antonio garganese
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domenica 9 febbraio 2025
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bello ma scontato ed enfatico
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Film famoso e certamente esemplare per la magnifica realizzazione complessiva e l'apporto attoriale come da abitudine americana. I caratteristi sono scelti con abilità e hanno solo il difetto di essere decisamente troppo enfatici, nella rappresentazione d'ogni singolo personaggio. Il "cattivo" è troppo "cattivo", il "superficiale" troppo tale e così via. Lo stesso Fonda è un sedulo difensore istintivo ed imperterrito, che conduce il suo gioco con una freddezza scontata sin dall'inizio. Lo spettatore se ne avvede subito e così ogni azione dei dodici personaggi (il difetto sta nella sceneggiatura) è data per scontata, manca a lungo andare di sorpresa.
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Film famoso e certamente esemplare per la magnifica realizzazione complessiva e l'apporto attoriale come da abitudine americana. I caratteristi sono scelti con abilità e hanno solo il difetto di essere decisamente troppo enfatici, nella rappresentazione d'ogni singolo personaggio. Il "cattivo" è troppo "cattivo", il "superficiale" troppo tale e così via. Lo stesso Fonda è un sedulo difensore istintivo ed imperterrito, che conduce il suo gioco con una freddezza scontata sin dall'inizio. Lo spettatore se ne avvede subito e così ogni azione dei dodici personaggi (il difetto sta nella sceneggiatura) è data per scontata, manca a lungo andare di sorpresa. Questo è vero anche per tutti gli altri protagonisti, sebbene alcuni interpreti siano più credibili (ad esempio Lee J. Cobb, giurato n.3). La pellicola è piacevole perché riesce a trasferire efficacemente sulla celluloide un testo assolutamente teatrale.
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adriana96
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lunedì 4 novembre 2024
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capolavoro!
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Sono piuttosto giovane, e prima di oggi - sebbene appassionata di cinema - mai avevo visto La parola ai giurati, di Sidney Lumet. L'ho fatto dopo consiglio di un caro amico cinefilo e ne sono rimasta letterlamente folgorata. Novanta minuti in cui, fra dialoghi o monologhi, emergono rancori, odi, pregiudizi, biechi o vacui interessi personali, addirittura manifestazioni di xenofobia, ma anche lucidità e coerenza di pensiero, amore per la verità, buoni sentimenti. Nel bianco e nero dell'epoca, il ritmo è serrato, coinvolgente: ed è quasi incredibile ove si pensi che quasi tutta la pellicola vede i protagonisti riuniti in una stanza con annessi servizi igenici.
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Sono piuttosto giovane, e prima di oggi - sebbene appassionata di cinema - mai avevo visto La parola ai giurati, di Sidney Lumet. L'ho fatto dopo consiglio di un caro amico cinefilo e ne sono rimasta letterlamente folgorata. Novanta minuti in cui, fra dialoghi o monologhi, emergono rancori, odi, pregiudizi, biechi o vacui interessi personali, addirittura manifestazioni di xenofobia, ma anche lucidità e coerenza di pensiero, amore per la verità, buoni sentimenti. Nel bianco e nero dell'epoca, il ritmo è serrato, coinvolgente: ed è quasi incredibile ove si pensi che quasi tutta la pellicola vede i protagonisti riuniti in una stanza con annessi servizi igenici. Molto bella e struggente anche la colonna sonora. Splendida la fotografia. Notevolissimo il pathos che si respira. Ho controllato... nessuno degli attori è ancora in vita, così come non lo è il regista. Questo film, però, più di altri in cui hanno recitato (o che ha diretto), li ha resi immortali. Un solo aggettivo. Meraviglioso.
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figliounico
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sabato 2 dicembre 2023
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contro tutti i pregiudizi
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Capolavoro dell’esordiente Lumet nel lungometraggio con una piece teatrale tratta da un soggetto di Rose con la sceneggiatura dello stesso Rose rifatta dal ’57 ad oggi almeno tre volte al cinema e mille volte al teatro in tutto il mondo, in Italia anche dal nostro Gassman figlio. Basato tutto sulla performance recitativa dei 12 attori interpreti dei componenti la giuria popolare, chiamata ad esprimersi sulla colpevolezza di un ragazzo accusato di parricidio, si svolge interamente nella stanza riservata alla giuria stessa ripresa da Lumet in modo tale da ottenere nello spettatore la stessa sensazione di claustrofobia provata dai giurati. Cast eccezionale in cui a parte il protagonista, Henry Fonda, spiccano nella trama, che segue lo schema favolistico di Propp, in due ruoli antitetici e complementari, Lee J.
