dandy
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lunedì 11 gennaio 2021
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shakespeare in idaho
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Van Sant riprende le storie di vita ai margini come in "Drugstore Cowboy" ma senza crudezze e con un insolito stile poetico-surreale,in parte ancora debitore del cinema underground anni'69-'70(i flashback in super-8).In parte una sorta di odierno Enrico IV dove Falstaff è interpretato da un barbone mitico e finirà abbandonato dal figlioccio che alla fine tornerà a fare il rampollo benestante.Visivamente intrigante,e molto contenuto nelle sequenze di sesso(talvolta mostrate con brevissime inquadrature dei protagonisti in posa)e azzeccato nella sua leggerezza e spigliatezza(pur non lasciando al protagonista la possibilità di trovare certezze)ma forse con un pò troppa carne a fuoco.
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Van Sant riprende le storie di vita ai margini come in "Drugstore Cowboy" ma senza crudezze e con un insolito stile poetico-surreale,in parte ancora debitore del cinema underground anni'69-'70(i flashback in super-8).In parte una sorta di odierno Enrico IV dove Falstaff è interpretato da un barbone mitico e finirà abbandonato dal figlioccio che alla fine tornerà a fare il rampollo benestante.Visivamente intrigante,e molto contenuto nelle sequenze di sesso(talvolta mostrate con brevissime inquadrature dei protagonisti in posa)e azzeccato nella sua leggerezza e spigliatezza(pur non lasciando al protagonista la possibilità di trovare certezze)ma forse con un pò troppa carne a fuoco.Ottimi comunque Phoenix e Reeves.Per il primo,come per Rodney Harvey(Gary)la tossicodipendenza sarebbe stata loro fatale di lì a pochi anni.Chiara Caselli,in sordina,purtroppo non troverà molto spesso registi capaci di valorizzarla.Flea è Budd.Massimo Di Cataldo è una dei marchettari a Roma.Il titolo non sarebbe ispirato alla canzone dei B-52's(pur citati nei titoli) ma alla visione personale e fantasiosa che Mike ha dell'Idaho.
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sir branco
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sabato 22 ottobre 2016
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in linea con i film precedenti di van sant
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Belli e dannati stilisticamente segue i precedenti due film di Van Sant, pur nel suo continuo percorso di sperimentazione.
I monologhi dei protagonisti continuano ad essere presenti ma con una novità, in questo film i pensieri sgorgano dalle bocche dei personaggi come se stessero pensando ad alta voce ma nessuno potesse sentirli. Tra le novità delle riprese in prima persona, delle parentesi ambientate nelle cover di giornaletti osé per ragazzi omosessuali e poi una rappresentazione del sesso semplicemente geniale, che si rifà alla cultura degli attimi presente nel precedente Mala Noche e che verrà poi ripresa anche nel successivo Milk. Il film porta inoltre avanti quella vena umoristica già introdotta in Drugstore Cowboy.
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Belli e dannati stilisticamente segue i precedenti due film di Van Sant, pur nel suo continuo percorso di sperimentazione.
I monologhi dei protagonisti continuano ad essere presenti ma con una novità, in questo film i pensieri sgorgano dalle bocche dei personaggi come se stessero pensando ad alta voce ma nessuno potesse sentirli. Tra le novità delle riprese in prima persona, delle parentesi ambientate nelle cover di giornaletti osé per ragazzi omosessuali e poi una rappresentazione del sesso semplicemente geniale, che si rifà alla cultura degli attimi presente nel precedente Mala Noche e che verrà poi ripresa anche nel successivo Milk. Il film porta inoltre avanti quella vena umoristica già introdotta in Drugstore Cowboy. I rapporti sentimentali sono invece trattati in modo più delicato, a differenza dei precedenti film dove erano rappresentati più istintivi e crudi.
Il film riesce pure a spogliarsi di quel generazionalismo che rendeva poco coinvolgenti i film precedenti, ma solo per ricoprirsi di un ulteriore problema: uno sviluppo più eterogeneo e la confusione dovuta allo sperimentare.
