The Straight Story - Una storia vera |
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Un film di David Lynch.
Con Sissy Spacek, Harry Dean Stanton, Richard Farnsworth, Everett McGill.
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Titolo originale The Straight Story.
Commedia,
Ratings: Kids+13,
durata 111 min.
- USA, Francia 1999.
- Cineteca di Bologna
uscita lunedì 4 settembre 2023.
MYMONETRO
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Alvin Straight, viaggiatore comune e coraggioso.
di Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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martedì 1 dicembre 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
UNA STORIA VERA (USA, 1999) di DAVID LYNCH. Interpretato da RICHARD FARNSWORTH, SISSY SPACEK, EVERETT MCGILL, JANE GALLOWAY, HARRY DEAN STANTON ● Ispirato a un fatto realmente accaduto. Nell’autunno del 1994 il 73enne Alvin Straight viene a sapere che suo fratello Lyle, col quale non parla da dieci anni a causa di un furioso litigio, ha avuto un infarto. Decide dunque di raggiungerlo a casa sua, malgrado le ansiose incertezze della figlia Rosie. Dal momento che Alvin abita a Laurens nell’Iowa e deve arrivare a Mount Zion nel Wisconsin (la distanza è di 317 miglia, in chilometri circa 500) e che sceglie come mezzo di trasporto per il suo viaggio un malconcio trattorino tosaerba a cui per giunta attacca un rimorchio troppo grande, e considerando infine che l’uomo cammina con due bastoni e non ha la patente per via della vista alquanto debole, tutti gli sconsigliano di partire per quest’avventura certamente rischiosa. Ma la sua testardaggine prevale sul buonsenso. Contro ogni previsione, il tragitto è sereno: il vecchio fa numerosi incontri – una ragazza incinta scappata di casa, un gruppo di giovani e atletici ciclisti, una donna isterica, una famiglia generosa di cui fanno parte due stralunati meccanici gemelli, un prete che ha visitato Lyle quando ha accusato il malore – e infine raggiunge la sua meta, ricongiungendosi col fratello e riallacciando i rapporti con lui. Difficile apprezzare questo road movie alla prima visione, soprattutto se si è abituati al tipo di cinema che viene frequentemente proposto oggigiorno, e non per forza solo quello hollywoodiano o quello dello stesso Lynch, spesso caratterizzato da un vivido impianto visionario. Qui abbiamo a che fare con una pellicola i cui elementi sono tutti fuori moda: lentezza, malinconia della vecchiaia, classica semplicità della scrittura, personaggi positivi, svolgimento disteso senza l’ombra di un evento drammatico. Eppure, ad un esame più meditato e approfondito, un occhio non superficiale riesce a coglierne l’importanza dei temi (sussurrata, ma comunque esposta), la struttura interiore di racconto di formazione, la proposta che avanza del bisogno di dialogo e affetto tra famigliari e lo spirito di sacrificio altrettanto valorizzato dalla narrazione che permea l’intera vicenda fino a rappresentarne il motore principale. Pertanto, nonostante il ribaltamento della sua abituale prospettiva, Lynch ha vinto la scommessa e ha realizzato, col suo opus n. 8, una riflessione in formato audiovisivo che dà allo spettatore il tempo di ragionare e commuoversi e anche di immedesimarsi nel protagonista, un vecchio signore all’apparenza un po’ svitato che però sa sorprendere chiunque col progredire della storia. Il regista, infatti, non ha cambiato il suo stile inconfondibile: del resto, come è possibile non immergersi nella bellezza soave dei campi al tramonto, di un temporale che scroscia nel Midwest e del cielo notturno stellato? Sceneggiatura firmata dalla montatrice Mary Sweeney e scritta insieme a John Roach. Prodotto anche con finanziamenti francesi. R. Farnsworth, qui alla sua ultima prova recitativa, attivo nel cinema fin da bambino (esordì nel 1937), divenuto stuntman e poi caratterista, è l’altra carta vincente del film, poiché l’ironia e la capacità di coinvolgere emozionalmente del suo personaggio fanno faville; l’attore ebbe una nomination all’Oscar nel 1979 per Arriva un cavaliere libero e selvaggio e un’altra per questo film. Morì nel 2000.
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