luca romanelli
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mercoledì 27 febbraio 2002
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terrorizzante
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Dopo tre film di scarso successo di pubblico in cui affrontava il tema del fantastico ambientandolo nella sua campagna emiliana, Avati esordisce nell'horror con un film originale quanto davvero inquietante. L'atmosfera serena e rilassata dell'inizio si fa via via più lugubre e macabra, e il calvario del protagonista non può non essere vissuto in prima persona anche dallo spettatore. Per chi sa apprezzare il vero horror d'atmosfera.
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buono legnani
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martedì 30 aprile 2002
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sono ancora vive!
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Capolavoro assoluto, il miglior film di sempre dell'horror italiano. Da vedere e rivedere, per riprovare gli stessi brividi. Flash back da antologìa. Indimenticabile l'angosciante voce di Buono Legnani (datagli da Gianni Cavina). Finale straordinario, bruciante, che porta sgomento e ammirazione. Da venerare come fosse un'icona.
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marco michielis
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domenica 28 agosto 2011
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la complicità di un intero paese
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Nel film forse più famoso di Pupi Avati a spaventare di più non sono tanto gli omicidi, quantunque efferati e brutali, delle sorelle Legnani, bensì l'incredibile silenzio e la complicità dei compaesani, i quali, non solo non denunciano i crimini delle orride vecchie ( ad eccezione della chiamata alla polizia del sindaco verso la fine), ma addirittura le aiutano a procurarsi nuove vittime. Stefano e la giovane maestra si ritrovano invischiati in un'enorme trappola, da cui apparentemente non c'è via di scampo ( alla fine, la polizia arriverà in tempo? E quella mano sull'albero cosa rappresenta?). A contrastare in modo tremendamente efficace con le solari inquadrature del paesaggio emiliano, il regista pone le riprese tetre ed inquietanti effettuate all'interno della casa dove i due giovani alloggiano, credendo di dover convivere unicamente con una vecchia paralitica.
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Nel film forse più famoso di Pupi Avati a spaventare di più non sono tanto gli omicidi, quantunque efferati e brutali, delle sorelle Legnani, bensì l'incredibile silenzio e la complicità dei compaesani, i quali, non solo non denunciano i crimini delle orride vecchie ( ad eccezione della chiamata alla polizia del sindaco verso la fine), ma addirittura le aiutano a procurarsi nuove vittime. Stefano e la giovane maestra si ritrovano invischiati in un'enorme trappola, da cui apparentemente non c'è via di scampo ( alla fine, la polizia arriverà in tempo? E quella mano sull'albero cosa rappresenta?). A contrastare in modo tremendamente efficace con le solari inquadrature del paesaggio emiliano, il regista pone le riprese tetre ed inquietanti effettuate all'interno della casa dove i due giovani alloggiano, credendo di dover convivere unicamente con una vecchia paralitica... Come se non bastasse, la colonna sonora di Tommasi, classica nenia angosciosa e ripetitiva da horror, carica di ancor maggior drammaticità una pellicola già di per sè conturbante. Ottimo film, insomma, da gustare tutto d'un fiato, fino al finale che, sebbene qualcosa si potesse già intuire (il prete non la racconta giusta, Stefano è stato mandato in quella casa con una scusa inventata), ci lascia con il cuore in gola per la paura. Menomale, sennò che horror sarebbe?!
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nicola puccini
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venerdì 2 marzo 2001
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quella terribile casa!
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Giallo horror disturbante. Un angoscioso dipinto narra un fatto di sangue, l'allucinazione della sifilide, la tragica morte di un pittore. Umido, morboso, di una religiosità ambigua. Tra le cose migliori di Avati.
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(di dede =))
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henry
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martedì 22 maggio 2007
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una piccola perla dell'horror
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Avati, dopo i grossi guai derivati dall'antecedente film 'Bordella', gira un horror a bassissimo costo completamente ambientato nella Bassa Padana. Insolito nell'intreccio, assolutamente realistico nella messinscene e nella descrizione dei personaggi, il film ha il suo punto di forza nell'originare la paura con gli strumenti più semplici che si hanno a disposizione: la paura e la musica. Questo horror può infatti contare su una solida sceneggiatura (che alterna sapientemente realismo a tratti di commedia nerissima), su location vincenti (il paesino padano della porta accanto è il teatro ideale per un'ambientazione da incubo) e su un intreccio sempre avvolto nel mistero, fino al sanguinolento (e sospeso) finale a sorpresa.
