ziogiafo
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martedì 13 gennaio 2009
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una drammatica storia di attualità…
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ziogiafo - Un borghese piccolo piccolo – Italia, 1977 - Questo appassionante film è tratto dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami, pubblicato nel 1976. Racconta la drammatica storia di Giovanni Vivaldi (Alberto Sordi), un modesto impiegato del ministero del lavoro, che – da buon padre - ormai vicino alla pensione, cerca di “aiutare” in tutti i modi - attraverso le sue conoscenze - il giovane figlio Mario (Vincenzo Crocitti) neodiplomato, che aspira ad un posto di ragioniere, partecipando ad un concorso proprio nello stesso ministero dove lavora il padre da tanti anni. Giovanni, si adopera assiduamente per raggiungere il suo scopo, e pur di vedere al più presto il figlio impiegato in qualche ufficio del ministero, accetta qualsiasi tipo di consiglio dai suoi superiori.
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ziogiafo - Un borghese piccolo piccolo – Italia, 1977 - Questo appassionante film è tratto dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami, pubblicato nel 1976. Racconta la drammatica storia di Giovanni Vivaldi (Alberto Sordi), un modesto impiegato del ministero del lavoro, che – da buon padre - ormai vicino alla pensione, cerca di “aiutare” in tutti i modi - attraverso le sue conoscenze - il giovane figlio Mario (Vincenzo Crocitti) neodiplomato, che aspira ad un posto di ragioniere, partecipando ad un concorso proprio nello stesso ministero dove lavora il padre da tanti anni. Giovanni, si adopera assiduamente per raggiungere il suo scopo, e pur di vedere al più presto il figlio impiegato in qualche ufficio del ministero, accetta qualsiasi tipo di consiglio dai suoi superiori. Ben presto, però, si renderà conto che l’unica strada che porta alla soluzione del suo problema è quella della massoneria, a cui già tanti suoi colleghi si sono rivolti in passato. Dopo qualche momento di diffidenza, Giovanni decide di partecipare ad un grottesco rito massonico che gli permetterà di ricevere la solidarietà di importanti affiliati, a cominciare dal suo capoufficio, il dottor Spaziani (Romolo Valli). Proprio quando le cose si stavano mettendo a posto, ha inizio la tragedia. Nel giorno dell’esame, Giovanni e il figlio Mario si trovano (loro malgrado) al centro di una sparatoria, nei pressi del ministero, dove una banda di rapinatori in fuga spara all’impazzata per aprirsi un varco tra la gente, un proiettile vagante colpisce Mario Vivaldi ammazzandolo. Con la morte di Mario niente avrà più senso per Giovanni Vivaldi, che come se non bastasse subisce anche un altro dolore, quello della moglie (Shelley Winters), che per il dispiacere della perdita del figlio è rimasta paralizzata. L’umile pensionato si trasformerà in una vera e propria belva umana, che si metterà sulle tracce dell’assassino del figlio, con lo scopo di catturarlo e giustiziarlo “lentamente”. «Un borghese piccolo piccolo» è un ritratto del malcostume della società italiana degli anni settanta, che il maestro Monicelli ha voluto rappresentare in tutta la sua drammaticità, quasi per sottolineare quelle importanti problematiche che affliggevano le persone più modeste, e non solo, uscendo temporaneamente dalla farsa goliardica a lui più congeniale in quell’epoca. Anche il grandissimo Alberto Sordi in questo film esce dalla routine dei suoi classici personaggi comici, calandosi in uno straordinario ruolo serio che commuove. Una drammatica storia di attualità… Cordialmente, ziogiafo
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azaziel l'arcangelo nero
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martedì 29 luglio 2008
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la classe della "vecchia guardia"
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Vidi questo film in prima visione al cinama cittadino ancora adolescente ma a distanza di anni (Tanti anni),lo spessore ,la classe,lo stile recitativo,la regia,sono rimasti intatti.
Spaccato di vita della piccola borghesia italiana di fine anni 70'fotografata magistralmente della sicura regia del maestro Monicelli con Monumentale Alberto Sordi nella sua interpretazione più intensa sofferta e maliconicamente crudele paritaria al personaggio sfortunato di"Detenuto in attesa di giudizio" se pur con alcune differenze.
