anto81
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venerdì 2 maggio 2008
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spacca in due
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proprio non me l'aspettavo... cioè in parte sì... la locandina è stupenda, l'inizio del film lascia senza parole... con quelle immagini da ghetto ti aspetti il solito hip-op logoro e stra-abusato... invece una colonna sonora pazzesca, struggente...
perché allora non me l'aspettavo?
semplice.
ben affleck.
premetto che non ho nulla contro di lui, è stato anche premiato per una sceneggiatura anni fa insiemeall'amico di sempre matt damon.
ma obiettivametne come attore non è mai stato il top, né per interpretazione, né quanto alle scelte dei film, sempre poco rischiosi, anche se carini (non tutti, in verità).
ma forse il bel Ben ha trovato la strada giusta.
Questo film è stupendo, e ha la rara capacità di spaccarti in due.
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proprio non me l'aspettavo... cioè in parte sì... la locandina è stupenda, l'inizio del film lascia senza parole... con quelle immagini da ghetto ti aspetti il solito hip-op logoro e stra-abusato... invece una colonna sonora pazzesca, struggente...
perché allora non me l'aspettavo?
semplice.
ben affleck.
premetto che non ho nulla contro di lui, è stato anche premiato per una sceneggiatura anni fa insiemeall'amico di sempre matt damon.
ma obiettivametne come attore non è mai stato il top, né per interpretazione, né quanto alle scelte dei film, sempre poco rischiosi, anche se carini (non tutti, in verità).
ma forse il bel Ben ha trovato la strada giusta.
Questo film è stupendo, e ha la rara capacità di spaccarti in due... non svelerò nulla sennò mi linciate, ma ad un certo punto del film il dilemma che il protagonista vive lo si sperimenta sulla propria pelle, come se anche noi da spettatori avessimo pendente sulla testa la "spada di damocle" di una scelta difficile... qualunque essa sarà, avrà delle conseguenze enormi...
bello, cast stellare, musiche emozionanti, scene anche molto crude in verità, ma assolutamente necessarie, perché infrangono quel "velo" che molti registi americani si rifiutano di oltrepassare, forse per paura di sconvolgere eccessivamente un pubblico troppo abituato all'omertà e al non-detto e non-visto.
il Ben regista, invece, diversamente dal Ben attore e da tanti altri, ha osato.
E ha fatto bene.
Capolavoro assoluto.
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dagon73
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mercoledì 27 febbraio 2008
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da vedere
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Un bel noir, crudo, diretto, che scava nella dura vita reale di un sobborgo disagiato, dove tutti conoscono tutti, dove i problemi di droga e alcol sono tanti. C'è chi ne è uscito, chi no, chi ci prova e chi ormai è vittima di se stesso come la madre della piccola bimba rapita.
Una trama che coinvolge fin dall prime battute con continui colpi di scena che tengono lo spettatore sempre attento. Tanti taselli che lentamente vengono poi messi a posto disegnando il disagio e i compromessi che la gente è costretta ad affrontare quando la vita rende le scelte molto difficili, che vanno al di la di quello che la legge puo' stabilire come 'giusto'.
Un po' di retorica qua e la non manca ma io ne consiglio la visione, magari solo a chi non si lascia troppo impressionare da temi difficili e da scene spesso un po' dure.
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Un bel noir, crudo, diretto, che scava nella dura vita reale di un sobborgo disagiato, dove tutti conoscono tutti, dove i problemi di droga e alcol sono tanti. C'è chi ne è uscito, chi no, chi ci prova e chi ormai è vittima di se stesso come la madre della piccola bimba rapita.
Una trama che coinvolge fin dall prime battute con continui colpi di scena che tengono lo spettatore sempre attento. Tanti taselli che lentamente vengono poi messi a posto disegnando il disagio e i compromessi che la gente è costretta ad affrontare quando la vita rende le scelte molto difficili, che vanno al di la di quello che la legge puo' stabilire come 'giusto'.
Un po' di retorica qua e la non manca ma io ne consiglio la visione, magari solo a chi non si lascia troppo impressionare da temi difficili e da scene spesso un po' dure.
