Horror,
durata 106 min.
- USA 1998.
- C.G.D - Cecchi Gori Distribuzione
uscita venerdì 25settembre 1998.
MYMONETRODark City
valutazione media:
2,75
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Il regista di "Il corvo" sembra ispirarsi al racconto "Tempo fuori luogo" di Philp K Dick e gira un interessante ma non completamente riuscito noir fantascientifico.Intrigante per come affronta il tema dell'identità,del potere della memoria e dei ricordi.Suggestivo nelle scenografie (con evidenti rimandi a "Metropolis" e al "Batman" di Burton)e con belle invenzioni visive,ma abbastanza scontato nello svolgimento e con personaggi poco delineati.Cosa assai spiacevole considerando il bel cast:Sutherland è nel suo ruolo più insolito,e avrebbe meritato altre occasioni simili.Per certi versi sembra anticipare "Matrix",ed è sicuramente più coraggioso nell'evitare tentazioni commerciali e toni scanzonati.
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Il regista di "Il corvo" sembra ispirarsi al racconto "Tempo fuori luogo" di Philp K Dick e gira un interessante ma non completamente riuscito noir fantascientifico.Intrigante per come affronta il tema dell'identità,del potere della memoria e dei ricordi.Suggestivo nelle scenografie (con evidenti rimandi a "Metropolis" e al "Batman" di Burton)e con belle invenzioni visive,ma abbastanza scontato nello svolgimento e con personaggi poco delineati.Cosa assai spiacevole considerando il bel cast:Sutherland è nel suo ruolo più insolito,e avrebbe meritato altre occasioni simili.Per certi versi sembra anticipare "Matrix",ed è sicuramente più coraggioso nell'evitare tentazioni commerciali e toni scanzonati.Proyas è anche co-sceneggiatore e co-produttore.
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"Dark City"(Alex Proyas, anche autore del soggetto e della sceneggiatura, scritta con David S.Goyer e Lem Dobbs, 1998)parla di un mondo "invaso"dagli Alieni(gli"Stranieri"vengono definit, razza in estinzione)che ruba memoria e mente agli umani, per in qualche modo riproporsi e affermarsi in un altro mondo, diverso dal proprio, di provenineza. Decisamwnte un mondo disfatto, "dark"appunto(dark world si sarebbe potuto chiamare il filmn, non solo"dark city"), dove a mezzanotte inizia un "coprifuoco"totale, ma dove comunque gli umani sono in balia di altri., Attraverso la vicenda di un uomo in cura, in preda a un'amnesia appunto indotta dagli"stranieri"si trova a recuperare gradualmente la sua personalita', ma in mezzo a uno scenario spaventoso e avendo inizialmente sulle spalle l'accusa(ingiusta, ma la cui non giustezza e'indimostrabile, vista la sua amnesia totale) .
