Roberto Nepoti
La Repubblica
Prodotto di una terra cinematograficamente inidentificata, il Tagikistan, L'angelo sulla spalla destra appartiene al genere delle "scoperte" festivaliere; il che non gli ha risparmiato la sorte di restare in panchina per due stagioni (era a Cannes nel 2000) prima di approdare sui nostri schermi.
Dopo dieci anni d'assenza, Hamro rientra da Mosca ad Asht, il suo paesello natale, per vegliare sulla madre morente. In realtà, non è affatto assodato che la vecchia stia per tirare le cuoia: si tratta, invece, di uno stratagemma onde obbligare il figlio a completare i lavori della casa di famiglia.
Per Hamro, il ritorno non è precisamente una festa: tutto il villaggio è sembra interessato a lui (a parte mamma, che se ne infischia); salvo che ciascuno ritiene di essere in credito nei suoi confronti, la gente perbene (detto per dire: ovunque allignano menzogna e corruzione) come i mafiosi. Ogni tre minuti un nuovo problema si abbatte sull'uomo: debiti da rimborsare immediatamente, bambini da riconoscere; perfino taverne che gli negano la vodka. Tuttavia Hamro, ricorrendo a una tecnica di negoziazione molto particolare, riuscirà a terminare la casa: inclusa la grande porta che aveva iniziato a installare dieci anni prima, e che dovrà permettere un passaggio agevole alla bara materna.
Seconda prova di Djamshed Usmonov, un film sorprendente non tanto per le situazioni narrate, quanto per il tono con cui le narra. All'inizio ti fa credere a una storia crudele, lancinante; ma presto prende l'andamento di una parabola surreale e (piacevolmente) spiazzante, conservando fino all'ultima scena doti d'intelligenza, ironia, humour nero.
Da La Repubblica, 19 giugno 2004)
di Roberto Nepoti, 19 giugno 2004)