molly
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sabato 15 aprile 2006
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il male alle origini della società americana
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Forse il più bello e originale, nonché convincente e sentito spaghetti western di tutti i tempi, fuori dagli schemi tradizionali dove gli eroi sono ironici, simpatici e imbattibili, nel film di Corbucci l'eroe Silenzio(Trintignant)è fragile e introverso, non molto simpatico e per nulla canaglia, ma onesto; cosa del tutto nuova, muore, ed è il "cattivo" (Kinski)a vincere.Quindi visione più realistica con una chiara metafora sulle origini del popolo americano,uno sguardo critico sulla guerra tra deboli e prepotenti, tra giustizia e autorità, tra sentimento e denaro.Con un cast eccezzionale(molti ritengono che sia la migliore interpretazione del grande Klaus Kinski)e accompagnato dalle splendide e commuoventi musiche di Ennio Morricone questo film ci porta a cavallo tra infinite distese di neve dove ogni suono è ovattato e regna il silenzio in un gelido inverno che costringe i banditi a scendere a valle, saranno i cacciatori di taglie ad approfittare della situazione con ferocia, capeggiati da Tigrero-Kinski, spietato e crudele.
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Forse il più bello e originale, nonché convincente e sentito spaghetti western di tutti i tempi, fuori dagli schemi tradizionali dove gli eroi sono ironici, simpatici e imbattibili, nel film di Corbucci l'eroe Silenzio(Trintignant)è fragile e introverso, non molto simpatico e per nulla canaglia, ma onesto; cosa del tutto nuova, muore, ed è il "cattivo" (Kinski)a vincere.Quindi visione più realistica con una chiara metafora sulle origini del popolo americano,uno sguardo critico sulla guerra tra deboli e prepotenti, tra giustizia e autorità, tra sentimento e denaro.Con un cast eccezzionale(molti ritengono che sia la migliore interpretazione del grande Klaus Kinski)e accompagnato dalle splendide e commuoventi musiche di Ennio Morricone questo film ci porta a cavallo tra infinite distese di neve dove ogni suono è ovattato e regna il silenzio in un gelido inverno che costringe i banditi a scendere a valle, saranno i cacciatori di taglie ad approfittare della situazione con ferocia, capeggiati da Tigrero-Kinski, spietato e crudele.Solo il solitario e impassibile pistolero Silenzio-Trintignant che nulla ha da perdere se non se stesso sembra poter porre fine al terrore di Tigrero, ma è il suo improvviso coinvolgimento emotivo con una donna ed il nuovo sentimento di pietà che ne deriva a far vacillare la sicurezza e la forza di Silenzio che alla fine morirà per mano di Tigrero e con lui le speranze dei coloni e della piccola giustizia locale che soccomberanno nell' omertà e nella paura...nel silenzio della neve che non cessa di cadere.
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davide_chiappetta
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venerdì 22 ottobre 2010
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western bianco
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Una fantastica landa innevata fotografata magistralmente, una trama cruda ma originale e accusatoria, sceneggiatura di ferro degna dei migliori spaghetti western del secolo, un grande Klaus Kinski nella parte di Tigrero e per concludere la colonna sonora di Ennio Morricone. Tutti elementi che fanno di questa pellicola un quasi-capolavoro da vedere assolutamente e da non farsi scappare. Il più significativo e migliore film di Corbucci. Finale molto duro, triste e crudele. L'ambiente e alcuni caratteri se li ricorderà anni dopo il regista Jarmush nel suo Dead Man
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(di arnaco)
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gianni lucini
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giovedì 15 settembre 2011
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i bounty killer eroi di una società prevaricatrice
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Mentre il western hollywoodiano ha sempre trattato con molta cautela la figura ambigua del bounty killer perché un assassino per denaro fatica a trovare una dimensione etica nella cosiddetta “epica della frontiera” il western all’italiana non s'è mai fatto troppi problemi. I suoi codici di genere, infatti, non prevedono alcun rapporto privilegiato del protagonista con concetti etici o morali. Anzi, in un mondo fantastico popolato da dispensatori di morte cinici, malvagi o anche soltanto indolenti, un professionista dell’assassinio che sta dalla parte della legge per denaro appare decisamente intrigante. Per questa ragione il bounty killer diventa un punto di riferimento importante per soggettisti, sceneggiatori e registi del genere.
