paola di giuseppe
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domenica 4 luglio 2010
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un' allegoria sulla crudeltà dell'arte
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Il paradosso di Zenone in stile anime dà inizio al film:Achille non può superare la tartaruga partita prima,le contraddizioni logiche nel tentativo di spiegare la presenza del movimento nella realtà portano la ragione a rifiutare l'esperienza sensibile e affermare che la realtà è immobile.
Su questa premessa Kitano dà il via ad una storia,un falso biopic,una vera allegoria in quattro parti,che parla di Machisu,il piccolo che sognava di fare il pittore e,divenuto vecchio,capisce che l’arte non esiste.
Infanzia protetta nella ricca famiglia del padre industriale,triste orphanage dopo la drammatica morte del genitore e vita di maltrattamenti presso il rude zio,maturità con matrimonio e difficile ma caparbia esperienza nel mondo dell’arte,infine mezza età,con presa d’atto del fallimento come artista e dimostrazione della verità del paradosso di Zenone:la realtà è immobile,Achille sarà sempre indietro rispetto alla tartaruga,perché inseguire un paradosso ci condanna come perdenti fin dall’inizio e il paradosso è l’arte,che è mimesi della mimesi di una realtà che noi,prigionieri della caverna,scambiamo per verità.
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Il paradosso di Zenone in stile anime dà inizio al film:Achille non può superare la tartaruga partita prima,le contraddizioni logiche nel tentativo di spiegare la presenza del movimento nella realtà portano la ragione a rifiutare l'esperienza sensibile e affermare che la realtà è immobile.
Su questa premessa Kitano dà il via ad una storia,un falso biopic,una vera allegoria in quattro parti,che parla di Machisu,il piccolo che sognava di fare il pittore e,divenuto vecchio,capisce che l’arte non esiste.
Infanzia protetta nella ricca famiglia del padre industriale,triste orphanage dopo la drammatica morte del genitore e vita di maltrattamenti presso il rude zio,maturità con matrimonio e difficile ma caparbia esperienza nel mondo dell’arte,infine mezza età,con presa d’atto del fallimento come artista e dimostrazione della verità del paradosso di Zenone:la realtà è immobile,Achille sarà sempre indietro rispetto alla tartaruga,perché inseguire un paradosso ci condanna come perdenti fin dall’inizio e il paradosso è l’arte,che è mimesi della mimesi di una realtà che noi,prigionieri della caverna,scambiamo per verità.
Che è come dire che l’arte non esiste e la verità è inattingibile,e allora un calcio anche a quel barattolo ammaccato di Campbell giapponese stile Warhol esposto sul banchetto del mercato per 200.000 yen e via,sottobraccio alla mogliettina fedele,si riprende il chapliniano cammino della speranza,magari avvolti dalla testa ai piedi di bende,dopo il catartico falò purificatorio e un solo occhio libero,ma può bastare.
Le vicende del bambino e del giovane adulto occupano la prima parte del film,quella narrativa,con molti interni,presenza forse troppo invadente del sonoro,ritmo lento e colori cupi, atmosfere alla Zatoichi e alla Dolls,ma come stanche,quasi messaggi cui resta poco da comunicare.
Poi l’urgenza espressiva riprende il sopravvento,nella seconda parte,dove è Kitano a recitare il terzo sé stesso,dopo il regista di Takeshis’ e il comico tv di Glory,ed è il pittore.
Ironia e amarezza impregnano questo racconto duro,a tratti doloroso,di una vita spesa ad inseguire la tartaruga.
Ironia surreale e macchiettistica,Kitano conferma qui il suo stile inconfondibile.
Nulla si salva,a partire da sé stesso (ma di questo seppuku aveva fatto partecipi le masse nei primi due film del trittico).
Ora tocca all’arte,quell’ultimo,effimero,presuntuoso baluardo dell’uomo illuso di essere centro dell’Universo.
In un’intervista Kitano ha ricordato che i suoi quadri,di cui il film è pieno,sono campioni senza valore,infatti ne brucia un bel po’ in quel bidone:“Mi piacciono l'arte e i quadri e ho scelto per questo un pittore come protagonista di questa storia I quadri presenti nel film sono tutte opere mie,quindi non sono affatto belli e non hanno alcun valore economico…Volevo inoltre dimostrare che non serve avere successo come pittore,l'importante è che uno faccia quello che gli piace fare.In questo film ho voluto parlare della crudeltà dell'arte.Per il mio personaggio l'arte è una droga e per sentirsi realmente un artista ha bisogno di confrontarsi anche con la morte,ma questo non è affatto necessario affinché un artista sia tale.”
Ecco come parla chi,al contrario,sta facendo una dichiarazione d'amore totale per l’arte e invita a esprimere sé stessi al di là dei giudizi altrui.
Quel basco alla Picasso lo porterà per una vita intera,non sappiamo se sia finito nel falò,nell’ultima scena manca,ma sopra le bende era davvero impossibile metterlo.
