guidobaldo maria riccardelli
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domenica 8 maggio 2016
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figli senza padri
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Pellicola dal valore sociale indiscutibile, al netto di una mise en scène non priva di difetti.
Le tematiche affrontate abbondano: superficialmente si ragiona sull'immigrazione e suoi scogli, il lavoro minorile, il rapporto tra sfruttatori e sfruttati e tra stranieri ed autoctoni; ad un livello più sotteraneo, nonché di maggior interesse, viene indagata la relazione tra genitori e figli, nello specifico la reazione di un adolescente ad un tipo di rapporto genitoriale ambiguo, per molti aspetti riconducibile a dinamiche tra coetanei, prive di quegli aspetti educativi necessari ad una maturazione compiuta. Notiamo dunque come il padre, Roger, voglia essere chiamato per nome, come a volersi affrancare da quella figura probabilmente non desiderata nè interiorizzata, si serva senza remore alcune del figlio per i suoi traffici truffaldini, riconoscendolo come collaboratore a tutti gli effetti e lo porti assieme a lui ad un locale, con le rispettive compagne (?), come si farebbe in un rapporto tra "pari".
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Pellicola dal valore sociale indiscutibile, al netto di una mise en scène non priva di difetti.
Le tematiche affrontate abbondano: superficialmente si ragiona sull'immigrazione e suoi scogli, il lavoro minorile, il rapporto tra sfruttatori e sfruttati e tra stranieri ed autoctoni; ad un livello più sotteraneo, nonché di maggior interesse, viene indagata la relazione tra genitori e figli, nello specifico la reazione di un adolescente ad un tipo di rapporto genitoriale ambiguo, per molti aspetti riconducibile a dinamiche tra coetanei, prive di quegli aspetti educativi necessari ad una maturazione compiuta. Notiamo dunque come il padre, Roger, voglia essere chiamato per nome, come a volersi affrancare da quella figura probabilmente non desiderata nè interiorizzata, si serva senza remore alcune del figlio per i suoi traffici truffaldini, riconoscendolo come collaboratore a tutti gli effetti e lo porti assieme a lui ad un locale, con le rispettive compagne (?), come si farebbe in un rapporto tra "pari".
Accanto a ciò, sembra voler confermare, solo per alcuni aspetti, del tutto negativi, una parvenza di relazione sbilanciata: vediamo come punisca, con la forza, il figlio, colpevole di un gesto di carità inutile.
L'interesse per la vita sentimentale-sessuale del giovane si pone invece ad un livello di consapevolezza intermedia: se da un lato pare configurarsi un interesse sincero, dall'altro lo indaga con fare grossolano e volgare, ponendo il figlio in una posizione di ovvio imbarazzo.
In tutto ciò, manca la figura femminile: intravista in un paio di sequenze, appare del tutto succuba del marito, inadatta e comunque poco interessata ad occuparsi di un figlio palesemente in gravi difficoltà ambientali.
Igor dunque evolve senza riferimenti positivi, sviluppando rapporti privi di passione disinteressata, orientati al profitto; i momenti di svago, rarissimi, si limitano alla costruzione di un go kart con amici, in un'atmosfera cupa e dismessa. Nonostante questo, il ragazzo si dimostrerà capace di provare sentimenti a lui sconusciuti, con i quali mai è venuto a contatto, con fare comprensibilmente incerto; sperimenterà, ad ogni modo, il sentimento di carità della connazionale della vedova, riconoscendo, in queste figure, un simulacro di madre, o comunque di personaggio tramite il quale sapersi approciare correttamente alla realtà.
Come detto in principio, la narrazione non risulta impeccabile, a causa di una seneggiatura fin troppo lineare.
Escludendo l'ottimo Olivier Gourmet, non paiono convintissime le altre interpretazioni.
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andrejuve
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mercoledì 23 dicembre 2015
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un barlume di umanità esiste ancora
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“La promesse” è un film del 1996 diretto da Jean Pierre e Luc Dardenne. Igor è un giovane ragazzo che lavora come apprendista presso un’officina di macchine. Il ragazzo però trascura e denigra questo lavoro, in quanto la sua principale occupazione è quella di “socio in affari” con il padre Roger. Quest’ultimo gestisce un’organizzazione illecita grazie alla quale riesce ad introdurre clandestinamente in Belgio i migranti provenienti dai più disparati paesi europei e africani. Roger colloca i migranti all’interno di un complesso abusivo composto da diversi appartamenti mantenuti in condizioni a dir poco precarie.
