ines
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giovedì 24 febbraio 2005
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combattere la mafia è un dovere!
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Un film come Alla luce del sole serve a smuovere gli animi, perchè troppo spesso ignoriamo le condizioni vere del nostro Paese a causa forse del palese oscurantismo da parte della stampa. La mafia, la camorra, ci sono ancora, non sono scomparse.La camorra uccide per affermare il potere, la mafia non ne ha più bisogno; é penetrata ormai nella società, nella politica, nell'economia, nella cultura, nella forma mentis della Sicilia. Persone come don Pino Puglisi, come Borsellino, come Falcone ci fanno capire che bisogna combattere ancora contro la mafia, contro ogni mancanza gi giustizia, contro ogni forma di prevaricazione, per il bene del Paese e per il bene delle generazioni future.E' un dovere di ogni cittadino.
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federica
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venerdì 21 gennaio 2005
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la sicilia oggi alla luce del sole
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La realtà cruda cui ci sottopone il film di Faenza è una realtà che i siciliani non rinnegano.Ricordare la morte di Puglisi significa rendere atto ad un uomo che ha avuto il coraggio di dire ciò che non doveva esser detto.Eroina o uomo comune Puglisi deve essere ricordato perchè è anche grazie a lui che oggi le coscienze dei siciliani si sono risvegliate!I siciliani ammettono che il ricordo dei numerosi assassinii avvenuti negli anni novanta fa parte di un passato che la sicilia non dimentica, perchè è solo con il ricordo che si può sottolineare il grande passo in avanti compiuto oggi.Siamo arrivati a comprendere che l'atto del ricordo non è atto che danneggia i siciliani, ricordare gli assassinii compiuti dalla mafia è ricordare uomini coraggiosi che le si sono contrapposti e mai sottoposti anche a costo della loro vita.
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La realtà cruda cui ci sottopone il film di Faenza è una realtà che i siciliani non rinnegano.Ricordare la morte di Puglisi significa rendere atto ad un uomo che ha avuto il coraggio di dire ciò che non doveva esser detto.Eroina o uomo comune Puglisi deve essere ricordato perchè è anche grazie a lui che oggi le coscienze dei siciliani si sono risvegliate!I siciliani ammettono che il ricordo dei numerosi assassinii avvenuti negli anni novanta fa parte di un passato che la sicilia non dimentica, perchè è solo con il ricordo che si può sottolineare il grande passo in avanti compiuto oggi.Siamo arrivati a comprendere che l'atto del ricordo non è atto che danneggia i siciliani, ricordare gli assassinii compiuti dalla mafia è ricordare uomini coraggiosi che le si sono contrapposti e mai sottoposti anche a costo della loro vita.Il film di Faenza deve esser visto non solo come un cortometraggio che mette in luce la difficile situazione in cui la mafia ha sottoposto la sicilia, ma come esempio della voglia, dell'impulso, della volontà di uomini coraggiosi come Falcone, Borsellino, Chinnici, PUGLISI, che hanno avuto la forza di sottrarsi alla stretta soffocante della mafia .Oggi i siciliani riconoscono che la Mafia ha compiuto atti terribili ma nelle loro coscienze prepondera il ricordo della grandezza e dell'esempio offertogli da siciliani come loro e da un siciliano come loro Puglisi!
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tonino
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sabato 20 maggio 2006
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bravi faenza e zingaretti e grande don puglisi
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Raramente un film ottiene unanimità di critica e di favori del pubblico. Questo film centra entrambi gli obbiettivi. Sulla trama non c'è nulla da aggiungere, rispetto a quanto è già stato detto. Di quest'opera colpisce la capacità di Roberto Faenza di fornirci il ritratto di un uomo, ispirato dai valori cristiani di solidarietà ed impegno verso i più deboli (i bambini) per sottrarli da un destino già segnato dalla malvagità, contestualmente ad un'opposizione verso la criminalità organizzata, che finirà per colpire in quel tempo Falcone e Borsellino. L'opera è profondamente intrisa di umanità vera, mai didascalica, lacerata in un tratto dal terribile suicidio di un ragazzo, vittima della forte contraddizione tra la paura verso il padre mafioso e l'attrazione verso quel prete forte e schietto, portatore di un messaggio di speranza.
