cinemaleo
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sabato 4 aprile 2009
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un piccolo gioiello che va recuperato
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Un film che nel 2007 e nel 2008 ha trionfato nei più importanti festival, da Cannes a Toronto, da Londra a Torino, mietendo premi e consensi. Un film che non mi risulta sia circolato nelle nostre sale, ed è un peccato: un piccolo gioiello che va recuperato e che onora chi lo ha realizzato.
Con uno stile asciutto ed essenziale al massimo, semplice e al contempo complesso, Garage è forse il miglior esponente di quello che molti critici chiamano la "new wave" del cinema irlandese (cinema poco conosciuto nel resto del mondo, ad eccezione dell‘opera di Neil Jordan e Jim Sheridan, cinema a cui la Cineteca di Bologna nell‘ottobre del 2008 e il RomaFilmFestival a dicembre hanno dedicato delle interessanti rassegne).
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Un film che nel 2007 e nel 2008 ha trionfato nei più importanti festival, da Cannes a Toronto, da Londra a Torino, mietendo premi e consensi. Un film che non mi risulta sia circolato nelle nostre sale, ed è un peccato: un piccolo gioiello che va recuperato e che onora chi lo ha realizzato.
Con uno stile asciutto ed essenziale al massimo, semplice e al contempo complesso, Garage è forse il miglior esponente di quello che molti critici chiamano la "new wave" del cinema irlandese (cinema poco conosciuto nel resto del mondo, ad eccezione dell‘opera di Neil Jordan e Jim Sheridan, cinema a cui la Cineteca di Bologna nell‘ottobre del 2008 e il RomaFilmFestival a dicembre hanno dedicato delle interessanti rassegne).
Un film (definito da La Stampa “delicata e crudele fiaba contemporanea”) di forte impatto emotivo, che affascina e cattura l’attenzione dello spettatore che ha l’occasione (grazie ai silenzi e al ritmo volutamente lento) di approfondire e di riflettere su quanto lo schermo gli mostra, di entrare in stretta relazione sia col protagonista che con i vari personaggi appena accennati ma di grande spessore umano (ha dichiarato il regista: “...ho utilizzato un linguaggio lontano dai canoni televisivi su cui invece si sta appiattendo molta produzione di oggi, anche europea”).
Un affresco di provincia profondamente autentico e vero, una provincia dove (contrariamente alle apparenze di perfetta comunità) domina la diffidenza e la difficoltà di comunicazione. Un’opera delicatamente drammatica sulla solitudine e il disagio che non può lasciare indifferenti.
Bellissimo, e struggente, il finale, difficilmente dimenticabile nel suo simbolismo e nel suo equilibrio (pietismi e sentimentalismi, che la trama avrebbe potuto richiedere, sono assolutamente banditi).
Pat Shortt, un attore comico molto popolare in Irlanda soprattutto in televisione, è veramente straordinario: un ruolo particolarmente difficile il suo che gli dà modo di evidenziare un eccezionale talento.
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venerdì 26 giugno 2009
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quando manca la maschera
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Se Josie avesse avuto la fortuna di nascere negli Stati Uniti, probabilmente avrebbe corso per migliaia di chilometri e poi sarebbe diventato ricco vendendo gamberetti. Invece è Irlandese, ha un’anca malmessa, e la sfortuna di stare in un film che rappresenta le persone, invece di idealizzare e propagandare una società.
Josie lavora a una pompa di benzina, in un paese dove tutti si conoscono e ognuno incarna un personaggio, utile a coprire una natura istintivamente viziosa e distruttiva. Josie, invece, non è furbo abbastanza da costruirsi una facciata, e finisce per diventare il perfetto agnello sacrificale.
Abrahamson mostra le cose per quello che sono, seguendo i silenzi e le violenze nascoste o ignorate; inserisce tutto in poetici scorci naturali, che pure testimoniano e subiscono l’oggettività del racconto.
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Se Josie avesse avuto la fortuna di nascere negli Stati Uniti, probabilmente avrebbe corso per migliaia di chilometri e poi sarebbe diventato ricco vendendo gamberetti. Invece è Irlandese, ha un’anca malmessa, e la sfortuna di stare in un film che rappresenta le persone, invece di idealizzare e propagandare una società.
Josie lavora a una pompa di benzina, in un paese dove tutti si conoscono e ognuno incarna un personaggio, utile a coprire una natura istintivamente viziosa e distruttiva. Josie, invece, non è furbo abbastanza da costruirsi una facciata, e finisce per diventare il perfetto agnello sacrificale.