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"Dark City"(Alex Proyas, anche autore del soggetto e della sceneggiatura, scritta con David S.Goyer e Lem Dobbs, 1998)parla di un mondo "invaso"dagli Alieni(gli"Stranieri"vengono definit, razza in estinzione)che ruba memoria e mente agli umani, per in qualche modo riproporsi e affermarsi in un altro mondo, diverso dal proprio, di provenineza. Decisamwnte un mondo disfatto, "dark"appunto(dark world si sarebbe potuto chiamare il filmn, non solo"dark city"), dove a mezzanotte inizia un "coprifuoco"totale, ma dove comunque gli umani sono in balia di altri., Attraverso la vicenda di un uomo in cura, in preda a un'amnesia appunto indotta dagli"stranieri"si trova a recuperare gradualmente la sua personalita', ma in mezzo a uno scenario spaventoso e avendo inizialmente sulle spalle l'accusa(ingiusta, ma la cui non giustezza e'indimostrabile, vista la sua amnesia totale) . Con la sua "ritorvata identita""riuscira'a riportare la luce al mnondo e ritrovera'anche la moglie, in un nuovo incontro, che sara'prodromico rispetto al recupero della sua vita. S'i, visionario, dark, distopico e tutto quello che si vuole, ma a parte il fatto della scarsa novita'(intuzioni"distopiche"sono molto anteriori al film e si trovano via via un tutta la SF di un certo livello)molto spazio viene dato agli effetti speciali, decisamente notevoli anche considerando che il film e'stato realizzato ormai quasi un quarto di secolo fa. IN complesso il film non e'banale, anche grazie a interpreti del livello di Rufus Sewell(il protaognista), di Jennifer Connelly/la moglie), di William Hurt e Kiefer Sutherland in ruoli comunque essenxziali. El Gato
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Un film visionario, originale per i suoi anni e supportato da uno script ben delineato e finemente realizzato. Cupo e gotico come il titolo lascia intendere, introspettivo e denso di parallelismi metaforici attuali. Un prodotto che non disdegna di proporsi per il consumo da parte della popolazione piu' giovane, con continui richiami al genere fumettistico e fantasy, ma potendo vantarsi di una solida struttura narrativa 'adulta' il film firmato Proyas abbraccia indistintemente ambedue le categorie di spettatori e si conferma un ottimo prodotto crossover che sa spaziare in modo intelligente e bilanciato dal fumetto gotico, a quello fantasy, entrando nel campo della fantascienza a tinte noir.
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Un film visionario, originale per i suoi anni e supportato da uno script ben delineato e finemente realizzato. Cupo e gotico come il titolo lascia intendere, introspettivo e denso di parallelismi metaforici attuali. Un prodotto che non disdegna di proporsi per il consumo da parte della popolazione piu' giovane, con continui richiami al genere fumettistico e fantasy, ma potendo vantarsi di una solida struttura narrativa 'adulta' il film firmato Proyas abbraccia indistintemente ambedue le categorie di spettatori e si conferma un ottimo prodotto crossover che sa spaziare in modo intelligente e bilanciato dal fumetto gotico, a quello fantasy, entrando nel campo della fantascienza a tinte noir. Una vera perla ampiamente e ingiustamente sottovalutata che merita un rispolvero obbligatorio da parte di chiunque sappia apprezzare non tanto il genere sci-fi in se (di cui il film mantiene un sapore vago) quanto dai veri amatori del fumetto fanta-thriller a sfumature gotiche.
Realizzato con pochi effetti speciali, la Dark City punta tutto nel creare un'atmosfera opprimente e quasi certamente claustrofobica. Un'atmosfera che sa catturarti come spettatore, ed è indisputabilmente la parte migliore, la più memorabile di tutta la durata della pellicola in questione. L'ambientazione fredda, oscura, plumbea, opprimente è la chiave per l'apprezzamento del film nel suo insieme.
Bisogna ammettere però che la scelta del cast è altrettanto azzecata, e infatti vi troviamo un ottimo William Hurt nelle vesti di un detective acuto, scaltro e tormentato. Successivamente troviamo un Rufus Sewell in uno dei ruoli più importanti della sua carriera, anche lui in ottima forma e una carinissima Jennifer Conelly ancora in erba che doveva scoprire e far emergere il suo innato talento e carisma. Intanto ci offre una buona e convincente performance nelle vesti di Emma/Anna. Il personaggio più riuscito e ben sviluppato è tuttavia, e senza ombra di dubbio, il dottore. Interpretato da uno strepitoso Kiefer Sutherland, ci offre una personalità ambigua, perennemente avvolta da luci e ombre, un personaggio subdolo e catartico allo stesso tempo che rimane impresso.
