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paolo ciarpaglini
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lunedì 2 luglio 2007
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dici a me?..
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La frase, è l'emblema stesso del film. Quando l'uomo è lasciato solo con se stesso, ed ogni scopo viene meno, può accadere ciò che avviene a Travis. Far propria 'una missione', un capo espiatorio nel disperato tentativo di ritrovarsi, per dire: "ci sono anch'io". Il dato più impressionante che emerge da questo straordinario film, è la perfetta, allucinante, paranoica descrizione della solitudine, della drammatica implosione esistenziale di Travis. Travis è fondamentalmente un uomo giusto, che nutre una profonda avversione per il 'sistema'. Lo sente, e si sente estraneo, emarginandosi sempre più. Fino al momento in cui qualcosa in testa fa 'clic'. Il punto di non ritorno, è così irrevocabilmente oltrepassato, l'idea, il motivo cui il soggetto si aggrappa disperatamente, per non impazzire, per dire: "ci sono anch'io", diviene irrinunciabile.
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La frase, è l'emblema stesso del film. Quando l'uomo è lasciato solo con se stesso, ed ogni scopo viene meno, può accadere ciò che avviene a Travis. Far propria 'una missione', un capo espiatorio nel disperato tentativo di ritrovarsi, per dire: "ci sono anch'io". Il dato più impressionante che emerge da questo straordinario film, è la perfetta, allucinante, paranoica descrizione della solitudine, della drammatica implosione esistenziale di Travis. Travis è fondamentalmente un uomo giusto, che nutre una profonda avversione per il 'sistema'. Lo sente, e si sente estraneo, emarginandosi sempre più. Fino al momento in cui qualcosa in testa fa 'clic'. Il punto di non ritorno, è così irrevocabilmente oltrepassato, l'idea, il motivo cui il soggetto si aggrappa disperatamente, per non impazzire, per dire: "ci sono anch'io", diviene irrinunciabile. Qualunque esso sia. A mio avviso, grande copione e sceneggiatura, impeccabili, ma un De Niro, mostruoso, irripetibile. Jodie Foster appena adolescente, baby prostituta, è brava, ma non suscita tutto il clamore di allora, gli anni '70. Harvey Keitel, nella parte di sport, lascia già intravedere la 'stoffa', che lo vedrà poi negli anni divenire il grande che tutti sappiamo. Il successo del film credo lo si debba esclusivamente alla storia, semplice, diretta, che arriva. Il resto lo fa De Niro, paragonabile per intensità e realismo, al miglior Jack Nicholson in, 'Qualcuno volò..', o al miglior Al Pacino, visto in Carlito's way e Scarface. Pochi sono gli attori capaci di una tale immedesimazione nel personaggio, e sicuramente De Niro è uno dei più grandi. Un capolavoro assoluto.
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(di sunny1979)
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alain.m.
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venerdì 4 luglio 2008
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insomnia "on the road" a new york
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Banditi i perbenismi che aleggiano ipocriti in molti lungometraggi (ovviamente non firmati da lui), Scorsese dipinge uno spaccato di vita di un reduce del Vietnam. Esaurito e logorato dall'inutile quanto atroce guerra, travis (R.De Niro)in patria è svuotato da ogni sorta di sentimento; l'animo congelato segue solo la via dell'istinto e dei sensi. Fa da sfondo una New York by night che rispecchia il disagio del protagonista. Una New York marcia, corrotta, sporca e gremita di vizi, puttane e cinema a luci rossi. E' proprio nella notte di questa città che travis svolge il suo lavoro come taxista. Alienato completamente dal lavoro, travis guidando il suo taxi sembra uno spettatore che visiona e scruta i palinsesti di ogni quartiere, le varie vicende che si alteranano, sentendosì sempre più afflitto dalla solitudine e dal nichilissmo ma con una gran voglia di riscattare il suo gran vuoto; complice un'insonnia guastante con la follia nascente dalla solitudine, il protagonista è responsabile di un'episodio crudo e allucinante, compiuto all'interno di un bordello.
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Banditi i perbenismi che aleggiano ipocriti in molti lungometraggi (ovviamente non firmati da lui), Scorsese dipinge uno spaccato di vita di un reduce del Vietnam. Esaurito e logorato dall'inutile quanto atroce guerra, travis (R.De Niro)in patria è svuotato da ogni sorta di sentimento; l'animo congelato segue solo la via dell'istinto e dei sensi. Fa da sfondo una New York by night che rispecchia il disagio del protagonista. Una New York marcia, corrotta, sporca e gremita di vizi, puttane e cinema a luci rossi. E' proprio nella notte di questa città che travis svolge il suo lavoro come taxista. Alienato completamente dal lavoro, travis guidando il suo taxi sembra uno spettatore che visiona e scruta i palinsesti di ogni quartiere, le varie vicende che si alteranano, sentendosì sempre più afflitto dalla solitudine e dal nichilissmo ma con una gran voglia di riscattare il suo gran vuoto; complice un'insonnia guastante con la follia nascente dalla solitudine, il protagonista è responsabile di un'episodio crudo e allucinante, compiuto all'interno di un bordello.Proprio tale episodio lo renderà noto, fatto che gli permetterà di recuperare la propria personalità, dissoltasi fino a tal momento.
