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lunedì 6 novembre 2006
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potevamo diventare
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A casa nostra, il film di Francesca Comencini, non è un film del tutto risolto e l’autrice misura con risultati oscillanti una serietà professionale, non ancora estro, nella difficile impresa dell’affresco corale alla Altman. I difetti della pellicola sono di fatto riconducibili all’intento di fotografare compiutamente una realtà multiforme e l’immagine della città “modello” spiacerà a un certo pubblico italiano assuefatto a concedere i suoi favori a chi gli consente facili assoluzioni. Il lungometraggio accoglie gli spunti offertagli dalla cronaca, perché l’indignazione delle denuncia esclude l’intervento qui fuorviante dell’immaginato: i personaggi sono volutamente stereotipi e le situazione illustrate sono paradigmatiche della crisi di un Paese, deprivato di identità e coscienza, inerte di fronte alle lusinghe di una ricchezza planetaria dalla provenienza oscura ed esclusivamente virtuale.
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A casa nostra, il film di Francesca Comencini, non è un film del tutto risolto e l’autrice misura con risultati oscillanti una serietà professionale, non ancora estro, nella difficile impresa dell’affresco corale alla Altman. I difetti della pellicola sono di fatto riconducibili all’intento di fotografare compiutamente una realtà multiforme e l’immagine della città “modello” spiacerà a un certo pubblico italiano assuefatto a concedere i suoi favori a chi gli consente facili assoluzioni. Il lungometraggio accoglie gli spunti offertagli dalla cronaca, perché l’indignazione delle denuncia esclude l’intervento qui fuorviante dell’immaginato: i personaggi sono volutamente stereotipi e le situazione illustrate sono paradigmatiche della crisi di un Paese, deprivato di identità e coscienza, inerte di fronte alle lusinghe di una ricchezza planetaria dalla provenienza oscura ed esclusivamente virtuale. Milano sarà sicuramente più bella di quella raffigurata dal film, come comprensibilmente dice il suo sindaco, ma il nostro terzo mondo comincia proprio là dove dovrebbe finire, ovvero nei consigli di amministrazione, nei palazzi della politica, nelle sfilate di moda e all’ombra delle vetrine di via Monte Napoleone o a quella del parterre di Piazza Affari: a popolare nel ruolo di dominatori questo plumbeo Medioevo informatizzato è un’umanità arrogante di algidi automi, che possiede banche o le compra con un semplice spostamento del mouse e che vende, con il vilipendio di un mestiere, creatività e orgoglio. Il quadro a tinte fosche manda comunque bagliori intermittenti, destinati un domani a spegnersi o a trasformarsi in luce diffusa: le arie di Verdi, i libri antichi nella biblioteca del vecchio umanista, la voce bellissima della modella cocainomane, l’ansia di riscatto di un ex carcerato, la passione per il lavoro di un’ infermiera, il senso del dovere, nonostante tutto, del capitano di finanza, portano nel bel mezzo della metropoli inquinata svelata dalle intercettazioni la Milano animata da senso civico, intellettualmente e artisticamente feconda, dell’Illuminismo e del Risorgimento. Il punto di incontro sta nella consapevolezza del dolore e nel superamento degli schemi, nell’ istante, impercettibile, in cui il poliziotto e il faccendiere corrotto, scontrandosi apertamente, corrono il rischio di riconoscersi l’un l’altro nella sofferenza comune: l’inquisito odora la solitudine dell’inquisitore perché anche lui la porta addosso nell’impotenza di fronte alla disperazione inconsolabile della moglie e nella pena con cui possiede in uno squallido bagno un’amante non desiderata. Per ora resta l’eco del canto senza pubblico e senza musica, straziante, di una giovane donna chiusa in una gabbia dorata, sgomenta metafora di ciò che siamo stati e potevamo diventare…
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(di andrea)
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giorgio penotti
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domenica 5 novembre 2006
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tutti in coma nel film... e tra il pubblico.
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Non si può salvare un film con una sceneggiatura così pasticciata. Sorprende molto che la critica italiana non abbia il coraggio di dire chiaramente al pubblico che questo non è un film che merita di essere visto. A forza di difendere i cineasti italiani con recensioni partigiane si rischia di ottenere un risultato opposto a quello sperato: ovvero che il pubblico, dopo essersi preso due o tre bidoni, decida di vedere solo film americani. E anche questo non sarebbe un bel risultato.
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(di darko)
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darko
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sabato 4 novembre 2006
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italia oggi fra forme e contenuti
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Uscito da poco dalla sala in cui veniva proiettato A CASA NOSTRA, titolo brutto e accompagnato da un trailer altrettanto fuorviante, mi sono reso conto di aver assistito all'opera riuscita più che bene della Comencini, che già avevo largamente apprezzato e osannato col suo recente film MOBBING - MI PIACE LAVORARE, di cui è protagonista Nicoletta Braschi nei panni di una contabile single con figlia a carico che viene prima mobbizzata e infine liquidata dall'azienda in cui lavora, tutto raccontato con delicatezza quasi da fiaba (La Nicoletta è Biancaneve, i colleghi e i superiori sono le bestie e gli alberi del bosco incantato che la perseguitano) e al contempo un atroce realismo.
Questo film è l'esatto opposto: invece di parlare di un'unica ossessione, stavolta la Comencini allarga la tela e dipinge un pastiche di mille vite umane che si intrecciano dove la corruzione, il dolore e la sconfitta dilagano.