Non seconda l'interpretazione della bravissima Winters moglie passiva e timorata di Dio nella prima parte del film e paralizzata e menomata psicologicamente nella drammatica seconda,sia Crocitti che Valli sono credibili nel caratterizzare rispettivamente il povero figlio e il singolare capo/ufficio del protagonista
Film di assoluto valore che avrebbe meritato diverse riconoscenze artistiche ma forse ritenuto "scomodo" all'epoca dell'uscita cinematografica (77).
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Vidi questo film in prima visione al cinama cittadino ancora adolescente ma a distanza di anni (Tanti anni),lo spessore ,la classe,lo stile recitativo,la regia,sono rimasti intatti.
Spaccato di vita della piccola borghesia italiana di fine anni 70'fotografata magistralmente della sicura regia del maestro Monicelli con Monumentale Alberto Sordi nella sua interpretazione più intensa sofferta e maliconicamente crudele paritaria al personaggio sfortunato di"Detenuto in attesa di giudizio" se pur con alcune differenze.
Non seconda l'interpretazione della bravissima Winters moglie passiva e timorata di Dio nella prima parte del film e paralizzata e menomata psicologicamente nella drammatica seconda,sia Crocitti che Valli sono credibili nel caratterizzare rispettivamente il povero figlio e il singolare capo/ufficio del protagonista
Film di assoluto valore che avrebbe meritato diverse riconoscenze artistiche ma forse ritenuto "scomodo" all'epoca dell'uscita cinematografica (77)...Da vedere e rivedere ...nuove leve prendete nota!!!!!!
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tizianastanzani
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martedì 6 aprile 2010
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forfora e polvere
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“Un borghese piccolo piccolo” è una vera perla di celluloide; il dipendente statale Vivaldi, annichilito dai paraocchi del sistema, si presenta violento e represso fin dalle prime battute: si sporca subito le mani di sangue, del sangue di quel luccio che ha appena pescato e al quale spaccherà la testa prima di essere fritto e mangiato, nella sua fatiscente catapecchia, in compagnia del figlio Mario. Un figlio invero un po’ imbranato, che difficilmente se la potrà cavare da solo una volta uscito dal nido familiare. L’ottimo Sordi è molto orgoglioso di lui, e lo vuole “sistemare” nell’ingranaggio al più presto, cosciente che non c’è posto per lui nella società senza l’aiuto di papà.
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“Un borghese piccolo piccolo” è una vera perla di celluloide; il dipendente statale Vivaldi, annichilito dai paraocchi del sistema, si presenta violento e represso fin dalle prime battute: si sporca subito le mani di sangue, del sangue di quel luccio che ha appena pescato e al quale spaccherà la testa prima di essere fritto e mangiato, nella sua fatiscente catapecchia, in compagnia del figlio Mario. Un figlio invero un po’ imbranato, che difficilmente se la potrà cavare da solo una volta uscito dal nido familiare. L’ottimo Sordi è molto orgoglioso di lui, e lo vuole “sistemare” nell’ingranaggio al più presto, cosciente che non c’è posto per lui nella società senza l’aiuto di papà. La famiglia cattolica, bacchettona e superstiziosa, verrà punita dal destino, perché quel figlio che si appresta alla vita aduta, tirato su a suon di qualunquismo e di dogmi superstiziosi, verrà ucciso per strada da un malfattore, proprio il giorno dell’esame di quel concorso statale comprato da papà in cambio di favori. Il film denuncia il fallimento delle istituzioni, impastate con la P2, della burocrazia, impacchettata in pigne di pratiche non evase, della religione di Stato che tradisce la fede, della famiglia che si autodistrugge il giorno stesso del pensionamento. Infine, della democrazia. “Un borghese piccolo piccolo”, dopo aver raccontato del marcio italiano e della giustizia fai da te, ci lascia con un amaro in bocca talmente scomodo (ora come allora) che non verrà più voglia a nessuno di parlare di giustizia per molto tempo, tanto è il dolore represso nella rabbia, tanto si resta schifati dalla forfora e dagli scaffali polverosi... E ci lascia ancora oggi disarmati di fronte all’attualità del suo strepitoso soggetto.
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gianfranco
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giovedì 1 maggio 2008
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un borghese grande grande
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La musica con la quale si apre questo film ha il suono di un dramma già annunciato.