Il film inizia con una rappresentazione dei giovani sbandati di Portland, continua virando su una scrittura di ispirazione teatrale shakesperiana, cambia poi ancora diventando un film on the road per poi concludersi con una messa in scena del cambiamento psicologico dei giovani protagonisti; tutto questo unito da un’atmosfera alla Alice nel paese delle meraviglie, grazie a un variegato cast di strambi personaggi. Incredibile l’interpretazione di Phoenix nei panni di un giovane ragazzo narcolettico.
P.S.: Sto sperimentando con il video-editing, se volete supportarmi in questo esperimento visitate www.youtube.com/watch?v=3Z_9K7aiyrk per vedere il video dedicato alla proiezione di "Belli e dannati" presentata da Van Sant per l'inaugurazione della mostra a lui dedicata a Torino. Vi ringrazio :)
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fedson
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martedì 19 febbraio 2013
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river pheonix "dannatamente" bravo!
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Storia di due ragazzi che si prostituiscono per vivere. Uno omosessuale (Phoenix), l’altro figlio del sindaco con un carattere assai ribelle nei suoi confronti (Reeves). Entrambi sono alla ricerca di qualcosa: il primo della madre che compare nei sogni, il secondo di un riscatto personale. Gus Van Sant riprende dal suo sacco tematiche che vengono spesso usate nei suoi film, quali l’omosessualità, in primis, il desiderio di evasione (incarnato, nel caso, dai due protagonisti mentre iniziano il loro viaggio in motocicletta), la tossicodipendenza e, soprattutto, il tema della coppia alla base di tutte queste particolarità che riprenderà anche in “Milk” (con la coppia Penn-Franco).
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Storia di due ragazzi che si prostituiscono per vivere. Uno omosessuale (Phoenix), l’altro figlio del sindaco con un carattere assai ribelle nei suoi confronti (Reeves). Entrambi sono alla ricerca di qualcosa: il primo della madre che compare nei sogni, il secondo di un riscatto personale. Gus Van Sant riprende dal suo sacco tematiche che vengono spesso usate nei suoi film, quali l’omosessualità, in primis, il desiderio di evasione (incarnato, nel caso, dai due protagonisti mentre iniziano il loro viaggio in motocicletta), la tossicodipendenza e, soprattutto, il tema della coppia alla base di tutte queste particolarità che riprenderà anche in “Milk” (con la coppia Penn-Franco). Si parla di ribellione, di una fuga dalla realtà, di vita di strada, e Sant ce lo mostra tramite una regia efficace e semplice ed un particolare montaggio che va seguito dall’inizio alla fine (come la breve scena dei pesci che saltano nel torrente, che compare nel momento del primo orgasmo del film e verso la fine, oppure come la scena che vede raffigurata una casa isolata dal mondo). Non c’è una “score” ben precisa, ma il film è comunque accompagnato da musiche che rispecchiano l’animo giovanile e per lo più anni ’80 (si parla di artisti che variano da Elton John a Madonna). Passiamo al cast: Phoenix calza perfettamente il ruolo di Mike, ragazzo omosessuale con problemi di narcolessia, esplodendo in una capacità recitativa che probabilmente lo avrebbe indirizzato verso il piedistallo di “miglior attore della sua generazione”. Per l’interpretazione si porta a casa nientemeno che la Coppa Volpi di Venezia (meritata). Keanu Reeves inizialmente si stacca (finalmente) dal suo classico personaggio silenzioso e chiuso in se stesso, regalando, invece, un carattere aperto e a volte ironico, anche se, proseguendo nella pellicola, si tramuta nuovamente nell’imperturbabile personaggio di una vita (come al solito, la sua presenza non mostra segni di rilevanza), nonostante riesca ad apprendere la voglia di ribellione e di evasione. Riuscito anche il personaggio di Bob Pigeon, che incarna una sorta di “padre spirituale” per entrambi i protagonisti. Gus Van Sant ci mostra (per mezzo di alcune scene enigmatiche) che, poi, le cose cambiano, come le amicizie e gli amori, e ognuno va per la propria “strada” nel vero senso della parola.
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volevosolodiventare
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martedì 23 novembre 2010
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belli e dannati. e non erano rockstar.
