paride86
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sabato 26 febbraio 2011
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asciutto e toccante
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Film toccante senza essere patetico o sentimentale.
Il tema del lutto è affrontato in maniera molto dignitosa, anche se si poteva lavorare di più sul personaggio principale.
Regia asciutta e concisa, in perfetto stile Ozon.
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weach
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lunedì 8 novembre 2010
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intima voglia di analizzare in solitudine
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Nuova lettura.
Vi è capitato mai di sentirvi estranei in attimi della vostra vita?Di guardare i vostri eventi senza consapevolezza ,addirittura pensando di essere spettatori di un film ?
François Ozon descrive ,con intensità ,questo smarrimento che ,nel caso di specie ,deriva dall’improvvisa notizia di una condanna a morte in seguito alla diagnosi di un male incurabile.
Il senso di non appartenenza è l'ultimo esorcismo possibile contro una condanna che non lascia scampo e ci sta "inghiottendo.”
Ma la morte ha in se anche una grande verità che si dischiude e ci porta a sentire diversamente , con più intensità , con nuova capacità di ascoltare e questo François Ozon lo dice con chiarezza.
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Nuova lettura.
Vi è capitato mai di sentirvi estranei in attimi della vostra vita?Di guardare i vostri eventi senza consapevolezza ,addirittura pensando di essere spettatori di un film ?
François Ozon descrive ,con intensità ,questo smarrimento che ,nel caso di specie ,deriva dall’improvvisa notizia di una condanna a morte in seguito alla diagnosi di un male incurabile.
Il senso di non appartenenza è l'ultimo esorcismo possibile contro una condanna che non lascia scampo e ci sta "inghiottendo.”
Ma la morte ha in se anche una grande verità che si dischiude e ci porta a sentire diversamente , con più intensità , con nuova capacità di ascoltare e questo François Ozon lo dice con chiarezza.
Senza melodrammi ,con la lucidità tipica di questo geniale regista , prende corpo questo film che parla nostalgicamente di “un profondo efflato ”.
Fleschback di vita vissuta riaffiorano quasi a cercare “ un collegamento ,un filo conduttore del tutto”
C’e’ anche voglia di intimità , di completare discorsi abbozzati e di vivere da soli l’esperienza del “ salto nel tunnel “.
Della traccia gay nel film si può dire solo che viene rappresentata senza ipocrisie , con grande senso di libertà , come una delle infinite possibilità dell’essere.
Poi il “dono” come occasione di continuità per tutti, si parliamone: splendida la scena che Ozon rappresenta , ricolma di tutto il suo particolare modo di esprimersi .
Un vagito di un neonato placa l’ansia esistenziale di Romain .
Il film inizia con un fleschback di Romain bambino in spiaggia e si completa con Romain adulto, ancora in spiaggia, baciato dalla luce di un solo che tramonta, tenue, all’orizzonte.
weach illuminati
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weach
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lunedì 8 novembre 2010
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intima voglia di analizzare in solitudine
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Nuova lettura.
Vi è capitato mai di sentirvi estranei in attimi della vostra vita?Di guradare i vostri eventi senza cosapevolezza ,addirittura pensando di essere spettatori di un film ?
François Ozon descriva ,con intensità ,questo smarrimento che nel caso di specie deriva dall’improvvisa notizia di una condanna a morte in seguito alla diagnosi di un male incurabile.
Il senso di non appartenenza è l'ultimo esorcirsmo possibilie contro una condanna che non lascia scampo e ci sta "inghiottendo.”
Ma la morte ha in se anche una grande verità che si dischiude e ci porta a sentire diversamente , con più intensità , con nuova capacità di ascoltare e questo François Ozon lo dice con chiarezza.
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Nuova lettura.
Vi è capitato mai di sentirvi estranei in attimi della vostra vita?Di guradare i vostri eventi senza cosapevolezza ,addirittura pensando di essere spettatori di un film ?
François Ozon descriva ,con intensità ,questo smarrimento che nel caso di specie deriva dall’improvvisa notizia di una condanna a morte in seguito alla diagnosi di un male incurabile.
Il senso di non appartenenza è l'ultimo esorcirsmo possibilie contro una condanna che non lascia scampo e ci sta "inghiottendo.”
Ma la morte ha in se anche una grande verità che si dischiude e ci porta a sentire diversamente , con più intensità , con nuova capacità di ascoltare e questo François Ozon lo dice con chiarezza.
Senza melodrammi ,con la lucidità tipica di questo geniale regista , prende corpo questo film che parla nostalgicamente di “un profondo efflato ”.
Fleschback di vita vissuta riaffiorano quasi a cercare “ un collegamento ,un filo conduttore del tutto”
C’e’ anche voglia di intimità , di completare discorsi abbozzati e di vivere da soli l’evento del “ salto nel tunnel “.
Della traccia gay nel film si può dire solo che viene rappresentata senza ipocrisie , con grande senso di libertà , come una delle infinite possibilità dell’essere.
