Per sfuggire ai militari, che vorrebbero riprodurne i poteri per farne delle armi, il dottor Bruce Banner si è rifugiato in Brasile per cercare una cura che possa liberarlo dal mostro che è in lui. Si trova però costretto suomalgrado ad appoggiarsi a Hulk per fronteggiare una nuova creatura distruttrice: Abominio…
A cinque anni di distanza dall’Hulk di Ang Lee, mai fino in fondo apprezzato da pubblico e critica, la Marvel (in collaborazione con la Universal) produce quello che idealmente vuole esserne il sequel ma che in fin dei conti assomiglia di più a una seconda versione cinematografica, non a caso più commerciale, più selvaggia, meno colossale e meno ricercata rispetto alla precedente, della genesi e delle successive gesta del mostro verde. Una versione che prova ad avvicinarsi con maggiore decisione al fumetto d’origine e che strizza l’occhio all’omonima serie televisiva di fine anni ’70 (si noti il cameo di Lou Ferrigno, che peraltro era apparso fugacemente anche in HULK e quello – ovviamente indiretto – di Bill Bixby). Se HULK era un ibrido fra l’action-movie e il dramma intimista, L’incredibile Hulk è un film d’azione da bere tutto d’un fiato. Un prodotto che sicuramente si avvicina più del predecessore ai gusti e alle esigenze del pubblico giovane e giovanissimo, ma è anche e soprattutto un’opera complessivamente valida e funzionale, ancorché non eccezionale. Così com’era accaduto con il prototipo, anche questa volta la pellicola è dotata di un prologo particolarmente efficace e ben strutturato, che racconta (riassume) per mano di un montaggio estremamente serrato la “nascita” del mostro e l’immediata necessità di Bruce Banner di guardarsi non solo da ciò che “vive” dentro di lui ma anche dal persecutorio Generale Ross, sino ad un’inevitabile fuga. Pochi metri di pellicola che ci preparano adeguatamente a rapportarci, entro una manciata di minuti, con quella che è la base tematica del film, ossia la ricerca da parte di Banner di una cura che metta fine alle sue estenuanti metamorfosi, dandogli così la possibilità di rimpadronirsi della sua vita di un tempo. Dietro la macchina da presa abbiamo questa volta il francese Louis Letterier, che dimostra di saper imprimere ritmo, vivacità e la giusta dose di estro visivo alla narrazione, nonostante si senta la mancanza di un filo di suspense in più al momento giusto (ma i tagli imposti dalla produzione potrebbero aver influito). E se la prima apparizione di Hulk è ben costruita e rappresenta sicuramente la miglior sequenza del film, in un paio di altri frangenti siamo dalle parti del ridicolo involontario, ancorché perdonabile in prodotti di questo tipo. L’Hulk digitale (e successivamente Abominio) è apprezzabile, e la fotografia di Peter Menzies Jr lo aiuta a integrarsi in modo convincente con gli scenari reali e gli attori in carne ed ossa (meglio di quanto non fosse accaduto con la “creatura” di Ang Lee). Gli interpreti si rivelano tutti all’altezza del loro compito, e in mezzo a loro il bravo Edward Norton si dimostra sicuramente più adatto al ruolo di protagonista rispetto al suo predecessore Eric Bana. In più, Norton ha il “merito” di regalarci, per la gioia dei nostalgici dell’Incredibile Hulk televisivo a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, due occhi verdi in stile Bill Bixby sbarrati nella penombra.
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