no_data
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domenica 6 novembre 2016
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niente di eccezionale.
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Io non faccio un esame psicologico o sociologico, non mi interessa il luogo e il periodo in cui è ambientato il film, giudico l'opera cinematografica. Il film promette bene, attori straordinari, scene realistiche girate con il taglio da film d'autore indipendente, ma poi si risolve in niente. Alla fine è poca roba, il tema è serio, poteva essere trattato meglio.
Se non lo vedete non vi perdete niente.
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guidobaldo maria riccardelli
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sabato 23 aprile 2016
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il travaglio dell'amicizia
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Pur servendosi di strumenti antipodici, Cristian Mungiu riesce ad attribuire a quest'importante opera, profondamente drammatica, un ritmo ed un livello tensivo notevole: nonostante una costruzione fatta di piani sequenza anche abbastanza dilatati, poche ambientazioni e personaggi, ed un uso parchissimo dei movimenti di macchina, il cineasta romeno sa come tenere sulle spine, complice anche la natura della vicenda, ovviamente.
Fin dalla scena iniziale, dove volutamente si suggerisce un ambiente cercerario, fatto di costrizioni e razionamenti, vi è un'immersione totalizzante in un ambiente fortemente controllato e controllabile, dove ogni azione deve farsi strada tra burocrazie macchinose, controlli e scambi, prese in ostaggio di documenti, utilizzati al pari di esseri viventi, dove gli oggetti, data la loro penuria numerica, assurgono a gradi impensabili, battezzati e non catalogati.
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Pur servendosi di strumenti antipodici, Cristian Mungiu riesce ad attribuire a quest'importante opera, profondamente drammatica, un ritmo ed un livello tensivo notevole: nonostante una costruzione fatta di piani sequenza anche abbastanza dilatati, poche ambientazioni e personaggi, ed un uso parchissimo dei movimenti di macchina, il cineasta romeno sa come tenere sulle spine, complice anche la natura della vicenda, ovviamente.
Fin dalla scena iniziale, dove volutamente si suggerisce un ambiente cercerario, fatto di costrizioni e razionamenti, vi è un'immersione totalizzante in un ambiente fortemente controllato e controllabile, dove ogni azione deve farsi strada tra burocrazie macchinose, controlli e scambi, prese in ostaggio di documenti, utilizzati al pari di esseri viventi, dove gli oggetti, data la loro penuria numerica, assurgono a gradi impensabili, battezzati e non catalogati. Ci si muove in ambienti dove le manfrine di rito non servono a mascherare il palese squallore, comunque.
In un tale scenario, contare su persone fidate risulta fondamentale, a costo di costruire rapporti pesantemente sbilanciati, nel quale una parte viene sotterrata sotto un carico umanamente intrasportabile, causa di traumi difficilmente suturabili: si tratta qui, e forse siamo giunti al tema portante della pellicola, dei sacrifici chiesti al fine di preservare un rapporto di amicizia; e lo si mette in scena, ovviamente, con lo donne a farne da interpreti, capaci di annullare se stesse per l'altro, circondate da uomini, tutti, più interessati a badare alla realtà loro propria, e non parliamo solo degli aguzzini spietati, ma anche di coloro i quali, nonostante tutto, si propongono come figure dall'animo positivo.
Il tutto raffigurato con equidistanza pregevole, dove si annulla con ottimo ingegno il controcampo, dato che l'interesse risiede in maggior misura sull'effetto delle parole, e non sulla loro mera presenza: queste vengono usate come armi accuminate, e viene mostrata la vittima di questi fendenti, inerme e preparata al peggio. Parole in gran parte vuote e di circostanza, testimoni di visioni del mondo antiquate, fatte di rango di famiglia e proibizioni di facciata, ed in questo la straziante cena di compleanno risulta paradigmatica, dove impossibile è rimanere freddi dinnanzi alle sofferenze altrui.
Certo è, come ripetiamo, che queste pene non scivolino via di buon grado: si insinuano, permangono e permarranno.
Non rievocarle è possibile sì, ma ciò non sarà risolutivo.