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il cinefilo
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martedì 14 febbraio 2012
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taxi driver:la mia ultima analisi
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Essere soli in una società marcia fino al midollo è una scelta,oppure un inspiegabile condanna?ecco un altro dei quesiti lanciati dal film e la risposta potrebbe essere:nessuna delle due.
Malgrado ciò che può apparire,il"dramma della solitudine"che deve subire De Niro/Travis non è tanto una punizione della vita circa la sorte subita(e fatta subire agli altri?)in Vietnam:essa non è di grande importanza nella comprensione di un simile personaggio(a dir poco affranto più dal presente che dal passato,ma una cosa non necessariamente esclude l'altra)quanto invece lo sono certi personaggi che emergono di tanto in tanto,come il cliente del taxi(lo stesso Scorsese)desideroso di uccidere la moglie perchè gli è infedele nel matrimonio.
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Essere soli in una società marcia fino al midollo è una scelta,oppure un inspiegabile condanna?ecco un altro dei quesiti lanciati dal film e la risposta potrebbe essere:nessuna delle due.
Malgrado ciò che può apparire,il"dramma della solitudine"che deve subire De Niro/Travis non è tanto una punizione della vita circa la sorte subita(e fatta subire agli altri?)in Vietnam:essa non è di grande importanza nella comprensione di un simile personaggio(a dir poco affranto più dal presente che dal passato,ma una cosa non necessariamente esclude l'altra)quanto invece lo sono certi personaggi che emergono di tanto in tanto,come il cliente del taxi(lo stesso Scorsese)desideroso di uccidere la moglie perchè gli è infedele nel matrimonio.
Gli amici con i quali Travis condivide quella che si può consacrare non come"una notte"ma come"LA notte"non sono altro che figure senza importanza nell'esistenza del protagonista,delle ombre alle quali rivolgersi nel tentativo,fallito,di isolare la propria perenne,spietata e indissolubile"amarezza del vivere"la quale si è condannati a vivere attraverso quei maledetti bassifondi Newyorkesi,massima espressione di questa angoscia esistenziale.
Non è stato un caso che abbia parlato di"ombre":nei fatti,il mondo di Travis è popolato,quasi esclusivamente,da quelle che io chiamo anche anime erranti cioè tutti coloro che non riescono a trovare la propria"via per il mondo"(per una ragione o per l'altra)se non quelle,tristi e volgari,dello sfruttamento minorile,della droga o dell'omicidio.
Anche(o soprattutto?)Travis Bickle è un"anima errante"(o forse è più corretto scrivere"dannata"?)che vede,alla fine del tunnel,nell'omicidio l'unico mezzo per portare un pò di giustizia in questo mondo e vedersi poi(da morto),imprevedibilmente,incoronare come"eroe"dai giornali.
CONCLUSIONE:in TAXI DRIVER la"sofferenza dello spirito"è l'unico,possibile e inquietante,stralcio di esistenza dell'uomo che si riesce a visualizzare con nitida chiarezza.
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maximilione
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martedì 16 ottobre 2012
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l'anima di scorsese
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Ogni grande Autore si costituisce come un misterioso e affascinante universo da esplorare. Un universo di archetipi, temi, lapsus e intoccabili segnali di riconoscimento.
Ogni grande Autore dà personalmente vita a questo immenso universo, mescolando, frullando e ricatalogando di volta in volta le sue tracce, inserendole a poco a poco in quelle manifestazioni contingenti che sono i film.
Ma per ogn
uno di questi grandi universi esiste un punto vibrante, una zona franca, una parte che illustra il tutto, che sublima totalmente l'anima di chi l'ha creato.
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Ogni grande Autore si costituisce come un misterioso e affascinante universo da esplorare. Un universo di archetipi, temi, lapsus e intoccabili segnali di riconoscimento.
Ogni grande Autore dà personalmente vita a questo immenso universo, mescolando, frullando e ricatalogando di volta in volta le sue tracce, inserendole a poco a poco in quelle manifestazioni contingenti che sono i film.
Ma per ogn
uno di questi grandi universi esiste un punto vibrante, una zona franca, una parte che illustra il tutto, che sublima totalmente l'anima di chi l'ha creato. Una sola opera che diventa il regista stesso, che ne illustra la quintessenza, che satura in modo completo l'universo sterminato di cui fa parte. Quello che, insomma, è “8½” per Fellini, “Quarto potere” per Welles, “C'era una volta in America” per Leone. Un compendio, una summa, un'opera-mondo.