Gli attori principali certo non sono dei mostri di bravura ma secondo me se la sono cavata bene. Morgan Freeman, sempre bravo per carità, ma non so se era quello piu' tagliato per questo ruolo e mi ha un po' deluso.
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ivanvalle90
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giovedì 11 novembre 2010
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"go affleck go!"
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Duro, spiazzante, travolgente, crudo, contrastante, realistico … Sono solo alcuni degli aggettivi con cui “Gone Baby Gone” può essere descritto. Una storia che riesce a creare, in ognuno di noi, conflitti interiori, sorretti da mente e anima, tra razionalità e sentimento, tra senso del dovere ed istinto, capace di lasciare un interrogativo fondamentale, l’imperativo della vita, la scelta tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ma questa storia riesce anche a dimostrare quanto la vita reale, contrariamente all’etica astratta, non abbia confini ben marcati, al contrario siano spesso labili, facilmente confondibili tra loro.
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Duro, spiazzante, travolgente, crudo, contrastante, realistico … Sono solo alcuni degli aggettivi con cui “Gone Baby Gone” può essere descritto. Una storia che riesce a creare, in ognuno di noi, conflitti interiori, sorretti da mente e anima, tra razionalità e sentimento, tra senso del dovere ed istinto, capace di lasciare un interrogativo fondamentale, l’imperativo della vita, la scelta tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ma questa storia riesce anche a dimostrare quanto la vita reale, contrariamente all’etica astratta, non abbia confini ben marcati, al contrario siano spesso labili, facilmente confondibili tra loro. Un inizio affascinante introduce la trama, la cinepresa cattura varie immagini di un quartiere degradato di Boston, quasi come una poesia verista, dove i gesti, le azioni e i volti delle persone si confondono a comporne i versi. Questi momenti emozionanti, frammenti di vite quotidiane, vengono fotografate più volte nel corso del film, quasi a voler smorzare la tensione creata dalla vicenda protagonista, un dramma che tratta di un rapimento e degli accadimenti ad esso connessi. Siamo a Boston, una bambina viene rapita, i poliziotti indagano da tre giorni senza alcun risultato, gli zii della bambina si rivolgono ad una giovane coppia di investigatori privati Patrick (Casey Affleck, fratello di Ben) ed Angie (Michelle Monaghan). Spetterà a loro sciogliere l’intricata trama del rapimento.
Ben Affleck, nonostante sia alla sua prima regia, padroneggia la cinepresa con abilità e ingegno, ma anche con il desiderio di trasmettere un messaggio, di far capire che ogni nostra azione non può mai essere categorizzata come esattamente giusta o esattamente sbagliata. Il risultato è un film riuscito, una storia che convince e che nel suo intrinseco significato struggente riesce anche a coinvolgere chi siede al di là dello schermo. Sotto il profilo tecnico viene proposto, un cast di tutto rispetto dal fratello dello stesso regista Casey Affleck, che anche se non sconvolge con la sua recitazione riesce a convincere, alle giovani Michelle Monaghan e Amy Ryan (che, tra l’altro, guadagna una nomination all’Oscar) fino a giungere ai “mostri sacri” come Morgan Freeman e Ed Harris. Per quanto riguarda la regia, non c’è che dire, il giovane Ben dimostra di voler affascinare più con la sua abilità e intelligenza (registica) che attraverso la propria bellezza fisica, e ciò è senz’altro un meritevole punto d’onore. Veramente un ottimo film, senz’altro da vedere.
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andrea zagano
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mercoledì 19 giugno 2013
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da dove vengo io,i segreti li portiamo nella tomba
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“Gone Baby Gone” è un gran bel film. Ben Affleck alla regia dimostra di saperci fare, eccome; egli realizza un’introspezione nelle perversioni dell’uomo e che cosa è capace di fare pur di ottenere ciò che vuole. Un affresco un po’ pessimistico se vogliamo, che ci illustra una Boston abitata da spacciatori, pedofili e poliziotti corrotti; il protagonista si trova in costante difficoltà nel trovare qualcuno di cui potersi fidare ciecamente e pare quasi un paladino della giustizia in un’atmosfera decisamente cupa.
