paola di giuseppe
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mercoledì 18 agosto 2010
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strane leggi di natura
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Il vedovo Shukuchi vuole che la figlia ventisettenne,Noriko,si sposi.A premere è anche la zia,a quell’età una ragazza deve sposarsi,Nori è già in ritardo.
Nori è dolce,sempre sorridente,non ha nessuna voglia di sposarsi,vuol restare col padre,condividere la sua vita tranquilla di lavoro e studio che fluisce silenziosa nella casa,interrotta solo dal buffo e ridanciano zio “immorale”,come lo apostrofa scherzosamente Nori,che si è voluto risposare a tutti i costi.
Lei vuol occuparsi del padre,delle sue camicie sporche,dell’ordine in casa,si troverebbe in difficoltà da solo.
Ci sono tante forme d’amore,nella vita,bisogna necessariamente star dentro gli schemi e le convenzioni sociali e prender marito?Ed essere infelice,probabilmente,come le dice il buon padre,anche se poi ci si abitua,e la madre morta spesso si rifugiava a piangere in un angolo della cucina.
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Il vedovo Shukuchi vuole che la figlia ventisettenne,Noriko,si sposi.A premere è anche la zia,a quell’età una ragazza deve sposarsi,Nori è già in ritardo.
Nori è dolce,sempre sorridente,non ha nessuna voglia di sposarsi,vuol restare col padre,condividere la sua vita tranquilla di lavoro e studio che fluisce silenziosa nella casa,interrotta solo dal buffo e ridanciano zio “immorale”,come lo apostrofa scherzosamente Nori,che si è voluto risposare a tutti i costi.
Lei vuol occuparsi del padre,delle sue camicie sporche,dell’ordine in casa,si troverebbe in difficoltà da solo.
Ci sono tante forme d’amore,nella vita,bisogna necessariamente star dentro gli schemi e le convenzioni sociali e prender marito?Ed essere infelice,probabilmente,come le dice il buon padre,anche se poi ci si abitua,e la madre morta spesso si rifugiava a piangere in un angolo della cucina. E’ una legge di natura.
Il sorriso di Nori,da un certo punto in poi del film,cambia,resta solo sulle sue labbra,non negli occhi.
Farà un ultimo viaggio col padre a Kyoto, mentre la primavera esplode nel suo più pieno rigoglio,e quindi indosserà il kimono delle spose.
Il padre ha smantellato le sue deboli difese,la vita di Nori non è la sua,"Io devo restarne fuori. È questa una legge della natura" costruire la propria vita con una persona con cui s’impara a condividere tutto,questa è una legge di natura.
"Non si diventa felici perché ci si sposa, ma nel costruire insieme una nuova vita;e ciò può richiedere anche molto tempo"
Lui ha già vissuto(l’ipotesi ventilata di un matrimonio con la vedova trovata dalla zia è servita solo per convincere Nori),dunque è giusto che resti solo a sbucciare quella mela in una casa ormai del tutto vuota.
Poco importa se il gesto,all’improvviso,s’interrompe e la testa gli cade sul petto e la stanza sembra stringersi intorno a lui.
Bisogna essere forti,la legge di natura lo impone,sembrano dire i sorrisi delle onde del mare che s’infrangono sulla battigia nella scena finale.
Ozu arriva così,con questo terzo film del dopoguerra,alla nudità estrema del racconto,ad un’essenzialità che soggioga,tanto è rigorosa,perseguita con caparbia determinazione e dunque ben a ragione osserva Galbraith: “Come Kurosawa, una delle cose più impressionanti di Ozu è la sua capacità di tagliare tutto il superfluo, riunendo tutto in una forma che è apparentemente semplice e senza fronzoli ma di monumentale espressività “.
Infelicità o felicità sono parole vuote,accettazione è la loro media,ai confini della rassegnazione,forse,ma la scelta non c’è, a vita fa il suo corso.
Eppure "Tarda primavera" comunica serenità e saggezza,quell’aggettivo mette in guardia al punto giusto, prima di cominciare.
Stoicismo? forse, il “teatro” di Ozu attinge ad una sapienza antica che sa sorridere con leggerezza.
Tutto è vita così come viene,e la macchina,accovacciata anch’essa sul tatami nelle varie stanze separate da pannelli aerei fruga negli angoli,riprende di profilo o di spalle il parlare qualsiasi nel lessico quotidiano, percorre però inesorabile ogni muscolo del viso quando è lì che si addensano le emozioni,e ce le fa leggere.
