Hostel

C'é voluto il supporto di Quentin Tarantino, produttore esecutivo/presentatore, per attirare l'attenzione nelle sale sulla pellicola di Eli Roth. "Cabin Fever" era abbastanza deludente, e "Hostel" lo sarebbe ancora di più, se non fosse esplicitamente rivolto ad un pubblico amante del cinema all'italiana di serie B con autori come Ruggero Deodato, Joe D'Amato, Sergio Corbucci e altri. I nostalgici delle piacevoli prelibatezze al sangue di "Cannibal Holocaust" si troveranno subito a casa, all'inizio della mezz'ora finale passata in un tetro fabbricato dove danarosi turisti, pagando, possono commettere torture e omicidi d'ogni tipo. La gara fra gli spettatori è, quindi, a chi si spaventa di più; tenere gli occhi aperti è un lusso che solo pochi, quelli dallo stomaco forte, possono permettersi. Come far critica, quindi, su un prodotto che più commerciale di così non si può? "Hostel", con qualche effettaccio e scena truculenta (ma le ultime due riprese sono a dir poco penose nella loro ilarità) in meno, poteva diventare un horror di prim'ordine. Invece è rimasto, con gran delusione per i fan di Tarantino, un film di cassetta utile per buttare una sera, magari in compagnia, per urlare dalla paura e farsi quattro risate.