Nella pressochè perfetta produzione di Martin Scorsese, è “Taxi driver”, più di ogni altro capolavoro, ad assurgere a questo ruolo determinante di cuore pulsante di un organismo, di cartina di tornasole attraverso cui illustrare globalmente la complessità di un universo filmico.
C'è, infatti, in questa pellicola estrema e capitale tutta l'anima del regista newyorkese: l'occhio sociologico, spietato e penetrante rivolto all'America; l'indagine inquieta e rigorosa sul male, sulla sua origine, la sua evoluzione, i suoi connotati, le sue forme; l'esplorazione muta della nevrosi che del male è la principale manifestazione; la presa di coscienza della fine dell'innocenza, dell'inevitabilità dell'alienazione, della solitudine, dell'incomunicabilità in un mondo gretto, malato, selvaggio; la prepotente e cupa dimensione religiosa, che avvolge la New York di celluloide, trasformandola in un inferno d'asfalto “in attesa di un diluvio universale che ripulirà le strade una volta per sempre”.
Travis Bickle, il più grande antieroe della storia del cinema, trasporta con il suo taxi i corpi marci di una squallida metropoli tardo-novecentesca come il traghettatore dantesco trascina le anime dei dannati oltre l'Acheronte, accompagnato dall'ultima colonna sonora del pupillo di Hitchcock Bernard Herrmann, che quando non arricchisce l'opprimente senso di apocalisse sociale, funziona da contrappunto alla desolazione implorante della colonna visiva, attraverso toni dolci e melodiosi.
Dalla sua postazione privilegiata, Travis osserva i dettagli di una realtà che pare disgregarsi sotto il peso dell'immondizia, concreta e morale, della civiltà occidentale. I soffitti rigonfi, la candele smozzate, i sedili sporchi di sangue e sperma, la vernice incrostata e cadente delle pareti imbrattate, la bruttezza porosa e ammuffita dei corpi e dei volti: tutto -accentuato com'è dalla fotografia iperrealistica di Michael Chapman- pare trasudare l'orrore e la decadenza di un mondo che attende solo la sua fine.
Questo viaggio dritto negli angoli più reconditi e aberranti dell'America va di pari passo con uno scandaglio che penetra sempre più a fondo l'anima nera del protagonista, il suo disagio esistenziale, la sua malattia morbosa, la condanna obbligata all'alienazione, all'isolamento e all'incomunicabità che tanto lo avvicina agli infimi eroi di Dostoevskij (“La solitudine mi ha perseguitato per tutta la vita, dappertutto. Nei bar, in macchina, per la strada, nei negozi, dappertutto. Non c'è scampo: sono nato per essere solo”).
Ma oltre ad essere l'opera più sostanziale e paradigmatica del cinema di Scorsese, “Taxi Driver” assume un posto di primo rilievo nella stessa storia del cinema per la sua carica innovante, che si manifesta insieme a livello tematico e strutturale, tanto da costituire una sorta di manifesto di quell'ondata rivoluzionaria che a partire dal '68 ribadì la supremazia dell'autore nel processo creativo del cinema americano, comunemente chiamata New Hollywood. E nello stesso tempo il più solido esempio di come ogni evoluzione verso il futuro sia necessariamente anche un ritorno al passato. Così non è un caso che Travis, nella sua definitiva, sanguinosa e apocalittica vendetta, si rapi la testa, assumendo i tratti degli antichi Mohicani d'America, dei quali rievoca i gesti tipici e le pratiche ritualistiche: l'attenzione dedicata alla costruzioni di marchingegni da adattare alle armi, l'allenamento fisico, il sacrale rogo di fiori morti nel lavabo. Solo allora, ancora più outsider e simbolicamente vicino a quella purezza che il Nuovo Mondo ha perduto, dà vita al diluvio universale capace di ripulire le coscienze. Se i colpi delle sue armi macellano fisicamente le carni dei disgustosi avventori della piccola Iris, il gesto scattoso e malato della pistola che il reietto reduce dal Vietnam puntualmente imita con la mano diventa l'indice simbolico di una volontà di distruzione che si abbatte contro tutti i valori della società occidentale. Il dito di Travis punta gli uomini, le donne, i politici, la scatola della televisione (poi rovesciata e distrutta in una scena di pregnante e nitido simbolismo), persino lo schermo cinematografico. Come a dire che quella necessaria ondata deve travolgere la stessa tradizione filmica, quella che Scorsese riplasma, rifacendosi alle lezioni degli antecedenti Cassavetes e Godard. Ancora il nuovo attraverso il vecchio.