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Capolavoro dell’esordiente Lumet nel lungometraggio con una piece teatrale tratta da un soggetto di Rose con la sceneggiatura dello stesso Rose rifatta dal ’57 ad oggi almeno tre volte al cinema e mille volte al teatro in tutto il mondo, in Italia anche dal nostro Gassman figlio. Basato tutto sulla performance recitativa dei 12 attori interpreti dei componenti la giuria popolare, chiamata ad esprimersi sulla colpevolezza di un ragazzo accusato di parricidio, si svolge interamente nella stanza riservata alla giuria stessa ripresa da Lumet in modo tale da ottenere nello spettatore la stessa sensazione di claustrofobia provata dai giurati. Cast eccezionale in cui a parte il protagonista, Henry Fonda, spiccano nella trama, che segue lo schema favolistico di Propp, in due ruoli antitetici e complementari, Lee J. Cobb, l’Antagonista passionale ed emotivo e E.G. Marshall, l’Antagonista razionale e freddo calcolatore; Joseph Sweeney, nello stesso ruolo del giurato numero 9 nell’omonimo episodio della serie televisiva americana Studio One, intitolato Twelve Angry Men, andato in onda tre anni prima, invece, rappresenta la saggezza senile, ovvero l’Aiutante, il Mago che coadiuverà il protagonista, ossia l’Eroe, nella ricerca della verità che porterà al ristabilimento dell’equilibrio della giustizia rotto e alla salvezza dell’innocente ingiustamente accusato dell’omicidio del padre. Lo script più che di un dramma sembra piuttosto avere i toni di un pamphlet scritto per denunciare implicitamente le ingiuste persecuzioni subite da molti attori e dagli ambienti di sinistra di Hollywood da parte del Maccartismo nel decennio precedente e più in generale contro i pregiudizi razzisti diffusi nella società americana dell’epoca.
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nero wolfe
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domenica 22 novembre 2020
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correzione
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Il testo della sintesi contiene un notevole errore: il movente dell'omicidio non è detto che sia la rapina, ma certamente non è l'odio verso il genitore.
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samanta
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mercoledì 5 settembre 2018
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12 uomin arrabbiati
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Il film è un capolavoro dopo 60 anni di vita,La regia è di Sidney Lumet al suo primo film pur avendo alle spalle numerose regie televise anche con attori che sarebbero diventati famosi come Grace Kelly. Successivamente fu regista in famosi flims per tutti: Quinto potere e il Verdetto. La sceneggiatura è di Reginald Rose tratta da un suo dramma teatrale. L'origine teatrale è evidente perché il film è ambientato praticamente in una sola stanza dove sono riuniti i 12 giurati che devon giudicare un parricidio che in caso di colpevolezza avrebbe comportato per il giovane imputato la pena di morte. Di tutti i giurati si viene a sapere il nome di 3 ,1 all'inizio e 2 nel finale.
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Il film è un capolavoro dopo 60 anni di vita,La regia è di Sidney Lumet al suo primo film pur avendo alle spalle numerose regie televise anche con attori che sarebbero diventati famosi come Grace Kelly. Successivamente fu regista in famosi flims per tutti: Quinto potere e il Verdetto. La sceneggiatura è di Reginald Rose tratta da un suo dramma teatrale. L'origine teatrale è evidente perché il film è ambientato praticamente in una sola stanza dove sono riuniti i 12 giurati che devon giudicare un parricidio che in caso di colpevolezza avrebbe comportato per il giovane imputato la pena di morte. Di tutti i giurati si viene a sapere il nome di 3 ,1 all'inizio e 2 nel finale.
