giuliana
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mercoledì 8 febbraio 2006
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illuminante realtà
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Un film con un impatto così forte e reale da sentirlo come una seconda pelle, rimanendo ipnotizzati da occhi che ti raccontano il dolore con il fil rouge di una sottile paura (che scivola sull'armatura della protagonista) scaturita non tanto dalla malattia in sè quanto dalla realizzazione che i rigidi dogmi fino a quel momento rispettati non sono sufficienti a garantire un àncora di salvezza; un dolore raccontato con la naturalezza di chi il dolore pretende di scomporlo in parole e analizzarlo per poterlo gestire, ma che, inconsapevolmente, lo conosce già, se pur in vesti diverse e dallo sresso dlore si ritrova smascherato. E' una storia che rapisce con la sua essenzialità e lucida trasparenza, senza pudori per una sofferenza spogliata dalla scienza ma sapientemente ricomposta dalla grazia delle protagoniste femminili del film che sanno riconoscere la "virgola" che separa e distingue i due più forti motori della vita: l'autoaffermazione e la semplice subordinazione all'amore come unica spiegazione a ciò a cui una spiegazione non può dare nè la scienza nè il sapere ma solo la poesia dell'anima.
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(di pietro)
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marco14
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lunedì 7 marzo 2011
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attenti alle sfide
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Una grande Emma Thompson per un bel film; lei è una insegnante universitaria specializzata nella poesia inglese del XVII secolo. ed in particolare nelle poesie sulla morte di John Donne. Scopre a quasi cinquant'anni di avere un cancro in fase avanzata, e trova sulla sua strada il classico medico che le propone una chemioterapia "estrema".Il carattere "sfidante" di lei la porta ad accettare senza tanti approfondimenti la terapia, incontrando effetti collaterali devastanti, in un ambiente medico disumano.
Durante questa terapia ripercorre le fasi importanti della sua vita: il rapporto con il padre, distaccato e sfidante anche lui, il rapporto con la professoressa che l'ha seguita nella tesi su Donne, che mostra la possibilità di unire alla profondità della ricerca razionale la valorizzazione delle emozioni, suggerendo alla stessa Thompson di aprirsi alla vita.
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Una grande Emma Thompson per un bel film; lei è una insegnante universitaria specializzata nella poesia inglese del XVII secolo. ed in particolare nelle poesie sulla morte di John Donne. Scopre a quasi cinquant'anni di avere un cancro in fase avanzata, e trova sulla sua strada il classico medico che le propone una chemioterapia "estrema".Il carattere "sfidante" di lei la porta ad accettare senza tanti approfondimenti la terapia, incontrando effetti collaterali devastanti, in un ambiente medico disumano.
Durante questa terapia ripercorre le fasi importanti della sua vita: il rapporto con il padre, distaccato e sfidante anche lui, il rapporto con la professoressa che l'ha seguita nella tesi su Donne, che mostra la possibilità di unire alla profondità della ricerca razionale la valorizzazione delle emozioni, suggerendo alla stessa Thompson di aprirsi alla vita. Il suggerimento viene accettato solo per una osservazione di alcuni studenti seduti in un prato a parlare, ma poi è la ragione sola che vince, e la bilbiioteca , e poi l'aula dell'università il solo teatro dove gioca la propria vita. Ma sul letto di un ospedale, al di là del grande lavoro che continua a fare la sua mente, e la profondità chirurgica con la quale la Thompson viviseziona la assenza di rispetto e di umanità nella classe medica, si instaura un bel rapporto umano con la capo-infermiera, l'unica del team assistenziale capace di strappare qualche emozione al cuore "congelato" della Thompson. E infine un abbraccio materno e avvolgente della professoressa, ormai bisnonna, che aveva capito molto di lei, e con la quale ritrova la pace abbandonando, finalmente, la sfida.
Una denuncia della disumanità di larga parte dell'ambiente medico, la possibilità comunque di rapporti ricchi e profondi, la stoltezza del mondo di questi ultimi decenni di voler negare la morte. Un bel film.
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