valetag
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domenica 27 aprile 2014
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selma e la sua ultima canzone.
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Una settimana dopo aver visto Dancer in the dark ancora non ho ben capito se mi sia piaciuto o meno. Il coinvolgimento emotivo è immenso: Lars von Trier sa come mettere a disagio lo spettatore. Selma (Bjork), la persona più delicata e altruista che possa esistere, subisce tutte le ingiustizie possibili e immaginabili. La drammaticità degli eventi è scandita dalla presenza di sporadici momenti di musical, i quali aiutano la protagonista a superare gli orrori, ma che, ai nostri occhi, rendono il tutto ancora più macabro. La camera a spalla ci lascia il sentore di non potere vedere tutto quello che il regista ci vuole mostrare: collegamento geniale con la cecità a cui Selma è condannata.
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Una settimana dopo aver visto Dancer in the dark ancora non ho ben capito se mi sia piaciuto o meno. Il coinvolgimento emotivo è immenso: Lars von Trier sa come mettere a disagio lo spettatore. Selma (Bjork), la persona più delicata e altruista che possa esistere, subisce tutte le ingiustizie possibili e immaginabili. La drammaticità degli eventi è scandita dalla presenza di sporadici momenti di musical, i quali aiutano la protagonista a superare gli orrori, ma che, ai nostri occhi, rendono il tutto ancora più macabro. La camera a spalla ci lascia il sentore di non potere vedere tutto quello che il regista ci vuole mostrare: collegamento geniale con la cecità a cui Selma è condannata. Il cast è importante, dalla favolosa Bjork (da pelle d'oca!) a Catherine Deneuve e a Peter Stormare. Tra i temi trattati troviamo il sogno americano che si infrange: Von Trier prende quel mondo fatato che Hollywood ci ha propinato per decenni e lo distrugge pezzo per pezzo, con tanto di critica contro la pena di morte. Dancer in the dark è uno di quei film che sono felice di aver visto ma che probabilmente non vorrò mai più rivedere. Troppe emozioni, troppo drammatico, troppo ingiusto. Troppo perfettamente tragico: nulla è lasciato al caso, e le parole dette all'inizio che un pò ci annoiano ce le ritroviamo alla fine a mo di contrappasso. L'indecisione sul dove porre le disavventure di Selma è tanta: rientra tra i miei film preferiti, o tra quelli che, in fondo, ho odiato di più?
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carloalberto
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domenica 14 giugno 2020
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la morte della deamadrenatura
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Film eccessivo, a tratti bellissimo e a tratti noiosissimo. Lo stesso personaggio, disturbante e straziante, la brutta e bella Björk, suscita sentimenti contrastanti, ora di pena empatica e di ansia apprensiva, perché indifesa, sempre in pericolo, ipovedente, madre coraggio, ora di fastidio insofferente, perché testarda, ingenua, ottusa. Capovolgimenti improvvisi di tono si susseguono, in un saliscendi continuo da montagne russe, per lo sguardo incatenato alla ondeggiante cinepresa a spalla, altalenando lo stile tra prosa e poesia. Incursioni di danza, irruzioni di musica e di colori, lungo le rotaie che segnano il percorso obbligato dal destino, si alternano al balbettio delle chiacchiere del trantran quotidiano, al grigiore della periferia.
