Anno | 2006 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Luciano Emmer |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 21 ottobre 2013
La Zappina, una giovane donna che vive nei boschi e cura i malati grazie alla conoscenza delle erbe, viene accusata per ignoranza e cattiveria dai propri compaesani, torturata e uccisa sul rogo.
CONSIGLIATO SÌ
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In un tempo imprecisato tra Seicento e Settecento, sullo sfondo della natura immutabile della Val di Non, i popolani dei borghi montani si affidano alle cure della Zappina, una giovane contadina che vive con la sua capra e conosce le erbe medicinali e le risorse del bosco. Per il latte della sua capra, per i decotti che guariscono dal mal di pancia, per i consigli che dispensa, non vuole niente in cambio, magari solo il dono di un frutto. Donna libera e generosa, le ci vuol poco per finire vittima della cattiveria dei paesani, pronti a scaricare su di lei la colpa delle malattie e delle disgrazie che capitano loro. Quando bussano alla sua porta due gendarmi con le armi, a nulla vale l'amore di Silvanel, il cacciatore, o il grido disperato di un'amica; per la Zappina si apre il processo per "acclarata stregoneria".
Le accuse menzognere, la solerzia del clero, le torture insostenibili e la noia degli inquisitori spingono la giovane sul rogo. Le fiamme salgono verso il cielo, sono Le Flame del Paradis e le ha narrate Luciano Emmer.
Per la prima volta alle prese con una storia ambientata secoli fa, Emmer inscena il passato per accusare il presente; non è il commercio con il diavolo che ha ucciso la Zappina ma l'invidia della gente, che ieri come oggi soffoca la libertà delle persone e delle donne in particolare.
Girato in digitale e recitato nell'antica parlata della Val di Non da un cast di attori non professionisti (eccezionale la protagonista, Roberta Fattor), il film combina un'impostazione teatrale con un'acuta attenzione pittorica alla composizione dell'inquadratura, riecheggiando, specie nei passaggi del processo e del sabba, quei film d'arte di cui Emmer è stato il maestro e in particolare il suo "Goya" del 1951. Là i dipinti prendevano vita grazie ai movimenti della macchina da presa, qui la vita assurge alla dignità dell'affresco senza tempo, mentre resta "ardente" la riflessione sul sonno della ragione.
Non si pente la Zappina, "gli uomini sono peggio delle bestie" si limita a dire, e l'autore pare darle ragione, ribattendo alla cattiveria umana con la risposta silente ma potente della natura.
Non sempre impeccabile dal punto di vista tecnico (la fotografia morbida talvolta non soddisfa), Le Flame del Paradis è però un film toccante e sentito, che conferma Luciano Emmer come uno dei più grandi narratori del nostro cinema.