gianni lucini
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venerdì 16 settembre 2011
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keoma ha compassione della morte
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Alla metà degli anni Settanta in molti hanno già suonato le campane a morto del western all’italiana, compresi gran parte dei suoi fondatori che o l’hanno abbandonato o se ne fanno beffe mettendolo in satira. Enzo G. Castellari va in controtendenza. Vuole affascinare per l’ultima volta il pubblico e ci riesce innestando con mano geniale sui codici originari del western all’italiana gran parte delle innovazioni stilistiche e tematiche successive. Sul piano stilistico modifica la scansione della narrazione dilatandola o restringendola alla maniera di Peckinpah ed esaspera lo scambio dei piani temporali utilizzato da Sergio Leone fino a confondere realtà con immaginazione e flashback con presente.
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Alla metà degli anni Settanta in molti hanno già suonato le campane a morto del western all’italiana, compresi gran parte dei suoi fondatori che o l’hanno abbandonato o se ne fanno beffe mettendolo in satira. Enzo G. Castellari va in controtendenza. Vuole affascinare per l’ultima volta il pubblico e ci riesce innestando con mano geniale sui codici originari del western all’italiana gran parte delle innovazioni stilistiche e tematiche successive. Sul piano stilistico modifica la scansione della narrazione dilatandola o restringendola alla maniera di Peckinpah ed esaspera lo scambio dei piani temporali utilizzato da Sergio Leone fino a confondere realtà con immaginazione e flashback con presente. Keoma non immagina il passato, lo rivive direttamente. Su di lui la morte non si limita a incombere, ma lo accompagna. Si materializza fin dalle prime scene, è una donna in carne e ossa che gli dispensa consigli («questa non è mai stata la tua gente, non ti ha mai amato…») e alla fine fa da levatrice al bimbo di Lisa che nasce nella violenza di un duello finale senza altro suono che le urla della partoriente. Enzo G. Castellari non si spaventa della carica messianica del suo protagonista, la lascia scorrere con misura, la governa e l’indirizza con mano felice sfuggendo alla trappola del grottesco anche nei passaggi più difficili come quello della “crocefissione”.. L’ultimo grande antieroe del western all’italiana è spietato come Django ma ha perso per strada il cinismo e tratta anche la morte con compassione
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gianni lucini
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venerdì 16 settembre 2011
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l’ultimo ruggito del western all’italiana
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Keoma viene in genere considerato come il film che alla metà degli anni Settanta chiude l’epopea del western all’italiana. L’osservazione andrebbe precisata meglio perché dal punto di vista strettamente temporale non è vera. Dopo Keoma, infatti, si registra ancora qualche nobile anche se non troppo fortunato tentativo di rivitalizzare il genere sia attraverso un’esasperazione ulteriore della violenza, come in Una donna chiamata apache del 1976 o in Mannaja e California del 1977, sia tentando la strada della “versione per famiglie” come in Sella d’argento nel 1978. Nonostante tutto, però, Keoma resta sia per la critica che per l’immaginario popolare il film che porta per l’ultima volta sullo schermo con puntigliosa e quasi didascalica precisione tutti codici fondanti del western all’italiana.
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Keoma viene in genere considerato come il film che alla metà degli anni Settanta chiude l’epopea del western all’italiana. L’osservazione andrebbe precisata meglio perché dal punto di vista strettamente temporale non è vera. Dopo Keoma, infatti, si registra ancora qualche nobile anche se non troppo fortunato tentativo di rivitalizzare il genere sia attraverso un’esasperazione ulteriore della violenza, come in Una donna chiamata apache del 1976 o in Mannaja e California del 1977, sia tentando la strada della “versione per famiglie” come in Sella d’argento nel 1978. Nonostante tutto, però, Keoma resta sia per la critica che per l’immaginario popolare il film che porta per l’ultima volta sullo schermo con puntigliosa e quasi didascalica precisione tutti codici fondanti del western all’italiana. Lo fa quasi con la consapevolezza della imminente fine e con una storia intrisa da una disperata violenza che si svolge in uno scenario da incubo simile a quello nel quale dieci anni prima si muoveva il Django del film omonimo di Sergio Corbucci. Non è un caso che l’attore impegnato a dare anima e corpo al personaggio tormentato e visionario di Keoma sia lo stesso Franco Nero che per primo aveva portato sullo schermo il triste e solitario pistolero con la bara. Il film è l’ultimo ruggito di grande qualità del western all’italiana in un periodo in cui il genere sta ormai agonizzando tra satira e stanca ripetizione. Registi di culto come Sam Raimi lo considerano un grande capolavoro
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dandy
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martedì 16 novembre 2010
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sopravvalutato,è kult solo in parte.