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Film eccessivo, a tratti bellissimo e a tratti noiosissimo. Lo stesso personaggio, disturbante e straziante, la brutta e bella Björk, suscita sentimenti contrastanti, ora di pena empatica e di ansia apprensiva, perché indifesa, sempre in pericolo, ipovedente, madre coraggio, ora di fastidio insofferente, perché testarda, ingenua, ottusa. Capovolgimenti improvvisi di tono si susseguono, in un saliscendi continuo da montagne russe, per lo sguardo incatenato alla ondeggiante cinepresa a spalla, altalenando lo stile tra prosa e poesia. Incursioni di danza, irruzioni di musica e di colori, lungo le rotaie che segnano il percorso obbligato dal destino, si alternano al balbettio delle chiacchiere del trantran quotidiano, al grigiore della periferia. La creazione artistica irrompe sulla scena di una ossessiva produzione alienata, nella fabbrica della monotona ripetizione macchinale, prende forma in un balletto di operai liberati dalla schiavitù della gestualità meccanizzata, rompe gli schemi, induce al sogno di una vita immaginaria impossibile, eppur presente nel treno che passa accanto e che non prenderemo mai, apre a una visione onirica e catartica, per poi dileguarsi lasciando precipitare rovinosamente la storia nel melodrammatico piagnucolante, strappalacrime, troppo insistito, prevedibile e biologicamente logico finale. Liberatoria è l’impiccagione dell’inetta. Irritante, perché incomprensibile ed inaccettabile per la civiltà della ragione e per le ragioni dell’io sopra ogni cosa, la scelta di uccidere e di morire per dare la vista al figlio e tuttavia coerente con il mondo animale dove ogni femmina farebbe lo stesso per la propria prole. Il sacrificio dell’antieroina di Onde del destino non è bastato a von Trier per porsi e lasciarci il dubbio se sia più giusta e vera la visione che fonda tutto sulla correttezza del calcolo e sulla solidità delle convinzioni più scontate, perché logiche nella prospettiva di una umanità affrancata dalle leggi della natura, o sarebbe meglio abbandonarsi all’irrazionalità delle sensazioni animalesche, sublimate nei sentimenti, come il desiderio di maternità ad ogni costo. Comprimari di eccezione reggono la scena, l’amica materna, fedele, protettiva Catherine Deneuve, l’altro angelo custode, il gentile rozzo corteggiatore Peter Stormare, e il poliziotto amico nemico, David Morse, ladro di segreti e di speranze, vittima della spirale denaro-consumo, ricattato da una moglie illusa di vivere il sogno americano in uno squallido prefabbricato ai margini del mondo. E se tutto quello che abbiamo così diligentemente costruito, con intelligente alacre operosità di formichine, si stesse per sgretolare contro Melancholia, sembra chiedersi a posteriori von Trier, sapremmo ancora giudicare, senza esitazioni, colpevole la protagonista, l’unica vedente, grazie all’amore per l’arte e alla simpatetica incondizionata adesione alla natura, in un mondo di ciechi ottenebrati da certezze incontrovertibili, ormai avallate non più da opinabili atteggiamenti fideistici ma da ferree leggi matematiche? Veniamo dal buio, dalle profondità del cosmo, della scena iniziale e andiamo verso il buio della scena finale, l’incognita inquietante della fine dei tempi, la morte della Madre-Dea-Natura, che ci lascia, attoniti e rabbiosi, con una busta piena di dollari e qualche centesimo in mano.
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tarantinofan96
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venerdì 17 luglio 2015
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l' "anti-muscial" di von trier
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Il genio di Lars Von Trier ha dato vita ad uno dei musical più anticonformisti di sempre, definito dallo stesso regista un "anti-musical". Il tutto è raccontato in maniera estremamente drammatica e realistica, con un ampio utilizzo della macchina da presa traballante che caratterizza tutta la filmografia del regista.
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Il genio di Lars Von Trier ha dato vita ad uno dei musical più anticonformisti di sempre, definito dallo stesso regista un "anti-musical". Il tutto è raccontato in maniera estremamente drammatica e realistica, con un ampio utilizzo della macchina da presa traballante che caratterizza tutta la filmografia del regista.
Ogni suono, dal rumore dei macchinari della fabbrica a quello del treno sulle rotaie, diventa fonte di ispirazione e annunciazione delle scene musicali in cui la protagonista Bjork è pronta a dare libero sfogo a tutta la sua energia attraverso il canto e la musica. Ed ecco che la macchina da presa diventa improvvisamente statica e, in quei brevi momenti, sia lo stesso regista (rinunciano alla sua scelta stilistica prediletta e quindi, in un certo senso, rinunciando al suo cinema) che la protagonista, provano un senso di liberazione e resistenza nei confronti di tutto il dolore e la sofferenza del mondo moderno.
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francismetal
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domenica 12 marzo 2017
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musical a parte è un grande film
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Bjork ha un talento notevole ma non è il mio genere...
Per il resto è qualcosa di davvero angosciante. Per tanti anni non l'ho voluto vedere perché sono troppo sensibile... non mi sono commosso perché l'angoscia è troppa. Se siete sensibili non vedetelo.