Un dramma che appartiene da sempre a questo mondo e che divide gli esseri umani in due categorie:coloro i quali posseggono nella loro anima quell'innata predisposizione a perdonare anche le più orribili efferatezze e coloro i quali invece non riescono nè a andare al di là del male,nè a giustificarlo.
Ebbene,il tema di questo film concerne proprio questo e il regista mette lo spettatore nella condizione di porsi la suddetta domanda:riusciresti tu a perdonare qualcuno,anche se questo stesso qualcuno giungesse a uccidere tuo figlio con così tanta crudelta?
Al protagonista del film,spetterà porsi questa terribile domanda.
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La musica con la quale si apre questo film ha il suono di un dramma già annunciato.
Un dramma che appartiene da sempre a questo mondo e che divide gli esseri umani in due categorie:coloro i quali posseggono nella loro anima quell'innata predisposizione a perdonare anche le più orribili efferatezze e coloro i quali invece non riescono nè a andare al di là del male,nè a giustificarlo.
Ebbene,il tema di questo film concerne proprio questo e il regista mette lo spettatore nella condizione di porsi la suddetta domanda:riusciresti tu a perdonare qualcuno,anche se questo stesso qualcuno giungesse a uccidere tuo figlio con così tanta crudelta?
Al protagonista del film,spetterà porsi questa terribile domanda.Egli ha una vita felice e serena(seppur alquanto monotona),ma soprattutto un figlio diplomato in ragioneria verso il quale proietta tutte le sue ambizioni e le sue speranze.Speranze e ambizioni che non per costui non hanno prezzo,ma che sono talmente forti da indurlo a scenedere a qualsiasi compromesso pur di vedere nel figlio quelle che in realtà altro non sono se non le sue stesse ambizioni e speranze.
Ambizioni e speranze che purtroppo il protagonista del film vedrà cadere letteralmente in pezzi ,quando un rapinatore ucciderà a sangue freddo il suo tanto amato quanto insostituibile figlio.E da quì, la vita per l'uomo non sarà mai più la stessa,ma diverrà un vero e proprio dramma borghese che assumerà le tinte sempre più sottili e perverse di quella violenza che in realtà è anche dentro di lui.Una violenza che scaturisce dalla triste consapevolezza di vivere in un mondo cudele e imperfetto e proprio perchè imperfetto pieno di meccanismi perversi,come appunto quello in cui cadrà il protagonista.Luomo,avendo perduto il suo bene più prezioso(ossia il figlio),si sostituirà alla stessa giustizia,trasformandosi a sua volta da vittima di quello stesso mondo corrotto a spietato carnefice.
Un carnefice che non troverà pace,sino a quando non avrà appaggato la sua sete di vendetta.Una vendetta che altro non lo porterà se non a un punto di non ritorno.
Nel finale,c'è un prete che dice"Se fosse per me,potrebbe anche venire il diluvio universale,ma io non sono Dio e quindi dovete affidarvi solo alla sua benevolenza".
Credo che in realtà il messaggio contenuto in queste parole racchiuda perfettamente quello che il regista intende esprimere.
Il protagonista,si lascia accecare dall'odio e dalla rabbia,divenendone vittima e rimandendone perversamente e forse volutamente affascinato.
E questo rende il film ancora più inquietante,ma al tempo stesso credibile.
L'amore e l'odio sono due sentimenti molto simili,che inducono l'essere umano a compiere grandi gesti o persino grandi efferatezze.
E il confine che lì separa è almente sottile,da accecarci completamente.
Ed è proprio ciò che accade al protagonista di questo film e che il regista ha molto ben saputo rappresentare in chiave drammatica.
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mirror
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lunedì 6 dicembre 2010
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bello e terribile
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“Il tipico asociale, il campione più aperto dell’anticristianesimo” così il grande Monicelli definiva il protagonista di questo film interpretato da un Sordi magistrale. rivederlo serve a pensare a quando il cinema era davvero qualcosa di sacro. Un film per riflettere sulla meschinità dell'essere umano e magari per reagire e cercare qualcosa di più alto che una sistemazione borghese della propria vita... imperdibile
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francesco di benedetto
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domenica 2 aprile 2006
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sulla commedia all'italiana
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Cosa più caratterizza una commedia all'italiana? Dal mio parziale punto di vista uno stile di fare cinema che comporti una forte presa sulla realtà del pubblico e che al tempo stesso agisca aggredendo, deformando brutalmente, denudando. Alla base forse, fra le altre cose, un'estremizzazione malevola e disturbante delle situazioni e dei personaggi, colti o portati sull'orlo della crisi e della rovina, e un forte sentimento di rabbia o di disperazione.