Fascino di un grande cinema,quello di Ozu,che non cerca spettacolarità, azione, trasalimenti.
Della fondamentale problematicità e conflittualità del reale,della sua contraddittorietà scarica le tensioni nella suprema compostezza della forma.
L’assurdo del vivere umano si riscatta così,nella sua accettazione,che non è sconfitta,solo consapevolezza.
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(di davide l.)
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volontè78
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venerdì 27 marzo 2020
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le difficili relazioni umane
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Si intravedono significative,seppur,apparentemente non trascendentali novità nel cinema di Ozu.Innanzitutto il sonoro.Ad accompagnare,passo dopo passo,non solo i protagonisti,ma anche lo spettatore,che a cominciare dai passaggi più lievi,per terminare a quelli più drammatici,viene trasportato dolcemente nel racconto,in cui il regista,con maestria assoluta,riesce a districarsi con eleganza,dal dramma fino ad arrivare all'ironia sottile nipponica.
Non si può non sottolineare,una maggiore potenza iconica.
In un Paese,ancora con i segni della gurra sulla pelle,il regista ci sbatte in faccia,"l'invasione" capitalistica,evidenziata dall'inquadratura del cartello pubblicitario della multinazionale Coca Cola.
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Si intravedono significative,seppur,apparentemente non trascendentali novità nel cinema di Ozu.Innanzitutto il sonoro.Ad accompagnare,passo dopo passo,non solo i protagonisti,ma anche lo spettatore,che a cominciare dai passaggi più lievi,per terminare a quelli più drammatici,viene trasportato dolcemente nel racconto,in cui il regista,con maestria assoluta,riesce a districarsi con eleganza,dal dramma fino ad arrivare all'ironia sottile nipponica.
Non si può non sottolineare,una maggiore potenza iconica.
In un Paese,ancora con i segni della gurra sulla pelle,il regista ci sbatte in faccia,"l'invasione" capitalistica,evidenziata dall'inquadratura del cartello pubblicitario della multinazionale Coca Cola.Non solo capitalismo economico,ma anche sociologico,dove questa influenza si nota nella pressione,dei parenti nell'accasare la nipote/figlia,"perchè è cosi che il mondo va avanti".
Infine,un paese che cambia nei pesaggi e logisticamnente,che viene fotografato con un'istantanea di un cantiere.
Noriko vorrebbe essere felice,restando a fianco del padre;ma la società che progredisce vuole altro e la menzogna può essere d'aiuto.
Scena finale,toccante,dove l'accostamento della solitudine di Shukichi,dolente e lancinante viene associata alle onde del mare,arriva un messaggio di profonda difficoltà relazionale umana,quando a dover comandare non è il cuore,ma la considerazione altrui.
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fabiofeli
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lunedì 30 marzo 2020
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" il matrimonio è la tomba della vita"
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Shukichi (Chishu Ryu), è un vedovo di 56 anni che insegna a Tokyo, ma vive in una cittadina non vicinissima alla capitale insieme alla figlia Noriko (Setsuko Hara). Lo vediamo occupato con un allievo, Hattori (Jun Usami), a correggere uno scritto nel quale si parla di un certo Friedrich List. Il cognome esatto è come quello del compositore, mentre la figlia si occupa del vestiario del padre da portare a riparare. La casa è gaia e circondata di piante fiorite ma Shukichi deve prendere ogni giorno un treno affollato per andare al lavoro. A volte lo accompagna la figlia e magari riescono anche a mettersi seduti per un tratto del viaggio.