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Raramente un film ottiene unanimità di critica e di favori del pubblico. Questo film centra entrambi gli obbiettivi. Sulla trama non c'è nulla da aggiungere, rispetto a quanto è già stato detto. Di quest'opera colpisce la capacità di Roberto Faenza di fornirci il ritratto di un uomo, ispirato dai valori cristiani di solidarietà ed impegno verso i più deboli (i bambini) per sottrarli da un destino già segnato dalla malvagità, contestualmente ad un'opposizione verso la criminalità organizzata, che finirà per colpire in quel tempo Falcone e Borsellino. L'opera è profondamente intrisa di umanità vera, mai didascalica, lacerata in un tratto dal terribile suicidio di un ragazzo, vittima della forte contraddizione tra la paura verso il padre mafioso e l'attrazione verso quel prete forte e schietto, portatore di un messaggio di speranza. Il film si chiude, ai funerali di Padre Puglisi, con il risultato più bello: un ragazzino, recuperato ad una vita onesta perché ha restituito al prete un'autoradio rubata e gli arnesi da scasso, vede seduto in chiesa Don Puglisi che gli sorride; lui allora, con il volto rigato dalle lacrime, gli fa ciao con la mano. Un film di speranza? Direi piuttosto un film che ci pone l'eterno dilemma se valga la pena di sacrificare anche la propria vita per qualcosa in cui si crede, oppure se non convenga chiudere le tapparelle della finestra o cambiare strada, come avviene durante l'omicidio del parroco.
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salvatore scaglia
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domenica 27 dicembre 2009
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cultura del bene e subcultura
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L’ho visto tre volte, il film, in sala. E’ molto bello, coinvolgente, e verosimilmente ispirato ad un certo neorealismo, che nel nostro paese si fa ancora strada producendo dei buoni lavori.
E a questo filone sembra appartenere proprio il film di Roberto Faenza, che ha molte caratteristiche affini a “Meri per sempre” e “Ragazzi fuori” di Marco Risi.
Visionato a Roma, poi, “Alla luce del sole” è anche una prova di come si vedono e giudicano le cose siciliane fuori dalla mia terra: Palermo.
Sotto il profilo strutturale la pellicola appare dualistica: come in alcune scene; come nel titolo - allusivo e contrapposto al buio morale - e persino come la stessa città (in cui la storia è ambientata).
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L’ho visto tre volte, il film, in sala. E’ molto bello, coinvolgente, e verosimilmente ispirato ad un certo neorealismo, che nel nostro paese si fa ancora strada producendo dei buoni lavori.
E a questo filone sembra appartenere proprio il film di Roberto Faenza, che ha molte caratteristiche affini a “Meri per sempre” e “Ragazzi fuori” di Marco Risi.
Visionato a Roma, poi, “Alla luce del sole” è anche una prova di come si vedono e giudicano le cose siciliane fuori dalla mia terra: Palermo.
Sotto il profilo strutturale la pellicola appare dualistica: come in alcune scene; come nel titolo - allusivo e contrapposto al buio morale - e persino come la stessa città (in cui la storia è ambientata).
Ti fa fuggire Palermo.
Per lordura,
d’anima e di corpo.
Ma ti attrae,
irresistibilmente,
col folklore,
col calore della gente.
Basta seguire i primi fotogrammi per comprendere la trama del film, intessuto di mostruosità e di contraddizioni stridenti.
Apre la pellicola un orrendo e illegale combattimento tra cani, le cui immagini sono volutamente crude, quasi a presagire la morte di Pino Puglisi (inteso amichevolmente “3P”): si ammazzano come niente cani e uomini, come se avessero uno statuto ontologico affine o addirittura identico.
Un primo contrasto verte su Padre Pino, amante della cultura (opposta ad una diffusa ignoranza, brodo di coltura mafiosa): il quartiere industriale Brancaccio è anche metafora di quei pezzi di città che preferiscono uno scantinato ad una scuola, che Puglisi vorrebbe legalizzare e che Cosa nostra - grazie all’assenza (o l’indifferente beneplacito ?) delle istituzioni - può usare come deposito di armi ed altri materiali inconfessabili.