Un valido esempio può essere per me fornito dal film Un borghese piccolo piccolo. Situazioni e personaggio principale sono dipinti con un gusto per l'estremo. Il punto di partenza è quello di un borghese marginale dalle irrealizzabili aspirazioni di rivalsa sociale, dall'affetto possessivo e ossessivo nei confronti del figlio proprio; questa tensione ideale e emotiva del protagonista, queste circostanze individuali, già esse estreme, dolenti quanto (a voler essere spietati) risibili, a metà del film vengono ribaltate (o se si preferisce portate al livello della rottura, della rovina), con una violenza fulminea pari a un colpo di mitra: e il film precipita in un baratro di malessere e di orrore non risolti, che contagiano uno spettatore partecipe della vicenda; il senso del grottesco, dell'estremizzazione, della deformazione del reale (vedi l'ironia spietata della sorte quanto la relativa spropositata reazione dell'individuo) si cementa così saldamente con una tragedia potenzialmente celata dietro lo scorrere placido della nostra quotidianità, da essere avvertito come una necessità che ci brucia dall'interno.
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Cosa più caratterizza una commedia all'italiana? Dal mio parziale punto di vista uno stile di fare cinema che comporti una forte presa sulla realtà del pubblico e che al tempo stesso agisca aggredendo, deformando brutalmente, denudando. Alla base forse, fra le altre cose, un'estremizzazione malevola e disturbante delle situazioni e dei personaggi, colti o portati sull'orlo della crisi e della rovina, e un forte sentimento di rabbia o di disperazione.
Un valido esempio può essere per me fornito dal film Un borghese piccolo piccolo. Situazioni e personaggio principale sono dipinti con un gusto per l'estremo. Il punto di partenza è quello di un borghese marginale dalle irrealizzabili aspirazioni di rivalsa sociale, dall'affetto possessivo e ossessivo nei confronti del figlio proprio; questa tensione ideale e emotiva del protagonista, queste circostanze individuali, già esse estreme, dolenti quanto (a voler essere spietati) risibili, a metà del film vengono ribaltate (o se si preferisce portate al livello della rottura, della rovina), con una violenza fulminea pari a un colpo di mitra: e il film precipita in un baratro di malessere e di orrore non risolti, che contagiano uno spettatore partecipe della vicenda; il senso del grottesco, dell'estremizzazione, della deformazione del reale (vedi l'ironia spietata della sorte quanto la relativa spropositata reazione dell'individuo) si cementa così saldamente con una tragedia potenzialmente celata dietro lo scorrere placido della nostra quotidianità, da essere avvertito come una necessità che ci brucia dall'interno.
Scoverchiare dunque la tragedia, l'orrore dal quotidiano, dalla nostra normalità, renderli, al limite, una necessità, attecchendo con brutale lucidità sulle nostre più intime brutture e fragilità al di là di ogni facile conferma e esaltazione, questo mi sembra forse il fine ultimo della commedia all'italiana, specie di quella di Monicelli
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frdb82
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lunedì 11 aprile 2005
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anni '70, tempi di fantozzi e amici miei
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La punta più radicale della commedia all'italiana. Sordi padre affettuoso e umanissimo, dagli stessi tessuti vitali-emotivi più interni di cui siamo fatti noi, che si fa mostro. Il fondo della mediocrità, della brutalità, del disastro esistenziale e del malessere. E la reazione dell'individuo, pronta, spietata, travolgente e inesorabile. Un senso del grottesco che ci appartiene e ci nasce dall'interno, difficile a digerirsi come la tragedia cui si cementa. Funereo e crudele
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reservoir dogs
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venerdì 25 febbraio 2011
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un secondo diluvio universale
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Giovanni Vivaldi (Sordi) è un impiegato del ministero prossimo alla pensione, l'uomo è disposto ad ogni cosa per far raccomandare il figlio Mario (Crocitti), neodiplomato in ragioneria, persino iscriversi ad una loggia massonica.