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Shukichi (Chishu Ryu), è un vedovo di 56 anni che insegna a Tokyo, ma vive in una cittadina non vicinissima alla capitale insieme alla figlia Noriko (Setsuko Hara). Lo vediamo occupato con un allievo, Hattori (Jun Usami), a correggere uno scritto nel quale si parla di un certo Friedrich List. Il cognome esatto è come quello del compositore, mentre la figlia si occupa del vestiario del padre da portare a riparare. La casa è gaia e circondata di piante fiorite ma Shukichi deve prendere ogni giorno un treno affollato per andare al lavoro. A volte lo accompagna la figlia e magari riescono anche a mettersi seduti per un tratto del viaggio. Noriko accetta l’invito di un collega del padre per pranzare insieme e quando sente che questo signore non più giovane sta per risposarsi lo giudica amorale; addirittura giunge a dire che il matrimonio è la tomba della vita. Masa, la zia di Noriko, comincia a preoccuparsi per la nipote nubile e sonda le intenzioni della giovane riguardo ad Hattori. Noriko ride dell’idea perché il giovane è fidanzato e sta per sposarsi; Noriko rifiuta anche un invito per assistere ad un concerto di una celebre violinista, per non far ingelosire la promessa sposa. Sembra che Noriko voglia restare per sempre ad occuparsi delle necessità del padre. Shukichi deve inventare qualcosa per convincere la figlia a lasciare la sua casa per sposarsi … Questo film del 1949 ha come base il romanzo Padre e figlia di Kazuo Hirotsu e la trasposizione cinematografica è uno dei più bei film di Ozu. Il modo di filmare di Ozu resta una delle caratteristiche più peculiari del regista che sfrutta al massimo le grandi capacita interpretative di Ryu e Hama. La figlia adora il padre che dipende dalle sue cure, anche per tutte le minime cose. Non riesce a figurarsi che non può restare con lui indefinitamente, perché è sicura che lui non saprebbe badare a se stesso. Il solo pensiero di abbandonarlo la fa star male. Durante un breve viaggio a Kyoto la visita al giardino Zen di Karesansui regala attimi di serenità e meditazione a padre e figlia, in un luogo così singolare con il giardino di pietre e sabbia, che la bella fotografia in bianco e nero valorizza in modo adeguato. Durante una rappresentazione del teatro del No, alla quale assiste col padre, Noriko viene presa da grande gelosia, quando scorge tra il pubblico una amica di poco più grande di lei che immagina interessata a stringere un legame con Shukichi. Le stesse parole enigmatiche del canto del No, dove si allude ad un uomo conosciuto tanto tempo fa che è come un fiore di iris illuminato dal sole che si lega facilmente con i fiori di arancio, sembrano confermare i presagi di Noriko. La felicità di zia Masa, riuscita nel suo intento di far sposare Noriko, si specchierà nel dolore della separazione di Noriko dalla casa del padre. Ed anche Shukichi vede davanti a sé un mare agitato, un presagio di future difficoltà. Da non mancare. Capolavoro. Valutazione ***** FabioFeli
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carloalberto
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martedì 19 maggio 2020
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l'arte di sbucciare una mela
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In primo piano, in una delle scene finali, l’accurato, pensoso, movimento della mano che manovra il coltello sulla superficie della mela, per ritagliarne un nastro senza soluzioni di continuità, mostra, come per lo spirito Zen, la stessa intensa attenzione debba esser posta nel compiere le azioni più banali e le attività più importanti. Il frutto rimane nudo, destinato al consumo, esposto alla vita nella sua imperfezione geometrica, la buccia cade a terra, inutile, priva della sua funzione protettiva; marcirà nella sua lineare bellezza. Il padre, ormai solo nella grande casa, si accascia sulla sedia soddisfatto, china il capo triste, esaurite le cure parentali più gratificanti, con un abile artificio, ha adempiuto fino in fondo al proprio dovere, anche quando è diventato amaro ed incomprensibile, restituendo la figlia al suo destino di sposa e di futura madre, al ciclo della vita, che assegna ad ogni età, come ad ogni stagione dell’anno, il suo ruolo.