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“La promesse” è un film del 1996 diretto da Jean Pierre e Luc Dardenne. Igor è un giovane ragazzo che lavora come apprendista presso un’officina di macchine. Il ragazzo però trascura e denigra questo lavoro, in quanto la sua principale occupazione è quella di “socio in affari” con il padre Roger. Quest’ultimo gestisce un’organizzazione illecita grazie alla quale riesce ad introdurre clandestinamente in Belgio i migranti provenienti dai più disparati paesi europei e africani. Roger colloca i migranti all’interno di un complesso abusivo composto da diversi appartamenti mantenuti in condizioni a dir poco precarie. Devono pagare sia il canone d’affitto che qualsiasi altro bene utile per il fabbisogno quotidiano. Inoltre sono costretti a lavorare senza un regolare contratto per costruire la casa all’interno della quale Roger e Igor abiteranno. Laddove queste persone non pagassero il canone o si rifiutassero di lavorare sarebbero abbandonate a sé stesse senza un tetto sotto il quale poter vivere. Tra i migranti c’è Assida la quale, assieme al suo piccolo figlio, ha raggiunto il marito Hamidou. Un giorno gli ispettori del lavoro si recano presso il luogo in cui Roger vuole costruire la sua nuova dimora e i migranti sono costretti a fuggire per non incorrere in conseguenze, a causa della loro attività svolta irregolarmente. Hamidou cercando di scappare si inciampa cadendo da un’impalcatura. L’uomo è disteso a terra morente e lo soccorre Igor. Negli ultimi istanti di vita Hamidou supplica Igor di accudire la moglie Assida e suo figlio. Igor promette di prendersi cura della moglie e del figlio di Hamidou, e tenta di portare quest’ultimo al pronto soccorso per cercare disperatamente di salvarlo. Roger però si accorge di quanto accaduto e per non rischiare di subire ripercussioni irreparabili impedisce ad Igor di trasportare Hamidou in ospedale, nascondendo il suo corpo ormai deceduto. Igor è sconvolto e spaesato da quanto accaduto e vorrebbe mantenere la promessa fatta ad Hamidou dicendo la verità ad Assida. Ma le opposizioni del padre Roger saranno fortissime. Per Igor non sarà semplice prendere una decisione e capire in che modo sia più opportuno agire. La pellicola incentra la sua attenzione sulla speculazione che gira attorno al “traffico” di migranti. Il termine gergale “traffico” utilizzato dalla maggior parte dei mass media è tremendamente efficace, in quanto è significativo di come gli immigrati purtroppo siano considerati da molte persone come dei semplici oggetti o delle merci di scambio che vengono trasportate da uno Stato all’altro e sfruttate come se fossero carne da macello. All’interno della drammatica realtà dei flussi migratori ci sono soggetti che approfittano dello stato di disperazione, bisogno e necessità di queste persone, le quali spesso sono costrette a fuggire da paesi all’interno dei quali sono in atto atroci guerre, al fine di raggiungere i propri scopi personali. Questi interessi sono legati ovviamente al guadagno e al profitto economico. E’ inquietante pensare come alcuni esseri umani possano sfruttare le condizioni di difficoltà di altri esseri umani per perseguire i propri bisogni egoistici e personali. Quello che dovrebbe essere un diritto, cioè l’asilo politico, si trasforma in una concessione arbitraria legata al volere di persone le quali attraverso azioni meschine, disdicevoli e disumane, ricattano persone indifese, impaurite e spesso disinformate, promettendo loro in cambio la permanenza all’interno del territorio. Roger incarna perfettamente il ritratto dell’uomo spietato, cinico, insensibile e senza scrupoli che pone al primo posto le proprie esigenze a discapito anche della vita di altre persone innocenti e bisognose di aiuto. All’interno di questa realtà inquietante e triste c’è ancora un barlume di speranza rappresentato da coloro che possiedono ancora un senso di umanità. Igor è la dimostrazione di come l’uomo sia ancora