Poi il “dono” come occasione di continuità per tutti, si parliamone: splendida la scena che Ozon rappresenta , ricolma di tutto il suo particolare modo di esprimersi .
Un vagito di un neonato placa l’ansia esistenziale di Romain .
Il film inizia con un fleschback di Romain bambino in spiaggia e si completa con Romain adulto, ancora in spiaggia, baciato dalla luce di un solo che tramonta, tenue, all’orizzonte.
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weach
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domenica 7 novembre 2010
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un sentire sordo pervade l'anima
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Siete mai usciti dal bagno “con la percezione di essere entrati in scena nella vostra casa” con un senso di non appartenenza ,di estraneità ,come se ci si trovasse dentro un film ??
François Ozon descriva ,con intensità ,questo di smarrimento che nel caso di specie deriva dall’improvvisa notizia di una condanna a morte in seguito alla diagnosi di un male incurabile.
Un sentire sordo pervade l’anima, ci si trova estranei come per dire .” ma non sono io quello condannato.”
Ma la morte ha in se anche una grande verità che si dischiude e ci porta a sentire diversamente , con più intensità , con nuova capacità di ascoltare e questo François Ozon lo dice con chiarezza.
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Siete mai usciti dal bagno “con la percezione di essere entrati in scena nella vostra casa” con un senso di non appartenenza ,di estraneità ,come se ci si trovasse dentro un film ??
François Ozon descriva ,con intensità ,questo di smarrimento che nel caso di specie deriva dall’improvvisa notizia di una condanna a morte in seguito alla diagnosi di un male incurabile.
Un sentire sordo pervade l’anima, ci si trova estranei come per dire .” ma non sono io quello condannato.”
Ma la morte ha in se anche una grande verità che si dischiude e ci porta a sentire diversamente , con più intensità , con nuova capacità di ascoltare e questo François Ozon lo dice con chiarezza.
Senza melodrammi ,con la lucidità tipica di questo geniale regista , prende corpo questo film che parla nostalgicamente di “un profondo efflato ”.
Fleschback di vita vissuta riaffiorano quasi a cercare “ un collegamento ,un filo conduttore del tutto”
C’e’ anche voglia di intimità , di completare discorsi abbozzati e di vivere da soli l’evento del “ salto nel tunnel “.
Della traccia gay nel film si può dire solo che viene rappresentata senza ipocrisie , con grande senso di libertà , come una delle infinite possibilità dell’essere.
Poi il “dono” come occasione di continuità per tutti, si parliamone: splendida la scena che Ozon rappresenta , ricolma di tutto il suo particolare modo di esprimersi .
Un vagito di un neonato placa l’ansia esistenziale di Romain .
Il film inizia con un fleschback di Romain bambino in spiaggia e si completa con Romain adulto, ancora in spiaggia, baciato dalla luce di un solo che tramonta, tenue, all’orizzonte.
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ditz80
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lunedì 19 aprile 2010
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di ozon, wilde e bergman
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Penso che ci sia un errore di fondo nell'affrontare la pellicola di Ozon: chi ritiene questo un film sul senso della morte, o un "cancer movie", è fuori strada: più simile a Dorian Gray che ad Antonius Block, a Romain viene affidato il compito di sconfiggere la morte attraverso la bellezza.
Più vicino a Oscar Wilde che a Bergman, Ozon mette al bando qualsiasi simbolismo in favore di una patina visiva e narrativa tanto pulita, limpida e perfetta da rendere davvero troppo disumana l'esperienza degli ultimi giorni di un trentenne. Durante tutto "il tempo che resta" non si fa che assistere a parole prive di qualsiasi umanità, legate a reazioni e personaggi davvero troppo poco verosimili.
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Penso che ci sia un errore di fondo nell'affrontare la pellicola di Ozon: chi ritiene questo un film sul senso della morte, o un "cancer movie", è fuori strada: più simile a Dorian Gray che ad Antonius Block, a Romain viene affidato il compito di sconfiggere la morte attraverso la bellezza.
Più vicino a Oscar Wilde che a Bergman, Ozon mette al bando qualsiasi simbolismo in favore di una patina visiva e narrativa tanto pulita, limpida e perfetta da rendere davvero troppo disumana l'esperienza degli ultimi giorni di un trentenne. Durante tutto "il tempo che resta" non si fa che assistere a parole prive di qualsiasi umanità, legate a reazioni e personaggi davvero troppo poco verosimili. A partire da un protagonista che apprende di dover morire con l'aplomb che avrei nel trovare una multa sul parabrezza, per proseguire con un padre che parla al figlio delle sue amanti come se fossero gatti e con una cameriera che ferma il primo sconosciuto per chiedergli di essere concepita.
Un giudizio negativo, dunque? Assolutamente no: l'"auto da fe" nei confronti della bellezza consegna alla pellicola un senso innovativo di grande interesse, che però deve essere letto con una chiave di lettura corretta.