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In primo piano, in una delle scene finali, l’accurato, pensoso, movimento della mano che manovra il coltello sulla superficie della mela, per ritagliarne un nastro senza soluzioni di continuità, mostra, come per lo spirito Zen, la stessa intensa attenzione debba esser posta nel compiere le azioni più banali e le attività più importanti. Il frutto rimane nudo, destinato al consumo, esposto alla vita nella sua imperfezione geometrica, la buccia cade a terra, inutile, priva della sua funzione protettiva; marcirà nella sua lineare bellezza. Il padre, ormai solo nella grande casa, si accascia sulla sedia soddisfatto, china il capo triste, esaurite le cure parentali più gratificanti, con un abile artificio, ha adempiuto fino in fondo al proprio dovere, anche quando è diventato amaro ed incomprensibile, restituendo la figlia al suo destino di sposa e di futura madre, al ciclo della vita, che assegna ad ogni età, come ad ogni stagione dell’anno, il suo ruolo. La dedizione totale al padre, tradizionalmente dovuta, vissuta in modo spontaneo da Noriko fino a sacrificarsi gioiosamente, deve lasciare il posto, nel prosieguo della vita, ai doveri coniugali. La felicità, le dirà il padre, si costruisce giorno dopo giorno e soltanto grazie ad una paziente consuetudine con l’altro si perviene, infine, alla sintonia. L’ultimo viaggio che faranno insieme sarà a Kioto, antica capitale del Giappone, simbolo delle tradizioni avite, che si avviano al tramonto, così come sta per terminare un periodo felice della loro esistenza. Gli orologi a pendolo rammentano a Noriko le scadenze della vita, destano dal sogno, dall’illusione che quel rinnovarsi identico del quotidiano incontro con suo padre tra le mura domestiche possa magicamente restare immutato. L’impermanenza è sofferenza, è distacco dalle persone amate e, tuttavia, in oriente è, al contempo, un valore essenziale, espresso emblematicamente nel farsi e disfarsi dei mandala di sabbia dei monaci tibetani. L’Occidente, fin dagli inizi, nella prospettiva del platonismo, fino al Dio è morto nicciano, assume l’eracliteo panta rei come massimo disvalore. E’ il sostrato filosofico per sedimenti emotivi che legheranno al pensiero della caducità della vita il sentimento doloroso della nostalgia. Ma lo star come d’autunno sugli alberi le foglie, che per noi suona come una condanna, per un buddista zen è privilegio, come dimostra il canto della fanciulla trasfigurata nell’iris nella rappresentazione del teatro Kabuki. Tralasciando l’aspetto stilistico, meraviglia che Ozu con una storia semplice e realistica crei un’opera altamente simbolica ed armoniosa. Ogni parola è accenno a qualcos’altro, è rinvio a un non detto, ogni immagine è metafora. La sovrapposizione dei temi dà luogo a una stratificazione dei piani di lettura che rende difficile una decifrazione univoca, lasciando che ognuno, secondo la sua sensibilità, colga anche più d’uno dei molteplici significati del film, ma mai tutti. Tarda primavera è come il giardino “a secco” del tempio buddhista Ryoanji di Kioto, dove una, tra le tante rocce che lo compongono, da qualsiasi visuale lo si contempli, rimarrà sempre nascosta alla vista. E’ ciò che accade al protagonista che, proprio mentre guarda quel giardino, si lamenta con l’amico di come sia ingrato il compito del padre che cresce le figlie e come sia meglio avere figli maschi. La pietra in ombra è Noriko, personaggio, che come la Noriko di Viaggio a Tokyo, è destinato a traghettare gli antichi valori nella nuova epoca.
Nelle speranze di Ozu, nel 1949, la cultura americana doveva scivolare via come la rivista Post che cade dalla pila di libri, in una inquadratura sfuggita al censore USA.
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mr.619
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domenica 4 luglio 2010
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scansione di attimi e palpitazioni cardiache
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Passionevole ed esteticamente, oltre che emozionalmente, capolavoro sentimentale e melanconico di Yasujiro Ozu, al quale l'immaginificazione trainante e cinematicamente dinamica dei treni che si volgono in direzioni diverse, ma al tempo giusto si ritrovano nella stessa stazione e sugli stessi binari, rasenta la combinazione dei caratteri monolitici, quindi magnifici e xilografici, dell'infinita enciclopedia multimediale dei moti sussultori dell'animo, e dell'amore.Il messaggio finale di quest'ammaliante e filosimbolico-naturale pellicola esprime la motricità spazio-temporale a sè conducente della forza della felicità, che, come in una grande favola o mito cosmogonico e antropomorfo, non può che susseguirsi alla solitudine e alla tristezza interiore.
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Passionevole ed esteticamente, oltre che emozionalmente, capolavoro sentimentale e melanconico di Yasujiro Ozu, al quale l'immaginificazione trainante e cinematicamente dinamica dei treni che si volgono in direzioni diverse, ma al tempo giusto si ritrovano nella stessa stazione e sugli stessi binari, rasenta la combinazione dei caratteri monolitici, quindi magnifici e xilografici, dell'infinita enciclopedia multimediale dei moti sussultori dell'animo, e dell'amore.Il messaggio finale di quest'ammaliante e filosimbolico-naturale pellicola esprime la motricità spazio-temporale a sè conducente della forza della felicità, che, come in una grande favola o mito cosmogonico e antropomorfo, non può che susseguirsi alla solitudine e alla tristezza interiore.Stucchevole.
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