E nel finale, un Travis moribondo punta quella pistola immaginaria alla sua testa, con le gocce di sangue che cadono ritmicamente dal dito teso. La purezza della vecchia America ha sconfitto l'orrore della nuova. Ma perchè sia possibile ricominciare da zero, il sangue versato va lavato a prezzo della propria vita. Al primo piano di un emaciato, strepitoso De Niro segue allora il movimento delle labbra che simulano un'esplosione. Più che uno sparo, un nuovo big bang.
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alex41
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giovedì 13 dicembre 2012
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il cinema duro e spietato di scorsese
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"Taxy Driver" è una pellicola insuperabile, uno dei migliori capolavori di Martin Scorsese. Un film incentrato sull'alienazione, sulla solitudine, sulla violenza, dai ritmi perfetti che non sfocia quasi mai nel banale. Travis Bickle è uno dei personaggi meglio descritti della storia del cinema, interpretato da un eccezionale Robert De Niro, il perfetto alter ego di tutti noi: un ragazzo stanco di come vanno le cose nell'ambiente dove vive e dove lavora, decide di ripulire il tutto partendo dall'incontro con la prostituta sedicenne Iris, interpretata da Jodie Foster, una delle migliori attrici americane del secolo scorso. Il film segue poi una storia di ordinaria follia, che porta Travis a voler uccidere il Presidente candidato in piazza davanti a tutte le persone, una scena che già oggi in un film farebbe scalpore.
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"Taxy Driver" è una pellicola insuperabile, uno dei migliori capolavori di Martin Scorsese. Un film incentrato sull'alienazione, sulla solitudine, sulla violenza, dai ritmi perfetti che non sfocia quasi mai nel banale. Travis Bickle è uno dei personaggi meglio descritti della storia del cinema, interpretato da un eccezionale Robert De Niro, il perfetto alter ego di tutti noi: un ragazzo stanco di come vanno le cose nell'ambiente dove vive e dove lavora, decide di ripulire il tutto partendo dall'incontro con la prostituta sedicenne Iris, interpretata da Jodie Foster, una delle migliori attrici americane del secolo scorso. Il film segue poi una storia di ordinaria follia, che porta Travis a voler uccidere il Presidente candidato in piazza davanti a tutte le persone, una scena che già oggi in un film farebbe scalpore.....figuriamoci nel 1976! Ma il capolavoro non è solo questo: fotografia sporca, soffocante e cupa, perfetta per ricreare l'atmosfera, personaggi indimenticabili, una colonna sonora jazz meravigliosa, una sceneggiatura degna del miglior Paul Schrader, e una regia perfetta. Bellissimo poi il cameo di Martin Scorsese nel ruolo di un passeggero in taxy con istinti omicidi. Con una sola pellicola Scorsese lancia un forte messaggio pessimista della situazione nelle strade notturne di New York, dove c'è sempre un giustiziere intento a voler "tirare lo sciacquone e ripulire il tutto". Film indimenticabile, ancora oggi attualissimo, una delle più realistiche e controverse pellicole mai realizzate. MAGNIFICO!
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enzo70
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sabato 16 marzo 2013
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un robert de niro monumentale
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Un Robert De Niro monumentale dà la caratterizzazione ad un film che in chiave molto particolare narra il dramma della solitudine di un uomo qualunque. Travis, il tassista newyorchese, è un reduce del Vietnam che cerca di condurre una vita normale, con un lavoro normale ed una donna normale. Ma l’integrazione non è solo un fatto di razze e di gente venuta chissà da dove; no, il grande messaggio di questo incredibile film di Scorsese è che il dramma umano lo troviamo nell’uomo che ci è seduto affianco o in quello che ci accompagna nel tragitto del taxi.
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Un Robert De Niro monumentale dà la caratterizzazione ad un film che in chiave molto particolare narra il dramma della solitudine di un uomo qualunque. Travis, il tassista newyorchese, è un reduce del Vietnam che cerca di condurre una vita normale, con un lavoro normale ed una donna normale. Ma l’integrazione non è solo un fatto di razze e di gente venuta chissà da dove; no, il grande messaggio di questo incredibile film di Scorsese è che il dramma umano lo troviamo nell’uomo che ci è seduto affianco o in quello che ci accompagna nel tragitto del taxi. Ed il dramma non è solo intimo, ma anche, e soprattutto, sociale; il rifiuto dell’abbandono dell’uomo che si realizza nell’accettare che una giovane ragazza, quasi una bambina, si prostituisca o la difficoltà ad accettare le parole e le manfrine dei governanti. Il film è crudo, anche nella regia, nella fotografia e nella sceneggiatura; e l’interpretazione di De Niro ne fa un pilastro del cinema di tutti i tempi. Il graduale declino dell’equilibrio psichico di Travis ed il conseguente passaggio nella sfera della follia viene interpretato da De Niro in maniera magistrale. Anche sotto il profilo sociale questo film rappresenta un momento di importante denuncia dell’american style of life, ma senza fronzoli ed il consueto condimento di banalità. No, con taxi driver la società americana viene vivisezionata. Insomma, ai limiti del capolavoro.