Abrahamson mostra le cose per quello che sono, seguendo i silenzi e le violenze nascoste o ignorate; inserisce tutto in poetici scorci naturali, che pure testimoniano e subiscono l’oggettività del racconto.
Un piccolo film ben realizzato, distribuito a due anni di distanza in circa tre sale.
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everyone
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giovedì 25 giugno 2009
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il mondo che canbia
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L'Irlanda un agolo di verde felice per chi si accontenta di un mondo sempre uguale che non ama i cambiamenti e che nella mente di un uomo "semplice"rappresenta tutto ciò o quasi che quell'uomo mite e a suo modo in esso ben integrato desidera.Quando il vento del cmbiamento che lui non avverte ma che già soffia anche in quei luoghi apparentemente fuori dal tempo travolge lui,l'uomo semplice e innamorato della sua terra che non si può opporre in alcun modo allo sconvolgimento prossimo venturo cui la sua vita andrà incontro decide che ne ha già avuto abbastanza e sceglie la via d'uscita a lui più consona.Questo film ricorda vagamente le traversie del protagonista di un altro film questa volta sud americano "Perro Bonbon"che però affrontava il cambiamento non arrendendosi ad esso.
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L'Irlanda un agolo di verde felice per chi si accontenta di un mondo sempre uguale che non ama i cambiamenti e che nella mente di un uomo "semplice"rappresenta tutto ciò o quasi che quell'uomo mite e a suo modo in esso ben integrato desidera.Quando il vento del cmbiamento che lui non avverte ma che già soffia anche in quei luoghi apparentemente fuori dal tempo travolge lui,l'uomo semplice e innamorato della sua terra che non si può opporre in alcun modo allo sconvolgimento prossimo venturo cui la sua vita andrà incontro decide che ne ha già avuto abbastanza e sceglie la via d'uscita a lui più consona.Questo film ricorda vagamente le traversie del protagonista di un altro film questa volta sud americano "Perro Bonbon"che però affrontava il cambiamento non arrendendosi ad esso.La poetica del film sta in quest'atteggiamento di vicinanaza ai luoghi per come uno li ha conosciuti e la non accettazione che le cose possano cambiare certo che così facendo l'umanità avrebbe preso direzioni totalmente diverse con conseguenze altrettanto diverse.
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luca scial�
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domenica 31 marzo 2013
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la solitudine di un uomo ingenuo
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In un piccolo paesino dell'Irlanda vive in solitudine Josie, un ragazzo un pò ritardato che lavora da anni in una desolata pompa di benzina. La sua vita è semplice, monotona, ma in fondo gli va bene. Si dedica con gran zelo al lavoro, sua unica ragione di vita. Un giorno alla pompa gli viene affidato un ragazzino che lavora solo il weekend. Josie sembra aver trovato finalmente un amico, con cui spesso beve insieme ai suoi amici. Ma una leggerezza fatta con ingenuità gli costerà caro, facendogli crollare addosso il suo piccolo mondo, ai suoi occhi però così grande.
Grandissimo esordio di Lenny Abrahamson, che gli valse il Festival di Torino 2007.
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In un piccolo paesino dell'Irlanda vive in solitudine Josie, un ragazzo un pò ritardato che lavora da anni in una desolata pompa di benzina. La sua vita è semplice, monotona, ma in fondo gli va bene. Si dedica con gran zelo al lavoro, sua unica ragione di vita. Un giorno alla pompa gli viene affidato un ragazzino che lavora solo il weekend. Josie sembra aver trovato finalmente un amico, con cui spesso beve insieme ai suoi amici. Ma una leggerezza fatta con ingenuità gli costerà caro, facendogli crollare addosso il suo piccolo mondo, ai suoi occhi però così grande.
Grandissimo esordio di Lenny Abrahamson, che gli valse il Festival di Torino 2007. Una piccola grande storia su un uomo solo, circondato da un mondo ostile. Gente che lo schiva, con un Irlanda che affoga la propria noia nell'alcol che fa da sfondo.
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angelo umana
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giovedì 29 maggio 2014
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la debolezza dei semplici
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“Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontare, così stupida e banale come tante …“ (da Guccini): la storia in effetti è molto semplice, è banale solo per la “banalità” del male, quello provocato da gente comune quando ha bisogno di qualcuno da sfottere. Qui si tratta di Josie, un ragazzone senza troppe pretese, ritenuto un sempliciotto, quasi un essere inferiore, ma è gentile, non dà fastidio a nessuno. Incapace di nuocere, la aggressività o cattiveria non sa nemmeno concepirla.
