tarantinofan96
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mercoledì 20 maggio 2015
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black sabbath
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Mario Bava racconta il terrore con tre storie narrativamente diverse tra loro, ma che racchiudono tutte lo stile classico del regista: romanticismo unito ad orrore puro, regia tecnicamente perfetta e, come sempre, un magistrale uso delle luci capaci di creare atmosfere lugubri e squisitamente pop.
L'episodio "I Wurdalak" è un capolavoro già da solo.
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Mario Bava racconta il terrore con tre storie narrativamente diverse tra loro, ma che racchiudono tutte lo stile classico del regista: romanticismo unito ad orrore puro, regia tecnicamente perfetta e, come sempre, un magistrale uso delle luci capaci di creare atmosfere lugubri e squisitamente pop.
L'episodio "I Wurdalak" è un capolavoro già da solo.
L'episodio "La goccia d'acqua" è terrore allo stato puro.
L'episodio "Il telefono" è forse quello meno bello dei tre, ma, grazie alla capacità di Bava nel saper gestire gli interni e mantenere la tensione con continui colpi di scena, rimane un prodotto di notevole fattura.
Praticamente tutti i registi di film horror e di genere (ma non solo) sono debitori di Mario Bava e di questo film, che è sicuramente uno dei migliori prodotti horror e di genere di sempre; un film in cui Bava ci mostra cosa sia un film dell'orrore per poi svelare che in realtà è tutta illusione, tutto un trucco, in uno dei finali più inaspettati e metacinematograficamente parlando più riusciti.
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fedeleto
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lunedì 18 maggio 2015
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i 3 capolavori della paura
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Pochi sono i registi Horror italiani che hanno toccato vertici di questo livello.Mario Bava dopo l'ottimo giallo LA RAGAZZA CHE SAPEVA TROPPO, Torna all'horror con questa straordinaria pellicola.Diviso in tre episodi, vediamo nel primo (il telefono) una donna che viene minacciata al telefono e seppur sembra uno scherzo di una sua amica, c'e' lo spazio a qualcosa di più imprevedibile.Nel secondo episodio (i wurdalak) una famiglia aspetta con ansia il vecchio Gorka, e tornato a casa incomincia a vampirizzare la famiglia.Chi si salvera'? Nel terzo e ultimo episodio (la goccia) un'infermiera viene chiamata con urgenza nella notte per vegliare su una defunta, ma rubandole l'anello darà vita a ossessive visioni.
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Pochi sono i registi Horror italiani che hanno toccato vertici di questo livello.Mario Bava dopo l'ottimo giallo LA RAGAZZA CHE SAPEVA TROPPO, Torna all'horror con questa straordinaria pellicola.Diviso in tre episodi, vediamo nel primo (il telefono) una donna che viene minacciata al telefono e seppur sembra uno scherzo di una sua amica, c'e' lo spazio a qualcosa di più imprevedibile.Nel secondo episodio (i wurdalak) una famiglia aspetta con ansia il vecchio Gorka, e tornato a casa incomincia a vampirizzare la famiglia.Chi si salvera'? Nel terzo e ultimo episodio (la goccia) un'infermiera viene chiamata con urgenza nella notte per vegliare su una defunta, ma rubandole l'anello darà vita a ossessive visioni.Bava firma il suo capolavoro ma l'episodio più bello per molti rimane la goccia.Ispirato dai racraccondi Tolstoj, Maupassant, e Cechov, e sceneggiato da Alberto Bevilacqua e Marcello Fondato si adatta alla situazione, il regista sanremese lascia la fotografia a Ubaldo Terzano, e la professionalità delle inquadrature è eccellente(Splendido lo zoom su Gorka in Wurdalak) il tutto rende il film più che godibile.Passando dal primo episodio che risulta un giallo in piena regola, abbastanza buono soprattutto nel finale, dove l'atmosfera diventa claustrofobica, e il rosso che circonda le stanze esprime un ansia sublime, peccato per le musiche poco inerenti. Nel secondo episodio invece abbiamo la tecnica migliore, zoom inquietanti, scenografie piene di nebbia e oscurità come da copione nei film gotici.Al contrario la goccia, ovvero l'ultimo episodio dove tutti i giochi di luce affascinano nell'intermittenza di tenporali che si scatenano e l'apparizione della defunta fa sobbalzare lo spettatore non poche volte.Ricorrono temi come il vampirismo (la maschera del demonio) e Bava crea un trittico di generi non indifferenti passando dal giallo , al gotico, al paranormale.Da ammirare.Ottima la presentazione e chiusura di Boris Karlof come coro teatrale. Bava nel finale dove svela il trucco di Karlof a cavallo è a dir poco originalee sembra dire avete avuto paura solo della finzione.Un ottimo film che merita la visione e l'apprezzamento doveroso.
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carloalberto
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venerdì 22 ottobre 2021
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precursore dello scary movie e non solo
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I tre volti della paura del ’63 di Mario Bava, articolato in tre episodi, è un divertente e divertito omaggio a tre sottogeneri del cinema di genere, introdotto ironicamente dall’icona horror Boris Karloff, che svela simpaticamente, in un finale metafilmico non convenzionale per l’epoca, un trucco di scena, mostrando cosa accade dietro la cinepresa.
Il primo racconto, col maniaco omicida che camuffa la voce al telefono, minacciando di morte la vittima prescelta, che si asserraglia vanamente in casa, verrà ripreso più volte in seguito, diventando un topos del thriller all’italiana degli anni ’70 e soprattutto dei gialli di Dario Argento, con protagonista il serial killer psicopatico, non soltanto per il plot ma anche e soprattutto per la scenografia e per i toni accesi dell’arredo, come l’apparecchio telefonico che brilla di un rosso vivido color sangue.
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I tre volti della paura del ’63 di Mario Bava, articolato in tre episodi, è un divertente e divertito omaggio a tre sottogeneri del cinema di genere, introdotto ironicamente dall’icona horror Boris Karloff, che svela simpaticamente, in un finale metafilmico non convenzionale per l’epoca, un trucco di scena, mostrando cosa accade dietro la cinepresa.
Il primo racconto, col maniaco omicida che camuffa la voce al telefono, minacciando di morte la vittima prescelta, che si asserraglia vanamente in casa, verrà ripreso più volte in seguito, diventando un topos del thriller all’italiana degli anni ’70 e soprattutto dei gialli di Dario Argento, con protagonista il serial killer psicopatico, non soltanto per il plot ma anche e soprattutto per la scenografia e per i toni accesi dell’arredo, come l’apparecchio telefonico che brilla di un rosso vivido color sangue.
Il secondo episodio tratta di una famiglia di vampiri, con il capostipite interpretato dallo stesso Karloff, che accoglie uno sprovveduto e predestinato viaggiatore, e si inserisce nella saga dei film ispirati al Dracula di Bram Stoker, ricordando l’antesignano del vampirismo cinematografico, il Nosferatu di Murnau del 1922, per gli effetti scenici ottenuti semplicemente con l’alternanza di diverse luci colorate che illuminano il volto di Karloff.
Il terzo episodio, dedicato alle storie di spettri ed al genere horror paranormale, sarebbe forse il meglio riuscito, se non fosse per l’improbabile e ridicolo aspetto della mummia fantasma della defunta medium che torna dall’aldilà per vendicarsi del furto dell’anello.
Sceneggiato tra gli altri da Alberto Bevilacqua, il film è un piccolo gioiello di cinematografia nostrana e si avvale di un cast in parte internazionale che risulta ottimamente doppiato. Per lo spirito tra il serio ed il faceto con cui è girato si può considerare come il precursore della serie degli scary movies americani.
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