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il befe
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martedì 10 marzo 2015
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ce ne fossero
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il befe
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martedì 10 marzo 2015
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capolavoro
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paride86
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lunedì 2 marzo 2009
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asciutto e drammatico
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Cronaca di un aborto clandestino, raccontata con stile essenziale e verista, più come un documento che come un film. A suo modo questo film è come una tessera di un più grande mosaico sociale teso a rappresentare la Romania comunista.
E' una storia molto dura, comunque secondo me è da vedere.
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camelia boban
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domenica 17 agosto 2008
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il film visto da una rumena 43 enne
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Il critico Giancarlo Zappoli vorrebbe anche un piccolo accenno di clima politico. Forse perché ci si aspetta una cosa ovvia, che ovvia tanto non è ed è quella che prima dell'89 vi fosse fermento, dissidenti in ogni angolo. Ci si vuole a tutti i costi una coscienza politica dei personaggi, lì dove non c'è altro che la problematica del vissuto quotidiano. La politica non appartiene alla gente, è qualcosa che non la riguarda. E passato tanto tempo, sono rumena della stessa generazione di Mungiu, molte cose non me le ricordo più, però c'è una cosa che mi ha colpito assai. La diversità della paura al tempo di Ceausescu e la paura d'oggi, più che altro la paura "occidentale". Al tempo non si aveva paura di girare di notte in posti bui, di chiedere a chi sembra di inseguirti quando passa l'autobus, ma si ha paura solo dei propri gesti, paura di essere visti facendo qualcosa d'illegale.
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Il critico Giancarlo Zappoli vorrebbe anche un piccolo accenno di clima politico. Forse perché ci si aspetta una cosa ovvia, che ovvia tanto non è ed è quella che prima dell'89 vi fosse fermento, dissidenti in ogni angolo. Ci si vuole a tutti i costi una coscienza politica dei personaggi, lì dove non c'è altro che la problematica del vissuto quotidiano. La politica non appartiene alla gente, è qualcosa che non la riguarda. E passato tanto tempo, sono rumena della stessa generazione di Mungiu, molte cose non me le ricordo più, però c'è una cosa che mi ha colpito assai. La diversità della paura al tempo di Ceausescu e la paura d'oggi, più che altro la paura "occidentale". Al tempo non si aveva paura di girare di notte in posti bui, di chiedere a chi sembra di inseguirti quando passa l'autobus, ma si ha paura solo dei propri gesti, paura di essere visti facendo qualcosa d'illegale.
A differenza di una mia amica che lo ha trovato non solo cupo, ma anche poco veritiero, io il film l'ho trovato molto bello, un specchio fedelissimo del tempo. Come la scena del biglietto sull'autobus, come quella del piccolo spaccio, la scena del negoziato della camera nel primo albergo o quella della reception con la richiesta dei documenti da parte degli poliziotti, compresi i giudizi letti negli sguardi dei personaggi maschili. E la ramanzina sul fumare davanti ai genitori come forma di rispetto. Come veritiera e la battuta di Domnu Bebe mentre apre la valigetta degli attrezzi, molto usata al tempo: "lei si è divertita, non io". O l'apparente leggerezza della protagonista dell'aborto. Ma chi è vissuto lì, sa, non solo che mancavano i mezzi contraccettivi, ma proprio l'educazione sessuale, incluso il vero rapporto con i genitori, il parlare in intimità con la propria mamma. E reale anche l'assenza totale del compagno di Gabita (uno dei diminutivi di Gabriela, un altro è Gabi). Persino le marche di sigarette e sapone sono state rispettate secondo verità: le Assos, le Kent, le saponette Lux.
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(di catalina d.)
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bavy71206
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domenica 6 aprile 2008
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bruttissimo
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mostrerà anche la realtà della romania in quell'epoca, mail film è veramente brutto e noioso!!!
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ale
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domenica 30 marzo 2008
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orrendo
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sceneggiatura da vomito,personaggi assurdi,piani secuenza che non offrono alcun movimento di telecamera
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gian
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domenica 23 marzo 2008
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il vizio di imporre la virtù genera false morali
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Quando il potere vuole entrare nel privato per:
* imporre le nascite per la grandezza della Patria proibendo i contraccettivi e ovviamente l'aborto (Ceausescu nel 1966);
* proibire il sessso per imporre la sua finalizzazione ad atto necessario esclusivamente alla pura riproduzione (Vaticano).
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