Ripercorriamo gli indizi: Romain è un fotografo di moda, che vive di bellezza e non fotografa la sua famiglia perché non sufficientemente "glamour". La cameriera lo sceglie insieme al marito perché entrambi lo trovano "molto bello". La nonna lo avverte: che dorma pure con lei, ma lei dorme nuda. E poi - su tutto - la perfezione formale di Ozon, che distrae tanto da desaturare la disperazione di un momento tanto drammatico.
E' evidente allora: Romain/Ozon intendono sconfiggere la paura della morte giocando la partita a scacchi sul piano estetico, dove sanno di giocare in casa. E' in questo modo che gli ultimi giorni di una vita diventano così formalmente belli da lasciar evaporare il senso di profonda frustrazione che l'argomento implicherebbe. Non esiste una reazione davvero scomposta, non esiste un solo volto terrorizzato. Non una frase spezzata, nessuna normale compassione. Nessuna riflessione su cosa ci attende.
Il tempo che resta viene vissuto nella bellezza, perché la bellezza ci salverà.
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mary
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domenica 11 gennaio 2009
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ozon non mi piace..
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..e neanche l'attore protagonista di questo film. Detto ciò il tema della morte è qui trattato in modo scarno e sottovoce..e la dipartita di questo personaggio antipatico suscita molte malinconie (lui che continua fotografare..ma non le modelle..sua sorella) come pure l'addio violentemente falso al suo compagno. La figura della nonna come unico ricettacolo..e la donazione alla donna frigida. Ho trovato la scena finale PERFETTA..lui che butta il cellulare..la spiaggia che brulica..lui che mangia un gelato e fa il bagno..gli ultimi frammenti di vita..sono RESI MAGISTALMENTE.
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paladino
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giovedì 27 dicembre 2007
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capolavoro
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Sconvolgente!!! Ozon non cade mai nella banalità, realizzando questa pellicola le ha dato un'anima che con grande forza espressiva porta lo spettatore a riflettere sulla caducità della vita. Melevil Poupaud e Jeanne Moreau sono perfetti. Un film semplice ma profondo e sobrio, un capolavoro.
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biagio
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giovedì 29 novembre 2007
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bellissimo
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commovente e sopratutto mai patetico,attori bravissimi
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teodora
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venerdì 14 settembre 2007
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angel di ozon
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Sarà nelle sale italiane dal prossimo 5 ottobre, il vostro amato regista anche stavolta non vi deluderà
www.teodorafilm.com
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andrea76
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giovedì 15 marzo 2007
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aspettando la morte, o il tempo di laciare
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Finalmente un film secco e anche un pò disturbante che affronta uno dei temi più difficili da trattare: la morte appunto. Ozon realizza il suo film migliore con pochi dialoghi secchi che evitano al film di cadere nella trappola fin troppo facile del patetico. Qlcn giustamente ha già detto che se con 'sotto la sabbia' affrontava il tema del rifiuto del lutto (in quel caso quello del coniuge) con 'il tempo che resta' affronta l'elaborazione e l'accettazione del lutto peggiore: la propria morte. E lo fa con uno stile laico e contenuto. Grande prova di cinema con bei dialoghi ridotti all'osso, Ozon riesce inoltre a creare bellissime sequenze visive. Una menzione speciale a tutti gli attori in particolare all'intramontabile Jeanne Moreau e un'altra al bravissimo e bellissimo (anche se da noi quasi sconosciuto) Melvil Poupaud, bravissimo attore d'oltralpe.
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Finalmente un film secco e anche un pò disturbante che affronta uno dei temi più difficili da trattare: la morte appunto. Ozon realizza il suo film migliore con pochi dialoghi secchi che evitano al film di cadere nella trappola fin troppo facile del patetico. Qlcn giustamente ha già detto che se con 'sotto la sabbia' affrontava il tema del rifiuto del lutto (in quel caso quello del coniuge) con 'il tempo che resta' affronta l'elaborazione e l'accettazione del lutto peggiore: la propria morte. E lo fa con uno stile laico e contenuto. Grande prova di cinema con bei dialoghi ridotti all'osso, Ozon riesce inoltre a creare bellissime sequenze visive. Una menzione speciale a tutti gli attori in particolare all'intramontabile Jeanne Moreau e un'altra al bravissimo e bellissimo (anche se da noi quasi sconosciuto) Melvil Poupaud, bravissimo attore d'oltralpe. Sarebbe forse ora di riscoprirlo nel film di Rhomer e in quelli di Raoul Ruiz (il regista che l'ha diretto più volte). La scena migliore cmq è la lunga sequenza finale, senza dialoghi (di puro cinema) in cui tra l'altro il protagonista butta il cellulare che sta suonando in un cestino, quasi come atto di protesta verso questi tempi di inquinamento acustico. Assolutamente da vedere.
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