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malvex
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mercoledì 10 giugno 2015
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-effetto post guerra del vietnam-
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uno dei film più controversi e colmo di realismo del cinema americano degli anni '70.Travis Bickle è un ex marines reduce della guerra del Vietnam; egli soffre di una grave insonnia cronica che lo fa stare sveglio tutta la notte, cosi invece di vagabondare in giro per la metropolitana di notte decide di lavorare come tassista.Di giorno impiega il suo tempo libero guardando la tv in casa o andando nei cinema a luci rosse, le sue uniche amicizie sono i colleghi di lavoro che incotra spesso durante la pausa di lavoro in un bar.Travis inoltre è innamorato di Betsy, un'impiegata dello staff elettorale di Charles Palantine.La donna è inizialmente colpita da Travis e, dopo un breve corteggiamento, accetta un appuntamento con lui ma l'incontro, a causa della sprovvedutezza di lui, che non riesce ad uscire dalla sua routine portandola in un cinema a luci rosse, si risolve in un fallimento e la donna si allontana con l'intenzione di non rivederlo più.
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uno dei film più controversi e colmo di realismo del cinema americano degli anni '70.Travis Bickle è un ex marines reduce della guerra del Vietnam; egli soffre di una grave insonnia cronica che lo fa stare sveglio tutta la notte, cosi invece di vagabondare in giro per la metropolitana di notte decide di lavorare come tassista.Di giorno impiega il suo tempo libero guardando la tv in casa o andando nei cinema a luci rosse, le sue uniche amicizie sono i colleghi di lavoro che incotra spesso durante la pausa di lavoro in un bar.Travis inoltre è innamorato di Betsy, un'impiegata dello staff elettorale di Charles Palantine.La donna è inizialmente colpita da Travis e, dopo un breve corteggiamento, accetta un appuntamento con lui ma l'incontro, a causa della sprovvedutezza di lui, che non riesce ad uscire dalla sua routine portandola in un cinema a luci rosse, si risolve in un fallimento e la donna si allontana con l'intenzione di non rivederlo più. Travis è disgustato e arrabiato per quello che vede per le strade di New York Papponi che sfruttano ragazze per qualche misero dollaro, spacciatori/drogati,criminali che uccidono persone sempre e solo pe il vile denaro. Travis cerca di tirare fuori dal giro della prostituzione e della minacce del suo pappone Matthew(Harvey Keitel) Iris(Jodie Foster),una prostituta di appena 13anni.Travis, inascoltato anche quando ritiene di compiere una buona azione e sempre più solo, comincia a soffrire di gravi disturbi psichici e decide di comprare delle pistole e con queste di uccidere il senatore Palantine durante un comizio poiché, a suo pensare, egli rappresenta tutta l'ipocrisia della società statunitense, i nemici che ha sempre tentato di combattere e che non ha mai avuto il coraggio di affrontare, ma, al momento di compiere l'attentato, viene individuato tra la folla dalle sue guardie del corpo, riuscendo fortunosamente a sfuggire alla cattura.La sera stessa si reca nella zona dove lavora Iris, provoca il suo protettore, Matthew, e finisce con lo sparargli all'addome; quindi, dopo essersi fermato qualche istante sulle scale dell'edificio dove si prostituisce la tredicenne, sale verso la stanza della giovane e, ormai fuori controllo, spara anche all'affittacamere, ferendolo. Viene però a sua volta ferito di striscio al collo da Sport, nel frattempo sopraggiunto alle sue spalle, sanguinante ma ancora vivo, e subito freddato da Travis; identica sorte subisce un mafioso che si trovava nella stanza con Iris, dopo che questi lo aveva ferito al braccio, e infine l'affittacamere, finito con un colpo alla testa nonostante la supplica disperata della ragazza di non sparare. Terminata la sua "missione" Travis cerca di suicidarsi ma tutte le pistole a sua disposizione non hanno più munizioni e sfinito si adagia sul divano dove osserva gli agenti di polizia accorsi a causa della sparatoria. Travis cosi guadagna l'ammirazione delle persone e dei mass media della città per aver salvato una ragazzina dalla prostituzione,pur non sapendo che avrebbe voluto uccidere il senatore Charles Palantine cosa che se portata a termine avrebbe fatto passare Travis come un assasino.Il solitario e depresso Travis cosi alla fine del film diventa come un cittadino modello per la società americana una sorta di super-eroe metropolitano senza paura che cerca di cancellare tutto il marcio che della società.
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taxi_driver
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martedì 20 novembre 2001
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ma dici a me
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Per molti è un cult, per molti un film particolare, per me è il film. Taxi driver è un film che parla di emarginazione. Il film parla di un uomo solo e dimenticato da tutti che vive solo di lavoro e il cui unico svago è la pornografia. Quest'uomo poi scoprira che per essere riconosciuti dalla societa ogni uomo deve avere uno scopo nella vita, ma questo lo condurrà ad una esasperazione che lo porterà a compiere dei gesti anche sbagliati. Da non perdere.