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luca scialò
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venerdì 14 gennaio 2011
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inseguire "la tartaruga" con ostinazione
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Il signor Kuramoshi è un ricco proprietario di un'industria tessile con la passione per la pittura, al punto da essere anche facilmente raggirato da venditori improvvisati. La sua non accurata passione ha però trasmesso nel figlio Machisu la voglia di disegnare, anche a scuola durante le lezioni. Il bambino dipinge di tutto, incurante di tutto e tutti. Un giorno però, data l'estinzione dei bruchi da cui la fabbrica traeva il tessuto, Kuramoshi è costretto a dismettere la sua attività, chiudendo anche il proprio istituto di credito. Preso dalla disperazione si toglie la vita. La matrigna di Machisu lo affida ad un fratello del marito, contadino brontolone che sfrutta il bambino, e di lì a poco si toglie la vita.
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Il signor Kuramoshi è un ricco proprietario di un'industria tessile con la passione per la pittura, al punto da essere anche facilmente raggirato da venditori improvvisati. La sua non accurata passione ha però trasmesso nel figlio Machisu la voglia di disegnare, anche a scuola durante le lezioni. Il bambino dipinge di tutto, incurante di tutto e tutti. Un giorno però, data l'estinzione dei bruchi da cui la fabbrica traeva il tessuto, Kuramoshi è costretto a dismettere la sua attività, chiudendo anche il proprio istituto di credito. Preso dalla disperazione si toglie la vita. La matrigna di Machisu lo affida ad un fratello del marito, contadino brontolone che sfrutta il bambino, e di lì a poco si toglie la vita. Approfittando della sua dipartita, lo zio si sbarazza di Machisu affidandolo ad un orfanotrofio a cui il padre faceva donazioni. Nonostante una vita avversa, Machisu continua a coltivare la sua passione e da adulto si ostina a fare il pittore, malgrado il successo stenti ad arrivare...
Takeshi Kitano ci propone una favola amara, a metà strada tra l'Estate di Kikujiro e Takeshis'. I suoi sono personaggi che pur se ripetutamente sconfitti dalla vita, continuano a lottare con dignità. E anche se non ottengono la vittoria finale, sanno almeno di avercela messa tutta.
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francesco2
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domenica 12 gennaio 2014
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takeshi e il gambero
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Banalizzo il titolo del film, sicuramente molto più profondo (Lo fosse anche il film stesso!), per esemplificare la piega (Relativamente) discutibile che ha preso l'autore di "Han-bi". Già "Takeshi's" non prometteva nulla di buonissimo: forse non bisognerebbe mai fidarsi degli artisti quando dicono, in maniera -Relativamente- implicita, che si ripromettono di fare la "Summa " di loro stessi. E Kitano artista lo è in più di un senso: penso che quasi tutti sappiamo come sia anche un disegnatore, cosa visibile anche in questo film , ma che insinua anche sospetti, giusti o sbagliati che siano, di (Insolito)"vittimismo autobiografico" nel dipingere un artista sempre bistrattato. Se poi dobbiamo parlare di "autentica" mediocrità nell'Arte odierna, molto meglio allora l'eccellente "Nella casa" di Ozon, o un altro bellissimo film, "Nister Hula Hop" dei Coen, sull'oggetto del titolo come prototipo dell'INdustrializzazione" (Spero di non essere stato troppo contorto).
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Banalizzo il titolo del film, sicuramente molto più profondo (Lo fosse anche il film stesso!), per esemplificare la piega (Relativamente) discutibile che ha preso l'autore di "Han-bi". Già "Takeshi's" non prometteva nulla di buonissimo: forse non bisognerebbe mai fidarsi degli artisti quando dicono, in maniera -Relativamente- implicita, che si ripromettono di fare la "Summa " di loro stessi. E Kitano artista lo è in più di un senso: penso che quasi tutti sappiamo come sia anche un disegnatore, cosa visibile anche in questo film , ma che insinua anche sospetti, giusti o sbagliati che siano, di (Insolito)"vittimismo autobiografico" nel dipingere un artista sempre bistrattato. Se poi dobbiamo parlare di "autentica" mediocrità nell'Arte odierna, molto meglio allora l'eccellente "Nella casa" di Ozon, o un altro bellissimo film, "Nister Hula Hop" dei Coen, sull'oggetto del titolo come prototipo dell'INdustrializzazione" (Spero di non essere stato troppo contorto).
Kitano, invece, costruisce un apologo- Appunto- alla lunga significativo e probabilmente divertente, ma anche lento e privo della magia che ha contraddistinto anche "Zatoichi", "L'estate di Kikujiro", "Dolls", ecc. Fin dall'inizio, gli amici/colleghi di protagonista non sembrano altro che marionette: ma i paragoni con l'appena citato "Dolls" si fermano qui.
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