Lavora in un “Garage” (2007) con distributore di benzina, il posto assomiglia molto al distributore di Shell, in fondo gli Highlands scozzesi e le colline irlandesi si assomigliano, ma ben altra caratura aveva l’altro film sulla adolescente che sbocciava, Shell.
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“Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontare, così stupida e banale come tante …“ (da Guccini): la storia in effetti è molto semplice, è banale solo per la “banalità” del male, quello provocato da gente comune quando ha bisogno di qualcuno da sfottere. Qui si tratta di Josie, un ragazzone senza troppe pretese, ritenuto un sempliciotto, quasi un essere inferiore, ma è gentile, non dà fastidio a nessuno. Incapace di nuocere, la aggressività o cattiveria non sa nemmeno concepirla.
Lavora in un “Garage” (2007) con distributore di benzina, il posto assomiglia molto al distributore di Shell, in fondo gli Highlands scozzesi e le colline irlandesi si assomigliano, ma ben altra caratura aveva l’altro film sulla adolescente che sbocciava, Shell. E’ solo una bella persona Josie, malato solo di solitudine, le sue piccole attenzioni sono per il micromondo di persone che ha intorno. Avrebbe un bisogno immenso di qualcuno che l’amasse e, pur non essendosi mai mosso da quel luogo, è capace di immaginare posti altrove, curioso di “vedere come vivono gli altri”, a differenza di chi lo tratta con sufficienza, che non sembra desiderare null’altro che quella vita solita.
Josie per la vergogna di un esposto a suo carico sparirà, come sparì il papà di Shell (che è un film del 2012), solo un cavallo forse si accorgerà della sua mancanza, quel cavallo che Josie chiamava “bravo ragazzo” e a cui Josie regalava le sue mele.
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gianleo67
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sabato 23 aprile 2016
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storia di josie
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Umile impiegato di una sperduta pompa di benzina della provincia irlandese, il mite Josie è un sempliciotto un pò sciancato e benveluto dalla sparuta comunità che vive lì intorno. Solitario ed emarginato, stringe una candida amicizia con un giovane adolescente portato a bottega dal titolare, finchè una innocente leggerezza non farà crollare il fragile equilibrio che ancora lo tiene ancorato alla vita.
Alla sua seconda prova da regista e con un budget più che risicato, l'irlandese Lenny Abrahamson centra il bersaglio del ritratto umano e morale in questo piccolo saggio sulla virtù dei semplici e la crudeltà della vita, dipingendo un personaggio la cui disponibilità verso la comprensione degli altri è inversamente proporzionale alle sue reali possibilità di integrazione sociale.
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Umile impiegato di una sperduta pompa di benzina della provincia irlandese, il mite Josie è un sempliciotto un pò sciancato e benveluto dalla sparuta comunità che vive lì intorno. Solitario ed emarginato, stringe una candida amicizia con un giovane adolescente portato a bottega dal titolare, finchè una innocente leggerezza non farà crollare il fragile equilibrio che ancora lo tiene ancorato alla vita.
Alla sua seconda prova da regista e con un budget più che risicato, l'irlandese Lenny Abrahamson centra il bersaglio del ritratto umano e morale in questo piccolo saggio sulla virtù dei semplici e la crudeltà della vita, dipingendo un personaggio la cui disponibilità verso la comprensione degli altri è inversamente proporzionale alle sue reali possibilità di integrazione sociale.
Attraverso il misurato compendio tra il naturalismo di uno spaccato sociale di desolazioni e solitutidini ed i candidi contrappunti di una poesia della semplicità che solo gli ultimi sanno avere, Abrahamson costruisce la gabbia per topi di un dramma della formazione non andato a buon fine (quello del protagonista e quello del suo giovane amico), laddove l'inevitabile diffidenza delle convenzioni sociali e l'emarginazione della diversità scorrono silenziosi come impercettibili movimenti carsici che finoscono per emergere in tutta la loro spietata ed ineluttabile tragicità. Se il tema di un limbo esistenziale la cui routine può essere scardinata dalla eccezzionalità di un evento o l'irrimediabilità di una scelta ricorre spesso in opere di questo genere (vedere per credere il bellissimo 'Shell' di Scott Graham di qualche anno dopo), laddove il desiderio di evasione è frustrato dall'inanità del carattere più che dalla mancanza di occasioni, in questa storia patetica di tenerezze e crudeltà il suo protagonista sembra ancorato alla terra dalla pesantezza di una deformità che ne limità i movimenti e circoscrive il perimetro, facendogli compiere i suoi giri a vuoto attorno al piccolo mondo delle sue sicurezze (il lavoro, il momento del tè, il pub) ed i timidi tentativi di una convivialità che osi perfino sfidare le umilianti repulsioni di una donna con ambizioni sessuali appena più mature. Un cuore semplice direbbe Flaubert che sa mantenere immutato il suo incanto per la bellezza della vita a dispetto dell'aridità di un mondo ostile e meschino; la vera sublimazione di una intelligenza morale che nasce dalla paradossale deficienza delle furbizie della natura umana e pertanto destinata ad immolarsi con il candore di un martirio silenzioso risorgendo dalle placide acque di una misteriosa rinascita. Straordinario Pat Shortt che dà corpo e anima alla dolente fisicità di un ingenuo Candide sotto il cielo d'Irlanda ed incetta di premi in giro per il mondo tra cui Cannes, Dublino e Torino solo per citarne alcuni.