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alan j-k-68 tasselli (luca comanducci)
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giovedì 23 settembre 2004
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taxi driver secondo alan j-k-68 tasselli
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TAXI DRIVER secondo Alan J-K-68 Tasselli
Nel 1976 l'America stava vivendo uno dei momenti piu' critici e controversi della sua duecentenaria storia: tra la fine degli anni '60 ed i primi anni '70, la Guerra in Vietnam, la 'Sporca Guerra', aveva annientato giovanissime vite, ragazzi nemmeno ventenni falciati implacabilmente dall'assurda ipocrisia guerrafondaia americana, la quale, in nome del 'sacro comandamento' dettato dal potere capitalistico /multimediatico, ignoro' ottusamente e senza scrupolo alcuno, gli effetti devastanti che ne sarebbero derivati non solo in termini puramente militaristi ma anche (e soprattutto) in termini di immagine di Paese fondato sulla Democrazia e sulla liberta' di esprimere la propria opinione.
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TAXI DRIVER secondo Alan J-K-68 Tasselli
Nel 1976 l'America stava vivendo uno dei momenti piu' critici e controversi della sua duecentenaria storia: tra la fine degli anni '60 ed i primi anni '70, la Guerra in Vietnam, la 'Sporca Guerra', aveva annientato giovanissime vite, ragazzi nemmeno ventenni falciati implacabilmente dall'assurda ipocrisia guerrafondaia americana, la quale, in nome del 'sacro comandamento' dettato dal potere capitalistico /multimediatico, ignoro' ottusamente e senza scrupolo alcuno, gli effetti devastanti che ne sarebbero derivati non solo in termini puramente militaristi ma anche (e soprattutto) in termini di immagine di Paese fondato sulla Democrazia e sulla liberta' di esprimere la propria opinione.
Ma, sebbene le vittime trucidate in Vietnam andranno a formare, tra le giovani menti americane, un profondo, destabilizzante sentimento di amara, acida disillusione, il piu' grande K.O. inferto all'apparentemente irreprensibile, inattaccabile establishment statunitense sarebbe stato causato da quello che a tutt'oggi e' considerato 'Lo Scandalo Politico del Secolo’: il 'WATERGATE'.
Attraverso il 'Watergate' l'America smarrisce drammaticamente se stessa, non si riconosce piu' nei propri ideali di Paese libero ed all'avanguardia: improvvisamente gli anni '70 assumono le sembianze di 'condotti oscuri' lungo i quali la coscienza di un popolo fino a pochi mesi prima altamente orgoglioso della propria nazione, tutto d’un tratto si trova costretto a confrontarsi con limiti e trasgressioni di un Sistema che sembrava inespugnabile, moralmente, socialmente e politicamente perfetto.
'TAXI DRIVER' di Martin Scorsese (1976) e', forse, lo 'specchio' piu' deliberatamente decadente di questo penoso processo di regressione sociale e culturale: attraverso la figura di un insonne tassista (magistralmente interpretato da un Robert De Niro in stato di grazia assoluta), la macchina da presa, ficcante, spregiudicata ed attentissima ai dettagli, fornisce allo spettatore uno spiazzante, cinico, 'terremotante' spaccato di quella 'miserabile umanita' che sembra vomitare da ogni angolo di ghetto newyorkese, certo un immaginario molto piu' simile ad un moderno Inferno Dantesco che ad 'ordinari avvicendamenti notturni da Metropoli in costante, irrefrenabile fermento'. Gia’ dalle prime oscure, tumultuose, agghiaccianti note in apertura, a fare da contrappunto ad un mephistofelico fumo rosso che sembra quasi voler minacciosamente uscire dal grande schermo onde inghiottire spettatori gia’ carichi di tensione ed aspettativa, si schiude dinanzi ai nostri occhi una dimensione in netta, sferzante antitesi alla vitalita’ da grande metropoli che funge da comune denominatore durante i concitati, nevrotici avvicendamenti diurni: subentra, come una lunga, opprimente ombra appesa al cielo, la notte: e’ come se le fogne, durante il giorno ordinarie ‘spugne’ assorbitrici del disordine e sciattoneria altrui, si ‘capovolgessero’, vomitando ogni forma di marciume sulle strade della citta’,.
