vincenzo carboni
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lunedì 26 agosto 2002
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kkkkkkkkkkkkk!!!!
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Terre assolate, campi seminati a girasoli: ecco dove Avati decide di farci visitare il lato oscuro della luce. Questo film di genere (horror!) é forse uno dei più crudeli che abbia mai visto (insieme a più di un film di Fulci) e mi ha sempre affascinato per la capacità di penetrare territori inquietanti con la magia e la leggerezza della paura, la stessa che provavo da bambino quando non riuscivo a dormire al buio e immaginavo esseri spaventosi ad un palmo da me, dietro la barriera delle ombre. Ora non provo più quel genere di paura, ma mi da sollievo sapere che un uomo come Avati sappia riproporre paure ben più disperate (cosa c'é di là?) che ora mi appartengono e con cui riesco a convivere grazie a film come 'Zeder'
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miguel
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lunedì 28 maggio 2012
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viaggio nella paura in salsa provinciale
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Zeder di Pupi Avati è una delle migliori pellicole horror degli anni '80 con una atmosfera cupa, angosciante, claustrofobica capace di suscitare momenti di sano terrore e gelidi brividi senza necessariamente servirsi di effettoni speciali o chissà quali artefizi. Non che non vi siano presenti scene forti, anzi...ma ciò su cui punta il regista per creare paura nello spettatore è un sottile legame sociale e psicologico che verte su due aspetti principali; l'ambientazione nella riviera romagnola e nelle campagne circostanti, raggelante sotto questo punto di vista lo scenario dell'ex colonia per bambini, e l'atmosfera, come detto sopra in grado di coinvolgere con semplici ma efficaci scene, su tutte il bloccaggio del nastro nella macchina da scrivere girato in notturna e la parte finale con la scoperta del passaggio segreto per accedere alla colonia e da lì in poi l'accelerata vertiginosa che prende il film sino alle battute conclusive.
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Zeder di Pupi Avati è una delle migliori pellicole horror degli anni '80 con una atmosfera cupa, angosciante, claustrofobica capace di suscitare momenti di sano terrore e gelidi brividi senza necessariamente servirsi di effettoni speciali o chissà quali artefizi. Non che non vi siano presenti scene forti, anzi...ma ciò su cui punta il regista per creare paura nello spettatore è un sottile legame sociale e psicologico che verte su due aspetti principali; l'ambientazione nella riviera romagnola e nelle campagne circostanti, raggelante sotto questo punto di vista lo scenario dell'ex colonia per bambini, e l'atmosfera, come detto sopra in grado di coinvolgere con semplici ma efficaci scene, su tutte il bloccaggio del nastro nella macchina da scrivere girato in notturna e la parte finale con la scoperta del passaggio segreto per accedere alla colonia e da lì in poi l'accelerata vertiginosa che prende il film sino alle battute conclusive. Grandiosa la fotografia che in tono con l 'ambiente di provincia utilizza dei colori a tratti illuminati come quelli delle coste, a tratti cupi, ovattati come quelli della colonia o delle scene notturne, ottime le musiche e ottime anche le recitazioni, Gabriele Lavia è straordinario. Il film mantiene dall'inizio alla fine la giusta tensione senza mai cadere nel ridicolo; la vicenda è da subito intrigante, affascinante, misteriosa e man mano che ci si addentra nel contesto si vuol sempre di più arrivare a capire cosa stia accadendo...Pupi Avati dimostra ancora una volta dopo "Le strelle nel fosso" e "La casa dalle finestre che ridono" come per provocare paura basta immergere una storia horror in una realtà quotidiana come appunto è quella di una tranquilla provincia...Grandioso e consigliatissimo!!
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dandy
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giovedì 8 ottobre 2015
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il terreno k mette k.o.
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Un altro riuscito esempio di horror nostrano firmato Pupi Avati,che sceneggia col fedele fratello Antonio e Maurizio Costanzo(mi chiedo se oggi non si faccia almeno un pò schifo ripensando al talento che aveva).Come nel precedente "La casa delle finestre che ridono",un misterioso ed oscuro enigma in un'anonima provincia che coinvolge un giovane qualunque la cui curiosità finirà per costare carissima.Ben sfruttate le location,e riuscita l'idea di far irrompere l'assurdo nel quotidiano.Oggi certi indizi si decifrano più facilmente,e la storia,pur intrigante,fa meno effetto.E' comunque una riuscita alternativa ai gialli argentiani,capace di creare tensione e inquietudine con pochissimo sangue.