“Le sue labbra sorridevano. I battiti del suo cuore rallentarono a uno a uno, ogni volta più incerti, più tenui, come si esaurisce una sorgente, come si disperde un’eco; e, quando esalò l’ultimo respiro, gli sembrò di vedere" ...sul tratturo battuto dal tempo e dagli uomini la placida transumanza di un meraviglioso destriero.
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il secco
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venerdì 17 luglio 2009
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la paura e l'ignoranza della povera gente
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Da un punto di vista stilistico la regia segue cinicamente il senso del messaggio, riproducendo quella noia tipica di una cittadina di campagna in Irlanda in cui si svolge la storia. Cinicamente, abbiamo detto; perché non vi è la preoccupazione al livello registico di coinvolgere emotivamente lo spettatore. Se il senso del messaggio coincide con l’affrontare il problema della realtà monotona di una cittadina di campagna Irlandese; di una realtà che implica l’isolamento, la solitudine e poi la paura, fino all’ipocrisia e alle discriminazioni; non è detto che tutto ciò debba essere rielaborato al livello stilistico con eccessiva schiettezza e formalità; che rischieranno di produrre altrettanta monotonia.
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Da un punto di vista stilistico la regia segue cinicamente il senso del messaggio, riproducendo quella noia tipica di una cittadina di campagna in Irlanda in cui si svolge la storia. Cinicamente, abbiamo detto; perché non vi è la preoccupazione al livello registico di coinvolgere emotivamente lo spettatore. Se il senso del messaggio coincide con l’affrontare il problema della realtà monotona di una cittadina di campagna Irlandese; di una realtà che implica l’isolamento, la solitudine e poi la paura, fino all’ipocrisia e alle discriminazioni; non è detto che tutto ciò debba essere rielaborato al livello stilistico con eccessiva schiettezza e formalità; che rischieranno di produrre altrettanta monotonia. Il regista, Lenny Abrahamson proviene da lavori televisivi e cortometraggi; il suo unico lungometraggio precedente a Garage fu Adam & Paul, la storia di due amici tossicodipendenti sceneggiato sempre da Mark O’Halloran. Probabilmente la poca esperienza con il cinema non ha permesso al regista di approfondire con più Pathos e più autorialità la storia che, essendo comunque ragguardevole; avrebbe sicuramente coinvolto di più.
Le sequenze principali del film non sono solo quelle in cui il protagonista Josie è solo e con cui si accentua il tema della solitudine; ma anche quelle in cui è in compagnia del suo collega di lavoro, un ragazzino con cui passa il tempo a bere e con cui cerca sicuramente un’amicizia. Il tema dell’amicizia è centrale in fondo nel racconto; ma nel film non viene approfondito. Ecco perché quelle che sono le sequenze, abbiamo detto più importanti del film; che racchiudono la ricerca di amicizia fra i due, sarebbero state da rendere più rilevanti, o attraverso i dialoghi o attraverso l’intreccio; o quanto meno attraverso quel “tocco” registico che viene a mancare. Invece di soffermarsi sul senso dell’amicizia fra i due, quando essi sono insieme, il regista sembra accentuare sempre di più l’idea della solitudine; cosa che è giustificata quando Josie è insieme a quelli che in fondo non sono veramente suoi amici; ma nel caso del ragazzino la scelta non è motivata dato quello che accadrà nel finale.
Notevole ovviamente l’interpretazione di Pat Shortt che da un punto di vista diegetico però, avrebbe potuto godere di molto più spazio se il film glie lo avesse concesso.
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