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Tentativo riuscito solo in parte (e senza seguito)di ridare un pò di inventiva e spessore a un genere che ormai stava esalando l'ultimo respiro(c'è chi ne parla proprio come l'ultimo western nostrano degno di nota).Castellari dimostra fin troppo bene di aver imparato le lezioni di maestri come Leone o Peckinpah(i rallenty si sprecano),e tende ad andare volutamente sopra le righe.Nero dal canto suo,è un perfetto eroe cristlogico(infatti subisce una sorta di crocefissione) e fumettistico assieme.Il risultato ha un chè di visionario e quasi pop(originale la messa in scena dei flashback),ma alla fine l'insieme non risparmia i soliti clichè di genere,e si ha l'impressione che manchi qualcosa che ne avrebbe potuto fare un vero film di culto(infatti,nei contenuti speciali del dvd,un poco entusiasta Luigi Montefiori[alias George Eastman,qui sceneggiatore] afferma che la sua sceneggiatura era in origine molto più tendente al cupo e al fantastico,e che poi fù pesantemente ridimensionata).
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Tentativo riuscito solo in parte (e senza seguito)di ridare un pò di inventiva e spessore a un genere che ormai stava esalando l'ultimo respiro(c'è chi ne parla proprio come l'ultimo western nostrano degno di nota).Castellari dimostra fin troppo bene di aver imparato le lezioni di maestri come Leone o Peckinpah(i rallenty si sprecano),e tende ad andare volutamente sopra le righe.Nero dal canto suo,è un perfetto eroe cristlogico(infatti subisce una sorta di crocefissione) e fumettistico assieme.Il risultato ha un chè di visionario e quasi pop(originale la messa in scena dei flashback),ma alla fine l'insieme non risparmia i soliti clichè di genere,e si ha l'impressione che manchi qualcosa che ne avrebbe potuto fare un vero film di culto(infatti,nei contenuti speciali del dvd,un poco entusiasta Luigi Montefiori[alias George Eastman,qui sceneggiatore] afferma che la sua sceneggiatura era in origine molto più tendente al cupo e al fantastico,e che poi fù pesantemente ridimensionata).Fastidiose le musiche di Guido e Maurizio De Angelis.Insomma non meritra proprio del tutto la fama che ha conquistato.Peccato.
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scatarrango
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martedì 6 febbraio 2007
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keoma l'ultimo eroe di un genere morto e sepolto
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Realizzato da uno sconosciuto regista di film commerciali a basso costo "Keoma" sembra proprio anticipare la fine di un genere di film che fece la fortuna di molte maestranze di Cinecittà, quello del cosidetto "spaghetti western". Franco Nero assomiglia più a un santone hippies che non a un pistolero solitario, l'ambientazione é a dir poco desolante i personaggi sono tristi e penosi, le musiche atroci (una voce femminile stridula e il verso di un ubriaco). La storia: Dopo la guerra civile il pistolero torna nella città natia si mette contro i cattivi di turno (compresi i suoi tre odiosi fratellastri) e diventa il paladino di una comunità di oppressi e perdipiù appestati... Almeno "Django" era a suo modo originale mentre questo sembra la sua brutta copia, ma ormai non avevano più idee nuove per un film del genere.
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Realizzato da uno sconosciuto regista di film commerciali a basso costo "Keoma" sembra proprio anticipare la fine di un genere di film che fece la fortuna di molte maestranze di Cinecittà, quello del cosidetto "spaghetti western". Franco Nero assomiglia più a un santone hippies che non a un pistolero solitario, l'ambientazione é a dir poco desolante i personaggi sono tristi e penosi, le musiche atroci (una voce femminile stridula e il verso di un ubriaco). La storia: Dopo la guerra civile il pistolero torna nella città natia si mette contro i cattivi di turno (compresi i suoi tre odiosi fratellastri) e diventa il paladino di una comunità di oppressi e perdipiù appestati... Almeno "Django" era a suo modo originale mentre questo sembra la sua brutta copia, ma ormai non avevano più idee nuove per un film del genere. Solo per amanti del trash.
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(di western junior)
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[+] ooooh.....keoma
(di starbuck)
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(di starbuck)
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[+] mancanza di cultura
(di lionel92)
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