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Un altro riuscito esempio di horror nostrano firmato Pupi Avati,che sceneggia col fedele fratello Antonio e Maurizio Costanzo(mi chiedo se oggi non si faccia almeno un pò schifo ripensando al talento che aveva).Come nel precedente "La casa delle finestre che ridono",un misterioso ed oscuro enigma in un'anonima provincia che coinvolge un giovane qualunque la cui curiosità finirà per costare carissima.Ben sfruttate le location,e riuscita l'idea di far irrompere l'assurdo nel quotidiano.Oggi certi indizi si decifrano più facilmente,e la storia,pur intrigante,fa meno effetto.E' comunque una riuscita alternativa ai gialli argentiani,capace di creare tensione e inquietudine con pochissimo sangue.Con un azzeccato finale confuso.E Lavia è molto bravo,prima di commettere l' errore di diventare regista e dirigersi.Cesare Barbetti(il prof.Meyer)è stato uno dei migliori doppiatori nostrani,scomparso nel 2006.Musiche efficaci ma un pò invadenti di Ritz Ortolani.Curiose analogie col libro(successivo) di Stephen King "Pet Sematary" da cui verrà tratto nell'89 l'ottimo film omonimo.
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ralphscott
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venerdì 3 agosto 2018
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luglio,pupi e la pioggia.
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Ho visto questo bizzarro horror rurale,come il regista ama ricordare siano definiti certi suoi film,poche settimane fa',nel cortile di Palazzo Ducale a Genova. Il simpaticissimo regista ci ha introdotto a quest'opera lasciandosi prendere la mano: non finiva più di parlare,e molti,me compreso,avrebbero voluto continuasse;quelche si dice un affabulatore. Al momento della visione è arrivato il temporale estivo con relativo fuggi fuggi a piazzarsi sotto i colonnati,smembrando file di sedie. Complice un pessimo audio,della proiezione si è perso qualcosa. Resta il piacere di aver assistito ad una storia originale,dove il soprannaturale giustifica in parte certe pecche di sceneggiatura,con sequenze di puro coinvolgimento e trovate notevoli.
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Ho visto questo bizzarro horror rurale,come il regista ama ricordare siano definiti certi suoi film,poche settimane fa',nel cortile di Palazzo Ducale a Genova. Il simpaticissimo regista ci ha introdotto a quest'opera lasciandosi prendere la mano: non finiva più di parlare,e molti,me compreso,avrebbero voluto continuasse;quelche si dice un affabulatore. Al momento della visione è arrivato il temporale estivo con relativo fuggi fuggi a piazzarsi sotto i colonnati,smembrando file di sedie. Complice un pessimo audio,della proiezione si è perso qualcosa. Resta il piacere di aver assistito ad una storia originale,dove il soprannaturale giustifica in parte certe pecche di sceneggiatura,con sequenze di puro coinvolgimento e trovate notevoli. Con momenti topici,e altri quasi random,ravvivati da qualche nota di Riz Ortolani,tormentone,un serafico Lavia arriva al dunque,scavando in un nebuloso passato (ca va sans dire) ed approdando ad un finale beffardo. In questi giorni comincerò a leggere i romanzi scritti dal regista bolognese,certo di rivivere un po' della magia della sua infanzia contadina,vera anima della sua filmografia.
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figliounico
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lunedì 14 agosto 2023
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una caduta di stile
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Un improbabile horror fantascientifico di Pupi Avati del 1983, una caduta di stile rispetto a La casa dalle finestre che ridono, basato su una sceneggiatura approssimativa, scritta dallo stesso regista in collaborazione con Maurizio Costanzo, che attinge, sebbene in modo naif, ai luoghi comuni del genere zombi. L’intento degli autori era forse quello di creare una sintesi originale di thriller paranormale e di fantascienza, ma gli effetti speciali a basso costo spesso ridicoli, la mancanza nel cast di caratteristi di spicco e la pessima interpretazione del protagonista da parte del grande Gabriele Lavia, rendono il film quasi una parodia involontaria del genere, tipo L’Esorciccio, e non basta citare una delle scene più famose de’ La finestra sul cortile o ricreare le atmosfere di provincia dei film di Argento in alcune sequenze per dare spessore a uno dei film meno riusciti di Avati che si può catalogare a distanza di tempo come un B movie d’autore.
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