il cinefilo
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venerdì 4 febbraio 2011
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dietro la porta chiusa
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DIETRO LA PORTA CHIUSA di Fritz Lang(ma sceneggiato da Silvia Richards basandosi sul romanzo"camera chiusa n.13"di Rufus King)sembrerebbe essere quasi una rielaborazione pesantemente psicanalitica e quasi gotica del film REBECCA LA PRIMA MOGLIE di Alfred Hitchcock malgrado le due vicende siano molto diverse(ma con alcuni punti in comune quale il ricordo e il mistero che circonda la prima moglie defunta)tra di loro.
Incredibile ma vero:in questo caso F.Lang riesce a superare il grande regista inglese sia dal punto di vista narrativo che da quello della tensione sfruttando al meglio il suo classico stile in bilico tra l'onirico e il realistico costruendo un atmosfera splendidamente inquietante che invano si cercherebbe con i thriller attuali(come il sottoscritto tende a precisare spesso per quanto riguarda questi vecchi classici)e in cui l'ammaliante fascino dell'enigma tiene incollato lo spettatore davanti allo schermo dall'inizio alla fine malgrado una notevole lentezza.
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DIETRO LA PORTA CHIUSA di Fritz Lang(ma sceneggiato da Silvia Richards basandosi sul romanzo"camera chiusa n.13"di Rufus King)sembrerebbe essere quasi una rielaborazione pesantemente psicanalitica e quasi gotica del film REBECCA LA PRIMA MOGLIE di Alfred Hitchcock malgrado le due vicende siano molto diverse(ma con alcuni punti in comune quale il ricordo e il mistero che circonda la prima moglie defunta)tra di loro.
Incredibile ma vero:in questo caso F.Lang riesce a superare il grande regista inglese sia dal punto di vista narrativo che da quello della tensione sfruttando al meglio il suo classico stile in bilico tra l'onirico e il realistico costruendo un atmosfera splendidamente inquietante che invano si cercherebbe con i thriller attuali(come il sottoscritto tende a precisare spesso per quanto riguarda questi vecchi classici)e in cui l'ammaliante fascino dell'enigma tiene incollato lo spettatore davanti allo schermo dall'inizio alla fine malgrado una notevole lentezza.
Ancora una volta il regista ha fatto emergere la discussione(tipica del suo cinema)sulle colpe dei criminali davanti alla giustizia come testimonia l'intera sequenza immaginaria in cui Marcus si trova davanti a un giudice e una giuria per essere processato...lo reputo senza dubbio uno dei massimi capolavori del regista tedesco.
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fedeleto
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lunedì 27 settembre 2010
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dietro il cinema di lang...
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Conclusa la tematica antinazista Lang si concentra su una pellicola molto interessante ed originale,la trama racconta la vicissitudine di celia che si innamora di un uomo che sembra troppo misterioso molto da incutere seri dubbi alla consorte ,e da li capira' cosa tormenta quell'uomo e come si puo' fare a risolvere il problema anche se non sara' facile riuscirci.Lang ,inspirato da IO TI SALVERO' di hitchcock,gira un film che tratta l'argomento della psicanalisi,ovvero del trauma che blocca il coprotagonista,e gira in un modo molto semplice ma al tempo stesso molto complesso nella fotografia(fin dall'inquadratura iniziale Lang usa una fotografia scura,proprio perche' il monologo iniziale e' un ricordo di celia ,dunque e' un ingresso nel subconscio),e lascia lo speettatore coinvolto in alcune ipotesi ma mai troppo chiare(le stanze che mostra il marito mark,sono in realta' delle stanze in cui egli vorra giustiziare sua moglie)ma il punto cardine come dice il titolo del film e' la porta chiusa .
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Conclusa la tematica antinazista Lang si concentra su una pellicola molto interessante ed originale,la trama racconta la vicissitudine di celia che si innamora di un uomo che sembra troppo misterioso molto da incutere seri dubbi alla consorte ,e da li capira' cosa tormenta quell'uomo e come si puo' fare a risolvere il problema anche se non sara' facile riuscirci.Lang ,inspirato da IO TI SALVERO' di hitchcock,gira un film che tratta l'argomento della psicanalisi,ovvero del trauma che blocca il coprotagonista,e gira in un modo molto semplice ma al tempo stesso molto complesso nella fotografia(fin dall'inquadratura iniziale Lang usa una fotografia scura,proprio perche' il monologo iniziale e' un ricordo di celia ,dunque e' un ingresso nel subconscio),e lascia lo speettatore coinvolto in alcune ipotesi ma mai troppo chiare(le stanze che mostra il marito mark,sono in realta' delle stanze in cui egli vorra giustiziare sua moglie)ma il punto cardine come dice il titolo del film e' la porta chiusa .Tutto nasce per un semplice e innocente scherzo,ovvero celia nella sua gita in messico chiude la sua porta aspettando il marito per fargli uno scherzo e aumentare l'attesa il primo giorno di nozze.Questo scherzo trasforma mark in un fuggitivo ,infatti poco dopo dice di dover scappare,il motivo e' che la porta chiusa gli ricorda quell'impotenza che anni prima aveva reso traumatizzabile l'uomo,una volta aperta quella porta il problema e' finito e tutto puo' risolversi.Un lang cha fa riflettere e che mostra una tematica psicanalitica interessante ,forse questo e' solo cio' che c'e' dietro il cinema di Lang ,ovvero il Lang che sa parlare anche di altre tematiche e problemi.
