andyflash77
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mercoledì 25 luglio 2012
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una vita da vivere fino a morire per giorgie
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In questo film, la vita di George Best, considerato da molti il più forte giocatore del mondo, ma altrettanto sconosciuto alla grande massa, viene ripercorsa partendo dai suoi esordi fino alla sua ultima grande partita, non più con la maglia del Manchester, dove segnò un gol epocale, una sorta di canto del cigno prima della definitiva eclisse.
Best ha giocato dal '64 al '74 nel Manchster United conquistando il titolo di capocannoniere per cinque anni consecutivi (157 gol all'attivo), la prima Coppa dei Campioni di una squadra inglese, ai danni del Benfica di Eusebio, e tre scudetti. È sempre stato considerato un giocatore dai "piedi d'oro" in grado di fare qualunque cosa con la palla al piede, ma non è assurto a star mondiale, come Pelè, sia perché giocava nella nazionale Irlandese (non certo tra le più forti del mondo), ma soprattutto perché il suo finale di carriera all'insegna dell'alcolismo l'ha relegato in una sorta di dimenticatoio internazionale, mantenendo la sua popolarità solo nel Regno Unito.
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In questo film, la vita di George Best, considerato da molti il più forte giocatore del mondo, ma altrettanto sconosciuto alla grande massa, viene ripercorsa partendo dai suoi esordi fino alla sua ultima grande partita, non più con la maglia del Manchester, dove segnò un gol epocale, una sorta di canto del cigno prima della definitiva eclisse.
Best ha giocato dal '64 al '74 nel Manchster United conquistando il titolo di capocannoniere per cinque anni consecutivi (157 gol all'attivo), la prima Coppa dei Campioni di una squadra inglese, ai danni del Benfica di Eusebio, e tre scudetti. È sempre stato considerato un giocatore dai "piedi d'oro" in grado di fare qualunque cosa con la palla al piede, ma non è assurto a star mondiale, come Pelè, sia perché giocava nella nazionale Irlandese (non certo tra le più forti del mondo), ma soprattutto perché il suo finale di carriera all'insegna dell'alcolismo l'ha relegato in una sorta di dimenticatoio internazionale, mantenendo la sua popolarità solo nel Regno Unito.
Il rischio di un film del genere è enorme; collocarsi in equilibrio tra la noiosità di un documentario e l'eccesso di una sequenza interminabile di partite non è facile, ma la sceneggiatura, della regista in collaborazione con Lynch e lo stesso Best, è, sotto questo aspetto, ben equilibrata. Dopo un avvio all'insegna del genio di Best, veniamo trascinati dal suo personale vortice di alcolismo ed autodistruzione tanto da restare noi stessi leggermente stravolti. Come Best abbia potuto sperperare il suo incredibile talento è quasi incredibile; la sua fragilità psicologica, unita all'enorme successo avuto in giovanissima età (miglior calciatore europeo a soli 21 anni) ed alla mancanza di figure di riferimento lo hanno letteralmente spezzato ed a nulla è valsa l'amicizia di Sir Matt Busby, l'allora allenatore/dirigente del Manchester, che in ogni modo ha cercato di proteggerlo. Best è stato il primo giocatore a diventare una star anche fuori dal campo. Il suo talento unitamente alla sua faccia da "bravo ragazzo" ed alla sua eleganza, lo hanno reso un mito (è stato definito anche il quinto "Beatles"), catapultando Georgy in un universo lontano anni luce dalle sue origini di irlandese operaio.
Se il film vanta l'ottima trovata di presentarci George oggi che ripercorre, in occasione del funerale del suo mentore Busby, il suo passato visto dal fondo del suo bicchiere, utilizzando un formato quasi televisivo e "sgranando" a volte l'immagine per acquistare quel fascino dei filmati d'epoca, di contro risulta frammentario tanto che uno spettatore digiuno di calcio fa decisamente fatica a seguire il corso degli eventi ed a collocarli temporalmente.
Nel complesso un doveroso omaggio ad un grande del football, un'ottima occasione per rivedere John Lynch dopo "Sliding Doors" ed apprezzare un eccellente Ian Bannen ("Svegliati Ned"), ma che rimane relegato in una nicchia ristretta.
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christian luongo
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sabato 16 agosto 2014
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best... the best !
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E' stato, oltremodo, sorprendente constatare di come una cineasta possa aver sceneggiato un più che discreto lungometraggio su una disciplina sportiva come il calcio la quale, per antonomasia, assai poco si presta ad una riduzione cinematografica davvero efficace a differenza di altri sports come, tanto per dirne una, la boxe non fosse altro, magari, per la intrinseca difficoltà a far compenetrare lo spettatore nell'arena di un campo di calcio dove le variabili sono molteplici e dove la visuale dei protagonisti mal si confà all'obiettivo di una macchina da presa.
Indovinatissima è la fotografia così come, del resto, indovinato è il ritmo - incalzante, frenetico, schizofrenico - della riduzione cinematografica, un ritmo che più di ogni altra cosa tende a far compenetrare lo spetttatore nella personalità di Best ancor più, se vogliamo, dello sviluppo della storia e degli stessi dialoghi.
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E' stato, oltremodo, sorprendente constatare di come una cineasta possa aver sceneggiato un più che discreto lungometraggio su una disciplina sportiva come il calcio la quale, per antonomasia, assai poco si presta ad una riduzione cinematografica davvero efficace a differenza di altri sports come, tanto per dirne una, la boxe non fosse altro, magari, per la intrinseca difficoltà a far compenetrare lo spettatore nell'arena di un campo di calcio dove le variabili sono molteplici e dove la visuale dei protagonisti mal si confà all'obiettivo di una macchina da presa.
Indovinatissima è la fotografia così come, del resto, indovinato è il ritmo - incalzante, frenetico, schizofrenico - della riduzione cinematografica, un ritmo che più di ogni altra cosa tende a far compenetrare lo spetttatore nella personalità di Best ancor più, se vogliamo, dello sviluppo della storia e degli stessi dialoghi.
E' un film, pertanto, nel quale occorre immergersi e farsi portare per mano senza, se vogliamo, prestare particolarmente orecchio alla concatenazione logica ed allo sviluppo intrinseco della storia e nel quale prevalgono le sensazioni epidermiche che sfociano in una struttura narrativa ai limiti dell'onirico.
Uno sguardo, pertanto, amaro e disincantato eppure, nel contempo, pieno di amore e condiscendenza per un uomo che è stato genio e sregolatezza nonché un simbolo anche al di fuori del rettangolo di gioco.
Certo qualche magagna il film la denuncia.
Ma possiamo perdonare la cineasta non fosse altro per il coraggio palesato nel ripercorrere la vita ed i momenti salienti di un grande campione del passato che, come pochissimi altri, è riuscito ad ammaliare coloro che amano il calcio al di là dei vessilli e degli stendardi di appartenenza.
E perchè, alla fin fine, forse Best era davvero... the best !
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