La figura chiave è quella interpretata da Ed Harris: un fuoriclasse del set, non sbaglia mai. La sua parte è sempre la medesima, quella del doppiogiochista che riesce sempre a nascondere qualcosa su di sé; quando all’interno del cast è presente questo attore proveniente dal New Jersey significa che la qualità non mancherà.
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“Gone Baby Gone” è un gran bel film. Ben Affleck alla regia dimostra di saperci fare, eccome; egli realizza un’introspezione nelle perversioni dell’uomo e che cosa è capace di fare pur di ottenere ciò che vuole. Un affresco un po’ pessimistico se vogliamo, che ci illustra una Boston abitata da spacciatori, pedofili e poliziotti corrotti; il protagonista si trova in costante difficoltà nel trovare qualcuno di cui potersi fidare ciecamente e pare quasi un paladino della giustizia in un’atmosfera decisamente cupa.
La figura chiave è quella interpretata da Ed Harris: un fuoriclasse del set, non sbaglia mai. La sua parte è sempre la medesima, quella del doppiogiochista che riesce sempre a nascondere qualcosa su di sé; quando all’interno del cast è presente questo attore proveniente dal New Jersey significa che la qualità non mancherà. E così è stato anche in questo thriller/poliziesco.
La questione del colpo di scena: il colpo di scena non dev’essere obbligatoriamente forzato, come abbiamo visto in tanti thriller. Il colpo di scena dev’essere naturale, in “Gone Baby Gone” lo spettatore non lo prevede minimamente.
In molte altre pellicole invece è come se lo spettatore se l’attendesse. Un esempio recente è quello di “Perfect Stranger”: thriller mozzafiato, impeccabile dal punto di vista tecnico, con un colpo di scena che non c’è, ma che lo spettatore sta attendendo. Quando arriva, non si può certo dire che lo colga di sorpresa. E quindi che colpo di scena è?
Non è certamente il caso di “Gone Baby Gone”…
Ben Affleck dietro la cinepresa ci piace. E piace anche alla critica, come dimostratosi qualche anno dopo dall’Oscar per “Argo”.
Pone il fratello Casey al centro di questa raccapricciante vicenda, affiancato da attori del calibro di Harris e Freeman. Il contrasto potrebbe risultare irrisorio ma non lo è, perché se la cava magnificamente, come il suo personaggio, che si muove tra tizi loschi e vecchie amicizie poco raccomandabili senza grossi problemi. Risultato? Visione un po’ pessimistica sul mondo, ma estremamente realistica. Purtroppo queste figure presenti nel film, per esempio i pedofili, sono da tempo una realtà nella vita di tutti i giorni con la quale speriamo di non avere mai nulla a che fare…
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cinemalife
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venerdì 24 giugno 2011
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spettacolarità ed eccessi firmati affleck
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La storia di una bambina scomparsa e delle ricerche per ritrovarla, viva, nei quartieri più degradati di Boston. Ben Affleck regista ci racconta senza mezzi termini gli angoli più oscuri di una metropoli del Nord, affollandola di soggetti squallidi e malavitosi – a seconda dei ruoli – le cui giornate passano tra lo spaccio di droga e l’ozio. La sceneggiatura è volutamente impreziosita da termini volgari e poco fini, ma è proprio la vivacità linguistica dei dialoghi a non rendere questo film piatto e ripetitivo, come probabilmente risulterebbe essere. Casey Affleck - fratello del regista - è deciso e sicuro, forse troppo; conferisce al protagonista un carattere molto forte, ma talvolta improbabile dato il contesto in cui si svolge la vicenda; gli altri personaggi gli si adeguano e, uno a uno, gli si sottomettono sino a crollare.