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Avati, dopo i grossi guai derivati dall'antecedente film 'Bordella', gira un horror a bassissimo costo completamente ambientato nella Bassa Padana. Insolito nell'intreccio, assolutamente realistico nella messinscene e nella descrizione dei personaggi, il film ha il suo punto di forza nell'originare la paura con gli strumenti più semplici che si hanno a disposizione: la paura e la musica. Questo horror può infatti contare su una solida sceneggiatura (che alterna sapientemente realismo a tratti di commedia nerissima), su location vincenti (il paesino padano della porta accanto è il teatro ideale per un'ambientazione da incubo) e su un intreccio sempre avvolto nel mistero, fino al sanguinolento (e sospeso) finale a sorpresa. I dettagli macabri non mancano ma stavolta non ci troviamo alla fiera dello splatter e le sequenze si suspense più violente sono necessarie e mai gratuite. Probabilmente il miglior film di Avati di sempre e una pietra miliare nell'horror italiano. La maggior parte degli attori saranno utilizzati l'anno dopo nel meno riuscito in 'Tutti defunti...tranne i morti'.
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osteriacinematografo
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lunedì 9 gennaio 2012
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terrore antico
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Bassa Padania.
Un restauratore viene chiamato in un paesino per ripristinare l’affresco di un artista ormai deceduto, artista noto per l’insania e per aver immortalato soggetti in agonia.
La vicenda si sviluppa lentamente, portando a galla gradualmente paura e inquietudine, fino a rivelare l’abisso obliato della follia.
Le atmosfere cupe, umide, la nebbia che s’insinua fra i vicoli e nelle coscienze degli individui, i personaggi inquietanti che popolano questa provincia profonda e sperduta, la musica e i tasti d’un pianoforte che accompagnano in modo angoscioso i momenti topici del film rendono l’horror artigianale di Avati un buon prodotto, da riscoprire, in un mondo in cui, gli anni 70 (un dove, e non un quando), il montaggio non aveva ancora avuto la meglio sulla storia.
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Bassa Padania.
Un restauratore viene chiamato in un paesino per ripristinare l’affresco di un artista ormai deceduto, artista noto per l’insania e per aver immortalato soggetti in agonia.
La vicenda si sviluppa lentamente, portando a galla gradualmente paura e inquietudine, fino a rivelare l’abisso obliato della follia.
Le atmosfere cupe, umide, la nebbia che s’insinua fra i vicoli e nelle coscienze degli individui, i personaggi inquietanti che popolano questa provincia profonda e sperduta, la musica e i tasti d’un pianoforte che accompagnano in modo angoscioso i momenti topici del film rendono l’horror artigianale di Avati un buon prodotto, da riscoprire, in un mondo in cui, gli anni 70 (un dove, e non un quando), il montaggio non aveva ancora avuto la meglio sulla storia.
Non si può tralasciare il riferimento, nemmeno troppo “velato”, al Norman Bates di Hitchcock, in particolar modo nella spirale che stritola il protagonista alla fine del film.
Un consiglio, che vale per tutte le opere che invecchiano (ma che invecchiano bene) e che sono state realizzate in altre epoche con mezzi scarsissimi: prima di usufruirne, lavorate su voi stessi, in modo leggero, impalpabile, e indossate occhi antichi, retrò, capaci di adattarsi al passato, di filtrare il tempo.
Ne trarrete giovamento.
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luca bg
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mercoledì 1 agosto 2007
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lino capolicchio
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Il film merita di essere pagagonato alla stregua di profondo rosso e a tratti ne è forse migliore vista l'originalità della storia e la suspense in crescendo nel finale da cardiopalma, e chi andrebbe a pensare al parroco del paese che in realtà è una delle maledette sorelle?
Geniale questo Pupi Avati che io apprezzo molto anche in altre opere anche se non come questa.
Rimane sicuramente un caso isolato di film orror fuori dal comune.
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dandy
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lunedì 22 ottobre 2012
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da quelle finestre escono risa di orrore.
