Non si deve profanare il sonno dei morti

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Un film di Jorge Grau. Con Ray Lovelock, Arthur Kennedy, Christine Galbo, Giorgio Trestini, José Lifante.
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Titolo originale No profanar el sueño de los muertos. Horror, durata 90 min. - Italia, Spagna 1974. MYMONETRO Non si deve profanare il sonno dei morti * * 1/2 - - valutazione media: 2,69 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La farina nel sacco Valutazione 4 stelle su cinque

di Tom Cine


Feedback: 4170 | altri commenti e recensioni di Tom Cine
venerdì 8 gennaio 2021

Innanzitutto, bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: gli zombi antropofagi sono creature plasmate dalla fantasia di George Adrian Romero (che si ispirò a quelli della religione voodoo) per la  realizzazione di quel capolavoro assoluto che é “La notte dei morti viventi”. Quindi, molta della farina che c’è nel sacco dei realizzatori di questo film arriva dalla pellicola di Romero.  Tuttavia, questo film diretto da Jorge Grau non è da sottovalutare: come alcuni spaghetti western nati sulla scia del successo dei film di Sergio Leone, “Non si deve profanare il sonno dei morti” sa ritagliarsi, pur avendo dei debiti di riconoscenza con il classico di Romero, uno spazio ed un fascino tutti suoi. 

La causa del risveglio dei morti, in questo film, risiede in una infernale macchina antiparassitaria il cui uso viene approvato dal Ministero per l’Agricoltura inglese. Un antiquario che ha appena abbandonato la città (Manchester) per trascorrere un tranquillo fine settimana in campagna, George (il compianto Ray Lovelock), dopo esser stato involontariamente costretto ad un repentino cambio di programma da una donna, Edna, si trova coinvolto in una serie di sinistri eventi. La donna sta, infatti, andando a trovare la sorella ed il cognato per discutere di una urgente questione familiare, ma il secondo viene ritrovato ucciso misteriosamente. Come se non bastasse, durante una sosta, Edna viene aggredita da un individuo che, però, risulta essere morto da due giorni. Ad indagare sull’omicidio del cognato di Edna è un ispettore di polizia violento e ottuso che finisce col prendere di mira la donna ed il povero George, i quali scopriranno che i funesti eventi sono scatenati dagli ultrasuoni della macchina antiparassitaria che non solo stermina i parassiti, ma riporta in vita i cadaveri delle persone morte da poco tempo per trasformarle in zombi contagiosi e antropofagi.

“Non si deve profanare il sonno dei morti” è una coproduzione italo-spagnola realizzata nel 1974, nel mezzo di un decennio turbolento e ricco di cambiamenti e ne assorbe gran parte dei temi allora in voga: la preoccupazione ecologista per l’inquinamento, la critica al potere  costituito (l’ispettore interpretato da Arthur Kennedy è uno dei poliziotti più ottusi, ostili, odiosi e violenti mai apparsi sullo schermo), l’ossessione per un ritorno ad uno stile di vita più bucolico e libero e perfino la paura verso le nuove forme di religiosità che avanzarono parecchio, in quel periodo, nell’Occidente. I catalizzatori di queste tensioni sociali sono il giovane antiquario e l’ispettore, che aggiungono alla storia una chiave di lettura politica e sociale molto interessante. Ma questo non è un film “di denuncia”, bensì un film “di genere” (distinzione orribile, ma molto ben presente in quel decennio) che riesce non solo a coniugare bene la contrapposizione ideologica dei due personaggi principali con una storia horror, ma riesce anche ad affascinare, nonostante lo spunto non originalissimo ed il risibile pretesto della macchina antiparassitaria, ammantandosi di un’atmosfera macabra e apocalittica assai ben riuscita e piuttosto inquietante, perfino funerea.  Se proprio si vuole trovare un difetto in questo film, si può tranquillamente rilevare che la sceneggiatura, qualche volta, forse chiede troppo alla sospensione dell’incredulità  da parte degli spettatori (dubito molto che un tizio sospettato di omicidio, per assicurarsi che un morto sia realmente tale, si metta a sbirciare nella bara del  presunto cadavere, nella cappella di un cimitero, senza aspettare l’autorizzazione del custode) ma è un film horror che, in generale, funziona ottimamente e che riesce a trasmettere, ancora oggi, non pochi brividi. Alla sua complessiva riuscita contribuiscono, oltre al buon cast (nel quale spicca il compianto Ray Lovelock), soprattutto le azzeccate location, i raccapriccianti e sanguinosissimi effetti speciali di Giannetto De Rossi e le stranianti musiche di Giuliano Sorgini. Infine, la regia di Grau sa utilizzare gli ambienti, trasmettendo una sensazione di perenne pericolo sia quando inquadra gli spazi chiusi (i corridoi dell’ospedale, per esempio)  sia quando ci fa vedere gli esterni con la campagna inglese, sfruttando bene quell’attesa che è alla base di tutto il genere horror: l’attesa che, sotto mentite spoglie (di zombi, in questo caso), irrompano l’irrazionale e la morte.

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