare a parlarne. E' tutto eccessivo, fuori misura: dove basta una candela, Martinelli mette dieci torce. I soldati sono sempre colpiti non da uno, ma da due, tre, quattro dardi. I dialoghi esplicitano, rimarcano, illustrano. Gli attori, spaesati, sempre sopra le righe. Il montaggio sottolinea ridicolmente con continui ralenti e ripetizioni, il vuoto della narrazione. Le scenografie di cartapesta, gli effetti digitali dilettanteschi, le inquadrature fuori asse, tanto per fare autore... Insomma, non riesce nemmeno ad essere un pessimo prodotto televisivo. Amen.
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massimo49
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martedì 13 ottobre 2009
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nel'epopea del barbarossa rivive la nostra storia.
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Federico I Hohenstaufen detto il Barbarossa fu imperatore del Sacro Romano Impero. Il giorno di Pentecoste, il 17 giugno 1156 Federico sposò a Würzburg Beatrice di Borgogna, figlia unica, del conte di Borgogna Rinaldo III e di Beatrice di Lorena.
L'assedio di Milano è un fatto reale. L'esecuzione della distruzione di Milano fu affidata ai nemici tradizionali di Milano: Pavia, Lodi, Como, Cremona. Queste città assalirono Milano, quasi casa per casa, trasformando un atto di cosiddetta giustizia imperiale in un'aberrante vendetta tra stessi Italiani.
La Lega di resistenza fu giurata a Pontida solennemente: Milano, Bergamo, Brescia, Mantova, Cremona, cui si aggiunse anche Lodi, e più tardi anche Venezia, Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Ferrara, e da ultimo anche Pavia.
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Federico I Hohenstaufen detto il Barbarossa fu imperatore del Sacro Romano Impero. Il giorno di Pentecoste, il 17 giugno 1156 Federico sposò a Würzburg Beatrice di Borgogna, figlia unica, del conte di Borgogna Rinaldo III e di Beatrice di Lorena.
L'assedio di Milano è un fatto reale. L'esecuzione della distruzione di Milano fu affidata ai nemici tradizionali di Milano: Pavia, Lodi, Como, Cremona. Queste città assalirono Milano, quasi casa per casa, trasformando un atto di cosiddetta giustizia imperiale in un'aberrante vendetta tra stessi Italiani.
La Lega di resistenza fu giurata a Pontida solennemente: Milano, Bergamo, Brescia, Mantova, Cremona, cui si aggiunse anche Lodi, e più tardi anche Venezia, Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Ferrara, e da ultimo anche Pavia. Nel 1173, mentre Federico era in Germania, le città della Lega rinnovarono i patti di alleanza e costruirono una città che, in onore del pontefice, chiamarono Alessandria.
Alberto da Giussano è un personaggio leggendario del XII secolo. Lo storico Federico Rossi di Marignano afferma di aver trovato, fra gli archivi storici del comune milanese, documentazione sull'esistenza di un certo Alberto da Giuxano, personaggio riconducibile alla figura del famoso eroe.
La Compagnia della Morte è il nome di un'associazione militare medioevale di cavalieri che secondo la tradizione sarebbe stata organizzata ed equipaggiata da Alberto da Giussano. Avrebbe avuto una grande importanza durante la battaglia di Legnano (29 maggio 1176), in quanto, sotto il comando proprio di Alberto da Giussano, avrebbe difeso fino allo stremo il Carroccio della Lega Lombarda contro l'esercito imperiale di Federico Barbarossa. Secondo la tradizione vestivano una sorta di veste scura, con probabilmente il simbolo del teschio sui tradizionali piccoli scudi ogivali di legno.
Da questi dati storici si evince che il film "Barbarossa" poggia su basi attendibili. Il film è ben realizzato con alcune scene da antologia: le riprese aeree tra le nubi quasi fosse un ricordo dal cielo; lo sposalizio secondo i costumi tradizionali milanesi; l'assedio notturno con le micidiali potenti catapulte; la forza della disperazione di pochi idealisti nel coalizzare un gruppo eterogeneo per estrazione e provenienza; il corpo a corpo finale... Potente soprattutto la figura del protagonista: Barbarossa (un Rutger Hauer all’altezza delle sue migliori performance) e il suo sogno di riedificare l'impero di Carlo Magno in un'epoca sbagliata, dipinto nella sua grandezza, spesso anche anche nella sua ferocia pur nella fragilità di uomo talvolta assoggettato alle volontà della regina (Cécile Cassel). Nel traditore Siniscalco Barozzi (Murray Abraham, nel suo standard migliore) emerge l’ambivalenza tra potere e amore. La tensione bellica viene stemperata da interessanti spunti esoterici in un'epoca in cui le doti di precognizione non erano rare. Infine, Alberto da Giussano (Raz Degan) visto non solo come combattente, ma anche nei suoi dubbi e nell'incoerenza umana.
In conclusione, il kolossal di Renzo Martinelli girato con sofisticatezza tecnologica e con ritmo incalzante, merita senz'altro di essere visto.
Supera sicuramente altri film osannati, spesso senza basi storiche, quali "Le Crociate", un tonfo di Ridley Scott supportato da una critica compiacente e di maniera.
Talvolta la critica assume le sembianze del Pifferaio di Hamelin: un sistema di controllo sociale e politico per condizionare il pensiero comune.
Massimo de Rigo
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