Non condivido certa critica che vuole trasformare il film in un manifesto contro il razzismo o la pena di morte, tanto meno il populismo. In tutto il film non c'è una parola contro la pena di morte e lo sfogo contro gli abitanti dei bassifondi è del giurato 10 (Ed Begley grande attore) ripreso dal n. 9 (Joseph Sweeney) che dice "non dobbiamo guardare i nostri pregiudizi ma solo i fatti". E' questo il nocciolo del film: i giudice devono guardare solo i fatti e e ritenere l'imputao colpevole in assenza di "ragionevoli dubbi", princio che riflette l'assioma del diritto romano "in dubio pro reo" diritto di cui dobbiamo avere l'orgoglio di essere eredi. Il giurato n. 8 (un grande Henry Fonda) nel finale sintetizzerà tale principio quando afferma "non so quale sia la verità, forse lasciamo libero un colpevole, ma in c'é un ragionevole dubbio". Dal giudizio devono stare lontani i giudizi personali come quelli del giurato 3 (Lee J. Cobb) che aveva un figlio che gli si era ribellato e vedeva nell'imputato un altro giovane ribelle da punire. Il film quindi si accentra sulle prove contro l'imputato che sembrano schiaccianti, ma solo per l'insistenza del giurato n. 8 vengono esaminate e alla fine nascono ragionevoli dubbi e tutti diventano convinti della non colpevolezza.
Il film è compatto non c'é alcun momento di claustrofobia. l'uso della macchia da ripresa è magistrale, si passa dai primi piano alle riprese di gruppo addirittura dall'alto, i dialoghi sono serrati, con pochi tratti vengono descritte le individualità diverse: dal buon senso dell'operaio edile (n. 6 Edward Binns) alla razionalità presuntuosa dell'agente di cambio (n. 4 E.G. Marshall), tutti all'inizio convinti che le prove raccolte dall'accusa erano inconfutabili, anche per superficialità o menefrghismo come il n. 7 (Jack Warden) che vuole uscire presto per vedere la partita. E' il tempo d'oro di Hollywood che si poteva permettere per un film una grande sceneggiatura e un eccellente cast di ben 12 attori.
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giorgio
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lunedì 27 marzo 2017
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la recensione su mymovies fa pena, va sostituita
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Un ragazzo venuto dai quartieri popolari e proletari, economicamente e socialmente svantaggiati, è imputato dell’omicidio del padre. Dodici giurati devono decidere se condannarlo o assolverlo. Undici giurati su dodici sono sicuri della sua colpevolezza, uno solo (Henry Fonda), ne proclama l’innocenza. Nella stanza ristetta dove si riunisce la giuria, un uomo solo, contro tutti, comincia a smontare, uno per uno, tutti gli argomenti dell’accusa. A poco a poco, tutti gli altri giurati si convincono che ha ragione. In un breve lasso di tempo, il giurato che lo credeva innocente riesce a convincere tutti gli altri. Avvicente, entusiasmante, Lumet lascia che la verità e la ragione illumini a poco a poco le menti dei giurati, in un crescendo di colpi di scena e di dialettica applicata.
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Un ragazzo venuto dai quartieri popolari e proletari, economicamente e socialmente svantaggiati, è imputato dell’omicidio del padre. Dodici giurati devono decidere se condannarlo o assolverlo. Undici giurati su dodici sono sicuri della sua colpevolezza, uno solo (Henry Fonda), ne proclama l’innocenza. Nella stanza ristetta dove si riunisce la giuria, un uomo solo, contro tutti, comincia a smontare, uno per uno, tutti gli argomenti dell’accusa. A poco a poco, tutti gli altri giurati si convincono che ha ragione. In un breve lasso di tempo, il giurato che lo credeva innocente riesce a convincere tutti gli altri. Avvicente, entusiasmante, Lumet lascia che la verità e la ragione illumini a poco a poco le menti dei giurati, in un crescendo di colpi di scena e di dialettica applicata. Lumet mostra la forza della ragione, nonchè la violenza del suo uso contro coloro che sono affetti da pregiudizi personali. Il film rappresenta, senza dubbio, non soltanto un atto di accusa, implicito, contro la pena di morte, ma anche contro un sistema giudiziario classista e intriso di disuguaglianza, dove i diritti della povera gente, che non può pagare avvocati con tariffe a quattro cifre, possono essere calpestati.
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nonhosonno2015
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mercoledì 23 marzo 2016
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un'opera d'arte
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L'esordio di Sidney Lumet è un capolavoro senza tempo.
