Gli indesiderabili

Roberto Nepoti

“Non dei potenti mafiosi, ma dei piccoli gangster legati alla mafia. Abbiamo voluto far parlare quelli che nei gangster-movie americani degli anni Quaranta entrano nell’inquadratura solo per prendere ordini e poi se ne vanno, per sparare o morire per primi”. Pasquale Scimeca descrive così i protagonisti del suo nuovo film Gli indesiderabili. Scritto da Scimeca insieme a Nennella Buonaiuto, il film è tratto dal libro di Giancarlo Fusco. Lo interpreta un gruppo di attori italiani e italo-americani: Vincent Gallo, Antonio Catania, Marcello Mazzarella (è Placido Rizzotto nel precedente film di Scimeca), Vincent Schiavelli, Violante Placido e Manca Coco. È stato girato in parte a Genova in parte a Roma, sul set, rimaneggiato, di Gangs of New York Quando nel 1951 centoventi italo-americani, accusati di appartenere alla mafia, non poterono essere condannati per mancanza di prove, vennero rispediti in Italia con il marchio di “indesiderabili”. Si occupò del caso Giancarlo Fusco che iniziò un’indagine per scoprire le imprese malavitose dei rimpatriati. Il film è pieno di sanguinose rese dei conti, ammazzamenti sui moli, negozi incendiati, stragi nelle strade, vendette incrociate e falde tra clan.
“Fusco era un giornalista particolare”, spiega Scimeca, “amava trasformare la realtà, raccontava i fatti reinventandoli. Non era mai stato in America, ma la sua storia è di ambientazione americana. I fatti in parte erano realmente avvenuti ma la realtà venne da lui mediata attraverso la sua conoscenza cinematografica dell’America, quella dei gangster-movie. Questo mi ha colpito e ho voluto ritrasformare questa realtà in cinema. Il libro mette insieme episodi accaduti in tempi e in luoghi diversi, negli anni Trenta e Quaranta a New York come a Chicago. Noi abbiamo fatto in modo che questi personaggi facessero parte di una sola gang”.
“Ho voluto”, ammette Scimeca, “fare un film di genere. Ma le storie minori, le storie dimenticate rappresentano una continuità con quella che è la mia idea di racconto cinematografico. Mi piaceva raccontare quel mondo popolare di immigrazione che dall’esclusione, dall’isolamento, è spinta dentro la criminalità. Sono storie di uomini che non contano, senza storia, senza parola, senza finalità, che non sono né buoni né cattivi, semplicemente spariscono nel buio e nel nulla senza lasciare traccia”.
Da La Repubblica, 9 novembre 2003

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Dimessa e avvincente, avvincente proprio perché riguarda personaggi di secondo piano, la storia proviene da un libro di Giancarlo Fusco, giornalista avventuroso e dalla vivacissima scrittura creativa del nostro dopoguerra. Raccontò, romanzando gli ingredienti di un'inchiesta, il ritorno forzato in Italia di un gruppo di piccoli mafiosi che nel 1951 gli Stati Uniti avevano espulso.
Gente che aveva lasciato i paesi siciliani o campani d'origine venti o più anni prima, poveri, trovando un posto nella cruda società dell'immigrazione americana come manovalanza criminale. Ora sono dei vecchi, dei disgraziati senza patria, famiglia, sostentamento.
Il film, attraverso la curiosità di un giornalista (Fusco Antonio Catania) che è andato ad assistere allo sbarco di questi ex feroci delinquenti al porto di Genova, insegue e tenta di ricostruire i frammenti di una storia comune disseminata di misteri, amnesie, non detti che devono restare tali. Tenta di ricomporre in un puzzle che le accomuna le testimonianze di uomini vinti che non riesce a non trattare con l'umana partecipazione di ogni cronista.
Scimeca ha ritrovato nello spunto una connessione con il proprio curriculum di cantastorie di fatti e misfatti siciliani. Non coglie però a pieno l'occasione, gli elementi si susseguono senza che il film cresca d'intensità e tensione. Ma la confezione è accurata.
Da La Repubblica, 16 novembre 2003

di Roberto Nepoti, 16 novembre 2003