Il giorno della prova al ministero, Mario muore coinvolto in una sparatoria durante una rapina davanti agli occhi del padre inerme; è l'inizio di una caduta in picchiata per Giovanni.
Mentre molti criticano il film di violenza gratuita per altri invece é considerato l'elevazione più alta della commedia all'italiana; quella che nella sua critica sociale diventa grottesca e talmente amara da non riuscire ad essere digerita (la sequenza del cimitero dove le bare vengono accatastate e stufe dell'attesa si autoesplodono).
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Giovanni Vivaldi (Sordi) è un impiegato del ministero prossimo alla pensione, l'uomo è disposto ad ogni cosa per far raccomandare il figlio Mario (Crocitti), neodiplomato in ragioneria, persino iscriversi ad una loggia massonica.
Il giorno della prova al ministero, Mario muore coinvolto in una sparatoria durante una rapina davanti agli occhi del padre inerme; è l'inizio di una caduta in picchiata per Giovanni.
Mentre molti criticano il film di violenza gratuita per altri invece é considerato l'elevazione più alta della commedia all'italiana; quella che nella sua critica sociale diventa grottesca e talmente amara da non riuscire ad essere digerita (la sequenza del cimitero dove le bare vengono accatastate e stufe dell'attesa si autoesplodono).
Raccomandazioni, preghiere, iscrizioni a logge, niente ferma il Fato beffardo che si prende continuamente gioco; l'unica soluzione sembra essere un secondo diluvio universale (come dice il prete).
Monicelli ci mostra attraverso un inconsueto e "sgradevole" Sordi, un uomo cinico, maschilista, egoista e qualunquista: un borghese che viene schiacciato da quell'incertezza che la società del periodo stava sempre più iniettando in ogni essere coscente.
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francesco di benedetto
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martedì 17 luglio 2012
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politonale, ironico, nerissimo
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Pastiche fra i più sperimentali e spregiudicati del cinema di Mario Monicelli, commistione di registri espressivi altalenanti e opposti fra di loro: il patetico, l'apocalittico, il grottesco più clinico e impietoso, il farsesco, l'orrido, il surreale...
Una tragedia assoluta e allegorica, d'impianto più politico-civile che intimistico, pervasa capillarmente da un umorismo sottile... Sadico, nerissimo, ghignante... Oltraggio eversivo ai tabù del lutto e della morte che sconfina volutamente nel delirio.
Capolavoro!
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great steven
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giovedì 22 ottobre 2015
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gelido, crudo e spietato: il dolore regna sovrano.
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UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO (IT, 1977) diretto da MARIO MONICELLI. Interpretato da ALBERTO SORDI, SHELLEY WINTERS, ROMOLO VALLI, VINCENZO CROCITTI, RENZO CARBONI, PAOLO PAOLONI, RENATO SCARPA
Giovani Vivaldi, uomo onesto e lungimirante, lavora come impiegato ministeriale a Roma da più di trent’anni, ed ha come figlio un ragazzo non molto brillante di nome Mario che si è recentemente diplomato ragioniere. Ormai prossimo alla pensione, Giovanni vorrebbe che suo figlio venisse a lavorare con lui al Ministero, e per ottenere una raccomandazione a suo favore si rivolge al suo capoufficio, il dottor Spaziani, che lo annette addirittura nella massoneria pur di fargli conoscere in anticipo i temi che verranno affidati a tutti i giovani che parteciperanno a un concorso il cui scopo conclusivo è proprio l’introduzione agli uffici del Ministero.