Molte riprese sono state fatte col Dogma 95, cioè telecamera a spalla e montaggio ridotto al minimo, stile molto documentaristico, il ché invece di dare realismo alle immagini non solo è fastidioso ma è molto irrealistico, cioè è molto più realistica una ripresa in soggettiva fatta bene.
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lucaguar
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domenica 6 aprile 2025
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splendida rosa ricolma di dolorose spine
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Lars Von Trier, giunto ormai alla sua maturità artistica, vira stavolta su un film di genere, il musical, ribaltandolo completamente e facendolo deflagrare, in modo quasi fulciano. Nonostante "Dancer in the dark" sia appunto un musical, è paraddossalmente uno dei film più drammatici mai visti: il regista danese riesce a smontare le atmosfere edulcorate e costruite dei musical tradizionali degli anni '50 e '60 presentandoci una storia intensissima, che resta conficcata nel cuore e nella mente dello spettatore; momenti di musical, di ballo, sono immersi in una realtà cupa e tragica tramite l'efficace espediente dell'immaginazione della protagonista, la quale tenta di costruirsi una realtà che superi la sua condizione triste e sofferente di ragazza madre che deve accudire il figlio malato e che deve sopportare la condizione alienata di turni di lavoro molto duri in fabbrica.
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Lars Von Trier, giunto ormai alla sua maturità artistica, vira stavolta su un film di genere, il musical, ribaltandolo completamente e facendolo deflagrare, in modo quasi fulciano. Nonostante "Dancer in the dark" sia appunto un musical, è paraddossalmente uno dei film più drammatici mai visti: il regista danese riesce a smontare le atmosfere edulcorate e costruite dei musical tradizionali degli anni '50 e '60 presentandoci una storia intensissima, che resta conficcata nel cuore e nella mente dello spettatore; momenti di musical, di ballo, sono immersi in una realtà cupa e tragica tramite l'efficace espediente dell'immaginazione della protagonista, la quale tenta di costruirsi una realtà che superi la sua condizione triste e sofferente di ragazza madre che deve accudire il figlio malato e che deve sopportare la condizione alienata di turni di lavoro molto duri in fabbrica.
Lars Von Trier si mostra qui forse al suo apice e "Dancer in the dark" è probabilmente uno dei migliori film mai girati dal regista danese, in cui egli è geniale e crudele al contempo nel mettere a nudo la casualità della vita umana, che, sembra dirci il film, è guidata da una logica contraddittoria ben lontana dalla speranza kantiana di un premio per i giusti e di una punizione per i malvagi, lontana da un Sommo bene in cui virtù e felicità coincideranno. La buona, mite e laboriosa Selma vive una serie di sfortune e disgrazie, vive una vita di sofferenze e di fatiche senza che la vita le restituisca nulla di buono o di bello, è una persona che arriva all'omicidio senza essere di fatto colpevole, a nessuno verrebbe mai in mente di condannarla moralmente per ciò che ha fatto, poichè sembra semplicemente vittima di un mondo in cui le trame delle esistenze sono tessute da destini tragici di sofferenza che si intrecciano, sembra che la vita sia un insieme di sofferenze e di impossibilità di redenzione, in prospettiva religiosa si direbbe intrisa dal Peccato, in cui anche il più innocente può essere condannato e vilipeso, anzi proprio il più innocente e mite, in una prospettiva che paradossalmente si trasla in senso autenticamente cristiano (religione alla quale Von Trier si è convertito, non a caso, dopo "Le onde del destino").
Qui i tipici difetti dei film di Von Trier svaniscono e ne scaturisce uno dei più grandi capolavori del cinema del XXI secolo. Certo il buon Lars si mostra al solito anche piuttosto furbo, sfruttando anche la magistrale bravura di una grande artista come Bjork, protagonista di un'interpretazione maestosa, oltre che ideatrice di tutte le colonne sonore: si può dire che il merito della riuscita di questo straordinario film vada diviso a metà tra lei e Von Trier, anche perchè, come avrà a dire la stessa cantante, girare "Dancer in the dark" fu sfiancante a causa dei rapporti difficili con il regista danese, essendo le due personalità in questione piuttosto forti e ingombranti (anche se non è una novità che il regista danese sia considerato in maniera almento controversa dalle persone con le quali lavora).
