Roberto Nepoti
La Repubblica
La gran quantità di "falsa realtà" spacciata dai reality-show della tv ha avuto, almeno, un effetto positivo: far tornare sugli schermi il documentario vero. Dogtown and Z-Boys arriva - però - in Italia con quattro anni di ritardo, dopo che Stacy Peralta ha già girato un altro film similare. Sull'argomento, del resto, lui la sa lunga, essendo stato membro del team che trasformò lo skateboard da intrattenimento per emarginati sociali in emblema della cultura giovanile di tutto il mondo.
Il gruppo si costituì a Dogtown, quartiere degradato tra Santa Monica e Venice che, negli anni 70, era il centro del surf "pirata", delle bande da strada e dei graffiti metropolitani. Una dozzina di surfer adolescenti applicarono allo skateboard lo stesso stile aggressivo e creativo sperimentato sulle onde, portando lo "Zephyr Skating Team" a fama internazionale e acquistando una popolarità da rockstar.
Con un montaggio di filmini di repertorio, fotografie, vecchi servizi e recenti interviste ai protagonisti, Peralta compone un film seminale e (auto) celebrativo su un gruppo di rivoluzionari per caso, che senza saperlo ispirarono un fenomeno importante della cultura pop e fecero dello skate qualcosa di simile a un'arte. Le evoluzioni sono impressionanti, le performance disumane; e osservarle fa capire, meglio delle argomentazioni psico-sociologiche, come la religione dello skate, l'obiettivo di superare se stesso, giunga a monopolizzare la vita di un ragazzo.
Da La Repubblica, 1 Luglio 2005
di Roberto Nepoti, 1 Luglio 2005