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Qualcosa mi è piaciuto e qualcosa non mi è piaciuto.
Mi è piaciuto River Phoenix, per esempio, che non conoscevo, se non di nome. Mi è piaciuta la sua interpretazione, la sua realtà, la sua capacità di dar vita a un personaggio complesso senza ricorrere agli eccessi, senza sfondare lo schermo di pathos, senza sbattere in faccia tutta la sua problematicità, che è ben chiara, ma non esasperata. Mi è piaciuto River Phoenix perché quando dice che muore dalla voglia di baciare Scott, in qualche modo senti sulla pelle il suo stesso desiderio irrefrenabile, che diventa contagioso, che ti ritrovi a vivere, per provare una delusione maggiore di quella che prova lui nel momento in cui, di fatto, non si baciano.
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Qualcosa mi è piaciuto e qualcosa non mi è piaciuto.
Mi è piaciuto River Phoenix, per esempio, che non conoscevo, se non di nome. Mi è piaciuta la sua interpretazione, la sua realtà, la sua capacità di dar vita a un personaggio complesso senza ricorrere agli eccessi, senza sfondare lo schermo di pathos, senza sbattere in faccia tutta la sua problematicità, che è ben chiara, ma non esasperata. Mi è piaciuto River Phoenix perché quando dice che muore dalla voglia di baciare Scott, in qualche modo senti sulla pelle il suo stesso desiderio irrefrenabile, che diventa contagioso, che ti ritrovi a vivere, per provare una delusione maggiore di quella che prova lui nel momento in cui, di fatto, non si baciano.
Mi è piaciuto River Phoenix in quanto unico protagonista del film, circondato da tutti gli altri personaggi, alternativamente e/o contemporaneamente grotteschi e caricaturali, impegnati in pose e dialoghi teatrali, shakespeariani quasi, volutamente stridenti con il degrado ritratto.
Personaggi, marionette, comparse sul percorso di Mike Waters, le cui storie vengono sempre raccontate con una sorta di distacco lucido, di razionale distanza, chiaramente voluta.
L’unico che si spartisce il ruolo, l’unico che sembra emergere da questa parata di casi umani, di eroinomani, markettari, sbandati, alcolizzati, drogati che vivono ai margini di una società che non si limita a ignorarli ma che all’occorrenza ne usufruisce, è Scott Favor, il figlio del sindaco. Una sorta di radical chic, poco chic.
Sembra che tra Mike e Scott debba nascere una storia, sembra che questi due personaggi che viaggiano per l’America alla ricerca di se stessi, tramortiti da melodie country e inghiottiti da paesaggi iconografici, debbano diventare un punto di riferimento l’uno per l’altra. Finché anche questa sensazione svanisce, in una sterzata fasulla. Dando, una volta ancora l’impressione di non capire esattamente quale sia la direzione di questo film.
I tempi sono lenti, a tratti rarefatti, nelle visioni semi-allucinate del subconscio di Mike e i personaggi instaurano così poca empatia con lo spettatore che risulta ovvio che questa fosse la volontà del regista.
Il film si salva, alcuni lo trovano eccezionale, fresco, originale. Probabilmente lo è. Ma a me, in parte, è parso più che altro un esercizio stilistico del regista, un disperato tentativo di voler colpire con qualche trovata bizzarra, di voler apparire impegnato quel tanto che basta, di voler giocare con lo spettatore confondendolo con un paio di virate improvvise. Mi è parso che trapelasse un po’ la presunzione di poter raccontare una realtà così complessa senza prendere posizione, senza penetrarla. Sfiorandola, appunto, quasi pretestuosamente. Personalmente preferisco chi, umilmente, decide di raccontarmi una storia, quale che sia, e una volta che lo fa, decide di colpirmi, dritta, nel profondo. Belli e Dannati non ci arriva, non per incapacità, ma per scelta.
Se Gus Van Sant mi avesse attraversata, senza girare una specie di “Noi ragazzi dello zoo di Seattle” e senza renderlo un deprimente film da pomeriggio estivo su Canale 5 forse avrei urlato al capolavoro.
Ma non sarebbe stato facile. E non sarebbe stato Gus Van Sant.
