paperino
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lunedì 23 maggio 2011
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spunti di riflessione ma.. troppo lento
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Non c'è molto altro da dire: il pregio del film è la regia asciutta e misurata ma poteva essere più incisivo togliendo qualche inquadratura lenta e ripetitiva.Interessante il ricordo che rimane del film: toni di grigio e di nero come l'anima dei protagonisti ela zona grigia fra il bene e il male.
Il personaggio più sgradevole è decisamente l'uomo politico ma il figlio che approfitta della situazione per primo per non impegnarsi a crearsi un futuro e poi pensa di poter rimediare a tutto con la vendetta, risulta il più corruttibile e corrotto.
La sua condotta porterà il padre a venire a patti con la proprio coscienza proprio come ha fatto colui che ha rovinato la vita sua e della sua famiglia.
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Non c'è molto altro da dire: il pregio del film è la regia asciutta e misurata ma poteva essere più incisivo togliendo qualche inquadratura lenta e ripetitiva.Interessante il ricordo che rimane del film: toni di grigio e di nero come l'anima dei protagonisti ela zona grigia fra il bene e il male.
Il personaggio più sgradevole è decisamente l'uomo politico ma il figlio che approfitta della situazione per primo per non impegnarsi a crearsi un futuro e poi pensa di poter rimediare a tutto con la vendetta, risulta il più corruttibile e corrotto.
La sua condotta porterà il padre a venire a patti con la proprio coscienza proprio come ha fatto colui che ha rovinato la vita sua e della sua famiglia.
La morale è esplicita: anche quando si pensa di venir meno a un principio facendo un " peccato veniale " il marcio si diffonde fino al punto di contaminare tutto e tutti...
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matteo cavezzali
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martedì 16 settembre 2008
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critica vs pubblico
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Una volta sui giornali veniva riportato il voto della critica e quello del pubblico. Due valutazioni a volte concordi, spesso in contrasto. Quest’ultimo sarebbe stato il caso de “Le tre scimmie”, un film che ha entusiasmato la critica a Cannes, che gli ha conferito il “Prix de la mise en scène” per la regia, ma che non è riuscito a coinvolgere altrettanto il pubblico.
Il film è un dramma familiare ambientato a Istanbul. I tre membri del nucleo familiare come le tre scimmie del detto non si vedono, non si sentono e non si parlano. Il padre accetta, per denaro, di finire in carcere al posto di un politico che ha investito un uomo uccidendolo. A casa rimangono la moglie e il figlio. Questa è la scintilla che scoperchia il vaso di pandora dei turbamenti repressi della famiglia.
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Una volta sui giornali veniva riportato il voto della critica e quello del pubblico. Due valutazioni a volte concordi, spesso in contrasto. Quest’ultimo sarebbe stato il caso de “Le tre scimmie”, un film che ha entusiasmato la critica a Cannes, che gli ha conferito il “Prix de la mise en scène” per la regia, ma che non è riuscito a coinvolgere altrettanto il pubblico.
Il film è un dramma familiare ambientato a Istanbul. I tre membri del nucleo familiare come le tre scimmie del detto non si vedono, non si sentono e non si parlano. Il padre accetta, per denaro, di finire in carcere al posto di un politico che ha investito un uomo uccidendolo. A casa rimangono la moglie e il figlio. Questa è la scintilla che scoperchia il vaso di pandora dei turbamenti repressi della famiglia. Il figlio non accettato all’università è disoccupato e conduce una vita irrequieta e segreta. La moglie è adultera e psicolabile e viene trascinata in una impossibile relazione.
La critica è stata conquistata da “Le tre scimmie” per il magistrale tocco registico che conduce freddamente lo sguardo dello spettatore nell’intimo della famiglia. È stata sedotta dalle intense inquadrature sfocate che rispecchiano i sentimenti confusi e contraddittori e dal dramma che colpisce la famiglia senza riuscire a scuoterla, ne a farla reagire. Insomma c’è chi ha rivisto in Nuri Bilge Ceylan un Antonioni turco. Ciò che, invece, ha annoiato il pubblico meno intellettuale sono i luuunghi silenzi, i telefoni che squillano, squillano, squillano, ma nessuno risponde. Le scene molto statiche, le inquadrature fisse dei protagonisti che dormo su letti o divani, e le continue titubanze dei personaggi, che osservano, si spiano, attendono, ma subiscono sempre passivi. Subiscono il carcere, l’amore e, nella sequenza finale, la pioggia. Solo nel finale qualcosa cambia, con un colpo di scena che lascia il film in sospeso.
INTROSPETTIVO
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(di sbiancalana)
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stefano capasso
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domenica 18 giugno 2023
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l''esercizio del potere
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Un politico investe di notte un pedone e chiede al suo autista di prendersi la responsabilità in cambio di denaro: le elezioni sono alle porte e deve evitare lo scandalo. L’uomo accetta e passerà nove mesi in carcere mentre il suo datore di lavoro onora il debito ma allo stesso tempo inizia un flirt con sua moglie. Quando uscirà dovrà affrontare quelle che ormai sono le macerie della sua famiglia.
Nuri Bilge Ceylan da vita ad una narrazione densa, silenziosa ma carica di risvolti emotivi e psicologici. Viene a supporto un’ottima messa in scena e una fotografia straniante, che rimanda ad un incubo per i colori irreali della pellicola. E in effetti l’incubo potrebbe essere il leit motiv del film: è un incubo l’inevitabile succedersi degli eventi, dove è il potere a regolare le vite delle persone e dove nessuno sfugge a questo esercizio: il politico usa il potere con il suo autista, ma anche lui a sua volta farà lo stesso con un amico disperato.
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Un politico investe di notte un pedone e chiede al suo autista di prendersi la responsabilità in cambio di denaro: le elezioni sono alle porte e deve evitare lo scandalo. L’uomo accetta e passerà nove mesi in carcere mentre il suo datore di lavoro onora il debito ma allo stesso tempo inizia un flirt con sua moglie. Quando uscirà dovrà affrontare quelle che ormai sono le macerie della sua famiglia.
Nuri Bilge Ceylan da vita ad una narrazione densa, silenziosa ma carica di risvolti emotivi e psicologici. Viene a supporto un’ottima messa in scena e una fotografia straniante, che rimanda ad un incubo per i colori irreali della pellicola. E in effetti l’incubo potrebbe essere il leit motiv del film: è un incubo l’inevitabile succedersi degli eventi, dove è il potere a regolare le vite delle persone e dove nessuno sfugge a questo esercizio: il politico usa il potere con il suo autista, ma anche lui a sua volta farà lo stesso con un amico disperato. Ma è anche da incubo la presenza del figlio minore, scomparso piccolo in circostanze non mostrate, e che vediamo turbare i pensieri del fratello maggiore e del padre, nonché quelli dello spettatore; un antefatto che spiega, probabilmente solo in parte, l’origine di una condizione famigliare davvero precaria, dove ormai mancano comunicazione e rapporti affettivi e dove tutti sembrano essere condannati alla ripetizione della sofferenza senza possibilità di uscita. Anche il tentativo del figlio maggiore di uscire dal gioco delle “tre scimmie” (non vedo, non sento, non parlo) finisce col perpetuarlo, costringendo i protagonisti a replicare quel gioco di potere che restringe gli orizzonti della vita.
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