Intrattenere, tenere alta l'attenzione, non annoiare per quasi 100 minuti è un'impresa che può riuscire solo ai più grandi, infatti così su due piedi mi vengono in mente Polanski e Hitchcock.
Rimanendo su La parola ai giurati (12 angry men) non si può che lodare la sceneggiatura, seppur con qualche forzatura nel presentare i "ragionevoli dubbi", la regia perfetta e la prova degli attori, che riescono ad impersonare dei soggetti praticamente anonimi. Sì, perchè dei protagonisti sappiamo ben poco, di alcuni nulla, di nessuno i nomi (solo i due giurati più attivi si presentano alla fine della pellicola) ma sono subito lampanti le loro personalità.
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L'esordio di Sidney Lumet è un capolavoro senza tempo.
Intrattenere, tenere alta l'attenzione, non annoiare per quasi 100 minuti è un'impresa che può riuscire solo ai più grandi, infatti così su due piedi mi vengono in mente Polanski e Hitchcock.
Rimanendo su La parola ai giurati (12 angry men) non si può che lodare la sceneggiatura, seppur con qualche forzatura nel presentare i "ragionevoli dubbi", la regia perfetta e la prova degli attori, che riescono ad impersonare dei soggetti praticamente anonimi. Sì, perchè dei protagonisti sappiamo ben poco, di alcuni nulla, di nessuno i nomi (solo i due giurati più attivi si presentano alla fine della pellicola) ma sono subito lampanti le loro personalità.
Film di denuncia, il messaggio che ci lancia è agrodolce. La vita di chi è in attesa di giudizio è in mano a persone egoiste, superficiali con pregiudizi ma fortunatamente, seppur una minoranza, c'è chi ci mette testa e cuore prima di prendere decisioni.
Curato in ogni dettaglio è un film imperdibile e meritatamente nella storia del cinema.
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fabio57
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lunedì 14 dicembre 2015
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eccellente
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Lumet è stato un grande regista e questa è una delle sue migliori realizzazioni.Atto d'accusa contro il sistema giudiziario americano di quegli anni, è soprattutto una denuncia sulla barbara istituzione della pena di morte.Ma è anche la storia sorprendente di come un uomo solo riesca con la sua capacità introspettiva,la sua stringente logica deduttiva,il suo acuto spirito di osservazione ,la sua arguzia,la sua caparbietà, la sua purezza, a rovesciare l'esito di un processo che sembra scontato,e ad uno ad uno, affronta e vince i pregiudizi dei suoi colleghi giurati, smontando con sistematica meticolosità le loro motivazioni, dettate da codardie,da razzismi da superficialità,da meschini risentimenti.
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Lumet è stato un grande regista e questa è una delle sue migliori realizzazioni.Atto d'accusa contro il sistema giudiziario americano di quegli anni, è soprattutto una denuncia sulla barbara istituzione della pena di morte.Ma è anche la storia sorprendente di come un uomo solo riesca con la sua capacità introspettiva,la sua stringente logica deduttiva,il suo acuto spirito di osservazione ,la sua arguzia,la sua caparbietà, la sua purezza, a rovesciare l'esito di un processo che sembra scontato,e ad uno ad uno, affronta e vince i pregiudizi dei suoi colleghi giurati, smontando con sistematica meticolosità le loro motivazioni, dettate da codardie,da razzismi da superficialità,da meschini risentimenti.In un bianco e nero suggestivo,Henry Fonda regala una memorabile interpretazione
Imperdibile.
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antonio2011
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giovedì 20 agosto 2015
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uno dei capolavori assoluti del cinema
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Finalmente nel pieno di agosto è passato in televisione uno dei capolavori del cinema: la parola ai giurati di S. Lumet, che deve essere considerato tra i più grandi registi di tutti i tempi. Ogni aggettivo è insufficiente: maestria assoluta nelle riprese piano sequenza più primi piani, sceneggiatura perfetta, atmosfera perfetta, musica perfetta, recitazione superlativa di tutti gli attori nessuno escluso. Il contenuto è tipico dei film di denuncia del grande cinema americano. Denuncia dei pregiudizi, del razzismo, della superficialità. Film che ci fa pensare di come era grande il cinema americano di una volta paragonato a quello di adesso.
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