La voce della luna

Vorrei soffermarmi un poco sul ricordo vivo della sequenza della celebrazione pubblica della cattura della Luna che mi sembra condensare tutta la scopofilia dell'odierna civiltà dell'immagine sospesa fra appetenza, dipendenza e umiliazione. Ancora una volta una prospettiva coraggiosa nella rappresentazione del Potere non incorrendo nella facile via del rifiuto morale di questa realtà; ma anzi immergendosene dentro a piene mani, con tutto il proprio coacervo contraddittorio di pulsioni viscerali, catturandone la seduzione, accentrandone l'umano; una satira sociale, una lucidità di giudizio che non neghino la pregnanza sociale, il fascino calamitante del loro oggetto più immediato (qui il dominio dell'uomo sull'uomo attraverso la mediazione dell'artificio della tecnologia). "Non è femmina la Luna?" recita l'operaio riuscito vincitore nell'impresa della cattura. La metafora mi sembra evidente: è notte; una fittissima schiera di paesani mezzi assopiti ma con ancora la forza di resistere in piedi, riuniti nella piazza comunale con tanto di chiesa fluorescente, palco e microfoni per le autorità costituite, a celebrare la cattura del satellite; prima una vecchietta che era accorsa nei pressi del satellite viene respinta dalla polizia, poi uno sparo anonimo sullo schermo che proiettava le immagini della Luna e l'esplosione del parapiglia generale. Quale migliore immagine per descrivere questa luce artificiale e immateriale che ci travolge, ci stimola e ci consuma in una voragine di impossibile sublimazione delle proprie pulsioni interiori (la Luna incatenata, sorgente gialla di illuminazione, proiettata a sua volta su uno schermo, obiettivo inavvicinabile cui tendere tanto il nostro bisogno, la nostra mancanza che ci corrode da dentro)! Quale migliore rappresentazione della nostra frustrazione, della nostra tensione sottocutanea a un movimento che per quanto scomposto e distruttivo ci possa liberare!