capace di provare sentimenti di altruismo e solidarietà nei confronti di coloro che non hanno possibilità e mezzi per far valere i propri diritti. Queste persone intraprendono viaggi pieni di ostacoli e di incognite al solo fine di poter vivere dignitosamente, cercando di garantire un futuro migliore ai propri figli in paesi civili non coinvolti all’interno di atroci conflitti armati e non versanti in uno stato di povertà allarmante. Il rimorso di coscienza e il senso di colpa rendono l’essere umano capace di provare dei sentimenti e delle emozioni che possono fare emergere scrupoli e dubbi che smuovono gli animi di ognuno di noi. Il primo passo per l’integrazione con culture, popoli ed etnie differenti è l’onestà e il perseguimento della verità anche se possa risultare scomoda o controproducente. E’ solo grazie alla sincerità e alla lealtà che può essere intrapreso un percorso di rispetto e di fiducia reciproca, fondamentali al fine di creare una base per una convivenza priva di pregiudizi e diffidenze dettate da convinzioni primitive e insensate. Infine Assida rispecchia pienamente il disagio e i dubbi di coloro che, senza alcuna certezza e spinti da una mancanza di alternative, si recano in un paese a loro sconosciuto e ignoto. L’ingenuità di credere a persone mai viste né conosciute è in realtà conseguenza dello sconforto che la affligge e che non le permette di poter comprendere se sia stata ingannata o meno. Quello che conta è poter ricominciare una nuova esistenza che si spera possa risultare più rosea e gioiosa. La genuinità di Assida, legata alle sue tradizioni basate spesso su rituali tribali antichi, rappresenta la spontaneità di una persona dispersa, spaesata ma allo stesso tempo coraggiosa e speranzosa. Inoltre Assida sembra anche rappresentare il punto di riferimento materno che Igor purtroppo non ha ma del quale avrebbe bisogno. Paradossalmente Igor è più maturo di un padre che si dimostra crudele, infantile e incapace di assumersi le proprie responsabilità, a causa del suo disinteresse e menefreghismo nei confronti delle altre persone che lo circondano, compreso il figlio Igor. Il film si caratterizza per la sua capacità di comunicare attraverso immagini e sequenze che hanno un forte impatto visivo ed emotivo, grazie al loro realismo e alla loro crudezza. Tutto ciò che viene descritto rispecchia la pura, amara e allarmante verità. Grazie a questa narrazione semplice ma lineare vengono caratterizzati al meglio i tre protagonisti principali, i quali sono delineati efficacemente grazie anche alle loro ottime interpretazioni, con particolare riferimento a Jérémie Rénier, nei panni di Igor, e di Olivier Gourmet, in quelli di Roger. Buona anche la prova di Assita Ouédraogo nella parte di Assita. A mio avviso un punto debole del film è proprio la prevalenza eccessiva delle sequenze toccanti rispetto allo sviluppo di dialoghi approfonditi tra i personaggi. Volutamente il regista, senza rischiare di cadere in facili retoriche, ha preferito affidarsi alla forza delle immagini a discapito di una sceneggiatura che appare scarna e che a mio parere avrebbe potuto essere più rilevante. Per il resto il film è molto bello, incisivo e capace di emozionare e coinvolgere lo spettatore. I fratelli Dardenne riescono a dirigere con maestria un film che, pur se del 1996, affronta tematiche più che mai tristemente attuali.
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filippo catani
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lunedì 3 novembre 2014
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la disperazione dell'immigrazione clandestina
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Liegi. Un giovane ragazzo aiuta il padre nel traffico di immigrati clandestini che lui ospita in baracche fatiscenti. Quando uno di loro cade rovinosamente da un'impalcatura e viene lasciato morire dal padre per evitare grane, il figlio decide di prendersi cura della famiglia del clandestino morto.