Drogati, prostitute, spacciatori, magnaccia, criminali di ogni tipo assumono sembianze di ‘zombie notturni’ senza una meta: non attendono che la notte onde resuscitare e rituffarsi nel grande calderone di peccato e lussuria che senza sosta alcuna continua a girare diabolicamente, incessantemente su se stesso, fino a toccare il vertice supremo di auto-distruzione, meta ultima di una esistenza passata in mezzo al degrado piu’ totale ed irreversibile: New York diviene un immenso bordello, dal quale entrano ed escono personaggi dal dubbio passato e dal futuro ancora piu’ incerto. E’ al centro di questo malato caleidoscopio suburbano che irrompe, silenziosamente, la figura di Travis Bickle, tassista piu’ per sopravvivenza psichica che per mera necessita’ economica: attraverso il suo insormontabile, quasi raccapricciante malessere il volto dell’America assume connotati sinistri, decadenti, cinici: non c’e’ speranza di avere accesso all’intimita’ altrui: ‘ognuno per se, e nessuno per nessuno’, un’acida, sprezzante incomunicabilita’ regna sovrana nella grande citta’ e sembra lasciare agli iper-sensibili di turno nessuna possibilita’ di riscatto sociale, nessuna forma di integrazione umana. Bickle/De Niro e’ l’emblema, l’icona di questa sorta di ‘dissociazione metropolitana’, dissociazione derivante dalla spregevole, inquinante ottusita’ mentale che impazza e detta legge ovunque: poche pellicole come TAXI DRIVER hanno saputo cosi’ efficacemente fornire un quadretto di terrificante disumanita’ ed ‘oscuramento sociale’; la visualita’ di quel fetore notturno strascicato lungo le strade umide ed incerte della Metropoli e’ cosi’ spesso ed al contempo ‘presente’ e sopraffacente che si ha quasi l’impressione possa venire ‘annusato’ persino dallo spettatore al di la’ dello schermo.
Travis Bickle non e’ che l’ennesimo martire sopravvissuto alla Guerra del Vietnam, sebbene ora egli sia costretto ad affrontare un altro genere di ‘orrore’: una estrema solitudine, la quale giorno dopo giorno diviene sempre piu’ insostenibile: a questo stato mentale gia’ di per se’ drammatico nel suo gelido senso di vuoto, si sovrappone, altrettanto spietato, un sentimento di implacabile insofferenza verso le massicce dosi di ‘violenza notturna’ e caustico degrado morale espresso dagli infiniti ‘lati oscuri notturni’ dei ghetti newyorkesi. ‘TAXI DRIVER’ dunque assumera’ i connotati di ‘somma elegia’ ad una nevrosi collettiva dettata dalla perdita di qualsiasi punto di riferimento, per giungere infine ad uno stato di saturazione psichica al di la’ del quale potrebbe schiudersi il Nulla. E’ a questo stadio di atroce repressione umana ed emotiva che Bickle dara’ vita (passando attraverso una delle piu’ memorabili metamorfosi psico-fisiche che la Storia del Cinema ricordi) all’ ’anarchico guerriero metropolitano’ che, da solo contro tutti, nell’apocalittico, indimenticabile finale, spazzera’ via, sia fisicamente che simbolicamente, tutta la merda ingoiata fino a quel momento, aprendo nel nostro immaginario collettivo un piccolissimo, per quanto breve e splendidamente poetico, varco di illuminante speranza, quella stessa speranza che Travis, solo giorni addietro, vedeva come Dea irraggiungibile, troppo lontana persino da desiderare.
…per poi, con impareggiabile, ammirevole eleganza, tornare ad essere il Travis Bickle di sempre, sebbene senza piu’ quell’ombra di vendetta minacciosa ed incombente che fino a pochi istanti prima premeva ossessivamente sulla sua ultra-ricettiva coscienza di uomo sperduto e, chissa’, ora ritrovato ed in pace con se’ stesso.
…gia’, la pace… quell’estremo, beatificatorio senso di sollievo che traspare, lucente ed al contempo intriso di grigia malinconia, dai fotogrammi finali di questa immortale, imprescindibile, determinante ‘magnum opus’ cinematografica del Ventesimo Secolo.
ALAN J-K-68 TASSELLI (LUCA COMANDUCCI) … just nothing more than your ‘ordinary Travis Bickle of this Third Millennium’…
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martedì 7 marzo 2006
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cult ma non troppo...
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Taxi driver uscito nel 76’ e diretto da Martin Scorsese rappresenta un cult e un simbolo dell’era sociale e ideologica presente negli Stati Uniti durante gli anni 70’, gli anni della guerra in Vietnam, della crisi di identità che investiva il mondo della democrazia globale, del sopravanzare di un individualismo sfrenato, presente tutt’oggi nel nostro mondo. Premiato a Cannes e osannato da critica e pubblico, questo film diede la definitiva consacrazione a “mostri sacri” come De Niro (candidato agli oscar) e Jodie Foster che l’oscar lo vinse come migliore attrice non protagonista a soli tredici anni!!
Il film narra bene la storia di un reduce del Vietnam, Travis Bickle, che fatto ritorno nella madre patria, si ritrova tutto solo a dover affrontare una realtà urbana in rapida trasformazione.