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Un film a suo modo unico nel contesto italiano(e non).Più vicino al seguente "Shining"(abitazioni con un passato di sangue,follia latente) che al coevo thriller grandguignolesco alla Dario Argento(all'epoca al top della carriera e dell'inventiva).Avati,sceneggiatore tra gli altri,con Maurizio Costanzo(quando ancora aveva il cervello a posto)e Gianni Cavina(che interpreta Coppola),azzecca l'idea di trasformare un anonimo paesino del Ferrarese in un autentico antro del male.Male che ha fagocitato l'intera popolazione,e i cui segreti si scoprono a un carissimo prezzo.Inevitabilmente datato per certi aspetti(ritmo lento,flashback non proprio raffinati,la "congiura"ostentata dai paesani nei confronti del protagonista fin dall'inizio)ma ancora inquitenante e sorprendente nel riuscito mix tra orrore,grottesco e patologico.
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Un film a suo modo unico nel contesto italiano(e non).Più vicino al seguente "Shining"(abitazioni con un passato di sangue,follia latente) che al coevo thriller grandguignolesco alla Dario Argento(all'epoca al top della carriera e dell'inventiva).Avati,sceneggiatore tra gli altri,con Maurizio Costanzo(quando ancora aveva il cervello a posto)e Gianni Cavina(che interpreta Coppola),azzecca l'idea di trasformare un anonimo paesino del Ferrarese in un autentico antro del male.Male che ha fagocitato l'intera popolazione,e i cui segreti si scoprono a un carissimo prezzo.Inevitabilmente datato per certi aspetti(ritmo lento,flashback non proprio raffinati,la "congiura"ostentata dai paesani nei confronti del protagonista fin dall'inizio)ma ancora inquitenante e sorprendente nel riuscito mix tra orrore,grottesco e patologico.E l'atmosfera è opprimente,claustrofobica,riducendo al minimo la violenza.La sorpresa finale poi,è davvero sbalorditiva,è ciò che segue ha il pregio di non essere accomodante o consolatorio.Funzionali musiche di Amedeo Tommasi.Avati ritenterà in seguito questa strada con "Zeder"(1983),"L'arcano incantatore"(1996),e il più recente"Il nascondiglio"del 2007(questo è decisamente brutto).Piccola curiosità:in una scena si vede distintamente tremare il suolo.E'la scossa sismica che colpì il Friuli nel '76.
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flegiàs tn
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giovedì 27 marzo 2008
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colore nero
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Nello sconsolante panorama del cinema italiano, e nella povertà dei suoi ricambi, il nome di Pupi Avati merita un qualche rispetto per la coerenza con cui, tra soprassalti dovuti ora alla censura ora alla distribuzione, conduce un suo discorso sull'irreale grottesco del nostro paese, di cui sono ultimi esempi La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone, Bordella (che ha spunti accattivanti anche se non conclusi) e questa Casa dalle finestre che ridono, opera in cui meglio si esprimono - e si delimitano - le sue qualità e anche le sue abilità di "thrillerman" contrapposto ai sadici brividi alla Dario Argento. L'elemento più affascinante di questo film, per altri versi assai facile e modesto, è l'aver composto un intrigo-suspence ambientandolo, invece che nel solito cosmo codificato della città, in un paesino nelle valli di Comacchio, dalle parti in cui vive l'Agnese di Montaldo.
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Nello sconsolante panorama del cinema italiano, e nella povertà dei suoi ricambi, il nome di Pupi Avati merita un qualche rispetto per la coerenza con cui, tra soprassalti dovuti ora alla censura ora alla distribuzione, conduce un suo discorso sull'irreale grottesco del nostro paese, di cui sono ultimi esempi La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone, Bordella (che ha spunti accattivanti anche se non conclusi) e questa Casa dalle finestre che ridono, opera in cui meglio si esprimono - e si delimitano - le sue qualità e anche le sue abilità di "thrillerman" contrapposto ai sadici brividi alla Dario Argento. L'elemento più affascinante di questo film, per altri versi assai facile e modesto, è l'aver composto un intrigo-suspence ambientandolo, invece che nel solito cosmo codificato della città, in un paesino nelle valli di Comacchio, dalle parti in cui vive l'Agnese di Montaldo. In questo contorno surreale, colorato e sghembo, che non può non ricordare la follia della pittura di Cosmè Tura, gli elementi psicologici della storia assumono, proprio in virtù dell'atmosfera fisica che li circonda (il fango, le rane, le notti ombrose di nebbia), una loro rilevanza che si fa più misteriosa e anche, da un certo punto di vista, più verosimile. Insomma, a prenderlo sul serio, diciamo che questo è un ritratto deformato di una provincia italiana che ha in nuce molti passivi; a prenderlo più superficialmente diciamo che è la storia bizzarra di alcuni nevrotici e spasimanti, di quelli che solo il cinema riesce a inventare.