C’è solo un momento in cui, se un messaggio deve passare da questa storia, pare che passi. E non è un bel messaggio. E per questo mi è piaciuto. La sequenza finale dei due funerali, del padre naturale di Scott e del suo “padre psichedelico” Bob. Lo stridore tra le due situazioni paradossalmente affiancate, in un meccanismo in cui l’esercito di sbandati, alcolizzati, drogati, markettari, ladri sembra più autentico dell’altro, ricco di persone normali, composte, eleganti.
Sotto lo sguardo di uno Scott distante e, in qualche modo, ripugnante.
Mike Waters è solo. E il film non dona illusioni in merito. Ma i suoi orizzonti sono pur sempre sconfinati. E, nella sua totale vulnerabilità, è come se nessuno potesse ferirlo. O almeno, ferirlo di più.
Consigliato? Comunque sì. Vedere Belli e Dannati non è sbagliato. Non fosse altro per la sconvolgente bellezza di Keanu Reeves, che fa venire nostalgia degli anni novanta, quando i ragazzi potevano avere i capelli a tendina senza sembrare dei perfetti imbecilli.
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princifiume
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mercoledì 31 dicembre 2008
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river sei mitico!
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Ti amo, River. Riposa in pace, ovunque tu sia.
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julian
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venerdì 19 settembre 2008
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un film per ricordare river
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Il film in sè non è eccezionale: eccessivamente lento, inconcludente (forse volutamente) e retorico. Ma nonostante questo si lascia guardare e si rimane a sperare che Mike trovi la pace che cerca. La forza del film è River Phoenix, attore da compiagere per la sua prematura scomparsa, grande lutto per il cinema, qui in una delle sue intepretazioni più intense. Tanto che gran parte della notorietà del film è dovuta a lui. Scandalosa la mancata nomination agli Oscar.
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(di zerkalo)
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paride
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sabato 28 giugno 2008
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indimenticabile river
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Un po' onirico, un po' crudo, "Belli e dannati" racconta le parabole ascendenti e discendenti di due adolescenti di strada. Bellissima la fotografia, bravissimi gli attori. Eppure mi aspettavo qualcosa di più.
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dlaumor
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giovedì 6 marzo 2008
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river
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Coppa Volpi strameritata! Film controverso sotto molti punti di vista, andatura a scatti ma grandezza interpretativa di River P. che non può che lasciare il segno: intenso ma allo stesso tempo meditativo, esaltato e dolce e poi fisicamente dotato di bellezza e "dannatezza" che lo rendono uno dei grandi rimpianti del cinema ...ne avrebbe fatte...
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ingry
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domenica 2 marzo 2008
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belli e dannati
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belli lo sono, indubbiamente, ma dannati,bah...lo vorrebbero essere!è più una parabola di quanto l'amore riesce e redimere anche i più insospettabili nell'america di quegli anni, vedi Reeves che lo trova, e River Phoenix che trova l'amore proprio davanti ai suoi occhi,ma che però non è contraccambiato.
La società che Gus Van Sant dipinge è tremendamente divisa e tremendamente vera. Magari un altro regista un po piu esistenzialista l'avrebbe reso meglio questo mondo,con caratteri piu leggeri, però è uno stile che rende merito,ma non la sua prova migliore.
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suecatwoman
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giovedì 22 novembre 2007
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my own private idaho
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senza River Phoenix e quelle bellissime strade infinite il film forse sarebbe noioso. il suo Idaho personale, fatto di case diroccate, cieli apocalittici e lontane canzoni country è stupendo; dove la madre, di una rara bruttezza, lo accarezza e lo rassicura durante i suoi attacchi di narcolessia in pose da moderna Pietà michelangiolesca.dove ogni volta che ha un orgasmo case di legno marcio piovono dal cielo per schiantarsi sui campi. i capelli unti,i vestiti sporchi,i preservativi in tasca insieme ai fazzoletti usati,la saliva sul lato della bocca durente una fellatio, non sono riproduzioni cinematografiche del vero.Sono Vere.non esistono più film così.non esiste più River Phoenix.
[+] non ho mai visto questo film ma mi ispira troppo!
(di laletta)
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