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La storia di una bambina scomparsa e delle ricerche per ritrovarla, viva, nei quartieri più degradati di Boston. Ben Affleck regista ci racconta senza mezzi termini gli angoli più oscuri di una metropoli del Nord, affollandola di soggetti squallidi e malavitosi – a seconda dei ruoli – le cui giornate passano tra lo spaccio di droga e l’ozio. La sceneggiatura è volutamente impreziosita da termini volgari e poco fini, ma è proprio la vivacità linguistica dei dialoghi a non rendere questo film piatto e ripetitivo, come probabilmente risulterebbe essere. Casey Affleck - fratello del regista - è deciso e sicuro, forse troppo; conferisce al protagonista un carattere molto forte, ma talvolta improbabile dato il contesto in cui si svolge la vicenda; gli altri personaggi gli si adeguano e, uno a uno, gli si sottomettono sino a crollare. Spunta, fra gli altri, Morgan Freeman nei panni di un poliziotto dall'importanza apparentemente marginale, ma comunque inadatto a un ruolo dai contorni ambigui e non chiari sino alla fine del film. Un’ottima pellicola che riserba troppi colpi di scena ma riflette amaramente sul degrado dell’uomo.
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readcarpet
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martedì 16 settembre 2008
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gone baby gone
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Trama intricata (ovviamente da non svelare!) retta senza grossi problemi da una sceneggiatura a volte un po’ troppo enfatica e pretenziosa. Sembra però avere i numeri per una carriera niente male, Affleck, soprattutto per la personalità con cui si cimenta in elucubrazioni a rischio retorica, a rischio lacrimuccia strappata, a rischio isbanalità. Rischiose. Rischi evitati, per fortuna, a parte in certi momenti, come detto, quello della retorica (nessuno è perfetto).
Colpisce soprattutto la rappresentazione americana così poco americanizzata. Quella inquadrata è un America brutta, sporca, piena di cicatrici, piena di sbagli. E sono proprio gli sbagli i protagonisti di questa tragedia: a memoria direi che tutti quelli che muoiono o fanno morire qualcuno hanno commesso un errore banalissimo, o non hanno calcolato eventi “calcolabili”.
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Trama intricata (ovviamente da non svelare!) retta senza grossi problemi da una sceneggiatura a volte un po’ troppo enfatica e pretenziosa. Sembra però avere i numeri per una carriera niente male, Affleck, soprattutto per la personalità con cui si cimenta in elucubrazioni a rischio retorica, a rischio lacrimuccia strappata, a rischio isbanalità. Rischiose. Rischi evitati, per fortuna, a parte in certi momenti, come detto, quello della retorica (nessuno è perfetto).
Colpisce soprattutto la rappresentazione americana così poco americanizzata. Quella inquadrata è un America brutta, sporca, piena di cicatrici, piena di sbagli. E sono proprio gli sbagli i protagonisti di questa tragedia: a memoria direi che tutti quelli che muoiono o fanno morire qualcuno hanno commesso un errore banalissimo, o non hanno calcolato eventi “calcolabili”. Non sono quindi le azioni l’oggetto principe di attenzione, ma prima ancora di queste le conseguenze ineluttabili (prima fra tutte quella di essere nato in un determinato posto). Desolazione allo stato puro, messo in circolo da Ben Affleck, incurante di toccare crateri di disperazione da tasto rosso del telecomando: e sarebbe interessante anche sapere da dove gli esce, questa esigenza.
Restano impresse anche le intrusioni dei media, di grande efficacia, soprattutto nella fase conclusiva: organi di troppo, pronti a tutto pur di strappare l’emozione e riprenderla.
Niente da dire su Ed Harris, spettacolare come sempre, qualche riserva sul fratellino di Ben, Casey: forse è un bravo sceneggiatore anche lui.
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senji
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venerdì 10 dicembre 2010
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buon giallo
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Bel trilling/giallistico incentrato sulla scomparsa e ricerca di una bambina di 4 anni, "misteriosamente" sottratta alla madre tossicomane e sbandata. Avvincente, ben diretto ed interpretato (Harris è sempre un grande attore), riesce a ben mantenere suspance e mistero fino alla (bella) fine.
Bravi regia e sceneggiatura nel proporre il "gran dilemma" finale con cui il protagonista si deve confrontare. (tanto per la cronaca io non avrei fatto la sua stessa scelta). Consigliato.