Padre Pino che chiede a un bambino del luogo cosa voglia fare da grande: << non lo so >> è la risposta sconsolante, in un’esistenza sconsolata, in un quartiere sconsolato. In questo contesto (del vivere alla giornata) opera proprio padre Puglisi, nel tentativo di superare questo tedium vitae col sapere, coi i veri valori: giustizia e pace, avversati dalla mafia, che vuole povertà e arretratezza, brodo di coltura del suo essere antiStato.
Ma c’è dualità (o, meglio, dualismo) tra la processione religiosa di Puglisi - fino a ieri finanziata e strumentalizzata dalla criminalità -, e il party (dei boss) parallelo, con un’esplosione di mille colori, suoni e divertimento. Due feste contrapposte: quella della Chiesa propone un mix di spiritualità, semplicità e trasparenza, che i fuochi di artificio dei mafiosi intendono coprire con nuovi baccanali.
La bontà e la determinazione di padre Puglisi colpiscono anche un ragazzo portatore del “sentire mafioso” (Pitrè), che - disperatamente schiacciato tra il bene (la parrocchia e il centro sociale “Padre nostro”) e il male (il padre e la sua cricca) si suicida. E’ questo, forse, il clou del film, in cui si nota che “u parrinu” Puglisi sollecita nelle persone l’humanitas di base, senza la quale non c’è spazio per una benché minima redenzione.
Quindi il massacro finale di padre Pino, con il suo “vi aspettavo”, che esprime un martirio (= testimonianza) consapevole e che rappresenta un contraltare positivo ed eroico rispetto al suicidio con la moto; un contrasto stridente tra la serenità d’animo (persino nell’ora estrema !) di Puglisi e la lacerazione interiore del ragazzo (che, confuso, non sa scegliere tra mafia e onestà), nonostante la speranza offertagli dalla chiesa: simbolicamente vuota come il cuore dei mafiosi.
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frenky 90
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mercoledì 2 settembre 2009
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un più che dignitoso ricordo di un eroe
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“Alla luce del sole” è la classica storia di caduti di mafia che non vorremmo mai dover raccontare ma che, inevitabilmente, diventa un grande film. Sarebbe stato difficile gettare alle ortiche la carica di commozione, bontà e riflessione sul valore della lotta sociale che la storia di Don Pino Puglisi porta con sé assieme alla sua memorabile figura. Faenza, autore anche della sceneggiatura, non la spreca realizzando un buon film, seppur liberamente ispirato alla storia vera. Questi lavori, come “I cento passi”, hanno il grande merito di riaccendere la memoria o, addirittura, in alcuni casi, di stimolare la giustizia e costruire l'informazione troppo spesso oscurata per i più disparati motivi.
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“Alla luce del sole” è la classica storia di caduti di mafia che non vorremmo mai dover raccontare ma che, inevitabilmente, diventa un grande film. Sarebbe stato difficile gettare alle ortiche la carica di commozione, bontà e riflessione sul valore della lotta sociale che la storia di Don Pino Puglisi porta con sé assieme alla sua memorabile figura. Faenza, autore anche della sceneggiatura, non la spreca realizzando un buon film, seppur liberamente ispirato alla storia vera. Questi lavori, come “I cento passi”, hanno il grande merito di riaccendere la memoria o, addirittura, in alcuni casi, di stimolare la giustizia e costruire l'informazione troppo spesso oscurata per i più disparati motivi. Zingaretti, nel ruolo di Don Pino, mostra la sua bravura e, soprattutto, riesce a discostarsi dal clichet del commissario Montalbano, tanto scomodo nella percorrenza di un percorso recitativo diverso quanto vivo nell'immaginario collettivo. Il bravo attore romano, si diceva, riesce ad elevarsi su un piano superiore alla macchietta del poliziotto siculo per ovvie esigenze di copione ma sceglie (non si sa se lui o il regista/sceneggiatore) di dare un tono più serio al parroco di Brancaccio, noto dispensatore di sorrisi che nel film vediamo raramente. Emblematica in tal senso è la scena che ricorre all'inizio ed alla fine del film dell'assassinio di Puglisi, resa sulla scena con una forte carica di tensione e paura da parte della vittima che sarebbe più che comprensibile a livello realistico ma che tradisce il racconto della storia, in cui Don Pino sorride ai propri carnefici e dice: “Me lo aspettavo”. Capite da soli perchè la storia di questo piccolo grande eroe sia degna di essere raccontata. E' stata raccontata con dignità.