Nonostante siano passati quasi vent'anni dalla realizzazione di questa pellicola da parte degli impegnati fratelli Dardenne, il tema che viene esplorato è ancora di drammatica attualità. Sono ancora troppi coloro che sfruttano le miserie di chi è costretto a scappare dalla propia casa per sfuggire a povertà e guerre. E' il caso del padre di Igor che non si fa scrupoli ad affittare catapecchie e a farsi pagare tutto perfino la legna per scaldarsi.
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Liegi. Un giovane ragazzo aiuta il padre nel traffico di immigrati clandestini che lui ospita in baracche fatiscenti. Quando uno di loro cade rovinosamente da un'impalcatura e viene lasciato morire dal padre per evitare grane, il figlio decide di prendersi cura della famiglia del clandestino morto.
Nonostante siano passati quasi vent'anni dalla realizzazione di questa pellicola da parte degli impegnati fratelli Dardenne, il tema che viene esplorato è ancora di drammatica attualità. Sono ancora troppi coloro che sfruttano le miserie di chi è costretto a scappare dalla propia casa per sfuggire a povertà e guerre. E' il caso del padre di Igor che non si fa scrupoli ad affittare catapecchie e a farsi pagare tutto perfino la legna per scaldarsi. Finisce allora che le donne devono allevare i propri figli dentro un cassetto che fa loro da culla. Ovviamente queste persone vengono impiegate solo ed esclusivamente in nero e quando capita l'incidente nessuno osa denunciare. Purtroppo queste persone soffrono anche il clima di intolleranza e diffidenza a causa del vento che spira da certa informazione e certi partiti politici. Ecco allora la terrificante scena dei due uomini che da un ponte pisciano addosso alla giovane protagonista di colore e a suo figlio. Sarà allora compito di Igor onorare la promessa fatta al padre tunisino in punto di morte di prendersi cura della famiglia e per fare questo dovrà inevitabilmente scontrarsi con il suo di padri. Girato nei bassifondi di Liegi, il film restituisce con lucidità il degrado in cui questa comunità è costretta a vivere sfruttata da personaggi senza scrupoli pronti anche a vendere le ragazze come prostitute. Un film da non perdere.
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luca scial�
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venerdì 24 gennaio 2014
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il dramma dell'immigrazione clandestina
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In una degradata Liegi, Roger, coadiuvato dal figlio Igor, gestisce l'arrivo e l'inserimento di immigrati clandestini. Tutto sembra scorrere come sempre, tra un'illecito e l'altro, finché durante un'ispezione, uno dei loro "curati" cade dall'impalcatura, ferendosi gravamente. Igor vuole chiamare l'ambulanza ma il padre, riflettendo su tutte le conseguenze che ciò avrebbe comportato, decide di seppellirlo semi-morto. La moglie lo attende, credendo che avesse fatto perdere le sue tracce per i consueti debiti di gioco. Ma in Igor i sensi di colpa bussano insistentemente...
Primo lungometraggio dei fratelli Dardenne, dopo un'esperienza ventennale fatta di corti e documentari.
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In una degradata Liegi, Roger, coadiuvato dal figlio Igor, gestisce l'arrivo e l'inserimento di immigrati clandestini. Tutto sembra scorrere come sempre, tra un'illecito e l'altro, finché durante un'ispezione, uno dei loro "curati" cade dall'impalcatura, ferendosi gravamente. Igor vuole chiamare l'ambulanza ma il padre, riflettendo su tutte le conseguenze che ciò avrebbe comportato, decide di seppellirlo semi-morto. La moglie lo attende, credendo che avesse fatto perdere le sue tracce per i consueti debiti di gioco. Ma in Igor i sensi di colpa bussano insistentemente...
Primo lungometraggio dei fratelli Dardenne, dopo un'esperienza ventennale fatta di corti e documentari. Sposano fin da subito la causa del Dogma, che li porterà a girare 4 film profondi e coinvolgenti. Fino a rinunciarvi 12 anni dopo proprio con un altro film sull'immigrazione clandestina: Il matrimonio di Lorna.
Film di denuncia, neo neorealista. Gli attori protagonisti, Jeremie Renier (qui appena quindicenne) e Olivier Gourmet, li seguiranno in tutti gli altri film della loro carriera.