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Mentre il western hollywoodiano ha sempre trattato con molta cautela la figura ambigua del bounty killer perché un assassino per denaro fatica a trovare una dimensione etica nella cosiddetta “epica della frontiera” il western all’italiana non s'è mai fatto troppi problemi. I suoi codici di genere, infatti, non prevedono alcun rapporto privilegiato del protagonista con concetti etici o morali. Anzi, in un mondo fantastico popolato da dispensatori di morte cinici, malvagi o anche soltanto indolenti, un professionista dell’assassinio che sta dalla parte della legge per denaro appare decisamente intrigante. Per questa ragione il bounty killer diventa un punto di riferimento importante per soggettisti, sceneggiatori e registi del genere. C'è chi lo costringe a ragionare sulle proprie scelte come Sergio Sollima in La resa dei conti, chi umanizza con sentimenti di vendetta la sua fredda razionalità come Tonino Valerii in Per il gusto di uccidere, chi lo trasforma in un ragioniere di morte non privo di ironia come Aristide Massacesi in Un bounty killer a Trinità e chi ne mette in burla i caratteri fondanti fino a trasformarlo in una sorta di macchietta come Giulio Petroni con Provvidenza. Sergio Corbucci in Il grande silenzio lo vede invece come una sorta di grumo malefico figlio e insieme pilastro di una società violenta e prevaricatrice. Considerato un capolavoro assoluto dagli appassionati del western all'italiana il film è stato girato nell’inverno del 1967 sulle nevi di Cortina e proprio il paesaggio innevato esalta i momenti di silenzio dando loro una consistenza diversa da quella dei classici di Leone. A questo risultato non è estranea la colonna sonora di Ennio Morricone imperniata quasi esclusivamente su archi e strumenti a corda con un’unica e limitata presenza della tromba. Il titolo, come ha più volte spiegato lo stesso Corbucci, non si riferisce al nome del protagonista ma al silenzio che cala sulla scena dopo la sua morte.
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jd
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giovedì 23 agosto 2007
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degno di peckinpah
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Corbucci,prima di buttarsi nel westwen demenziale anni '70 con Bud Spencer e Terence Hill realizza il suo westwern migliore.Perfettamente azzeccato nell'ambientazione innevata(in contrasto col sangue versato),la scelta del cast(con una protagonista nera),e il finale pessimista.La violenza,con punte di sadismo notevole per l'epoca,non è mai gratuita,e il tono del film non scade mai nelle spacconate o nell'umorismo gigionesco(come Leone spesso ha fatto).Uno dei rari casi in cui Kinski,ha trovato un regista capace di valorizzarlo prima dell'incontro con Werner Herzog.Il regista girò anche un finale alternativo,ottimista(reperibile su DVD)ma francamente avrebbe stonato.
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(di kronos)
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elgatoloco
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sabato 25 febbraio 2017
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grande spaghetti-western
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Sergio Corbucci è nel ricordo di molti/e cone l'aautore di commedie leggere, divertenti,ma questo western, "il grande silnzio"di cui aveva scritto il soggetto e, con vari altri, la sceneeggiatura, penso sia il suo capolavoro. La situazione di oppressione in cui vive la popolazione(siamo tra Mexico e States, il periodo quello delle due guerre svoltesi nell'Ottocento tra i due stati)risente dell'epoca in cui il film era nato(1967-1968, gli anni"caldi"come si dice semplificando molto il quadro), ma vale anche di per sé. Il personaggio del Vendicatore, alias Silenzio perché lo crea intorno a sé, ma anche perché è muto in quanto da bmabino era stato brutalmente privato delle corde vocali per non raccontare l''eccidio dei suoi genitori è emblematico di una condizione umana e sociale, l'atmosfera di"suspense"del fim(talora, ma invero direi sempre è ben altro che un semplice"spaghetti-western")è in ogni sequenza, in ogni millesimo di secondo del film(cfr.