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Taxi driver uscito nel 76’ e diretto da Martin Scorsese rappresenta un cult e un simbolo dell’era sociale e ideologica presente negli Stati Uniti durante gli anni 70’, gli anni della guerra in Vietnam, della crisi di identità che investiva il mondo della democrazia globale, del sopravanzare di un individualismo sfrenato, presente tutt’oggi nel nostro mondo. Premiato a Cannes e osannato da critica e pubblico, questo film diede la definitiva consacrazione a “mostri sacri” come De Niro (candidato agli oscar) e Jodie Foster che l’oscar lo vinse come migliore attrice non protagonista a soli tredici anni!!
Il film narra bene la storia di un reduce del Vietnam, Travis Bickle, che fatto ritorno nella madre patria, si ritrova tutto solo a dover affrontare una realtà urbana in rapida trasformazione. Nel caso specifico trattasi di New York, con i suoi immensi quartieri in perenne stato confusionale, dove disordine e violenza trovano giustificazione in un malinteso senso di libertà individuale.
Travis, sempre più spaesato, cerca di fuggire dalla solitudine e dall’insonnia che lo attanaglia facendosi assumere come tassista di notte. Vagare nelle strade di una New York sordida e cruenta alimenta la sua frustrazione e la conseguente voglia di riscatto. Ad amplificare questo stato d’animo contribuiscono i continui fallimenti ad intraprendere una relazione sentimentale, unica ancora di salvezza al cospetto di una solitudine che si trasformerà gradualmente in paranoia e depressione.
Travis identifica la causa della sua condizione emotiva nella figura di un aspirante presidente democratico, il quale vuole dare maggiori forze e poteri allo strato basso della popolo americano, tenuto fino a quel momento ai margini della società. Travis si chiude nel suo squallido appartamento e qui inizia il suo farneticante progetto : acquista armi e si prepara a vestire i panni del giustiziere, al fine di uccidere il candidato premier, ma soprattutto per salvare dalla strada una prostituta tredicenne (Jodie Foster) che rappresenta nella sua mente l’unica e remota speranza di un’ innocenza ormai smarrita nel corrotto mondo urbano. Il primo obbiettivo fallisce, ma il secondo si concretizza : Travis ucciderà il magnaccia e i clienti della giovanissima ragazza, la quale assisterà allo spargimento di sangue del folle tassista.
Il finale resta un dilemma. Travis, colpito al collo, si accascia esanime, e fissa un poliziotto intervenuto sul luogo del delitto. Travis appare sognante, dunque ci vogliamo augurare che il seguito della sceneggiatura sia un puro sogno del protagonista, il quale immagine di guarire dal colpo subito, di ritrovare i suoi amici tassisti e perfino di dare un passaggio alla donna che lo rifiutò.
Ma soprattutto si avvera la cosa a cui teneva di più, Iris (la prostituta interpretata da Jodie Foster) torna dai familiari abbandonando il mondo tanto odiato dal tassista.
A nostro parere, il tutt’oggi cult firmato da Scorsese trova le giustificazioni del suo successo null’originalità della sceneggiatura e di alcune scelte di regia, ad esempio il fatto di concentrare molto tempo sul progressivo alienamento del protagonista, il quale è reso in modo eccellente.
Il film scava nel profondo della depressione, della solitudine e della paranoia come nessun altro film, indagando sulle cause di questo determinato stato d’animo, e fornendo una visione quanto mai chiara del fenomeno. Non a caso la sceneggiatura è in parte autobiografica, l’autore è Schrader, famoso sceneggiatore che abbandonato dalla moglie, aveva cominciato a soffrire di insonnia e ad esorcizzare i fantasmi i fantasmi notturni frequentando cinema hard e strade popolate da tossicodipendenti e prostitute. Ciò conferisce alla trama maggior peso e penetratività, e si vede e si sente. Anche la parte del tentato omicidio al candidato premier è reale, ma è tratta da un articolo di cronaca estrapolato dal regista italo – americano.
Sull’interpretazione degli attori principali e in particolare di De Niro si dovrebbe poi scrivere una recensione a parte, dunque limitiamoci a dire : fenomenali.
Il punto debole del film risiede forse in alcune scelte della regia, o per meglio dire in alcune pecche. Ad esempio è innegabile che i discorsi e anche le riflessioni di Travis appaiano qualche volta superficiali, da questo punto di vista forse si poteva fare di più, ma probabilmente anche questo rende il tema del film, che comunque parla di una persona (Travis) intelligente ma ignorante, e disadattata. Stesso discorso vale per il ritmo del film che non incalza, ma forse anche questo lo rende originale, e rende l’analogia con la piattezza della vita di Travis. Certamente, per quanto sia stata apprezzata, la colonna sonora è una spalla sotto a tutte le componenti.
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