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Uscito da poco dalla sala in cui veniva proiettato A CASA NOSTRA, titolo brutto e accompagnato da un trailer altrettanto fuorviante, mi sono reso conto di aver assistito all'opera riuscita più che bene della Comencini, che già avevo largamente apprezzato e osannato col suo recente film MOBBING - MI PIACE LAVORARE, di cui è protagonista Nicoletta Braschi nei panni di una contabile single con figlia a carico che viene prima mobbizzata e infine liquidata dall'azienda in cui lavora, tutto raccontato con delicatezza quasi da fiaba (La Nicoletta è Biancaneve, i colleghi e i superiori sono le bestie e gli alberi del bosco incantato che la perseguitano) e al contempo un atroce realismo.
Questo film è l'esatto opposto: invece di parlare di un'unica ossessione, stavolta la Comencini allarga la tela e dipinge un pastiche di mille vite umane che si intrecciano dove la corruzione, il dolore e la sconfitta dilagano.
Ma A CASA NOSTRA differisce molto da film come quelli dei vari e recenti moretti, veronesi e muccino (che comunque sono specchio più o meno veritiero del vivere odierno); quello in cui eccede Moretti ne IL CAIMANO (altro film, seppur diverso, "a più voci") è il voler per forza mostrare la realtà familiare e tutto ciò che la circonda, senza mai approfondire e in questo fa tutto tranne eccellere, anzi sminuisce e ridicolizza molto calando fra l'altro le situazioni in ambientazioni patinate e mal illuminate degne di una fiction rai o mediaset! A CASA NOSTRA ha una solidità sorprendente, le scene sono cariche, dense e buie, appena commentate musicalmente. La concretezza degli elementi che stanno in scena è l'elemento vincente, molto più della prova "corale". Niente sta mai lì per fare scena, ma "costituisce" la scena e quando si hanno davanti situazioni odiose (un esempio per tutti è quello del ragazzo che si lascia corrompere dagli affaristi e che acconsente a fare da prestanome a un pezzo grosso) quella "antipatia" è insostenibile poichè si ha la coscienza di avere davanti qualcosa che esiste davvero e di cui si dovrebbe avere paura sempre: il male è in mezzo a noi, nelle nostre strade, nei nostri uffici, e quindi anche a casa nostra. Laura Chiatti quì trova finalmente il modo di fiorire come giovane attrice di garbo e talento (in PASSO A DUE - il disastroso film del ballerino albanese Kledis - era l'unica che sapeva davvero recitare), la scena in cui si esibisce seminuda davanti a Gerri cantando disperata "Ancora" è di una genuinità veramente inedita. Gli altri attori sono tanti, ma fra di loro naturalmente si dà più spazio alla Golino (quì meno "selvatica" del solito, ma molto umana nel suo ruolo di agente di finanza che intercetta i corrotti - ricorda un po' il ruolo della Huppert nell'ultimo opus di Chabrol LA COMMEDIA DEL POTERE, ancora nelle sale), a Zingaretti che per l'ennesima volta si conferma attore dalle metodologie ferree e di grande presenza scenica, ma forse un po' troppo "macchiettistico" nel suo ruolo di finanziere corrotto fino al midollo (la scena della sodomia comunque dev'essergli costata cara e si vede bene l'impegno di un attore che non si tira indietro davanti a una tale immagine di degrado), a Giuseppe Battiston che dopo 3 ruoli che per lui sono stati decisivi dal punto di vista della carriera - era l'idraulico in PANE E TULIPANI e l'uomo d'affari modaiolo in AGATA E LA TEMPESTA di Soldini e il regista in crisi ne LA BESTIA NEL CUORE della Comencini Cristina, quì l'attore passa al genere tragico/melò.
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goldy
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venerdì 3 novembre 2006
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non solo a milano
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Il film vale per le cose che dice ma non per come le dice. L' impianto narrativo più complesso del film precedente,Mobbing , muove numerosi personaggi tutti impegnati a vivere storie sordide, ambigue,squallide restituisce un'immagine amara del nostro paese come è giusto che sia. L'averlo ambientato a Milano rischia di indebolire l'impatto della denuncia che purtoppo non è tipica solo di questa città. Magari fosse una degenerazione solo milanese ma quì è la coscienza civile di tutto il paese che viene messa sotto accusa . E l'amarezza diventa disperante quando ci si rende conto che la maggioranza degli italiani è pronta a ributtarsi tra le braccia apparentemente amorose del berlusconismo appena se ne presenti l'occasione.
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sole
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giovedì 2 novembre 2006
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amare/odiare milano
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un film corale, vero, vero, anche troppo vero. Bravissima Laura Chiatti nel ruolo della modella/amante drogata. Tante storie che si legano nel finale. Consigliatissimo per chi ama/odia Milano
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silvia
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venerdì 27 ottobre 2006
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la cruda realtà
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all'anteprima a Bo non ho avuto il coraggio di intervenire.. ma vorrei complimentarmi con la Comencini x la perfetta descrizione dei personaggi. In particolare, il fenomeno della tratta per fini sessuali è assolutamente veritiero.
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the conformist
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giovedì 26 ottobre 2006
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nudo e crudo
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forse non era adatta questo tipo di estetica per questa storia. io ne avrei fatto un noir, un thriller avvincente, non un semi documentario disumanizzato.
la Golino poi non c'entra niente. Mobbing era più giusto con la Braschi dolente.
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