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matteo fedele
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lunedì 29 settembre 2014
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dilemmi morali dei fratelli affleck
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Lui e l’amico Matt Damon raggiungono il firmamento hollywoodiano ideando, sceneggiando e interpretando Will Hunting-Genio ribelle, che frutta loro l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale e quello per il miglior attore non protagonista all’indimenticabile Robin Williams.
Fra gl’altri impegni, frequenta l’indipendente Kevin Smith (è uno dei personaggi ricorrenti del suo View Askewniverse) e il kolossale Michael Bay (Armageddon e Pearl Harbour, 1998 e 2001).
Nel 2007 Ben Affleck torna nella Boston in cui è cresciuto per tingerla di noir e farne allegoria della società odierna, in cui gli agnelli devono travestirsi da lupi per sopravvivere.
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Lui e l’amico Matt Damon raggiungono il firmamento hollywoodiano ideando, sceneggiando e interpretando Will Hunting-Genio ribelle, che frutta loro l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale e quello per il miglior attore non protagonista all’indimenticabile Robin Williams.
Fra gl’altri impegni, frequenta l’indipendente Kevin Smith (è uno dei personaggi ricorrenti del suo View Askewniverse) e il kolossale Michael Bay (Armageddon e Pearl Harbour, 1998 e 2001).
Nel 2007 Ben Affleck torna nella Boston in cui è cresciuto per tingerla di noir e farne allegoria della società odierna, in cui gli agnelli devono travestirsi da lupi per sopravvivere.
Sforna Gone Baby Gone, primo passo d’un percorso di rinascita artistica proseguito nel 2010 con The Town (anche lui bostoniano, come Will Hunting) e culminato nel 2012 in Argo (vincitore di 3 Oscar).
Per non correr rischi s’affida al romanzo omonimo di Dennis Lehane, padre di bestsellers quali Mystic River (da cui Clint Eastwood trasse uno dei suoi film più celebri e celebrati) e Shutter Island (che divenne uno dei maggiori successi di Martin Scorsese).
Si fa così erede d’una veneranda tradizione di registi che hanno nutrito di noir i loro primi passi.
Tradizione che annovera, tra gl’altri, Stanley Kubrick (Il bacio dell’assassino, 1955), Ridley Scott (Blade Runner, 1982), Christopher Nolan (Memento, 2000), George Clooney (Confessioni di una mente pericolosa, 2002), Shane Black (Kiss Kiss Bang Bang, 2005).
10 anni dopo Will Hunting di Gus Van Sant e In cerca di Amy di Kevin Smith ritrova il fratello minore Casey (che si rivela protagonista convincente anche se non abbastanza incisivo) e gli affianca la meno convinta Michelle Monaghan.
Completano il quadro una Amy Ryan di sorprendente abilità drammatica, la solida forza espressiva di Ed Harris e l’inappuntabile Morgan Freeman (col quale il regista aveva già lavorato nel 2002 in Al vertice della tensione di Phil Alden Robinson).
Una scrittura retorica solo di rado governa un’opera prima cruda, disincantata, ma che non rinuncia alla speranza né dimentica l’eleganza.
La semplice ed essenziale regia di Affleck regge un neonoir carente d’azione e carico di tensione, la cui matassa si dipana solo alla fine, rivelando un colpevole insospettabile.
S’ode un’eco della poetica di Frank Miller nella critica alla controproducente invasività dei media e nella denuncia del modus operandi di certa polizia, colpevole di corruzione e abuso di potere.
Ne emerge un tagliente ritratto d’un’America insana, deviata, estranea agli ideali di patria della libertà e terra delle opportunità con cui da quando è nata è stata e si è etichettata.
Mentre insinua il dubbio che nemmeno la Legge sia giusta, la prima fatica registica affleckiana instilla la convinzione che nessuno abbia il diritto di porsi al di sopra di essa e che ognuno abbia il dovere di seguirla anche a proprio discapito.
È la filosofia dello stoico investigatore privato protagonista, l’unico che ha la forza di mantenere la retta via e per questo si ritrova solo, vittima della propria rettitudine, beato perché perseguitato a causa della giustizia.