Per il resto il film si fa apprezzare anche per la trama vera e propria, che riesce a creare un crescendo di suspence e mistero attorno ai quali lega gli spettatori che non sanno mai quale risvolto della storia si devono aspettare minuto dopo minuto. La trama è ambientata nella Città Oscura, una città come tante altre e non meglio definita, dove si muovono delle persone in apparenza normali le quali in realtà sono oggetto di studio e sperimentazione da parte di una razza aliena, nota come gli 'Stranieri'. Quest'ultimi stanno morendo, stanno lentamente estinguendosi e hanno bisogno degli essere umani per studiarli, monitorarli ed infine tentare di capire cosa sia e dove si trova la loro anima di cui avrebbero disperatamente bisogno, nel tentativo di salvarsi, impossessandosene. La loro sperimentazione, col tacito appoggio del dottore, consiste nel cancellare e sostituire ripetutivamente le memorie delle persone nonchè rimodellare ogni notte la città a loro piacimento (ma pur sempre seguendo un rigido piano), grazie a dei poteri speciali che loro definiscono 'capacità di accordarsi'. Derubando cosi gli umani delle loro 'vere' identità, interscambiandole con memorie fasulle e create ad hoc per studiarne il comportamento all'interno di questo vasta, caotica citta-laboratorio. Proprio come si fa con i topi da laboratorio. In tal senso significativa in retrospettiva è la scena in cui il dottor Schreber osserva il comportamento di due topi posti all'interno di un labirinto tridimensionale a forma di spirale; un 'auto-riferimento' ed evidente anticipazione della risoluzione della trama di cui ancora si conserva la suspence e il mistero.
In tale contesto, seguiamo le vicende di John Murdoch, un uomo che si risveglia totalmente privo di memoria, spaesato e spaventato nonchè accusato di plurimi omicidi di prostitute. L'uomo con sola guida il suo portafogli e una cartolina di un luogo marittimo e ben soleggiato, denominato Shell Beach, inizierà una corsa contro il tempo per capire cosa gli sta succedendo e cosa tiene questa misteriosa città avvolta nel buio costante.
Supportato da una strabiliante scenografia, perfettamente ricreata agli interni di studios e curata nei minimi dettagli, capace di evocare tempi passati, dal sapore retrò e dal retrogusto vintage, la suddetta pellicola lascia poco o nulla al caso. Ben dosati ed efficenti gli effex utilizzati, buona anche la crezione visiva degli 'stranieri' che ricordano più che mai delle tetre figure vampiresche, dal aspetto pallido e con una costante ed inspiegabile avversione per la luce e l'acqua. Il primo elemento è difatti presente nel film soltanto in forma artificiale, salvo i minuti antecedenti al finale. Il secondo elemento, l'acqua, è ricorrente per tutta la durata del lungometraggio, e come sempre è simbolo di catarsi, vitalità, rinascita.
Intrinsecamente allegorico, Proyas vuole spingere il suo prodotto ad essere qualcosa in più rispetto a quello che sembra, riflettendo su tematiche quali il controllo subdolo che i leader del pianeta effettuano su di noi, semplici ed inconsapevoli cittadini. Il lavaggio del cervello, e la manipolazione capillare della realtà percepita e delle memorie di cittadini usati come pedine all'interno di un grande esperimento per il quale nessuno ha esplicitamente dato il proprio consenso. In tal modo si parla anche di abuso di potere.
Ma Proyas è attento a non discendere troppo in aree spesso controverse e preferisce aderire alle interpretazioni del suo prodotto come una allegoria platonica. Una metafora della caverna di Platone, dove le sue genti incatenate nel buio non conoscono la luce (ovvero la verità e la αρετή) ma anche un riferimento al riccorente motivo mitologico degli dei che a loro piacimento coordinano e decidono le sorti dell'umanità.
Un prodotto completo per tutti insomma, da chi cerca puro svago e intrattenimento a chi vuole vedere anche un'interpretazione più adulta e matura. Ma in qualsiasi modo lo spettatore preferisca gustarsi il film, sicuro è che non rimarrà deluso. Una piccola chicca per estimatori, ingiustamente ignorato ai tempi della sua uscita ufficiale ma che nel tempo ha saputo riscattarsi.
Assolutamente consigliato.
