Agente 007, missione Goldfinger

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Un film di Guy Hamilton. Con Sean Connery, Honor Blackman, Gert Fröbe, Shirley Eaton, Tania Mallet, Harold Sakata.
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Titolo originale Goldfinger. Avventura, durata 108 min. - Gran Bretagna 1964. MYMONETRO Agente 007, missione Goldfinger * * * * 1/2 valutazione media: 4,67 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La vecchia Inghilterra nell'età d'oro di 007 Valutazione 5 stelle su cinque

di angelino67


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lunedì 2 maggio 2016

Uno dei vertici della serie di James Bond, uno dei più affascinanti, eccitanti e divertenti, per quanto mi riguarda solo tre o quattro potrebbero essere alla sua altezza o superarlo. Alla regia l'affidabile, abile artigiano (averne) Guy Hamilton rispetta il tono impresso da Terence Young nei primi di episodi ma infonde di suo un particolare brio e aumenta la dose di umorismo sapido, a bilanciare un marcato cinismo e una durezza diamantifera e aureamente splendorea ugualmente caratteristiche del suo Bond. Con analoga funzione fa capolino quella che sarebbe poi divenuta uno dei filoni caratteristici del Bond, forse quello più intelligente: il fumetto. Hamilton aveva esperienza come montatore e aiuto di grandi registi come Carol Reed e John Huston e non fu difficile per lui, aiutato da un cast ormai a suo agio nella parte e da formidabili collaboratori come il geniale scenografo Ken Adam, e sempre seguendo le direttive di un film chiaro nella forma e nei contenuti dei produttori Broccoli e Saltzman, mettere a punto un Bond che avrebbe segnato la consacrazione mondiale del personaggio cinematografico, divenuto tale fenomeno di costume da provocare serie analisi sociologiche; libri si scrissero sulla psicologia del personaggio e Fellini, che aveva la vista lunga, dichiarò allora che i film di 007 portavano avanti il cinema, oltre ad aver captato il messaggio – inquietante e allarmante sotto la superficie brillante - dell'uomo moderno. E questo illustra questo film, mandando il soffitta il Bond soave e minimale dei primi due film, vicini ai libri di Fleming, e inaugurando la serie delle mirabolanti, ruggenti macchine da spettacolo, abilmente congegnate e ispirate nella forma e nel contenuto da riviste come “Playboy”. Un legame coi primi due episodi é la espressione ancora di una Inghilterra conservatrice, che stava cambiando con la svolta laburista poco dopo l'uscita del film, e il personaggio ne rispetta le caratteristiche. Conservatore convinto, Fleming scrisse i romanzi mosso dalla nostalgia per l'impero coloniale britannico, ormai un sogno del passato essendo la leadership del mondo passata all'america dopo la Seconda Guerra Mondiale. E gli USA conquista questo film, assieme al resto del mondo, realizzando così anche anche la cinema la risposta britannica alla supremazia statunitense. A differenza di altri registi, Hamilton non ha scrupoli realistici e spinge l'evasione cinematografica al massimo grado con la fotografia mondana di Ted Moore che adotta ancora più che nei film precedenti l'estetica pubblicitaria, né lesina sui gadgets tecnologici. La musica di John Barry é efficace in modo impressionante e aumenta l'elettricità di un film che si può definire fulminante (e infatti un personaggio nel prologo rimane folgorato). L'abile, incalzante montaggio di Peter Hunt, che monta con maestria inserti e raccordi, ha delle invenzioni che corroborano le scene. Goldfinger e Oddjob sono una coppia che i futuri Bond hanno sempre invidiato Il pazzo tedesco è talmente potente che Bond rimane prigioniero di lui per gran parte del film, che in effetti non segue una sceneggiatura convenzionale. Lo sceneggiatore Richard Maibaum modifica la storia di Fleming non solo in modo - cosa tutt'altro che facile - da adattarla al film ma anche migliorando alcune parti e alcuni personaggi. Egli aveva dato un importante contributo alla definizione del Bond-Connery, tanto efficace, iconico, ma che non è esattamente quello del libro (al quale semmai si avvicinano di più Dalton e Craig, e lo stesso Lazenby, che fu molto arrogante a suo tempo e non capì che che continuando il personaggio poteva diventare con la regia di Hunt il miglior Bond). Far uccidere a un tedesco col gas fu una scelta rischiosa, infatti il film venne bandito in Israele alla notizia che Gert Frobe fosse stato nazista, ma successivamente riabilitato ed ebbe grande successo quando venne rivelato che invece aveva aiutato gli ebrei. La figura femminile di Pussy Galore, la cui ironia del nome invita a non prendere troppo sul serio la faccenda, è più che mai ambigua e oggi politicamente scorrettissima, se non improponibile, come la scena del granaio, possibile solo in una società maschilista in cui Connery poteva permettersi di dichiarare in una intervista al suddetto Playboy che un uomo poteva prendere a schiaffi una donna. Quanto sia ideologicamente destrorso questo Bond lo dimostra il fatto che la scaltra donna sceglie con chi stare quando capisce da che parte soffia il vento; che il piano di Goldfinger, a cui lo lega la sola convenienza economica, non avrà successo. Dati i tempi, il suo lesbismo è appena accennato e comprensibile solo per chi è abbastanza grande - o per l'epoca, in cui l'omosessualità in Inghilterra era ancora, anche se per poco, reato, corrotto - da comprenderlo. Bellissime le scene della partita di golf, dell'inseguimento sulle Alpi svizzere, della scoperta e nel laboratorio di Goldfinger come quella contigua sul suo jet privato e il finale a Fort Knox, così come tutta la sequenza della seduzione (reciproca) con la favolosa Shirley Eaton a Miami fino alla sua morte coperta di vernice d'oro. E bellissima la canzone dei titoli di testa cantata da Shirley Bassey. Mentre "M" e " Moneypenny" sono ormai di famiglia fu Hamilton a suggerire l'interpretazione non reverenziale di "Q" verso Bond, che inaugura uno dei duetti più attesi e amati di ogni film di Bond, con Desmond LLewelyn. Mi raccomando, il Martini gelato e molto secco e il Mint julep non troppo dolce. 

 

 

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