È un grugno risoluto che maschera insicurezza, un antieroe inadeguato, di continuo di fronte a tormentate scelte morali, immerso (non per scelta, ma per dovere) in una situazione più grande di lui, dalla quale non può uscire indenne.
Se vogliamo andare in Paradiso dobbiamo essere come lui, agnello prudente come un serpente, e come la piccola rapita, l’unica pura come una colomba.
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asius
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martedì 23 agosto 2011
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non sempre ciò che è naturale è anche giusto
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Il successo di questo film sta tutto nel finale a sorpresa. La trama, ben costruita in un contesto di degrado metropolitano e arricchita dalle buone interpretazioni di attori di indiscusso valore, volge in un epilogo di grandi interrogativi morali ai quali anche lo spettatore viene trascinato ad una sua valutazione. Ci si interroga già da molto tempo, parlando di adozioni e affidamenti, sul venir meno del ruolo di padre e madre da parte dei genitori naturali e sulla necessità che tale ruolo venga assunto da altre persone per una crescita affettiva ed educativa del bambino. Tocca a un giovane detective, nato e vissuto nello stesso ambiente, influire su questa difficile scelta.
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Il successo di questo film sta tutto nel finale a sorpresa. La trama, ben costruita in un contesto di degrado metropolitano e arricchita dalle buone interpretazioni di attori di indiscusso valore, volge in un epilogo di grandi interrogativi morali ai quali anche lo spettatore viene trascinato ad una sua valutazione. Ci si interroga già da molto tempo, parlando di adozioni e affidamenti, sul venir meno del ruolo di padre e madre da parte dei genitori naturali e sulla necessità che tale ruolo venga assunto da altre persone per una crescita affettiva ed educativa del bambino. Tocca a un giovane detective, nato e vissuto nello stesso ambiente, influire su questa difficile scelta. Contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato, decide a favore della madre, pur del tutto inadatta a questo ruolo, determinando conseguenze negative sia nei confronti di coloro che avrebbero voluto dare una famiglia alla piccola Amanda e sia nella propria sfera affettiva con la perdita della fidanzata, contraria alle sue scelte. Nella scena finale il giovane, recatosi a casa della madre, rimane perplesso e comprende a quale futuro andrà incontro la giovane figlia. Morale: non sempre ciò che è naturale è anche giusto.
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filippo catani
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giovedì 1 ottobre 2015
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qual'è la scelta giusta?
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Boston. In un quartiere difficile della città scompare improvvisamente una bambina figlia di una ragazza tossica e dedita alla delinquenza. La polizia indaga sul caso insieme a due giovani investigatori privati ingaggiati dalla famiglia.
Folgorante esordio alla regia per Ben Affleck capace di imbastire un thriller dai risvolti umani, filosofici e psicologici da fare tremare i polsi. Il film si regge sulle spalle di un magnifico Ed Harris e un dolente e provato Morgan Freeman. Senza tanti giri di parole Affleck ci porta a scoprire l'altra Boston quella fatta di quartieri malfamati, boss della droga e personaggi più o meno disperati che ci gravitano intorno a formare un universo ad alto tasso di esplosività.
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Boston. In un quartiere difficile della città scompare improvvisamente una bambina figlia di una ragazza tossica e dedita alla delinquenza. La polizia indaga sul caso insieme a due giovani investigatori privati ingaggiati dalla famiglia.
Folgorante esordio alla regia per Ben Affleck capace di imbastire un thriller dai risvolti umani, filosofici e psicologici da fare tremare i polsi. Il film si regge sulle spalle di un magnifico Ed Harris e un dolente e provato Morgan Freeman. Senza tanti giri di parole Affleck ci porta a scoprire l'altra Boston quella fatta di quartieri malfamati, boss della droga e personaggi più o meno disperati che ci gravitano intorno a formare un universo ad alto tasso di esplosività. Inoltre il film ci pone davanti a dilemmi morali di non facile soluzione anche se l'amaro finale della pellicola lascia presagire da che parte stia il regista e anche lo spettatore. Purtroppo come la vita non smette mai di mostrarci non sempre è bene quel che finisce bene ma soprattutto specialmente in storie come questa il lieto fine è semplicemente impossibile.
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