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In una città senza luce, popolata da esseri alieni a caccia di un passato e di identità, avviene una serie di omicidi di cui viene accusato un uomo. Questi non si ricorda invece neanche il proprio nome, ma inizia ad avere il sospetto di essere vittima di un complotto. Un medico infatti collabora con le entità omomorfe e spettrali, iniettando una droga che provoca l'oblio e il trasferimento della memoria a favore degli zombi assetati di vita. Già dall'inizio però, l'ispettore Bumstead (William Hurt) non crede che un uomo come John Murdoch (Sewell) possa aver commesso quei crimini efferati e di questo è anche più che convinta la moglie Emma (Jennifer O'Connelly).
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In una città senza luce, popolata da esseri alieni a caccia di un passato e di identità, avviene una serie di omicidi di cui viene accusato un uomo. Questi non si ricorda invece neanche il proprio nome, ma inizia ad avere il sospetto di essere vittima di un complotto. Un medico infatti collabora con le entità omomorfe e spettrali, iniettando una droga che provoca l'oblio e il trasferimento della memoria a favore degli zombi assetati di vita. Già dall'inizio però, l'ispettore Bumstead (William Hurt) non crede che un uomo come John Murdoch (Sewell) possa aver commesso quei crimini efferati e di questo è anche più che convinta la moglie Emma (Jennifer O'Connelly). In un mondo spettale e surreale, tanto caro a Jeunet e Caro, tra palazzi che spuntano dal nulla prendendo posto di altri, Proyas disegna una storia innovativa e affascinante, tra il thriller ed il gotico, con un tocco di dark, ma che niente ha a che fare con l'horror. Ottimi gli attori, a parte secondo me Kiefer Sutherland, a cui la parte del medico storpio e corrotto evidentemente non si addice. Nonostante il finale un pò troppo lungo, il film resta godibile sino ai titoli di coda. Voto 7+ [-]
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Film decisamente visionario, precursore direi del genere. Atmosfera cupa e claustrofobica ottimamente resa, bei richiami anche alla vecchia cinematografia. Un genere a cavallo tra noir, fantasy e horror. Nonostante la lunghezza direi eccessiva sopratutto per la prima parte il film risulta comunque scorrevole. Peccato per la trama che poteva essere arricchita e sviluppata ulteriormente specialmente il finale.. Ho gradito molto il significato intriseco e morale del film..ne consiglio la visione sopratutto agli appassionati del genere..
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Tanta confusione in una storia di fantasia in stile cartoon: banale e inutile, per fortuna l'anima è salva e tutti gli extraterrestri e i loro poteri perdono di fronte a un umano che guardacaso è il protagonista di un copione a lieto fine. Saluti.
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Diretto da Alex Proyas, Dark City è un thriller fantascientifico con molti rimandi al noir e ai film di Tim Burton: atmosfere cupe, ombre predominanti, toni scuri sono le caratteristiche principali di questo film.
La trama ci racconta della venuta sulla terra di una razza aliena in via d’estinzione, che decide di usare gli uomini come cavie alla ricerca di una via di salvezza: è l’anima, insieme alla capacità umana di rimanere individui a prescindere dalle variazioni del contesto, quello che attira ed interessa gli alieni, dotati invece di una coscienza collettiva che sembra non riconoscere valore all’individuo.
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Diretto da Alex Proyas, Dark City è un thriller fantascientifico con molti rimandi al noir e ai film di Tim Burton: atmosfere cupe, ombre predominanti, toni scuri sono le caratteristiche principali di questo film.