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Sergio Corbucci è nel ricordo di molti/e cone l'aautore di commedie leggere, divertenti,ma questo western, "il grande silnzio"di cui aveva scritto il soggetto e, con vari altri, la sceneeggiatura, penso sia il suo capolavoro. La situazione di oppressione in cui vive la popolazione(siamo tra Mexico e States, il periodo quello delle due guerre svoltesi nell'Ottocento tra i due stati)risente dell'epoca in cui il film era nato(1967-1968, gli anni"caldi"come si dice semplificando molto il quadro), ma vale anche di per sé. Il personaggio del Vendicatore, alias Silenzio perché lo crea intorno a sé, ma anche perché è muto in quanto da bmabino era stato brutalmente privato delle corde vocali per non raccontare l''eccidio dei suoi genitori è emblematico di una condizione umana e sociale, l'atmosfera di"suspense"del fim(talora, ma invero direi sempre è ben altro che un semplice"spaghetti-western")è in ogni sequenza, in ogni millesimo di secondo del film(cfr.la reazione dell'effetto stroboscopico), in ogni "istante"anche percepito(la durata, il tempo"interno", per usare un concetto bergsoniano), dove l'irruzione dei bad-boys(bad men, meglio)nel finale socncerta-un finale postiivo/alternativo era stato in realtà preparato ma era risultato scarsamente convincente, anzi deludente-e forse delude, ma induce alla riflessione-l'assenza dello"happy end"-un altro tratto che marca la distanza tra cinaesti-e produttori-europei e in specifico anche italiani e USA... Da segnalare, e non solo per un"i remember", la qualità scenica di interpreti come Jean-Louis Trintigant, Klaus Kinski, Luigi Pistilli, Frank Wolff e non solo(penso anche alle interpreti). Ricordi, dirà qualcuno(a)nonostante la precisaz<ione di prima. Invece non solo: anche un modo diverso di vedere le cose, credo, di concepire il cinema anche"politicamente", senza peraltro fare film politici-il che vorrebbe dire"di parte"(citerò sempre la bellssima espressione di Jean-Luc Godard). Ma, come ho cercato di aggiungere in queste poche righe, c'è anche dell'altro, proprio relativamente allo"specifico filmico"... El Gato
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gigi
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venerdì 21 dicembre 2007
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gelido ed apocalittico
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Gelido ed apocalittico western dal ritmo serrato che non si smorza e rimane tale dai titoli di testa fino ai titoli di coda, questo film di Sergio Corbucci si colloca nel solco della tradizione del miglior spaghetti-western (quelo di Leone, per intenderci), ma ne arricchisce notevolmente il linguaggio narrativo, con una fortissima accentuazione dell'uso della violenza, che diventa l'elemento predominante di tutta la trama, imperniata sul personaggio di Silenzio (Trintignant), un cacciatore di bounty-killer, che è muto fin dall'infanzia perchè proprio un bounty-killer gli ha reciso le corde vocali dopo avergli massacrato tutta la famiglia e che deve vedersela con un temibile esponente di questa losca categoria di individui, lo spietato Tigrero, interpretato da un Klaus Kinski in stato di grazia.
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Gelido ed apocalittico western dal ritmo serrato che non si smorza e rimane tale dai titoli di testa fino ai titoli di coda, questo film di Sergio Corbucci si colloca nel solco della tradizione del miglior spaghetti-western (quelo di Leone, per intenderci), ma ne arricchisce notevolmente il linguaggio narrativo, con una fortissima accentuazione dell'uso della violenza, che diventa l'elemento predominante di tutta la trama, imperniata sul personaggio di Silenzio (Trintignant), un cacciatore di bounty-killer, che è muto fin dall'infanzia perchè proprio un bounty-killer gli ha reciso le corde vocali dopo avergli massacrato tutta la famiglia e che deve vedersela con un temibile esponente di questa losca categoria di individui, lo spietato Tigrero, interpretato da un Klaus Kinski in stato di grazia.
Il finale è quanto di più innovativo ed anticonformista ci possa essere, perchè ci fa assistere alla vittoria a sorpresa del cattivo Tigrero sul buon Silenzio, anche se questa vittoria gli è stata spianata da un bieco tradimento ai danni del povero muto; e tutto questo contro ogni standardizzata e stereotipata logica narrativa. Abbiamo parlato di vittoria a sorpresa, ma in realtà sarebbe meglio precisare che, agli occhi dello spettatore attento, tale vittoria è annunciata fin dall'inizio, perchè il mefistofelico Tigrero, simbolo di un male dal volto beffardo e dalla mano sempre intrisa di sangue innocente, domina per tutta la durata della pellicola e quasi offusca la figura del suo antagonista, che, solo dal punto di vista fisico, non certo dal punto di vista della perizia nel maneggiare armi, appare in una posizione di netto svantaggio, svantaggio che, nel momento della resa dei conti, si rivelerà atrocemente fatale.
Col suo ghigno sardonico e satanico al tempo stesso, Tigrero ci ricorda un ufficale delle S.S. ed il suo gruppo di bounty-killer un manipolo della gestapo, la cui unica ragione di vita è quella di seminare morte, terrore e lacrime, al fine di arricchirsi vergognosamente sulla pelle delle vittime uccise a tradimento o con l'inganno. Infatti, mentre il muto si limita a sparare ai pollici dei bounty-killer che gli capitano a tiro per evitare che, impugnando ancora la pistola, possano continuare a nuocere al prossimo e, solo in caso di legittima difesa, uccide, Tigrero fa dell'omicidio sistematico a sangue freddo la sua unica fonte di sostentamento e di realizzazione umana.
In lui c'è il godimento del male arrecato nei confronti degli altri e le uniche regole che riconosce e rispetta sono quelle di un suo arbitrario codice di sopraffazione che si contrappoine alle leggi dello stato e non contempla l'esistenza di un'altra autorità al di sopra di esso.
In conlusione, un giudizio più che positivo per questo western crudo, iperrealistico e totalmente anomalo, immerso nel freddo glaciale della morte e della neve che imbianca perennemente il paesaggio (ulteriore strappo alle canoniche regole di narrazione) e che ci fa sentire fin dentro le ossa una sensazione di disagio e di forte impatto emotivo.
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