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luca scialò
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venerdì 2 settembre 2011
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storia di un parroco che sfidò la mafia
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Storia di padre Pino Puglisi, il parroco del quartiere ad alta densità mafiosa Brancaccio di Palermo, che con le sue attività cercava di tenere lontani dalla strada bambini e adolescenti. Il suo crescente successo cominciò a dare fastidio alla Mafia, che iniziò a minacciarlo, fino a condannarlo a morte il 15 settembre 1993. A poco più di un anno dalla morte di Falcone e Borsellino.
Questo lungometraggio di Roberto Faenza ha più le dimensioni di un film per la Tv, ma non per questo pecca in qualità. Emoziona e coinvolge, grazie alla rinomata bravura di Luca Zingaretti e dei tanti bambini e ragazzini che lo circondano con il loro simpatico e inconfondibile accento.
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Storia di padre Pino Puglisi, il parroco del quartiere ad alta densità mafiosa Brancaccio di Palermo, che con le sue attività cercava di tenere lontani dalla strada bambini e adolescenti. Il suo crescente successo cominciò a dare fastidio alla Mafia, che iniziò a minacciarlo, fino a condannarlo a morte il 15 settembre 1993. A poco più di un anno dalla morte di Falcone e Borsellino.
Questo lungometraggio di Roberto Faenza ha più le dimensioni di un film per la Tv, ma non per questo pecca in qualità. Emoziona e coinvolge, grazie alla rinomata bravura di Luca Zingaretti e dei tanti bambini e ragazzini che lo circondano con il loro simpatico e inconfondibile accento. Ha vinto meritatamente un David di Donatello
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giungla
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domenica 23 gennaio 2005
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alla luce del sole, con un cielo nuvoloso
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C'è un rischio nel commentare il film: fare confusione tra l'Opera e il personaggio ivi rappresentato.
L'influenza del personaggio è tale che può condizionare il giudizio sul film.
Mi voglio riferire esclusivamente al film.
L'uomo che ha vissuto in Sicilia e che è morto per i Siciliani è stato commemorato con un film che, a mio avviso,ne racconta molto in superficie gli ultimi 2 anni.
Infatti non approfondisce il profilo dell'uomo, mentre si dedica molto a mettere in risalto la solita, pesante e gretta sicilianità", trita e ritrita da tanti film, fino al punto di cadere nel caricaturale, come nella scena del barbiere situato proprio di fronte la chiesa di Don Puglisi.
Ha le caratteristiche di una medioccre finction all'Italiana ed ha tutte le caratteristiche di un film per un pubblico televisivo.
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C'è un rischio nel commentare il film: fare confusione tra l'Opera e il personaggio ivi rappresentato.
L'influenza del personaggio è tale che può condizionare il giudizio sul film.
Mi voglio riferire esclusivamente al film.
L'uomo che ha vissuto in Sicilia e che è morto per i Siciliani è stato commemorato con un film che, a mio avviso,ne racconta molto in superficie gli ultimi 2 anni.
Infatti non approfondisce il profilo dell'uomo, mentre si dedica molto a mettere in risalto la solita, pesante e gretta sicilianità", trita e ritrita da tanti film, fino al punto di cadere nel caricaturale, come nella scena del barbiere situato proprio di fronte la chiesa di Don Puglisi.
Ha le caratteristiche di una medioccre finction all'Italiana ed ha tutte le caratteristiche di un film per un pubblico televisivo.
Non c'è pathos, c'è noia, perchè tutti i passaggi e gli scarni dialoghi sono scontati e recitati male.
Le scene durano poco, sono accennate, non c'è profondità, sembra un film girato in fretta.
E' solo l'espressività e la spontaneità dei bambini che salvano il film dalla debacle totale.
Il rischio della scelta Zingaretti si è trasformata in realtà: Zingaretti è stato molto Montalbano, non è riuscito a non farmi pensare al commissario.
A
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[+] non hai capito niente del film
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