La trama ci racconta della venuta sulla terra di una razza aliena in via d’estinzione, che decide di usare gli uomini come cavie alla ricerca di una via di salvezza: è l’anima, insieme alla capacità umana di rimanere individui a prescindere dalle variazioni del contesto, quello che attira ed interessa gli alieni, dotati invece di una coscienza collettiva che sembra non riconoscere valore all’individuo. L’utilizzo degli esseri umani avviene all’insaputa degli stessi, grazie alla capacità degli alieni di modificare a piacimento la realtà fisica e di instillare qualsiasi genere di ricordo nelle menti dei cittadini, opportunamente addormentati ogni notte a mezzanotte per poter procedere indisturbati nei propri esperimenti. Ad aiutarli c’è uno scienziato umano (Kiefer Sutherland) che procede alla realizzazione dei distillati di memoria iniettati nei cervelli delle cavie con una siringa. La serie di esperimenti ha però una battuta d’arresto quando John Murdoch (Rufus Sewell) sviluppa la capacità di “accordarsi”, ovvero la peculiarità aliena di modificare a suo piacimento la realtà fisica. Murdoch nella finzione di vita cui gli alieni hanno indotto gli umani, un po’ come accade in Matrix, è un serial killer braccato dal detective Frank Bumstead (William Hurt) e sposato con Emma (Jennifer Connelly). Quanto di questa realtà sia effettivamente tale non è inizialmente definibile, ma col procedere della trama diventerà evidente che al destino di John è legato quello dell’intera città.
Difficile giudicare in maniere univoca Dark City: il film ha alla base dei buoni spunti, una realizzazione estetica efficace e dei meccanismi curati, ma non appassiona. In parte, questo è dovuto alla sensazione di déjà vu che il film trasmette, con rimandi evidenti ad altri film (uno per tutti Blade Runner), in parte a dei personaggi che, fatta eccezione per quello interpretato da William Hurt, non ispirano empatia, rendendo difficile immedesimarsi; gli stessi alieni, molto simili esteticamente ai vampiri di Blade, non trasmettono grandi sensazioni rimanendo piuttosto anonimi. La città è invece protagonista efficace ed interessante, sebbene le routine imposte dagli alieni rispetto ai suoi cambiamenti fisici si ripercuotano in una serie di scene standardizzate al punto da risultare noiose. Dark City è un buon esperimento, coerente dal punto di vista della trama e filosoficamente interessante, ma privo di fascino ed emotivamente poco stimolante malgrado i colpi di scena finali.
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Affascinanti molte "allucinazioni" visuali, ma, guardando alla trama, l'idea di scoprire qual'è l'essenza degli esseri umani tramite il trapianto/rimescolamento delle memorie è quantomeno balzana; più interessante il fatto che una società in cui l'individuo non ha un valore per sè abbia bisogno di scoprire il "segreto" dell'Umanesimo per sopravvivere (oddio, certo è molto discutibile, visto che gli organismi con più probabilità di sopravvivenza sono le formiche, le api, le termiti: insomma, proprio le "menti collettive"); per il resto una godibilissima rivisitazione kafkiana del dilemma eterno: esistiamo, o siamo solo i personaggi del sogno di qualcun altro? In fondo Murdoch non salva nessuno, inconsciamente non fa che sostituirsi a Mr.
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Affascinanti molte "allucinazioni" visuali, ma, guardando alla trama, l'idea di scoprire qual'è l'essenza degli esseri umani tramite il trapianto/rimescolamento delle memorie è quantomeno balzana; più interessante il fatto che una società in cui l'individuo non ha un valore per sè abbia bisogno di scoprire il "segreto" dell'Umanesimo per sopravvivere (oddio, certo è molto discutibile, visto che gli organismi con più probabilità di sopravvivenza sono le formiche, le api, le termiti: insomma, proprio le "menti collettive"); per il resto una godibilissima rivisitazione kafkiana del dilemma eterno: esistiamo, o siamo solo i personaggi del sogno di qualcun altro? In fondo Murdoch non salva nessuno, inconsciamente non fa che sostituirsi a Mr. Book: il "buono" sconfigge il "cattivo" diventando uguale a lui. Possiamo quindi dire che il mondo "salvato" da Murdoch non è altro che il mondo che Murdoch "vuole", e tutto in esso, forse, è solo un prodotto della sua volontà. Qui sfioriamo Schopenhauer: ogni cosa è soltanto volontà e rappresentazione.
Ma, in ultima analisi, questo è ciò che avvince, in Dark City: il suo solipsismo da cui non c'è possibilità di fuga.