Tornando al film, lo schema che io ho rinvenuto nello svolgimento è quello tipico della tragedia greca: ci sono due soluzioni contraddittorie ed ugualmente drammatiche e dolorose in cui la protagonista deve districarsi:
1) salvare la vista del figlio con i risparmi di una vita di duro lavoro;
2) "salvare" se stessa dalla pena di morte, spendendo quei stessi risparmi per le spese legali, lasciando il figlio al nefasto destino di diventare cieco.
L'amore della madre prevarrà, e la ragazza preferirà morire piuttosto che lasciare il figlio senza vista, in alcune scene che sono davvero inarrivabili per intensità e drammaticità, come le scene in cui la protagonista è in carcere e si immagina di interpretare un musical per scacciare la sofferenza della situazione dolorosa in cui verte, oppure la straordinaria sequenza in cui Selma, disperata, deve andare verso il braccio della morte, ma non si regge in piedi dal terrore, interpretata in modo incredibilmente intenso. O ancora la scena dell'esecuzione in cui la protagonista è letteralmente fuori di sè perchè non accetta di essere incappucciata, in quanto vuole vedere in faccia i suoi esecutori, benchè sia quasi cieca: Selma vuole morire addirittura cantando: appena prima di morire viene tra l'altro a sapere che l'operazione del figlio è andata a buon fine e che gli occhi del figlio torneranno a vedere la luce, mentre il suo canto di interrombe bruscamente quando viene tolta la botola dai suoi piedi e viene impiccata, in uno dei momenti più emotivamente contrastanti e sconcertanti della storia del cinema. Dancer in the dark è davvero un film da mostrare nelle scuole, anticonformista e atipico come tutti i film di Von Trier, tanto crudele e drammatico quanto meraviglioso, la classica splendida rosa ricolma di dolorose spine.
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luigi chierico
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domenica 23 giugno 2013
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il buio negli occhi e il sole nel cuore
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A rendere consigliabile questo film non sono i tanti premi e consensi ottenuti, ma il bisogno di far assistere ad uno spettacolo che, nella sua miseria umana, è un vero capolavoro, unico, in assoluto, nel suo genere.
Il musical, di solito, è un film scacciapensieri, un’evasione dalla realtà, il sogno di vivere in un mondo e modo immaginario, in una favola, come, ad esempio, in “Cantando sotto la pioggia”, “Brigadoon”, “Un americano a Parigi”.
Nel film “Dancer in the park” il musical c’è ed è veramente eccezionale, nell’esecuzione vocale e di ballo, singolo e di gruppo, ma l’evasione no, quella proprio non c’è; c’è, invece, una tremenda, profonda tristezza accettata attraverso il sogno di poter danzare, anche contro ogni avversità della vita, della sorte, contro la cattiveria degli uomini, della società, di una cieca giustizia.
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A rendere consigliabile questo film non sono i tanti premi e consensi ottenuti, ma il bisogno di far assistere ad uno spettacolo che, nella sua miseria umana, è un vero capolavoro, unico, in assoluto, nel suo genere.
Il musical, di solito, è un film scacciapensieri, un’evasione dalla realtà, il sogno di vivere in un mondo e modo immaginario, in una favola, come, ad esempio, in “Cantando sotto la pioggia”, “Brigadoon”, “Un americano a Parigi”.
Nel film “Dancer in the park” il musical c’è ed è veramente eccezionale, nell’esecuzione vocale e di ballo, singolo e di gruppo, ma l’evasione no, quella proprio non c’è; c’è, invece, una tremenda, profonda tristezza accettata attraverso il sogno di poter danzare, anche contro ogni avversità della vita, della sorte, contro la cattiveria degli uomini, della società, di una cieca giustizia.
Un capolavoro indimenticabile, lascia una profonda traccia, un segno indelebile nel cuore dello spettatore che lo ricorderà con il pianto nell’anima.
Se Björk Gudmundsdóttir non ha voluto più donare la sua voce in un film è perché, sconvolta, porta con sé la tristissima e dolorosa vicenda che anima questo musical.