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gianleo67
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lunedì 8 luglio 2013
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la remota promessa di una desolante modernità
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Piccolo imprenditore edile di Liegi mette sù un redditizio traffico di sfruttamneto dell'immigrazione clandestina dando lavoro e alloggio a disperati senza permesso di soggiorno di diversa nazionalità e grazie all'aiuto del figlio appena adolescente, apprendista meccanico e tuttofare. Quando un lavoratore di origini africane, per sfuggire ad un controllo, cade dall'impalcatura su cui stava lavorando, sceglie di non soccorrerlo e di occultarne successivamente il cadavere, contando sul silenzio del figlio da subito perplesso del comportamento disumano del genitore e cercando di allontanare i sospetti dalla moglie di quello, rimasta ad accudire da sola il suo bimbo ancora piccolo.
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Piccolo imprenditore edile di Liegi mette sù un redditizio traffico di sfruttamneto dell'immigrazione clandestina dando lavoro e alloggio a disperati senza permesso di soggiorno di diversa nazionalità e grazie all'aiuto del figlio appena adolescente, apprendista meccanico e tuttofare. Quando un lavoratore di origini africane, per sfuggire ad un controllo, cade dall'impalcatura su cui stava lavorando, sceglie di non soccorrerlo e di occultarne successivamente il cadavere, contando sul silenzio del figlio da subito perplesso del comportamento disumano del genitore e cercando di allontanare i sospetti dalla moglie di quello, rimasta ad accudire da sola il suo bimbo ancora piccolo. Alla ostinazione della vedova, decisa a scoprire la sorte del marito, decide di sbarazzarsene trovando però l'imprevista opposizione del figlio determinato a tenere fede alla promessa fatta al povero operaio in punto di morte.
Prosegue il discorso dei fratelli Dardenne sui risvolti etici di comportamente sociali che assecondano la sconcertante ordinarietà di un cinismo che scorre come un fiume carsico nel sottosuolo della moderna civiltà occidentale, il segnale allarmante di una spregevole indifferenza che si insinua tra le pieghe di una società dell'accoglienza dove la legge è una mera sovrastruttura burocratica che, lungi dallo stabilire un principio di inalienabile giustizia sociale, si presta alle bieche manipolazioni di una intollerabile vessazione dell'uomo contro l'uomo, alimentando la cupidigia di una endemico sfruttamento del piu' debole, del più indifeso (il lavoro, l'alloggio, i documenti falsi, l'assistenza legale e sanitaria). Lo sguardo di questo cinema del disagio mantiene sempre il lucido distacco di una camera mobilissima che fruga nello squallore di vite ai margini, di volti segnati da una sofferenza atavica, di una spietata determinazione che non sa vedere niente oltre al gretto valore dei beni materiali, riducendo la materia umana al rango di una merce da sfruttare secondo le logiche del massimo profitto e del minore costo (lo stesso sfruttatore vive una vita non dissimile da quella dei suoi poveri inquilini con cui spesso divide le fatiche di un lavoro massacrante e la misera ambizione di un irrisorio benessere).
Tuttavia già prima del più rigoroso 'Rosetta' e soprattutto dei risvolti esemplari della parabola umana dei 'Silenzi di Lorna', questo sguardo sulla realtà sembra deviare dal corso di un mero naturalismo per farsi paradigma di un simbolismo più alto, nella ricerca di un significato profondo che trascenda le miserie umane, trasfigurando nella ingenua e commovente ribellione di un 'figlio della colpa' l'immagine quasi mistica di un biondo angelo della salvezza pronto a sacrificare se stesso per salvare la sconsolata Madonna nera di una disperata maternità, nella fuga 'erodica' con cui si chiude il film in un finale aperto e tuttaltro che consolatorio, nella silenziosa rassegnazione di una immendabile sconfitta sociale che interroga il cuore stesso della nostra civiltà. Oltre alla immancabile presenza del loro attore feticcio, un Olivier Gourmet di grande versatilità, si segnala la straordinaria interpretazione del giovanissimo Jérémie Rénier nella parte del giovane Igor e la bellissima Assita Ouédraogo, indomita e fiera ambasciatrice di una lontana civiltà subsahariana. La remota promessa di una desolante modernità.
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