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onufrio
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giovedì 23 novembre 2017
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tra le stanze del crimine
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Cecilia è una bella donna, benestante, che vive la propria vita senza il bisogno disperato di trovare marito, sino a quando durante una vacanza in Messico avviene il colpo di fulmine con Marco, i due, pur senza conoscersi troppo, si sposeranno. L'uomo nasconde vari segreti alla donna che verrà a conoscenza soltanto dopo, il marito ha un figlio avuto dalla defunta moglie, morta in tragiche circostanze. Cecilia si ritrova a vivere nella lussuosa villa in compagnia della sorella di Marco, del figlio e della segretaria. Una bellissima casa che presenta una particolarità: ogni singola stanza rappresenta fedelmente, con mobili ed accessori originali, stanze in cui sono avvenuti efferati omicidi.
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Cecilia è una bella donna, benestante, che vive la propria vita senza il bisogno disperato di trovare marito, sino a quando durante una vacanza in Messico avviene il colpo di fulmine con Marco, i due, pur senza conoscersi troppo, si sposeranno. L'uomo nasconde vari segreti alla donna che verrà a conoscenza soltanto dopo, il marito ha un figlio avuto dalla defunta moglie, morta in tragiche circostanze. Cecilia si ritrova a vivere nella lussuosa villa in compagnia della sorella di Marco, del figlio e della segretaria. Una bellissima casa che presenta una particolarità: ogni singola stanza rappresenta fedelmente, con mobili ed accessori originali, stanze in cui sono avvenuti efferati omicidi. Una sola stanza però rimane chiusa a tutti e Cecilia andrà a fondo alla questione per scoprire cosa si cela "Dietro la Porta Chiusa". Inevitabile nel vedere questo capolavoro di Lang non pensare a "Rebecca, La prima moglie" di Alfred Hitchcock.
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paolp78
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sabato 15 agosto 2020
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suspense e mistero
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Buon thriller psicologico per il maestro Fritz Lang, che adopera con sapienza l'elemento del mistero suscitando l'interesse e la curiosità dello spettatore, che vengono sollecitati continuamente e tenuti vivi per tutta la durata della pellicola. In questo Lang mostra un'abilità davvero apprezzabile.
Il film tiene bene per tutta la sua durata, senza fare scemare l'attenzione. Questo risultato, non sempre così ben riuscito nella cinematografia del maestro austriaco, stavolta viene ottenuto grazie alla sceneggiatura molto interessante e priva di punti morti.
Al centro della narrazione si trova, come di consueto nelle opere di Lang, una tematica di natura psicologica, che in questo caso è quella dell'irrefrenabile istinto omicida, determinato da impulsi subcoscienti incolpevoli; argomento delicato e controverso già trattato in numerose opere letterarie e cinematografiche tra cui si ricorda principalmente il celebre romanzo di Emile Zola “La bestia umana”, già portato sullo schermo cinematografico da Jean Renoir nella sua opera degli anni '30 “L'angelo del male” con Jean Gabin, nonché in seguito anche dallo stesso Lang con un film del 1954 che nella versione italiana mantiene lo stesso titolo del romanzo di Zola.
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Buon thriller psicologico per il maestro Fritz Lang, che adopera con sapienza l'elemento del mistero suscitando l'interesse e la curiosità dello spettatore, che vengono sollecitati continuamente e tenuti vivi per tutta la durata della pellicola. In questo Lang mostra un'abilità davvero apprezzabile.
Il film tiene bene per tutta la sua durata, senza fare scemare l'attenzione. Questo risultato, non sempre così ben riuscito nella cinematografia del maestro austriaco, stavolta viene ottenuto grazie alla sceneggiatura molto interessante e priva di punti morti.
Al centro della narrazione si trova, come di consueto nelle opere di Lang, una tematica di natura psicologica, che in questo caso è quella dell'irrefrenabile istinto omicida, determinato da impulsi subcoscienti incolpevoli; argomento delicato e controverso già trattato in numerose opere letterarie e cinematografiche tra cui si ricorda principalmente il celebre romanzo di Emile Zola “La bestia umana”, già portato sullo schermo cinematografico da Jean Renoir nella sua opera degli anni '30 “L'angelo del male” con Jean Gabin, nonché in seguito anche dallo stesso Lang con un film del 1954 che nella versione italiana mantiene lo stesso titolo del romanzo di Zola.
L'indagine psicologica è complessa e profonda.
La parte conclusiva della pellicola, in cui vengono svelati i misteri che hanno tenuto desta l'attenzione dello spettatore, è carica di suspense; tuttavia va detto che le aspettative alimentate in modo ottimale, sono in gran parte deluse nel finale a causa dell'assenza di qualche trovata ad effetto particolarmente sbalorditiva.
Buona l'interpretazione di Joan Bennett, ormai collaudata in questo genere di film e diretta per l'ennesima volta da Fritz Lang; molto bene anche Michael Redgrave, impegnato in un ruolo particolarmente complesso; si ricorda infine l'ottima Anne Revere, molto convincente.
La pellicola fu un insuccesso commerciale, tanto da comportare la fine della collaborazione tra Lang e la Bennett: questo infatti rimane l'ultimo film della coppia.
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tomek
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sabato 21 gennaio 2006
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più che un film drammatico...
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"se una ragazza sogna una nave o una barca arriverà in un porto sicuro, ma se invece sogna narcisi è in grave pericolo"
La chiave di lettura per un film come "Dietro la porta chiusa" è affidata all'inzio dell'opera.
Più che un film drammatico si pensa alle volte ad una favola come quella di Barbablù o meglio alla visione di un trattato di psicanalisi.
Secondo la mia personale opinione il regista vorrebbe affrontare il tema in maniera più formale e meno esplicito nei dialoghi.
Il risultato è un'opera nella quale i momenti più determinanti ed efficaci sono senza dialoghi, compromesso dovuto al commerciale.
Buona emozione!
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