Preceduto da un "corto" in bianco e nero ("La chiave") in stile cinematografia sovietica post-espressionista, il film racconta la delicata storia del candido P. Tinto, che fin da bambino sogna una famiglia numerosa, ma che è appunto troppo ingenuo per riuscire a costituirla. Dopo cinquant'anni di attesa senza successo (ma c'è un motivo ben preciso) inizia a pensare all'adozione. A quel punto giunge l'inaspettato e l'esilarante film post-espressionista dell'inizio si rivela non una semplice chicca di apertura, ma perfettamente inserito nella trama del film principale. I personaggi del corto e lungometraggio si incastrano come gli ingranaggi di un orologio per una trama surreale che non ha un momento di pausa e che dona momenti di comicità inattesa.
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Preceduto da un "corto" in bianco e nero ("La chiave") in stile cinematografia sovietica post-espressionista, il film racconta la delicata storia del candido P. Tinto, che fin da bambino sogna una famiglia numerosa, ma che è appunto troppo ingenuo per riuscire a costituirla. Dopo cinquant'anni di attesa senza successo (ma c'è un motivo ben preciso) inizia a pensare all'adozione. A quel punto giunge l'inaspettato e l'esilarante film post-espressionista dell'inizio si rivela non una semplice chicca di apertura, ma perfettamente inserito nella trama del film principale. I personaggi del corto e lungometraggio si incastrano come gli ingranaggi di un orologio per una trama surreale che non ha un momento di pausa e che dona momenti di comicità inattesa. Il film parla anche di religione, dei significati del matrimonio, della solitudine della terza età, del dramma degli emarginati, ma è essenzialmente un delizioso film surreale che regala cento minuti di divertimento e un sorriso dettato dall'ottimismo e dalla fiducia nei miracoli, che sono sempre possibili, purché si abbia almeno un granello di senape di Fede.
Un "Il mondo di Amelie" in salsa bunueliana, ma più colto e meglio costruito del film francese.
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