Il grande silenzio |
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Un film di Sergio Corbucci.
Con Luigi Pistilli, Klaus Kinski, Marisa Merlini, Jean-Louis Trintignant, Frank Wolff.
continua»
Western,
durata 105 min.
- Italia 1967.
- 20th Century Fox Italia
uscita martedì 19 novembre 1968.
MYMONETRO
Il grande silenzio
valutazione media:
3,75
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Gelido ed apocalitticodi GigiFeedback: 0 |
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venerdì 21 dicembre 2007 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Gelido ed apocalittico western dal ritmo serrato che non si smorza e rimane tale dai titoli di testa fino ai titoli di coda, questo film di Sergio Corbucci si colloca nel solco della tradizione del miglior spaghetti-western (quelo di Leone, per intenderci), ma ne arricchisce notevolmente il linguaggio narrativo, con una fortissima accentuazione dell'uso della violenza, che diventa l'elemento predominante di tutta la trama, imperniata sul personaggio di Silenzio (Trintignant), un cacciatore di bounty-killer, che è muto fin dall'infanzia perchè proprio un bounty-killer gli ha reciso le corde vocali dopo avergli massacrato tutta la famiglia e che deve vedersela con un temibile esponente di questa losca categoria di individui, lo spietato Tigrero, interpretato da un Klaus Kinski in stato di grazia. Il finale è quanto di più innovativo ed anticonformista ci possa essere, perchè ci fa assistere alla vittoria a sorpresa del cattivo Tigrero sul buon Silenzio, anche se questa vittoria gli è stata spianata da un bieco tradimento ai danni del povero muto; e tutto questo contro ogni standardizzata e stereotipata logica narrativa. Abbiamo parlato di vittoria a sorpresa, ma in realtà sarebbe meglio precisare che, agli occhi dello spettatore attento, tale vittoria è annunciata fin dall'inizio, perchè il mefistofelico Tigrero, simbolo di un male dal volto beffardo e dalla mano sempre intrisa di sangue innocente, domina per tutta la durata della pellicola e quasi offusca la figura del suo antagonista, che, solo dal punto di vista fisico, non certo dal punto di vista della perizia nel maneggiare armi, appare in una posizione di netto svantaggio, svantaggio che, nel momento della resa dei conti, si rivelerà atrocemente fatale. Col suo ghigno sardonico e satanico al tempo stesso, Tigrero ci ricorda un ufficale delle S.S. ed il suo gruppo di bounty-killer un manipolo della gestapo, la cui unica ragione di vita è quella di seminare morte, terrore e lacrime, al fine di arricchirsi vergognosamente sulla pelle delle vittime uccise a tradimento o con l'inganno. Infatti, mentre il muto si limita a sparare ai pollici dei bounty-killer che gli capitano a tiro per evitare che, impugnando ancora la pistola, possano continuare a nuocere al prossimo e, solo in caso di legittima difesa, uccide, Tigrero fa dell'omicidio sistematico a sangue freddo la sua unica fonte di sostentamento e di realizzazione umana. In lui c'è il godimento del male arrecato nei confronti degli altri e le uniche regole che riconosce e rispetta sono quelle di un suo arbitrario codice di sopraffazione che si contrappoine alle leggi dello stato e non contempla l'esistenza di un'altra autorità al di sopra di esso. In conlusione, un giudizio più che positivo per questo western crudo, iperrealistico e totalmente anomalo, immerso nel freddo glaciale della morte e della neve che imbianca perennemente il paesaggio (ulteriore strappo alle canoniche regole di narrazione) e che ci fa sentire fin dentro le ossa una sensazione di disagio e di forte impatto emotivo.
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