Paolo D'Agostini
La Repubblica
Una giovane donna senza legami spia l'uomo della finestra di fronte e s'infila nella sua vita. Lo segue nel cambio di città, con l'inganno diventa amica della sua compagna, continua a fare di tutto per stargli vicina ma quando finalmente lui s'interesserà a lei, si sottrarrà. Preferendo restare spettatrice delle vite altrui. Però l'analogia iniziale con il film di Ozpetek è solo tecnica, ne è una versione raggelata e prosciugata, "nordica".
Sempre all'inizio lui e lei capitano nello stesso negozio di cianfrusaglie e acquistano la stessa pietra che promette di "migliorare spirito e sentimenti". Al convegno dove lui relaziona e lei fa da interprete simultanea l'uomo, che è un affermato ricercatore farmacologo, s'interroga sulla differenza tra "depressione patologica e tristezza soggettiva".
Insomma incastri di coincidenze - un po' casuali, un po' volute - e piccole interferenze nei destini, note dolenti sospese in un vuoto di relazioni umane, ci dicono che siamo in quel clima che era caro al cinema di Kieslowski. Il disegno è ardito e la sfida interessante: si tratta dell'opera prima di un ex allievo della "factory" di Ermanno Olmi a Bassano del Grappa.
Tuttavia il film non scorre, "si sente" ad ogni passo la scrittura e del modello polacco non si sente invece la passione compressa. E gli attori (Barbora Bobulova a suo tempo scoperta da Bellocchio per Il principe di Homburg, e Andrea Renzi il calciatore de L'uomo in più di Paolo Sorrentino) non sono convincenti.
Da La Repubblica, 7 maggio 2004
di Paolo D'Agostini, 7 maggio 2004