Dunque siamo nel Ferrarese: è qui che capita, per restaurare l'affresco di una chiesa, un giovane pittore. Si rende subito conto di essere circondato da gente matta, da esemplari di una fauna mostruosa. E Avati, dall'interno e dall'esterno, pur sovrappopolando la pellicola di effetti ed effettacci, ci sa trasmettere questo tipo di impressionismo psicologico. Lo spettatore, insomma, si identifica col protagonista e con lui vive l'avventura, non ci sono altri elementi per metterlo al corrente dei "mistero".
Deformando l'ottica della verosimiglianza e del naturalismo in funzione dell'effetto-thrilling che puntualmente spunta, Avati ci mostra le vicissitudini esasperate del giovane artista (ben impersonato da Lino Capolicchio): dalle prime telefonate minatorie e anonime, alla morte di un amico, allo strano comportamento di tutti coloro che lo circondano. La chiave del film sta nella figura del pittore defunto, autore dell'affresco che il giovane deve restaurare: una strana figura che - si dice - prediligesse ritrarre l'angoscia e, in particolare, gli ultimi istanti, precipitandosi presso i moribondi per carpirne gli ultimi sguardi d'agonia. Se a questo aggiungete che ben presto nasce il sospetto che egli stesso e le sue diaboliche sorelle architettassero a bella posta le morti, avrete idea del pasticcio in cui ci si trova e dei variopinti colpi di scena che la pellicola offre, anche in quantità eccedente alla bisogna. Minacciato, spaventato (e innamorato di una ragazzina che farà poi le spese del suo eroismo), il pittore intuisce che la leggenda nasconde una turpe verità di cui tutto il paese è rimasto complice e vittima. Ognuno trama nell'ombra della notte, come una anguilla. La vicenda si complica per sfociare poi in un finale spaventoso, hitchcokiano, e anche inverecondo.
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giu/da(g)
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martedì 21 febbraio 2012
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la morte vien dalla campagna
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Stefano (Lino Capolicchio), un giovane restauratore, riceve l’incarico di riportare alla luce il martirio di San Sebastiano, affresco dipinto nella chiesa di uno sperduto paese dell’Emilia Romagna da Buono Legnani, un folle pittore naif morto diversi anni prima. Fin da subito però appare chiaro che una fitta coltre di omertà nel paese avvolge la vita dell’artista, celando dietro di sé un orribile segreto. Come è stato scritto più volte la grande intuizione di Avati è stata quella di ambientare un film horror in un ambiente solare come quello campagnolo, ma che tuttavia diventa improvvisamente inquietante – anche nell’immaginario comune – quando ci si imbatte nelle strane storie di paese e nei casolari abbandonati lungo la strada.
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Stefano (Lino Capolicchio), un giovane restauratore, riceve l’incarico di riportare alla luce il martirio di San Sebastiano, affresco dipinto nella chiesa di uno sperduto paese dell’Emilia Romagna da Buono Legnani, un folle pittore naif morto diversi anni prima. Fin da subito però appare chiaro che una fitta coltre di omertà nel paese avvolge la vita dell’artista, celando dietro di sé un orribile segreto. Come è stato scritto più volte la grande intuizione di Avati è stata quella di ambientare un film horror in un ambiente solare come quello campagnolo, ma che tuttavia diventa improvvisamente inquietante – anche nell’immaginario comune – quando ci si imbatte nelle strane storie di paese e nei casolari abbandonati lungo la strada. La casa dalle finestre che ridono si presenta quindi come un thriller ordinato, curato nei minimi particolari e ben girato grazie ad un ritmo ben distribuito che svela astutamente l’intrico della trama, sebbene con qualche caduta negli “effetti speciali”, comprensibile e quindi perdonabile. Nonostante ciò, a quasi quarant’anni di distanza, è un film ancora capace di reggere splendidamente la prova
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