Una spedizione umanitaria deve attraversare il deserto per portare del cibo(spaghetti e salsa di pomodoro) ai bambini affamati del Sahel. Il viaggio si rivelerà una vera e propria odissea, e finirà in tragedia.
Il film sancisce la riunione del regista con lo sceneggiatore spagnolo Rafael Azcona, con cui non collaborava più dai tempi de L'ultima donna (1976).
Ferreri usa, come sempre, l'aspetto grottesco per criticare l'ipocrisia che si nasconde dietro la beneficenza occidentale nei confronti del Terzo Mondo.
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Una spedizione umanitaria deve attraversare il deserto per portare del cibo(spaghetti e salsa di pomodoro) ai bambini affamati del Sahel. Il viaggio si rivelerà una vera e propria odissea, e finirà in tragedia.
Il film sancisce la riunione del regista con lo sceneggiatore spagnolo Rafael Azcona, con cui non collaborava più dai tempi de L'ultima donna (1976).
Ferreri usa, come sempre, l'aspetto grottesco per criticare l'ipocrisia che si nasconde dietro la beneficenza occidentale nei confronti del Terzo Mondo. La carità viene vista dal regista come una forma di colonialismo più viscida, atta a sponsorizzare, in questo caso, l'Italia, sia tramite i prodotti locali (spaghetti e salsa di pomodoro appunto), sia tramite l'ostentazione di bontà dimostrata al mondo tramite questi atti caritatevoli. I media hanno infatti un ruolo importante nel film e servono a documentare gli "atti eroici" dei nostri protagonisti. L'Africa raccontata da Ferreri è sfaccettata: in una prima parte troviamo zone moderne e turistiche, come l'albergo lussuoso dove si accampano i nostri eroi, ma andando avanti nel film ci si addentra in ambienti sempre più ostili e rurali, fino ad arrivare al centro dell'Africa più nera e selvaggia, dove i protagonisti adempiranno alla loro missione, ma non come si sarebbero aspettati. Vengono infatti divorati da una tribù indigena e l'unica testimonianza che rimarrà del loro involontario sacrificio sarà il nastro della videocamera.
L'ironia non è certamente sottile, ma è nera come la pece, e di questo Ferreri è un vero maestro. Purtroppo il regista ci ha abituati a molto peggio e, benché le premesse ci siano tutte, il film non è del tutto riuscito. Le dinamiche tra i personaggi sono solo abbozzate, così come alcune tematiche, che avrebbero meritato un maggiore approfondimento.
L'amaro in bocca però riesce a lasciarlo, fosse solo per la consapevolezza che film così radicali sembra non se ne facciano più.
Curiosità: nel film ci sarebbe dovuto essere anche Roberto Benigni.
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