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UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO (IT, 1977) diretto da MARIO MONICELLI. Interpretato da ALBERTO SORDI, SHELLEY WINTERS, ROMOLO VALLI, VINCENZO CROCITTI, RENZO CARBONI, PAOLO PAOLONI, RENATO SCARPA
Giovani Vivaldi, uomo onesto e lungimirante, lavora come impiegato ministeriale a Roma da più di trent’anni, ed ha come figlio un ragazzo non molto brillante di nome Mario che si è recentemente diplomato ragioniere. Ormai prossimo alla pensione, Giovanni vorrebbe che suo figlio venisse a lavorare con lui al Ministero, e per ottenere una raccomandazione a suo favore si rivolge al suo capoufficio, il dottor Spaziani, che lo annette addirittura nella massoneria pur di fargli conoscere in anticipo i temi che verranno affidati a tutti i giovani che parteciperanno a un concorso il cui scopo conclusivo è proprio l’introduzione agli uffici del Ministero. Sfortuna vuole che, proprio la mattina del concorso, Mario venga ucciso per caso durante una rapina ad un istituto di credito. Appena sa la notizia, Amalia, moglie di Giovanni e madre di Mario, cade in un profondo stato di invalidità che le impedisce di muoversi e comunicare verbalmente. Giovanni, preferendo non ricorrere alle forze di polizia, decide di mettere in atto una lenta, bieca e allucinata vendetta. Individuato il responsabile dell’omicidio del figlio in un giovane malvivente, lo pedina guidando la sua automobile, lo tramortisce con due randellate e lo fa suo prigioniero nel cottage lacustre dove andava a pescare insieme a Mario nelle settimane precedenti il concorso. A furia di perdere sangue, e immobilizzato col fil di ferro, il delinquente muore, e poco dopo fa la stessa fine anche Amalia. Per Giovanni, più disperato e afflitto che mai, giunge finalmente il giorno della pensione, ma il pover’uomo ha ben poco da festeggiare e da stare allegro. Ormai rimasto solo con sé stesso, un giorno si scontra verbalmente con un buzzurro incontrato per strada e, terminato l’alterco, si mette ad andargli dietro con l’autovettura: probabilmente arriverà a tramare vendetta e ad uccidere nuovamente. Ultimo capolavoro di A. Sordi con M. Monicelli e performance che funge da canto del cigno come magistrale bravura attoriale, è un film immensamente triste, di una crudezza e spietatezza incredibili, che analizza in profondità le motivazioni che spingono gli uomini a farsi giustizia da sé in quei casi dove l’estremo dolore viene provocato da un avvenimento improvviso e sconquassatore che distrugge tutte in un colpo le aspettative per un futuro altrimenti florido e roseo. Tratto dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami e sceneggiato dal regista con Sergio Amidei, si avvale di un copione non troppo intenso e che non fa parlare eccessivamente i personaggi, i cui meriti fondamentali risiedono in un’accorta sobrietà e in un sapiente dosaggio che tiene in equilibrio il grottesco col patetico, la freddezza con l’ironia, il pathos con la ricerca della drammaticità senza ricorrere al ricatto emotivo. Idealmente diviso in due parti, che si completano e si integrano come due tessere di un mosaico fatte l’una per l’altra: nella prima c’è la preparazione per gli esami del giovane ragioniere, col padre che si fa addirittura massone (sostenendo tre prove la cui ridicolaggine è emblema dell’enfatica magniloquenza di simili associazioni, costituite più per far sentire forti i suoi appartenenti che per reali motivi pratici) pur di raccattare una sicurezza pragmatica per la buona riuscita del figlio alla prova scritta, mentre nella seconda prevale decisamente l’organizzazione di un piano vendicativo mosso e architettato completamente dal grigiore algido e irrazionale di un uomo che ormai non ha più nulla da perdere e che, come spiega lui stesso ad una moglie che non può più nemmeno rispondergli, intende caparbiamente portare avanti un piano del tutto personale senza affidarsi all’ordine costituito, per il quale comunque ha sempre lavorato ma in cui, sostanzialmente, non crede con tutto se stesso. David di Donatello a Sordi come miglior attore protagonista. Anche la Winters e Crocitti han ricevuto una menzione speciale alla premiazione di quell’anno, per quanto anche uno strepitoso R. Valli con capigliatura scarmigliata e problemi di forfora faccia una figura tutt’altro che magra nella veste piuttosto caricaturale e dissacratoria di un datore di lavoro tanto abile nei sotterfugi quanto preciso e sottile nelle adulazioni specificamente finalizzate. Il maestro Monicelli ha saputo mettere a segno un colpo degno del suo nome forse per l’ultima volta: dopo il 1977, in cui fece toccare a Sordi il suo apice più tragico e cattivo, ben raramente riuscì a replicare, e non solo col suo attore feticcio, un simile connubio di perizia cinematografica ed eccellenza artistica.
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