Ci sono sì la generosità, la comprensione e la pietà, ma calpestate dalla cattiveria, a cui però non soccombe la piccola Selma, che, contro ogni avversità, continua a danzare, e il suo ballo trasporta e coinvolge le compagne di lavoro, e gli attoniti spettatori.
Cieca, teme solo il buio; quanti invece temono di dover vedere, anzi non vogliono vedere; lo attesta anche la conclusione del dramma che si consuma, attraverso una sentenza, che è tragica, piuttosto che giusta.
Ci si innamora della piccola protagonista per il suo candore, per il suo amore nei riguardi del figlio, per la sua voglia di vivere la sua vita, al di là delle sciagure, per l’amore sfrenato per la danza.
Ecco il senso del musical : vivere una vita diversa.
L’ambientazione e sceneggiatura non sono quelle di “Sette spose per sette fratelli” o “West Side story” o “ Jesus Christ Superstar”, ma tra la gente modesta che lavora in fabbrica, tra fuochisti ed addetti ai treni, in una scuola di ballo senza infamia e senza lodo, tra i binari e, per finire, in un carcere!
Avrei voluto vedere Selma ballare, felice, con lo splendore negli occhi, trasportata dagli angeli, al cospetto di Dio. E così io l’ho vista.
Alla fine, nella sala ancora avvolta dal buio, cala “un minuto di silenzio” poi, infrenabile un lungo applauso, liberatorio!
Brava, bravissima Björk Gudmundsdóttir, ottima la regia di Lars von Trier, sempre brava Catherine Deneuve, le musiche e i canti sono la cornice aurea dove invece regna sovrana la tristezza e, come ho detto, la miseria umana.
chigi
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howlingfantod
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mercoledì 16 dicembre 2015
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scadente
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Da domandarsi come sia possibile che un così disturbante e opprimente film, sia emotivamente che stilisticamente e narrativamente , come un accozzaglia di presupposti, inclusa la struggente storia sulla quale si basa, possa essere declamato come capolavoro è un po’ per me un mistero. Non è per partito preso contro un regista sicuramente molto sui generis e da scandagliare a fondo e che ho altrove comunque amato, certo è che se è vero che i geni non appartengono alla propria epoca, mi aspetto di rinascere fra qualche secolo per apprezzare anche questo film, per me assolutamente scadente e disarmonico, una disarmonia a sè stante, gratuita ed antiestetica. Con nostalgia rimpiango altre visioni del nostro, penso ai contenuti di Dogville ed al lirismo di Melhancolia
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ste
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venerdì 14 aprile 2006
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intenso, sconvolgente
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L'amato/odiato Von Trier si supera in questa pellicola ibrida in cui trovano rifugio il dramma, il musical, il thriller. Bjork si può soltanto amare, e così anche la Deneuve. Musiche (sempre di Bjork) non sempre all'altezza (ma New World, che accompagna i titoli di coda, può vantare un'intensità rarissima).
Ispirato il Danese dietro la macchina da presa, azzeccata l'idea di entrare nei sogni ad occhi aperti di Selma con la macchina da presa fissa.
Storia volutamente "pesante" nella sua drammaticità, ha il suo limite nel fatto che alla fine risulta poco sincera. Ma l'obiettivo di Von Trier è raggiunto. Voleva commuovere e ce l'ha fatta. Voleva stancarci e ce l'ha fatta. Voleva che lo odiassimo e ce l'ha fatta.
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paride86
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venerdì 20 marzo 2009
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bello ma...
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"Dancer in the dark" è sicuramente un film che non lascai indifferenti, sia per la crudeltà della storia che per l'eccellente interpretazione di Bjork. Nonostante questo l'utilizzo della camera a mano pesa moltissimo, come del resto la fotografia anonima e "realistica", stile filmino di matrimonio. Ecco, ma perché tutto questo? Questo film, con i suoi momenti onirici e fantastici, avrebbe dato modo di impiegare una grande quantità di colori, effetti visionari impressionanti ecc, invece le inquadrature traballanti e gli odiosissimi zoom lo rendono non solo asciutto, ma davvero povero in termini visivi.
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