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Un misconosciuto e visionario film noir e weird, passato ingiustamente sotto silenzio. In un epoca indeterminata (forse siamo agli inizi del 1900) in un mondo dove non splende mai il sole, ruotano le vicende del protagonista John Murdock, in cerca della sua vera identità, dell’ispettore Bumstead (il bravo e impassibile William Hurt) che gli dà la caccia, e di altri esseri non umani, alieni che vivono sottoterra e sembrano tirare le fila e governare ogni aspetto della città e della vita dei cittadini: edifici che spuntano dalle viscere della terra per poi svettare possenti nel cielo notturno di color pece,le memorie delle persone annullate e trapiantate, il tempo regolato da un possente orologio sotterraneo … Un’atmosfera patinata e raffinata e scenografie difficilmente eguagliabili che ricordano lo stupendo “Sin City” di Robert Rodriguez.
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Un misconosciuto e visionario film noir e weird, passato ingiustamente sotto silenzio. In un epoca indeterminata (forse siamo agli inizi del 1900) in un mondo dove non splende mai il sole, ruotano le vicende del protagonista John Murdock, in cerca della sua vera identità, dell’ispettore Bumstead (il bravo e impassibile William Hurt) che gli dà la caccia, e di altri esseri non umani, alieni che vivono sottoterra e sembrano tirare le fila e governare ogni aspetto della città e della vita dei cittadini: edifici che spuntano dalle viscere della terra per poi svettare possenti nel cielo notturno di color pece,le memorie delle persone annullate e trapiantate, il tempo regolato da un possente orologio sotterraneo … Un’atmosfera patinata e raffinata e scenografie difficilmente eguagliabili che ricordano lo stupendo “Sin City” di Robert Rodriguez. Il cast si comporta egregiamente e le sequenze finali sono memorabili e rimangono impresse nella mente attonita e stranita dello spettatore. Sulla scia di pilastri come “Metropolis” e “Blade Runner”, è un film che di certo ha influenzato notevolmente il successivo “Matrix” dei fratelli Wachowski. Un quadro in movimento, un grande affresco nel quale perdersi, uno spettacolo per gli occhi. [-]
[+] lascia un commento a frz94 »[ - ] lascia un commento a frz94 »
Non discuto sul potere visionario del regista, ne' su tutto quello di ammirevole che nel film viene mostrato.
La storia è eccellente, le atmosfere, la fotografia, insomma un connubio perfetto di arte e visione. Eppure è come se mi trovassi di fronte al concerto del + grande degli esecutori, stilisticamente sublime, dalla tecnica insuperabile, i colori e le arie più adatte ma alla fine è tutto noia, ogni elemento si perde in quello, si disperde e perde il candore iniziale in favore di un surrealismo voluto, cercato, sforzato, preteso ad ogni costo. Proyas è nato dai videoclip. Lo si notava nel Corvo. Qui lo ha ribadito. L'immagine supera il senso e la misura. Gli intenti sono sconfitti dalla smania di stupire.
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Non discuto sul potere visionario del regista, ne' su tutto quello di ammirevole che nel film viene mostrato.
La storia è eccellente, le atmosfere, la fotografia, insomma un connubio perfetto di arte e visione. Eppure è come se mi trovassi di fronte al concerto del + grande degli esecutori, stilisticamente sublime, dalla tecnica insuperabile, i colori e le arie più adatte ma alla fine è tutto noia, ogni elemento si perde in quello, si disperde e perde il candore iniziale in favore di un surrealismo voluto, cercato, sforzato, preteso ad ogni costo. Proyas è nato dai videoclip. Lo si notava nel Corvo. Qui lo ha ribadito. L'immagine supera il senso e la misura. Gli intenti sono sconfitti dalla smania di stupire...anzi di stupirsi, autocompiacere se stessi. E' come una coupè bellissima col motore di un utilitaria. Il fine non è giustificato dai mezzi o forse lo scopo era proprio quello di impressionare l'occhio senza toccare il cuore dello spettatore?
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